fabio silvestre
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domenica 19 dicembre 2021
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la follia omicida del clown joker
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il film ambientato a Gotham City, città invasa dai bustoni neri di spazzatura, ha come assoluto protagonista Arthur Fleck (Joaquin Phenix) che sbarca il lunario come clown e che vive ancora con la madre malata. Anche Arthur, dal fisico scheletrico, soffre di disturbi neurologici e - oltre ad avere frequenti allucinazioni - nei momenti di tensione gli viene una risata schizofrenica. Il suo sogno è di partecipare come cabarettista al famoso show televisivo condotto da Murray Franklin (Robert De Niro). Purtroppo una serie di eventi negativi e traumatici daranno corpo alla follia omicida del clown Joker. Il dramma dello stato d'animo e delle problematiche caratteriali e neurologiche di Arthur è interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix a cui si deve il plauso per una performance attoriale di gran livello dando al suo personaggio una intensa credibilità.
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il film ambientato a Gotham City, città invasa dai bustoni neri di spazzatura, ha come assoluto protagonista Arthur Fleck (Joaquin Phenix) che sbarca il lunario come clown e che vive ancora con la madre malata. Anche Arthur, dal fisico scheletrico, soffre di disturbi neurologici e - oltre ad avere frequenti allucinazioni - nei momenti di tensione gli viene una risata schizofrenica. Il suo sogno è di partecipare come cabarettista al famoso show televisivo condotto da Murray Franklin (Robert De Niro). Purtroppo una serie di eventi negativi e traumatici daranno corpo alla follia omicida del clown Joker. Il dramma dello stato d'animo e delle problematiche caratteriali e neurologiche di Arthur è interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix a cui si deve il plauso per una performance attoriale di gran livello dando al suo personaggio una intensa credibilità. La sceneggiatura è ben articolata e le 2 ore del film scorrono veloci con alcune scene molto forti e di grosso impatto emotivo. A rendere la pellicola valida soccorrono una ottima fotografia, una azzeccata colonna sonora ed infine un montaggio impeccabile dove il regista alterna momenti calmi a situazioni di forti tensioni. Voto: 8/10.
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inesperto
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domenica 6 ottobre 2019
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il cattivo di cui gotham ha bisogno
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Questa pellicola crea il passato del Joker; un cuscinetto sul quale, finalmente, l'antagonista più importante di Batman può appoggiarsi, per dare un senso a tutte le sue classiche efferatezze. La differenza d'età fra Arthur e Bruce ci riporta al classico di Burton, quando il villain di Nicholson era già adulto nel momento in cui Bruce rimase orfano. Tuttavia, quanto a storia, l'ideale sarebbe di porlo immediatamente prima della trilogia di Nolan (dove però i 2 personaggi, interpretati dai fantastici Ledger e Bale, hanno all'incirca la stessa età). E' un film molto duro, in cui il disagio del protagonista colpisce interiormente. La sua problematica risata è straziante, i suoi occhi drammaticamente tristi mentre sussulta di finta ilarità testimoniano della grandezza di un attore come Phoenix: un vero gigante che regge interamente da solo una storia di uno spessore impressionante.
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Questa pellicola crea il passato del Joker; un cuscinetto sul quale, finalmente, l'antagonista più importante di Batman può appoggiarsi, per dare un senso a tutte le sue classiche efferatezze. La differenza d'età fra Arthur e Bruce ci riporta al classico di Burton, quando il villain di Nicholson era già adulto nel momento in cui Bruce rimase orfano. Tuttavia, quanto a storia, l'ideale sarebbe di porlo immediatamente prima della trilogia di Nolan (dove però i 2 personaggi, interpretati dai fantastici Ledger e Bale, hanno all'incirca la stessa età). E' un film molto duro, in cui il disagio del protagonista colpisce interiormente. La sua problematica risata è straziante, i suoi occhi drammaticamente tristi mentre sussulta di finta ilarità testimoniano della grandezza di un attore come Phoenix: un vero gigante che regge interamente da solo una storia di uno spessore impressionante. Il lento sviluppo del personaggio fatto da Phillips ricorda vagamente Shyamalan. Una delle novità è il contesto sociale, nel quale Thomas Wayne non è più l'imprenditore illuminato al quale eravamo abituati in precedenza, ma uno di coloro che dànno ai poveri la responsabilità della condizione in cui vivono. Non sorprende, quindi, che il Joker diventi un simbolo di riscatto degli oppressi nel momento in cui i facoltosi snob (tra i quali figura il presentatore tv impersonato da De Niro), prepotenti e con la puzza sotto il naso, fanno cadere la classica goccia che fa traboccare il vaso costituito dalla fragile mente di Fleck. In conclusione, questo film è un cinecomic solo nel suo involucro; il cuore contenutistico, invece, è un vero e proprio drammatico con riflessioni socio-politiche di notevole importanza (dalla riduzione delle spese del welfare e quindi dal conseguente abbandono delle persone in difficoltà economica e psicologica al vero e proprio bullismo urbano, dall'esaltazione della persona ricca ed egoista alla condanna del diverso in quanto tale). In sostanza, si tratta di un capolavoro del genere a tutto tondo. L'Oscar a Joaquin Phoenix dovrebbe essere una concreta possibilità. Complimenti.
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tasso73
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lunedì 7 ottobre 2019
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joker è il nostro mr hyde, ed è maledettamente sexy
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Joker è uno di quei rari film che ti rimane in testa per tanto tempo. La fotografia è potente. La musica esalta i contorni in maniera efficace, facendoti scivolare le immagini dentro, insinuandosi nella testa, tanto che hai quasi la sensazione di sentire gli odori di questa Gotham sporca e brutta. Brutto è l’aggettivo che assieme a cattivo meglio descrivono questa città e l’umanità che la abita. Hai sempre una prospettiva dal basso, un punto di vista schiacciato dal gravare della tragedia imminente, da un pugno alla bocca dello stomaco, e dai calci che arriveranno quando sarai a terra. Arthur è sempre sul punto di esplodere e tu vivi nell’attesa di quel momento che cresce in lui e parallelamente in te.
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Joker è uno di quei rari film che ti rimane in testa per tanto tempo. La fotografia è potente. La musica esalta i contorni in maniera efficace, facendoti scivolare le immagini dentro, insinuandosi nella testa, tanto che hai quasi la sensazione di sentire gli odori di questa Gotham sporca e brutta. Brutto è l’aggettivo che assieme a cattivo meglio descrivono questa città e l’umanità che la abita. Hai sempre una prospettiva dal basso, un punto di vista schiacciato dal gravare della tragedia imminente, da un pugno alla bocca dello stomaco, e dai calci che arriveranno quando sarai a terra. Arthur è sempre sul punto di esplodere e tu vivi nell’attesa di quel momento che cresce in lui e parallelamente in te. Arthur non è Joker, è sempre e solo Arthur, il bozzolo dentro cui cresce la crisalide del Joker, che dentro di lui lo consuma lentamente tra contorsioni e smorfie, emergendo ogni tanto con la ristata isterica incontrollabile. Eccolo il Joker che lacera Arthur e vuole uscire. Arthur non diventa Joker, perché Joker esiste già, ne è la sublimazione dell’esasperazione, e dello sfinimento esistenziale, e quando emerge da lui, lacerandolo, Arthur cessa di esistere. Arthur è il mezzo che fa crescere Joker dentro di noi, e quando appare siamo noi a proiettarlo sullo schermo, perché se è vero che tutti abbiamo pensato: “Cazzo, anch’io avrei sparato a quei porci”, è altresì vero che abbiamo tutti paura del Joker dentro di noi. Ma Joker è lì, reale, Il Joker dentro ciascuno di noi. Arthur, ed io, e noi tutti siamo quel clown con la parrucca di plastica, il naso a pallina rossa e le scarpe buffe, che goffamente si rende ridicolo ogni giorno. Joker è un’altra cosa. Joker uccide Arthur perché non possono coesistere nella stessa realtà, ma a noi risparmierebbe la vita come ha fatto con Gary, l’amico nano, per pietà. Joker è il nostro Mr Hyde, ed è maledettamente sexy.
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stalkerzoe
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martedì 8 ottobre 2019
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sovversione immaginaria del subalterno
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Prima serata, diretta televisiva. Un'entrata perfetta del reietto, dell'ermaginato, dello psichiatrico. Balla, fuma e bacia in bocca la vecchia ospite dello show. Il pubblico vibra, ritmo da David Letterman. Il cinema si appiattisce nella televisione. Poi una battuta fuori tempo cambia registro. Il pubblico in sala si sente a disagio, è complice della televisione. Nemmeno l'audience di una confessione in diretta di un triplice omicidio recupera il disagio. I dialoghi si fanno scomposti, fastidiosi. Il film perde in dissonanze di immagini. a. Taxi driver arma la mano di Re per una notte, e uccide sé stesso. Uno sparo in faccia all'anchorman riprende il filo dell'estetizzazione violenta della televisione, e il corso del film.
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Prima serata, diretta televisiva. Un'entrata perfetta del reietto, dell'ermaginato, dello psichiatrico. Balla, fuma e bacia in bocca la vecchia ospite dello show. Il pubblico vibra, ritmo da David Letterman. Il cinema si appiattisce nella televisione. Poi una battuta fuori tempo cambia registro. Il pubblico in sala si sente a disagio, è complice della televisione. Nemmeno l'audience di una confessione in diretta di un triplice omicidio recupera il disagio. I dialoghi si fanno scomposti, fastidiosi. Il film perde in dissonanze di immagini. a. Taxi driver arma la mano di Re per una notte, e uccide sé stesso. Uno sparo in faccia all'anchorman riprende il filo dell'estetizzazione violenta della televisione, e il corso del film. Hollywood festeggia nelle strade un'orgia dionisiaca l'assassinio della televisione e della sua egemonia del successo costruita sul dominio opprimente di wall street. White Room dei Cream celebra una nuova woodstock in un carnevale di violenza, sublimato nel sorriso di sangue di Joker resuscitato dalla folla.
Questo è Joker. Il subalterno vissuto per far ridere gli altri che viene all'esistenza sparando a chi lo ha socialmente dominato. Uno straniero al contrario, che prende forma dall'assassinio e si fa presenza soffocando non edipicamente la madre. Un continuo rimando all'eredità di Jack Nicholson di Batman attraverso Qualcuno volò sul nido del Cuculo. All'antipsichiatria. Alla politicizzazione della marginalità attraverso un'esplosione collettiva in rivolta onirica anticapitalista deideologizzata che echeggia extinction rebellion e friday for futures.
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(di nexus)
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ancocco
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domenica 13 ottobre 2019
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un film sorpresa!
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Una bella sorpresa per chi si aspettava un film sullo stile "Batman". Il film di Joker infatti non tratta una storia basata su una lotta tra buono e cattivo, ma è prettamente una rappresentazione di un dramma profondo del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, protagonista straordinario in un ruolo molto difficile. Il dramma di un uomo che è stato spento da una serie di errori causati dalla "madre" che lo ha portato a far crescere in lui tanta rabbia repressa e che trova sfogo soltanto nell'esaltazione sfrenata e irrefrenabile di un personaggio recitato nel ruolo del pagliaccio, lavoro che tra l'altro è costretto a fare per vivere. L'ambientazione del tempo (anni 80), molto semplice e povera, esalta molto il personaggio di Joker ma soprattutto il valore della persona, i suoi drammi, la sua rabbia, e permette di stimolare nello spettatore un senso di compassione ma anche un forte sentimento di ribellione.
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Una bella sorpresa per chi si aspettava un film sullo stile "Batman". Il film di Joker infatti non tratta una storia basata su una lotta tra buono e cattivo, ma è prettamente una rappresentazione di un dramma profondo del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix, protagonista straordinario in un ruolo molto difficile. Il dramma di un uomo che è stato spento da una serie di errori causati dalla "madre" che lo ha portato a far crescere in lui tanta rabbia repressa e che trova sfogo soltanto nell'esaltazione sfrenata e irrefrenabile di un personaggio recitato nel ruolo del pagliaccio, lavoro che tra l'altro è costretto a fare per vivere. L'ambientazione del tempo (anni 80), molto semplice e povera, esalta molto il personaggio di Joker ma soprattutto il valore della persona, i suoi drammi, la sua rabbia, e permette di stimolare nello spettatore un senso di compassione ma anche un forte sentimento di ribellione. Uscito dal cinema lo spettatore si trova scombussolato nell'animo, sorpreso dalla trama del film inaspettata, ma anche rigido e con un senso di agitazione. Insomma un film da vedere per apprezzare un attore formidabile, una regia attenta, dei valori che suscitano confronto col mondo moderno, ma con occhio critico sulla realtà, con il consiglio di non farsi confondere. Insomma è solo un film, ma da un impatto forte!
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fabiofeli
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domenica 13 ottobre 2019
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"questa è la vita: sorridi!"
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C’è poco da ridere a Gotham City (la lugubre New York anni ’60-’80 dell’uomo pipistrello/Batman, nemico di Joker): immondizia dappertutto e topi. Arthur Fleck (un portentoso, straordinario Joker/Joaquin Phoenix) non riesce a sfondare come comico; come clown pubblicitario in strada rimedia il furto del cartellone, un inseguimento a perdifiato per recuperarlo e tante botte da giovani teppisti. Ma deve sorridere per dare gioia a tutti; glielo ha inculcato la madre: ricordate le parole dolciastre di Smile, la canzone di Nat King Cole? “Sorridi anche se il tuo cuore soffre e sei a pezzi”.
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C’è poco da ridere a Gotham City (la lugubre New York anni ’60-’80 dell’uomo pipistrello/Batman, nemico di Joker): immondizia dappertutto e topi. Arthur Fleck (un portentoso, straordinario Joker/Joaquin Phoenix) non riesce a sfondare come comico; come clown pubblicitario in strada rimedia il furto del cartellone, un inseguimento a perdifiato per recuperarlo e tante botte da giovani teppisti. Ma deve sorridere per dare gioia a tutti; glielo ha inculcato la madre: ricordate le parole dolciastre di Smile, la canzone di Nat King Cole? “Sorridi anche se il tuo cuore soffre e sei a pezzi”. Perché? Altra canzone, questa di Frak Sinatra, That’s life: “Questa è la vita: cadi, poi torni su, sei in gara; da burattino, povero, pedina a re.” Arthur si ciba del Murray Franklin Show (il cinico conduttore è il sempre validissimo Robert De Niro) e prima o poi sfonderà, lo sa …
Todd Philips confeziona una storia nera sul corpo scarno e versatile di Phoenix e coglie il Leone d’oro al 76° Festival del Cinema di Venezia. Il suo film è colmo di citazioni fumettistiche e cinematografiche: ad esempio De Niro (sempre e ancora lui!), il vendicatore di Taxi Driver o il sequestratore di Jerry Lewis in Re per una notte; la analogia all’aspetto del Joker di Jack Nicholson in Batman del 1989 era ineluttabile, perché dettata dal fumetto, ma forse col personaggio di Phoenix ci sono anche analogie nella (in apparenza futile) frustrazione del primo in Qualcosa è cambiato (1997) per l’impossibilità di non calpestare le righe delle piastrelline davanti allo studio dello psichiatra e nella scoperta (pesante, ma già ampiamente attesa) del secondo che la psicologa fa finta di ascoltarlo. Il riccone Wayne, padre di Bruce e forse anche di Arthur come sembra insinuare la madre malata di Joker (Bruce Wayne è l’identità segreta di Batman), si candida a Sindaco della Città: dichiarerà fuorilegge lo sciopero dei rifiuti e il gioco sarà fatto … Sarebbe fatto, se … Se Arthur, che sale la lunga scalinata davanti al vetusto palazzo in cui tristemente abita, non dovesse anche subire gli ascensori che si fermano, il licenziamento, la psicologa che non vede che alla vita irrilevante che conduce il giovane solo la morte potrebbe dare un senso e che il taglio dei fondi del welfare le impedirà di prescrivergli i medicinali calmanti. Joker ha molto poco da perdere oltre a quel poco di pazienza ai soprusi che gli resta, per scivolare definitivamente giù. Ed allora il rictus della sua risata irrefrenabile è agghiacciante come ripetuti colpi di pistola; la sua maschera da clown si moltiplica in Città, quasi fosse un gilet giallo, emblema di persone malcontente per motivi ed interessi diversi, a volte in conflitto tra loro stessi. Il bersaglio sono i ricchi, ma non tutti i ricchi; solo quelli indicati da un ricco furbo e maneggione che trova – ma guarda un po’! - i “giusti” slogan populisti. Il risultato sarà: tante, tantissime maschere sorridenti, ma nessuna gioia, per nessuno nella devastazione. Eppure la soluzione, la libertà dalla povertà e dalla sofferenza sembrava lì, ad un passo; bastava allungare le mani per prenderla, con il “meritato” successo in uno show televisivo. Il montaggio serrato conduce la trama agli inferi … E si tratta di un film da non perdere.
Valutazione ****
FabioFeli
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jonnylogan
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lunedì 14 ottobre 2019
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killer per una notte... o quasi
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Arthur Fleck, clown di strada e per feste di bambini, vive con la madre, malata e bloccata in casa, in un macilento condominio alla periferia di Gotham City. Arthur, reduce da un ricovero presso l’ospedale psichiatrico e ancora in cura da una psichiatra, sogna di avere successo come comico e per questo cerca di carpire i segreti dei tempi scenici osservando in TV il suo idolo: Murray Franklin, conduttore di una trasmissione che va in onda in seconda serata.
Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti la pellicola firmata da Todd Phillips, divenuto famoso grazie ai capitoli due e tre della serie “ Una notte da leoni”, e per questo capace di convincere Bradley Cooper a partecipare alla produzione della pellicola, non rappresenta il classico cinecomics e anzi per stessa ammissione del regista si può parlare di ‘un cinecomics mascherato da dramma’ o, per come lo abbiamo vissuto noi, ‘di un dramma mascherato da fumetto tridimensionale’, dove l’agiografia del principe del crimine viene per l’occasione ridisegnata sulle spalle scavate di Joaquin Phoenix, capace di raccogliere a oltre dieci anni di distanza, il testimone passatogli da Heath Ledger, riuscendo a completare la riscrittura apocrifa di un personaggio alla soglia degli ottant’anni dalla sua prima pubblicazione.
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Arthur Fleck, clown di strada e per feste di bambini, vive con la madre, malata e bloccata in casa, in un macilento condominio alla periferia di Gotham City. Arthur, reduce da un ricovero presso l’ospedale psichiatrico e ancora in cura da una psichiatra, sogna di avere successo come comico e per questo cerca di carpire i segreti dei tempi scenici osservando in TV il suo idolo: Murray Franklin, conduttore di una trasmissione che va in onda in seconda serata.
Sgombrando il campo da possibili fraintendimenti la pellicola firmata da Todd Phillips, divenuto famoso grazie ai capitoli due e tre della serie “Una notte da leoni”, e per questo capace di convincere Bradley Cooper a partecipare alla produzione della pellicola, non rappresenta il classico cinecomics e anzi per stessa ammissione del regista si può parlare di ‘un cinecomics mascherato da dramma’ o, per come lo abbiamo vissuto noi, ‘di un dramma mascherato da fumetto tridimensionale’, dove l’agiografia del principe del crimine viene per l’occasione ridisegnata sulle spalle scavate di Joaquin Phoenix, capace di raccogliere a oltre dieci anni di distanza, il testimone passatogli da Heath Ledger, riuscendo a completare la riscrittura apocrifa di un personaggio alla soglia degli ottant’anni dalla sua prima pubblicazione. Questa volta l’alias nel quale c’imbattiamo ha il volto deturpato di un uomo in perenne bilico fra il riso e il pianto, figlio di una donna alla ricerca di aiuto da parte del suo ex datore di lavoro Thomas Wayne, mentre il figlio, da lei soprannominato Happy, vorrebbe solamente fare quello per il quale crede di essere tagliato, ovvero far sorridere e rallegrare la gente, mentre attorno a sé dovrà inevitabilmente fare i conti con una città, e una nazione, alla deriva, dove il degrado non manca e dove, per persone come lui e la madre, pare non esservi posto.
Un film che non lascia di certo indifferenti, nel quale il dibattito fra violenza e giustizia e dove il torto e la ragione sono sempre relegate in una nebulosa zona grigia impreziosita da una fotografia e da una colonna sonora di primissimo livello. Nel quale New York è impiegata come set per descrivere la Gotham dei primi anni ottanta, in cui i distinguo fra ricchezza e povertà sono sempre molto marcati ed è proprio fra le pieghe di quest’ultima che si muove Joaquin Phoenix, occupando con una risata folle, pianti inspiegabili, contorsioni e mimiche facciali ogni angolo del grande schermo fino a ergersi a pericoloso paladino degli ultimi e degli oppressi e relegando Robert De Niro a presenza marginale nel ruolo di un conduttore supponente degno del Jerry Langford di “Re per una notte”.
Siamo quindi certi che Paul Kersey sarebbe stato fiero dell’operato di Arthur Fleck, molto meno chi ha una visione ben differente del mondo.
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mauridal
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mercoledì 16 ottobre 2019
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un jolli joker per un vincente poker
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Quando il cinema prende a prestito un personaggio e una storia , creati per il fumetto e vuole realizzare una trasposizione filmica ovvero da disegno a personaggio umano , da racconto disegnato su carta in movie story , con ambientazioni reali, e dunque da fantasie immaginate a fantasie realizzate in verosimili storie con personaggi umanizzati , allora la scommessa di una piena riuscita cinematografica , risulta difficile . Questo film , da un Joker fumetto di Batman con una sua propria coerenza , diventa per mano del regista Phillips , un Joker disperato reietto , scarto sociale ,malato mentale definito Joker da un conduttore di talk show della TV americana anni ottanta.
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Quando il cinema prende a prestito un personaggio e una storia , creati per il fumetto e vuole realizzare una trasposizione filmica ovvero da disegno a personaggio umano , da racconto disegnato su carta in movie story , con ambientazioni reali, e dunque da fantasie immaginate a fantasie realizzate in verosimili storie con personaggi umanizzati , allora la scommessa di una piena riuscita cinematografica , risulta difficile . Questo film , da un Joker fumetto di Batman con una sua propria coerenza , diventa per mano del regista Phillips , un Joker disperato reietto , scarto sociale ,malato mentale definito Joker da un conduttore di talk show della TV americana anni ottanta. La storia che ne segue Ë quasi irrilevante poiché tutto il film si basa sulla interpretazione del personaggio fumetto Joker, realizzata in chiave umana , dallo straordinario attore che Ë Joaquin Phoenix. Certo la sceneggiatura del film accompagna la vicenda di Arthur Fleck /Joker ma in definitiva Ë solo la faccia, il corpo e le azioni dell'attore che salvano il film. Tutta la storia sceneggiata si aggroviglia in una matassa senza un vero bandolo , poiché appare troppo debole il filo della malattia mentale ridanciana di Arthur Fleck /Joker, che lo porta , dopo una prima parte di analisi introspettiva del personaggio, ben riuscita, a diventare infine un leader di bande di delinquenti reietti che si ribellano ad una vita da poveri disgraziati in una città dominata da ricchi si presume capitalisti al potere in una metropoli americana. Il tutto sulla falsariga di un Joker per metà assassino pazzo delinquente , e per l'altra metà un Leader Maximo dei diseredati. Dunque un bel pasticcio di cake all'americana che non apporta un granché alla chiarezza della situazione delle società dominate dalla ricchezza di pochi elementi contro la grande quantità di povertà ed emarginazione di troppa umanità . Merito del film Joker, intanto è di aver almeno intuito il tema e di reinterpretare l’ essere Joker , il personaggio giusto , in maniera tale da colpire l'immaginazione di un vasto pubblico di cinema, oltre i confini del fumetto. (mauridal ) .
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silver90
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giovedì 17 ottobre 2019
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la danza ipnotica del male
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Chi è Joker? Arthur Fleck è un disgraziato che cerca di occuparsi della madre standole vicino e facendo tutto ciò per cui lei lo ha sempre incoraggiato: far ridere gli altri. Chi meglio di un pagliaccio può assolvere al ruolo di demolitore dell’ordine costituito? Come nella scena emblematica dell’ospedale, tra i bambini malati spicca la “patologia” di Arthur, che destruttura persino più della sua risata isterica, incontrollata e quasi “istrionica”. Per tre quarti di film, Arthur Fleck alias Joker continua nella sua danza ipnotica e psicotica, che trasformerà quel sorriso sghembo e sofferente nel gnigno slabbrato che tutti conosciamo grazie a Heath Ledger. Ma il Joker di Todd Philips e del fantastico Joaquin Phoenix entra ed esce dagli schemi, e nel farlo, manifesta la stranezza di fondo dei suoi comportamenti; d’altro canto, “la cosa che fa più ridere di essere malati è che gli altri pretendono che tu ti comporti come se non lo fossi”, annota in un suo taccuino.
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Chi è Joker? Arthur Fleck è un disgraziato che cerca di occuparsi della madre standole vicino e facendo tutto ciò per cui lei lo ha sempre incoraggiato: far ridere gli altri. Chi meglio di un pagliaccio può assolvere al ruolo di demolitore dell’ordine costituito? Come nella scena emblematica dell’ospedale, tra i bambini malati spicca la “patologia” di Arthur, che destruttura persino più della sua risata isterica, incontrollata e quasi “istrionica”. Per tre quarti di film, Arthur Fleck alias Joker continua nella sua danza ipnotica e psicotica, che trasformerà quel sorriso sghembo e sofferente nel gnigno slabbrato che tutti conosciamo grazie a Heath Ledger. Ma il Joker di Todd Philips e del fantastico Joaquin Phoenix entra ed esce dagli schemi, e nel farlo, manifesta la stranezza di fondo dei suoi comportamenti; d’altro canto, “la cosa che fa più ridere di essere malati è che gli altri pretendono che tu ti comporti come se non lo fossi”, annota in un suo taccuino. In altre parole, Arthur Fleck non accetta proprio il disvelamento pubblico del suo nucleo problematico. Perché se ne parla? Con il cinecomic sul cattivo più famoso dei fumetti, Todd Philips e lo sceneggiatore Scott Smith superano di slancio la mescolanza dei generi cinematografici, trasformando la sofferenza implicita in interiorità esplicita ed esibita e riuscendo a polarizzare critica e spettatori intorno a due aspetti: alcuni lo ritengono un viaggio inutilmente straziante nei luoghi mentali del disagio e del crimine, dove tutto è troppo enfatizzato per essere credibile. Altri temono che la spettacolarizzazione della malattia, che ha molto a che fare con la società odierna, porti a una sorta di isteria collettiva, come nella scena finale in cui una serie di clown inferociti mette a soqquadro la città e inneggia al salvatore che si fa giustizia da solo. Siamo di fronte a un caso di narrazione plurilineare, con la quale gli autori intendono fondere varie linee narrative: da un lato, l’evoluzione realistica del personaggio, dall’altro la descrizione soggettiva del cinema d’autore. Tuttavia, l’originale operazione meta-cinematografica, che risiede in un continuo rovesciamento tra forme e contenuti, funziona così a meraviglia, che l’umanizzazione del personaggio rende chiaro e lampante il suo progetto di vita, senza per questo condurci sul lettino dello psicanalista. Che significato ha? Il Joker sadico che uccide e sevizia ha in realtà una storia molto triste alle spalle, che la sceneggiatura evidenzia in modo particolare con una serie di passaggi illuminanti: a partire dal colloquio con la psicologa che gli comunica la mancanza dei fondi per continuare la terapia, passando per il dialogo memorabile con il datore di lavoro (che gli fa notare quanto i suoi colleghi lo sopportino nonostante sia un “freak”, ossia uno “strambo”), per finire con l’intervista del conduttore del suo programma preferito, quando, finalmente “esistente” al di là del contesto, Joker sorride senza indugi al mondo e alle telecamere. Non c’è redenzione, né ascesa dai bassifondi della società, c’è solo un potentissimo rovesciamento metaforico della storia: dalla tragedia alla commedia, dalla stand-up comedy alla comicità soggettiva, Arthur Fleck ci insegna che la vita è fatta di punti di vista perché ragionare in termini di produttività o di rigore morale non porta a nessun convincimento ulteriore, semmai a un ristagno della società e dell’individualità.
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gustibus
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mercoledì 13 novembre 2019
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joker?..diseducativo,iper soppravalutato
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Gia'recensito,ma visto una seconda volta per capire lo stupefacente successo mondiale oltre che da noi,nel resto del mondo.Ora ho capito,da cinefilo,che questo film e'proprio stato baciato da una fortuna visiva,salvato sicuramente da Joaquin Phoenix bravissimo nell'interpretare un clown,un pagliaccio.Il joker fantasioso del fumetto e del famoso acerrimo nemico di Batman.Qui,a parte che si vede la famiglia Wayne dove vengono uccisi papa'e mamma di Bruce,la citta'si chiama Gotham,ma poi il film esce completamente dalla logica fumettistica per entrare nella realta'di oggi,niente fantasy,il personaggio e'quasi la medaglia al rovescio che non si vuol immaginare,vedere che il mondo,la vita fa proprio schifo ed e'meglio una specie di liberta'anarchica.
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Gia'recensito,ma visto una seconda volta per capire lo stupefacente successo mondiale oltre che da noi,nel resto del mondo.Ora ho capito,da cinefilo,che questo film e'proprio stato baciato da una fortuna visiva,salvato sicuramente da Joaquin Phoenix bravissimo nell'interpretare un clown,un pagliaccio.Il joker fantasioso del fumetto e del famoso acerrimo nemico di Batman.Qui,a parte che si vede la famiglia Wayne dove vengono uccisi papa'e mamma di Bruce,la citta'si chiama Gotham,ma poi il film esce completamente dalla logica fumettistica per entrare nella realta'di oggi,niente fantasy,il personaggio e'quasi la medaglia al rovescio che non si vuol immaginare,vedere che il mondo,la vita fa proprio schifo ed e'meglio una specie di liberta'anarchica.Todd Phillips il regista(leone d'oro!)non so che messaggio voleva dare a questo film,W il bullismo?w la liberta' senza legge?certo perché in questa storia nn ce'nulla di fantasioso,a parte i nomi della DC.Tutto e'svolto come fosse reale.Questo mi spaventa,e chi vi scrive seppur 66enne ha sicuramente i suoi difetti ma non sono moralista.Pero'un film che(e ne sono certo!!)se fosse stato fatto nel 1970 avrebbe avuto nella sala cinematografica 8/10persone alla visione,perche'non sarebbe stato capito per l'epoca.Ora dall'entusiasmo delle recensioni e dallo straordinario,incredibile successo di pubblico sembra un inno alla realta'di oggi,dando ragione a Joker,al regista che la ricchezza(..io sono povero)e'quasi un reato,la televisione crea mostri,la vita fa venir la voglia di suicidarti!Ma che messaggi da schifo sono?Non portate i figli piccoli a vedere questo orrido film,potrebbe risvegliare DNA nascosto.Assolutamente da vedere solo una volta,anche se ha avuto molta piu'enfasi di Arancia Meccanica di Kubrick!..ora cestinatemi pure.
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