Amici miei |
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Un film di Mario Monicelli.
Con Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete.
continua»
Commedia,
durata 140 min.
- Italia 1975.
- Filmauro
uscita lunedì 16 novembre 2015.
MYMONETRO
Amici miei
valutazione media:
4,23
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Monicellidi Francesco Di BenedettoFeedback: 0 |
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venerdì 24 marzo 2006 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cosa più caratterizza un film di Monicelli rispetto alle odierne commedie di Virzì? Probabilmente un humus di partenza di radicale disperazione, caducità, impotenza che coinvolga e impregni di sè tutta la messa in scena; e un’esigenza di radicalizzare, deformare, render brutali situazioni, personaggi e maschere attoriali che porti il film ai limiti dell’insostenibilità. L’universo umano che traspare da film come Amici miei, L’armata Brancaleone e Un borghese piccolo piccolo ci appare tanto estremo quanto manchevole, malato, dolorante: gli amici cinquantenni che spingono il pedale della derisione e della beffa fino allo stremo, fino all’infarto, non prendendo, in superficie, niente sul serio invece di affrontare le proprie frustrazioni, le proprie paure nei confronti dell’esterno, la propria difficoltà a scegliersi, a legarsi propositivamente e emotivamente con l’altro; la fame, la miseria atavica e stringente, la fragilità e l’inutilità dell’individuo che caratterizzano un’armata medievale, cui fa da contrappunto il nulla e la desolazione naturale ambientale in cui si muove; il borghese perdente che ripone ogni aspettativa di rivalsa sociale sul figlio. Anche il contesto in cui i personaggi operano si impone nella sua asfissia, crudezza, freddezza di toni, da condannarli a un destino di solitudine, di incompletezza, di sofferenza. In opposizione a tanta negatività di immaginario colpisce invece il forte calore, sentimento di pietà, afflato umano con cui l’autore insegue i suoi antieroi; lo scandalo della poetica monicelliana consiste forse proprio in questo parossistico paradosso e sadomasochismo, in questa partecipe sofferenza: uno scollamento radicale fra una lucidità eversiva, brutale di giudizio, un’ironia che (ci) denuda, e una vicinanza viscerale, un’identificazione maschile e cameratesca, un affetto e tenerezza per tanta umana veracità e imperfezione; coscienza dei nostri limiti, del nostro nulla e coscienza della nostra irrinunciabilità a noi stessi e ai nostri simili
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