Adele H., una storia d'amore |
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Un film di François Truffaut.
Con Isabelle Adjani, Bruce Robinson, François Truffaut, Sylvia Marriott, Roger Martin, Ruben Dorey, Joseph Blatchley, Carl Hathwell, Ivry Gitlis, Cecil de Sausmarez, Raymond Falla, Madame Louise, Jean-Pierre Leursse, Louise Bourdet, Clive Gillingham, Ralph Williams, Thi-Loan Nguyen, Edward J. Jackson, Aurelia Mansion, David Foote, Jacques Fréjabue, Chantal Durpoix, Geoffrey Crook
Titolo originale L'histoire d'Adèle H..
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 110 min.
- Francia 1975.
MYMONETRO
Adele H., una storia d'amore
valutazione media:
3,82
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un Truffaut sopravvalutatodi Francesco2Feedback: 41676 | altri commenti e recensioni di Francesco2 |
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mercoledì 31 agosto 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film modesto e riuscito maluccio. Non perché freddo, come ha scritto qualcuno, ma proprio perché riuscito maluccio. Tra i pochi motivi di interesse, la "paradossalità" del personaggio principale: la sua follia la spinge ad essere subdola, a ricorrere ad espedienti come l'ipnosi che un "Illusionista" dovrebbe praticare all'uomo cui lei anela. Un momento divertente, dove Truffaut oltretutto sembra farsi beffe del razionalismo che valuta come imbroglioni tutti coloro che propongano -Già a quei tempi- l'illusione, che trascende la realtà e la concretezza. Sia o non sia così, sia questa lettura corretta o meno, il punto è proprio questo. Truffaut è capace di regalarci la magia, sia essa sussurrata e tenera ("Baci rubati", "L'uomo che amava le donne"), o quella del cinema (L'eccellente "Effetto notte", secondo chi scrive una delle sue perle, rivisitazione del cinema distante, per motivi diversi, da quelle di Wenders o di Tornatore). Qui invece costruisce intorno alla protagonista una serie di figurine (Il cinico innamorato che la respinge dopo averla illusa, come anche i canadesi che la accolgono, vuoi la coppia che la ospita vuoi il proprietario della libreria). Né aggiungono nulla scene madri come quella in cui l'attrice, in primo piano, "evidenzia ai genitori" il rifiuto di tornare in patria. Per il resto i motivi di interesse sono pochi: qualche momento che evidenzia la natura "curiosa" della protagonista, come quello sovraccitato con l'illusionista, e quelli che ci spingono aporci domande sulla sua autentica natura: sentimentalmente, anzi follemente innamorata o cinicamente distaccata rispetto alle vicende familiari, che prendono una piega sempre più drammatica e culminano nella morte della madre? Forse entrambe le cose: il suo amore è cieco ed accecante, e lei rischia di assomigliare ad una Emma Bovary pur essendo per altri versi molto distante da lei. Si autoracchiude in una dimensione proprio "Modello Emma", dove la realtà viene scambiata per un melenso romanzo rosa, ma al contempo è più determinata e quasi subdola di lei. Putroppo in questo film Truffaut non è Flaubert, ma solo un artista che maneggia una materia non adeguata al suo tipo di sensibilità.
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