Munich |
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Un film di Steven Spielberg.
Con Moritz Bleibtreu, Eric Bana, Mathieu Kassovitz, Geoffrey Rush, Bijan Daneshmand.
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Titolo originale Munich.
Drammatico,
durata 164 min.
- USA 2005.
uscita venerdì 27 gennaio 2006.
MYMONETRO
Munich
valutazione media:
3,43
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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MANI DA MACELLAIO, ANIME GENTILIdi A.L.Feedback: 0 |
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lunedì 6 febbraio 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Io sono uno scrittore e quindi so, diceva Pasolini, rivendicando all’artista il ruolo di coscienza degli eventi: le cronache informano, raccolgono e forniscono dati, il poeta, nelle veci di storiografo, interpreta, scava in profondità, trova nessi fra avvenimenti lontani nel tempo. Da questo punto di vista, “Munich”, film per altri versi imperfetto, è tutto tranne che fantapolitica: imprecisioni e inverosimiglianze sono innumerevoli, come ad esempio il non fare menzione di Sharon o l’attribuire un ruolo fondamentale, per giunta poco chiaro, a un fantomatico patriarca francese, tuttavia la pellicola individua, forse semplificando ma lucidamente, i sintomi delle attuali condizioni di affanno del mondo, fornisce la sua diagnosi e propone coraggiosamente una terapia, pur con una buona dose di scetticismo sulla effettiva possibilità di realizzazione. La strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco 1972 e l’assalto alle Torri gemelle dell’11 settembre costituiscono le manifestazione più eclatanti di un dramma collettivo, i complessi motivi del quale il lungometraggio sintetizza nell’irrisolta questione mediorientale: l’allarme è suonato e sono state proprio le reazioni innescate a catena a renderne impossibile la soluzione. La questione non è tanto politica quanto etica e sviscerarla, senza retorica, significa puntare un dito accusatore, non su qualcuna in particolare delle parti in causa, bensì su un clima, di cui tutti siamo responsabili: la civiltà deve scendere a compromessi con i suoi valori per rendere giustizia ai morti incolpevoli e venir meno ai suoi principi per difendersi dal terrorismo criminale? Non si sa se la cose siano andate effettivamente cosi, è un fatto però che il sinedrio guidato da Golda Meir dicendo di sì esprime uno stato d’animo diffuso. Per questo la risposta di Spielberg è un no senza se e senza ma: sangue innocente chiama sangue innocente, i responsabili puniti vengono sostituiti con altri più feroci e una legge del taglione perenne è la strada intrapresa da un’umanità tornata alla barbarie, se il dialogo e i fondamenti del diritto vengono sopraffatti dall’ istinto di vendetta. Tornare sui propri passi è difficile, ma il riconoscimento dei propri torti è un inizio. Il gesto di contrizione spetta ai privilegiati, a coloro cioè che hanno nel loro retroterra secoli di elaborazione intellettuale: democrazia e civiltà hanno plasmato anime gentili, le lacerazioni della Storia mani da macellaio, ed è dovere morale per le une lavare le altre. La defezione di Avner, l’ex agente segreto assoldato dal governo israeliano per compiere la rappresaglia, ha cosi una scoperta funzione paradigmatica e catartica. La spy story, schematica nel delineare i caratteri dei personaggi e le loro reazioni emotive, è punteggiata da immagini palesemente simboliche: pavimenti imbrattati di sangue, inquadrature televisive sul tripudio dei palestinesi e la disperazione degli ebrei, esplosioni e squarci, bambini, tavole imbandite, le “Mille e una notte”, famiglie riunite e spezzate, un bellissimo corpo di donna sfregiato, il Wordl trade center. La scelta del giovane safra di spezzare il pane con lo straniero ne fa però un esule: l’appartenenza cieca a un popolo è prigionia, da cui si evade solo con la forza della consapevolezza, e sulla disperata cancellazione dall’orizzonte degli uni delle aspirazioni legittime degli altri “Munich” meritoriamente pone l’accento. I morti, per parafrasare Eschilo, continueranno a uccidere i vivi.
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