Vallanzasca - Gli angeli del male |
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Un film di Michele Placido.
Con Moritz Bleibtreu, Paz Vega, Vito Facciolla, Rocco Capraro, Teresa Acerbis.
continua»
Drammatico,
durata 125 min.
- Italia 2010.
- 20th Century Fox Italia
uscita venerdì 21 gennaio 2011.
- VM 14 -
MYMONETRO
Vallanzasca - Gli angeli del male
valutazione media:
2,73
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'angelo di un male italiano mai sopitodi Riccardo TavaniFeedback: 33555 | altri commenti e recensioni di Riccardo Tavani |
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domenica 11 novembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Renato Vallanzasca, il bel Renè, come lo chiamavano, non diventa un bandito a causa delle sue origini sociali, ma a causa di un impulso insopprimibile alla ribellione che fin da bambino si manifesta in lui e trova le prime forme di espressione proprio nell'infrangere la legge. Questa precocità, non incanaglita dal morso della condizione sociale, gli permette anche di emergere presto come capo naturale, dotato di un carisma e di un fascino anche erotico personale. In qualità di capo esprime una sua etica dell'onore e del valore umano che si mette in gioco nell'azione illegale. Questo lo distacca dallo sfondo meramente criminale del suo ambiente. Insomma, Vallanzasca è di per sé un personaggio perfetto per il cinema, dove il cattivo, con un che di positivo in sé, prende lo spettatore molto più del buono senza macchia e senza colpa. Vallanzasca, inoltre, ha rappresentato nel male certe caratteristiche di un periodo della nostra storia che il cinema ha il dovere etico ed estetico di raccontare. Per queste due precise ragioni, le proteste sollevate contro il film, che avrebbe fatto di un efferato assassino un eroe, seppur comprensibili, non riescono a cogliere nel segno. Pensiamo negli anni '70, proprio quelli di Vallanzasca, alla copiosa produzione del cinema italiano di quel genere che ha preso il nome di poliziottesco, dove erano i mitra e gli inseguimenti sanguinosi a farla da padrone. Ed è proprio questo genere, le sue sequenze adrenaliniche che il regista riesce a elevare a riuscita cifra stilistica per raccontare quel particolare spaccato criminale, carcerario che la banda Vallanzasca ha rappresentato sullo sfondo politico e sociale, altrettanto inquieto, del nostro paese in quegli anni. Semmai è proprio sulla figura del “capo”, che attraverso Vallanzasca viene qui messa in scena, che riemerge una vecchia ideologia, mai sopita e, anzi, sempre riaffiorante, sopratutto in Italia. Freud aveva già messo in risalto, negli anni '20, la complessa psicologia che si innesca tra la massa e la figura del capo, riscoprendone alcune componenti arcaiche, risalenti alla formazione dell'orda primordiale, ma pienamente in atto nella psiche contemporanea, sia individuale che collettiva: Da una particolare specie di identificazione-fascinazione scaturisce che il capo non sbaglia mai, non può sbagliare. Sono semmai quelli intorno a lui, quelli che lo consigliano, che gli riferiscono, che agiscono nascostamente contro i suoi dettami a sbagliare, a indurlo nell'errore. La caduta del fascismo nel nostro paese si alimenta ancora oggi di questa triviale vulgata, tesa a salvare la figura di Mussolini. Così Vallanzasca in questo film: sono sempre gli altri a indurlo nell'errore. La figura netta, pulita, etica a modo suo del bel Renè, nelle sembianze di un attore valoroso e fascinoso come Kim Rossi Stuart, si contrappone a quella buia, viscida nel suo tradimento dell'Enzino, l'amico del cuore fin dall'infanzia, perfettamente intonata in questo senso dalla particolare prova attoriale di Filippo Timi. C'è poi nel film un altro elemento che rafforza ed eleva quella del capo a figura quasi cristologica. La pulsione di Vallanzasca all'autopunizione fisica, alla feroce auto flgellazione corporale scatta sempre nella forma esteriore della ribellione al sistema giudiziario e carcerario, per assumere, però, il valore di una redenzione non solo personale ma universale.
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