La finestra sul cortile

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Un film di Alfred Hitchcock. Con Raymond Burr, Thelma Ritter, Wendell Corey, James Stewart.
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Titolo originale Rear Window. Giallo, Ratings: Kids+16, durata 122 min. - USA 1954. MYMONETRO La finestra sul cortile * * * * 1/2 valutazione media: 4,65 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Magistrale Valutazione 5 stelle su cinque

di Tony Montana


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domenica 14 novembre 2010

Jeff è un fotoreporter costretto in casa da una gamba ingessata. Ciò che riempie le sue noiose giornate è la vista che la finestra del soggiorno offre sugli appartamenti dei vicini, in cui egli ama sbirciare furtivo. Ma il passatempo diventa fissazione quando si convince che in uno di questi è accaduto qualcosa di sinistro…
Con la prima ufficiale tenutasi a New York nel 1954, vide la luce uno dei film più sorprendenti di tutta la storia del cinema, un’opera capace di gettarsi avanti nel tempo di decenni, tanto la sua concezione si rivelò innovativa in quel dato periodo storico. Sorprendente fu allora e sorprendente rimane ancora adesso, a dispetto del tempo e della vorticosa evoluzione cinematografica. Uno dei pregi principali de “La finestra sul cortile”, difatti, sta proprio nel non portarsi appresso il peso degli anni; una prerogativa, questa, quasi esclusiva dei capolavori. Se la confezione non può non lasciar trapelare il distacco dalla modernità filmica, la genialità e la maestria che giacciono alle spalle di questa pellicola non possono altresì conoscere scadenza, ed anzi debbono rappresentare oggi un modello, un punto di riferimento e di comparazione per la cinematografia attuale, così immersa nel terzo millennio ma troppo spesso incapace, nella sua indolenza e faciloneria, di elevare un’idea semplice a livelli assoluti: esattamente quello che fece Alfred Hitchcock con questo suo film. Affascinante, intrigante, persino divertente, “Rear Window” è un’opera che avvolge splendidamente lo spettatore sin dai primissimi minuti per mano di una regia scrupolosamente dosata, con la macchina da presa che si muove sorniona scrutando ambienti ristretti come fossero immensi spazi aperti da setacciare, dando l’impressione che ci debba sempre essere qualche cosa di diverso e di interessante da mostrare in un’ambientazione circoscritta all’appartamento di Jeff e alla veduta del cortile con annesse abitazioni sovrastanti (uno dei set più imponenti mai costruiti sino ad allora dalla Paramount). Su quest’impalcatura Hitchcock (con il supporto dello sceneggiatore John Michael Hayes) si diverte, tramite il personaggio di James Stewart, a dare libero sfogo al suo debole per il voyeurismo, vero e proprio motore della vicenda, ma la grandezza del suo lavoro risiede soprattutto nell’aver saputo creare una straordinaria commistione di giallo-thriller, note da commedia e un pizzico di humour nero che a volte sfocia nel macabro appena accennato e mai evidenziato, sempre smorzato come si conviene all’atmosfera del film. I suddetti elementi beneficiano di un bilanciamento sottile e perfetto che li rende addirittura complementari l’uno con l’altro nel corso della narrazione, rendendola così ricca e sfaccettata, senza però mai penalizzare il crescendo di mistero proprio della storia di fondo. Hitchcock impartisce una vera e propria lezione di linguaggio visivo applicato alla cinematografia, comunicando con lo spettatore innanzitutto tramite le immagini, ovvero mostrandogli (non raccontandogli verbalmente, laddove le parole non siano necessarie), ciò che gli occorre sapere, e utilizzando oculatamente i dialoghi soprattutto per relazionare e quindi definire i personaggi nel migliore dei modi, rendendoli assolutamente piacevoli e interessanti. La relazione che intercorre fra Jeff e Lisa, il loro bizzarro interagire, incuriosisce ed intrattiene tanto quanto il mistero della vicina di casa svanita nel nulla, e le scene che coinvolgono i loro vivaci dibattiti costituiscono uno stacco perfetto e consistente da situazioni più cupe e di minore distensione per i protagonisti: una complessa, squisita alternanza di ironia e suspense. Se Grace Kelly si presenta a noi, fin dalla sua primissima apparizione (il bacio di Lisa a Jeff è nella sua semplicità uno dei più belli mai visti al cinema), come una vera gioia per gli occhi, completamente immersa e a suo agio in un personaggio creato su misura per lei, la nostra attenzione viene giocoforza catalizzata dal grande James Stewart, che attraverso il suo viso mobile e morbido riesce a rendere viva un’infinita gamma di stati d’animo: dalla curiosità all’ansia, dalla noia alla paura, dallo stupore all’apprensione; sempre con eguale efficacia e naturalezza. E’ lui il vero mattatore del film, seppure in un ruolo atipico e tutt’altro che comodo. Citazione doverosa anche per la brava Thelma Ritter nelle vesti di Stella, infermiera tuttofare al servizio del malconcio e spesso caustico Jeff. Con La finestra sul cortile, Hitchcock ci propone un microcosmo che racchiude un’infinità di situazioni comuni a contornare un accadimento invero brutale. Ma a dispetto di ciò, l’atmosfera che domina il film emana calore, intimità, condivisione, e immedesimandoci nel protagonista riusciamo a comprendere i motivi per i quali il personaggio interpretato da Stewart senta l’esigenza di interessarsi alle vicende che gli si parano dinanzi, di scrutarle attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica: egli è incerto, vulnerabile e insoddisfatto quanto le vite dei soggetti che osserva, e per questo ne è attratto in maniera quasi morbosa. Una sorta di metafora dell’ironia e dell’ambiguità della vita. Non termineremmo mai di spendere parole utili a porre in risalto tutti gli aspetti e le sottigliezze che rendono questo film del tutto unico e particolare, scena dopo scena: se ne potrebbero scrivere veri e propri trattati. E’ quindi per questo motivo che, giunti a questo punto, ci limiteremo a racchiuderne definitivamente la grandezza in un’unica, solenne definizione: capolavoro.

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