Lussuria - Seduzione e tradimento |
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Un film di Ang Lee.
Con Tony Chiu-Wai Leung, Wei Tang, Joan Chen, Leehom Wang, Tsung-Hua To.
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Titolo originale Se, jie.
Drammatico,
durata 156 min.
- Cina, USA 2007.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 4 gennaio 2008.
MYMONETRO
Lussuria - Seduzione e tradimento
valutazione media:
3,15
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Seduzione e Tradimento (dopo Cous Cous)di gio.caporFeedback: 0 |
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mercoledì 16 gennaio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ho visto “Lussuria” domenica scorsa. Se avessi inviato un commento nei giorni immediatamente successivi, mi sarei molto probabilmente dichiarato soddisfatto ed appagato dalla visione del film, come la maggior parte dei recensori di questo sito. D’altronde, come si fa criticare un film splendidamente girato ed interpretato dai due protagonisti (di cui uno, anzi una, al suo primo ruolo cinematografico)? Forse dicendo che l’unico difetto dell’ultimo film di Ang Lee è la sua assoluta e, paradossalmente, “impenetrabile” perfezione. Ieri sera, però, mi sono precipitato a vedere anche l’altro film premiato (con il premio speciale della Giuria) all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Mi riferisco a “Cous Cous” di Abdellatif Kechiche, a parere di molti critici ampiamente meritevole del Leone d’Oro assegnato a "Lussuria". L’unico aspetto che accomuna il film franco-tunisino a quello cine-holliwoodiano di Ang Lee è la durata della pellicola. Entrambi i registi si sono presi più di due ore e mezzo di tempo per raccontarci una storia e per farci calare nel mondo in cui si svolgono le vicende dei personaggi. Ma, per il resto, siamo agli antipodi. Dopo lo stato d’ipnosi e incantamento in cui mi ha lasciato l’amour fou sbocciato tra il funzionario cinese collaborazionista e la sua concubina partigiana (come un fiore prezioso, dal profumo sofisticato, sul ciglio di una fossa comune), mi sono sentito precipitare goffamente nella realtà dei nostri giorni e delle nostre città, con annessi dormitori urbani periferici. Così, come risvegliandomi da un sogno meraviglioso ed inverosimile, seguendo i dialoghi dei personaggi (anzi, degli "umani") di "Cous cous", seguiti costantemente a distanza ravvicinata dalla macchina da presa come in una ripresa di famiglia (in interni che non hanno nulla da invidiare al covo di Provenzano), mi sono ricordato che anche dalla più “lussureggiante” delle scopate possono scaturire non solo laceranti conflitti interiori, ma anche figli in carne e ossa, da accudire, nutrire ed affrancare da biberon e pannolone (se non si vogliono investire in materiale ultrassorbente circa seimila euro all'anno, come evidenzia prosaicamente uno degli interpreti). Voilà la vie! Prendere o lasciare. Mi rendo conto che non ha molto senso commentare un film paragonandolo con un altro appartenente a tutt'altra cinematografia. Ma, in questo caso, il confronto è inevitabile, essendo i due film in programmazione nelle nostre sale a distanza di tempo così ravvicinata, dopo aver diviso la platea dei critici a Venezia. Al film di Kechiche rimprovero solo un'eccessiva dilatazione delle situazioni e dei dialoghi (in certi momenti avrei sparato volentieri una rivoltellata contro lo schermo per interrompere diverbi e monologhi cazzeggianti, stile telenovela) e l'indifferenza del regista, ai limiti della crudeltà, verso le aspettative oneste e legittime del pubblico (vedi la brusca, spietata chiusura della vicenda dopo aver costruito un clima di attesa che sostiene tuttta l'ultima parte del film). Eppure, se avessi fatto parte della giuria veneziana di quest’anno, superando un certo dissidio interno (seduzione/tradimento!), avrei assegnato il Leone d'Oro a "Cous Cous", alla sua lezione di realismo privo di retorica politicamente corretta, alla freschezza e credibilità della sua umanità imperfetta, immune da contaminazioni letterarie ed estetismi di maniera.
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