Il mio miglior nemico |
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Un film di Carlo Verdone.
Con Carlo Verdone, Silvio Muccino, Ana Caterina Morariu, Agnese Nano, Corinne Jiga.
continua»
Commedia,
durata 100 min.
- Italia 2006.
uscita venerdì 10 marzo 2006.
MYMONETRO
Il mio miglior nemico
valutazione media:
3,01
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film garbato che contrappone due uomini diversidi Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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martedì 12 agosto 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
IL MIO MIGLIOR NEMICO (IT, 2006) diretto da CARLO VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE – SILVIO MUCCINO – ANA CATERINA MORARIU – AGNESE NANO – PAOLO TRIESTINO – CORINNE JIGA – SARA BERTELà – LEONARDO PETRILLO – MARCO GUADAGNO – LORIS PAIUSCO § Achille De Bellis è manager di una catena alberghiera appartenente a sua sorella e suo cognato. Tradisce impunemente lei con la moglie di lui, un’avvenente rumena. Orfeo Rinalduzzi è un giovane cameriere di bar che non nutre grandi ambizioni come la maggioranza dei suoi coetanei, assiste con pazienza e sopportazione una madre depressa e non ha mai conosciuto suo padre. L’incontro fra i due avviene dopo che Achille licenzia in tronco Annarita Rinalduzzi per il furto di un bagaglio in partenza. Orfeo sconvolge la vita del cinquantenne manager alberghiero spinto da motivi di vendetta per rivalsa verso sua madre, e scopre le debolezze e gli altarini di Achille, svergognandolo pubblicamente senza pietà e facendogli perdere in un solo colpo lavoro, moglie, figlia e dignità. La primogenita di Achille, Cecilia, intrattiene un rapporto amoroso con Orfeo che inizialmente ignora chi sia suo padre, ma poi sparisce misteriosamente e di lei non si sa più nulla. Dopo alterne vicende di antipatia e rincorse sporadiche, Orfeo e Achille decidono di mettere da parte gli antichi rancori e di allearsi definitivamente per ritrovare Cecilia, dispersa probabilmente fra Svizzera e Turchia. Fra i due nasce dunque uno strano ed edificante rapporto che fa crescere entrambi e tira fuori il meglio di ciascuno di loro, trovando finalmente una risposta affermativa ai tanti vagabondaggi del cuore e alle tante insicurezze di una vita rattoppata e incerta. Ventesimo film di Verdone, scritto – ben sette stesure, fra rifacimenti e ripensamenti – con Muccino, Pasquale Plastino e Silvia Rafagni, prodotto dalla Filmauro di Aurelio De Laurentiis. Centotrenta scene, girate fra Roma, Sabaudia, lago di Como, Ginevra, Istanbul. Commedia ambiziosa di struttura laboriosa con qualche cucitura a fil bianco, divisa decisamente in due parti: la prima è più elementare e ridanciana, mentre la seconda appartiene al regista maturo e crepuscolare. La pellicola è girata nettamente col taglio di un film drammatico. La contrapposizione recitativa Muccino-Verdone funziona con un accorto dosaggio di battute e situazioni comiche, o nuove o reinventate. Se i nomi dei due protagonisti rimandano a personaggi mitologici, gesta eroiche e amori intensi e disperati, le loro azioni sono invece sanguigne e pragmatiche. Il ritmo è scorrevole, le sequenze fluiscono alternando una comicità mai volgare a momenti maggiormente riflessivi – forse soltanto con qualche indugio di troppo verso la parte finale del film – e la trama, anche se non originale (Verdone fatica a scrollarsi di dosso queste storie poco costruttive imperniate su tradimenti coniugali), funziona a pieno vapore. Con l’unica eccezione di una condivisione non sempre ben bilanciata sul piano recitativo, con picchi verso l’alto quando nelle scene è presente l’attore/regista e con qualche vuoto di presenza in sua assenza. Muccino conferma le sue doti di caratterista che sa reggere pienamente anche la parte del protagonista, incarnando perfettamente il giovane senza sogni da inseguire né obiettivi utopici da raggiungere che sa però riscattarsi trovando un amore giusto ed equo e aiutando un vecchio nemico che si trasforma quasi nel padre che non ha mai avuto (esemplare la scena all’interno del commissariato, dopo che Orfeo s’è introdotto abusivamente nella proprietà privata del suo vero genitore e Achille si finge suo padre per trarlo fuori dai guai). La Morariu, attrice rumena che da anni lavora in Italia, dimostra ottime doti recitative e rappresenta sullo schermo una ragazza assennata, di sani principi, che detesta l’ipocrisia del padre e biasima l’incoscienza del fidanzato, pur continuando ad amarli entrambi, e cerca in una scappatella di lunga durata la soluzione per fuggire da un mondo che non sente più come suo, coadiuvata anche dalle sue abilità artistiche (scrive poesie e redige testi per un gruppo musicale underground). Bene gli altri attori, che ricoprono ruoli secondari con sapiente mestiere e corretta professionalità. Un film consigliabile a tutti coloro che hanno dei torti da redimere e qualche conto in sospeso che potrebbe trasformarsi in un’esperienza istruttiva ed educativa che innalza l’animo umano, proprio come accade nei loro vari percorsi al trio dei protagonisti, sopra le facezie, le arroganze e le presunzioni che devono essere sconfitte per far posto ad ideali e comportamenti ben più nobili e altruisti. Un’opera certamente di primo piano e di innegabile spessore in tutto il trentennale itinerario cinematografico di C. Verdone, consacrato ormai a mito del cinema italiano.
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