Profondo rosso |
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Un film di Dario Argento.
Con David Hemmings, Clara Calamai, Macha Méril, Eros Pagni.
continua»
Giallo,
durata 123 min.
- Italia 1975.
- Cinecittà Luce
uscita martedì 20 agosto 2024.
- VM 14 -
MYMONETRO
Profondo rosso
valutazione media:
4,28
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un buon prodotto di suspense "artigianale"di jackiechan90Feedback: 7144 | altri commenti e recensioni di jackiechan90 |
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venerdì 14 agosto 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Profondo rosso” è il capolavoro riconosciuto del maestro del brivido che è Dario Argento. È diventato, forse involontariamente, un cult anche grazie alla colonna sonora (firmata dal gruppo progressive “i Goblin”) e per gli effetti speciali, particolarmente elaborati per l’epoca, atti a suscitare suspense nello spettatore (il regista si guadagnò l’epiteto di “Hitchcock italiano” all’epoca) che hanno anticipato il cinema splutter successivo. Al di là di queste innovazioni che, in seguito, diventeranno un vero e proprio marchio di fabbrica del cinema di Argento e dell’horror all’italiana di cui è iniziatore, la trama risulta molto semplicistica e, a tratti, inconcludente. Sicuramente da questo punto di vista saranno più riusciti “Suspiria” (che anche come effetti speciali supera di gran lunga questo film) e la “trilogia degli animali” che l’aveva anticipato. Il film, infatti, è uno spartiacque tra il genere thriller, di cui rappresenta il culmine e l’arrivo delle sperimentazioni operate da Argento negli anni 60, e la successiva fase horror e ha perciò le caratteristiche del film che si pone come “via di mezzo”, combinando più generi (sono infatti presenti anche momenti comici e di poliziesco puro). La trama, come dicevamo, è abbastanza classica dei film thriller con un serial killer che miete vittime precedendo gli omicidi con una nenia infantile. A indagare sul caso una coppia di investigatori improvvisati: un pianista jazz e una giornalista. Il film appare, visto a distanza di anni, come un pallido pretesto, appunto, per sperimentare movimenti di macchina, rumori di fondo, inquadrature avveniristiche “a misura di bambino” che richiamano paure ancestrali dell’infanzia. Elementi certamente funzionali per creare suspense ma che, alla lunga, fanno sembrare la trama del film un unico grande “McGuffin” (ricollegandosi alla tradizione hitchcockiana) che rende omaggio al “Maestro del brivido” per eccellenza. Un buon film confezionato apposta per spaventare. Possiamo considerarlo un tentativo di unire tradizione e innovazione ma non di più, un anticipatore di quelli che saranno i veri capolavori del “maestro del brivido italiano”.
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