il cinema di matteo garrone è cinema, e questo è già un bel vantaggio su molte cose che passano nelle sale italiane e che fanno gridare al nuovo cinema italiano da tanta buona stampa magnanima e bonaria. e lo si capisce dalla prima inquadratura: lunga, sospesa, infinita. dall'alto a scendere dentro, nella storia. una storia che da subiro si rivela un palcoscenco forzato e finto, e nulla di meglio poteva essere usato se non un matrimonio napoletano, nella sua farzosità e nel suo voler apparire a tutti i costi.
con una premessa così ci si aspetta davvero tanto, forse troppo. e tutta la prima parte del film regge benissimo, si entra nella storia ben guidati. i personaggi sono interessanti, raccontati bene, interpretati bene. e fa niente se c'è questa rappresentazione un pò troppo colorata di napoli che vive di escamotage e vende pesce in una piazza bellissima, che gli americani (e non solo) pagherebbero oro pur di averci un monolocale. i primi 80 minuti sono davvero perfetti. e sono cinema che si muove bene, che stringe sui volti, che racconta il padre attravreso i figli.
e insomma, te ne stai seduto in poltrona e ti ripeti in testa che stai vedendo proprio un bel film, e ti sembra che questo sia.
poi però il pescivendolo inizia a diventare ossessivo. e vende la pescheria. e regala tutto ai poveri. e pensa di essere spiato. e perde la testa. e si intrufola negli studi del grande fratello. ancora grande movimento di camera, stavolta a uscire, fino a una ripresa da google maps. fine.
peccato, davvero.
quello che sembra un grande film si rivela alla fine debole, e senza la forza di portare avanti le (belle) premesse (e promesse) della prima parte.
tutto si risolve in un racconto un pò moralista, un pò fine a sè stesso, che ha i tempi e i modi di un cortometraggio, ma ha i costi e i tempi di un lungometraggio.
uscendo dalla sala mi son domandato cosa manca a questo cinema italiano e penso sia il coraggio. si fanno film in ritardo di almeno dieci anni.
vicari racconta diaz dieci anni dopo. garrone racconta il grande fratello dieci anni dopo. qualcuno racconterà le banche e l'europa che brucia tra dieci anni.
e si griderà al cinema capolavoro di impegno civile. .
e magari se avrà un giurato amico (della produzione) si porterà a casa anche un bel premio in un festival importante, cannes possibilmente che venezia è tropop scontato.
queste sono le premesse per lanciare il nuovo cinema italiano, per lasciarlo libero a vibrare nuovi colpi mortali all'immaginario collettivo di questo bel paese che un tempo, troppo lontano, era raccontato da petri e zavattini.
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ciamello
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giovedì 11 ottobre 2012
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purtroppo concordo
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Caro Franco, ho visto il film ieri e purtroppo mi tocca darti ragione. Imbarazzante il calo di qualità tra la prima parte del film e la sua evoluzione/chiusura. Come mi era successo di pensare dopo aver visto "Gomorra", a me sembra che Garrone conti un po' troppo su quel teatro a cielo aperto che è Napoli, anche se forse quella piazzetta troppo da cartolina voleva rappresentare una sorta di trasposizione del reality che è la vita quotidiana. Mi sembra non riesca a mettere nel film qualcosa di più suo, che renda il film più riconoscibile e credibile.
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(di francesco2)
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(di franco_passante)
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handsome
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domenica 21 ottobre 2012
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ma....
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Certo non é il film migliore di Garrone, Certo Ll'imbalsamatore e Primo amoreerano migliori. Ma é comunque un film dignitoso, ben girato, con attori bravi e plausibili. E' vero che sembra un documentario, ma penso che sia voluto. L'unica cosa su cui sono d'accordo é che il finale é forse troppo aperto.
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(di francesco2)
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