loland10
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sabato 7 settembre 2019
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sogni e delusioni
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“Martin Eden” (2019) è il quinto lungometraggio del regista casertano Pietro Marcello.
“Grazie per aver salvato nostro figlio”.
“Non ti basta la bajour per scrivere? La luce si paga”
“Vieni resta qui torniamo a fare le cose di prima....”.
Film di sconquasso narrativo con sperimentazioni varie, documentazioni reali, fotografia in filigrana, personaggi scontrosi e mistificazioni storiche.
Film di grande spavento e lettura sotto le righe con la storia minima e massima che si conoscono ma non si capiscono; il velleitarismo do un cinema semplice nasconde il grande coraggio per un ‘racconto’ epico in cui viene toccato tirato il secolo breve con immagini di mare, di interni, di comizi, di ballo, di vie, di campagne, di treni e di luoghi di cui conosciamo poco o niente.
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“Martin Eden” (2019) è il quinto lungometraggio del regista casertano Pietro Marcello.
“Grazie per aver salvato nostro figlio”.
“Non ti basta la bajour per scrivere? La luce si paga”
“Vieni resta qui torniamo a fare le cose di prima....”.
Film di sconquasso narrativo con sperimentazioni varie, documentazioni reali, fotografia in filigrana, personaggi scontrosi e mistificazioni storiche.
Film di grande spavento e lettura sotto le righe con la storia minima e massima che si conoscono ma non si capiscono; il velleitarismo do un cinema semplice nasconde il grande coraggio per un ‘racconto’ epico in cui viene toccato tirato il secolo breve con immagini di mare, di interni, di comizi, di ballo, di vie, di campagne, di treni e di luoghi di cui conosciamo poco o niente. Un miscuglio con ricordi e reali, vivi e morti che danno risalto ad un’opera forte e suggestiva.
Surreale e voluminosa, sognante e pregnante, rarefatta e corporale: una storia in un film dove il documentarismo (usato dal regista, una sua passione) fa qualcosa e di altro, a parte. Sembra di vedere un racconto a vari livelli con scene e inquadrature veramente efficaci e di rara bellezza, con un’anima e un fondo intenso dello scritto. Certo non lineare, ma con i tempi che si incontrano casualmente non conoscendosi (il primissimo novecento, il post guerra, gli anni del boom e gli anni ottanta): teche senza sarlo e ritratti senza parenti.
Tratto liberamente dal romanzo omonimo di Jack London e sceneggiatura dello stesso regista con Maurizio Braucci (già collaboratore in “Bella e perduta”, 2015). La storia è stata spostata in una Napoli sospesa e in un non ben definito lasso di tempo. Tutto è tempo nello scorrere con pensieri, incontri, passati, foto e movimenti durante un andirivieni del novecento dove il nostro Martin ne vede tante con l’agonia sulle spalle di essere ignorante del tutto prima di inizia a leggere.
Il suo scopo, poi, è scrivere e come scrittore di essere pubblicato. Invia racconti su racconti, plichi su plichi e con la stessa dicitura ‘rispedito al mittente’ li riceve indietro; la sua forza morale franava ma ogni volta si ricaricava. La sconfitta rendeva forte la voglia di riscrive ancora.
Acquista con i pochissimi soldi una macchina da scrivere di seconda mano e diventa il suo continuo bagaglio vero e importante.
Gli piace viaggiare, col poco che ha, e vuole tenersi lontano dal cognato che non recepisce mai il messaggio di una cultura.
Il film ha una prima porte poderosa, incisiva, fluttuante e intensa. La commozione sincera si stratifica in parecchie vicende del nostro Martin che vuole arrivare a sapere e conoscere. L’incontro con la famiglia di Elena è casuale. Salva da una lite il fratello e viene ringraziato da tutti i familiari. Costretto a rimanere a pranzo conosce la ragazza. Famiglia borghese e con una certa dose di cultura. In essa arrivano incontri e scontri poderosi. Martin, un ex marinaio, conosce i suoi limiti e vorrebbe realizzare i suoi sogni. In questo contrasto intenso il film argomenta, in modo rarefatto, languido e con passione repressa, lo sfogo interiore del ragazzo popolano e privo di ogni nerbo culturale.
Elena gli consiglia di tornare a scuola. Ma da un libro iniziale di Baudelaire la carica inizia. I suoi versi e le sue parole colpiscono, come alcune argomentazioni filosofiche di Herbert Spencer (teorico del darwinismo sociale) e il sentore politico del,pensiero socialista. Ma non tutti sono dalla sua parte. Elena gli dice di ‘scrivere altro’. Secondo lei è troppo duro, reale, colpi allo stomaco continui. E Martin si arrabbia: le fa vedere i luoghi che conosce e le persone misere che fanno fatica a sradicare la loro quotidianità. Elena vuole tornare a casa. Il suo mondo ‘bello e lineare’, di una borghesia pulita fa a pugni con certe scene. Il girare il set dall’altra parte. Martin e Elena due mondi casuali che sognano a loro modo ma il ragazzo ne prende coscienza e non risparmia nessuna nemmeno chi pensa di averlo aiutato.
Si sente in odore di arrivo, pensa di avere il coltello dalla parte del manico, crede di poter rovesciare le convenzioni classiche, sfoga il suo dire contro una cultura che non c’è. Il fervore della novità e del suo vero narrare riempiono le bocche di molti e, lui, inizia a rendersi conto quasi di essere messo da parte. E la cultura diventa arma (affilata) a doppio taglio. E il nostro Martin sembra girare a vuoto. E il resoconto finale è amaro: non c’è vittoria. In vita l’odore della medaglia è lontana. E anche di cui scrivi non sono proprio contenti.
La morte a qualcuno darà il suo. Ecco che Jack London da oltre un secolo aveva intuito è capito ciò che l’uomo riceverà in cambio di quello che professa.... Torto e ragione quasi combaciano.
Ecco che l’incontro casuale (sul treno) con una donna, di nome Maria (Carmen Pommella), e i suoi due figli (“il marito me l’ha portato via il Signore”) appianerà certe cose per crearne altre. Una popolana senza nulla gli darà quasi conforto. Ma quando il mondo si rovescia e il successo arride al suo nome....Maria in un secondo tempo dirà a Martin “torna a fare le cose di prima”. Torna con la speranza dentro e il tuo sogno da conquistare. Ma oramai Martin Eden è fuori da se stesso, dal suo nome e da quello che ha vissuto. Le origini e ciò che hai perduto per sempre. Un vittoria (presunta) ti piacerà ma ti potrò anche distruggere (definitivamente).
Gli oggetti, i piccoli materiali, le cose minime, i fogli, il poco denaro, le stanze adombrate, l’essenziale in tavola, la nave che parte, le lacrime e i fazzoletti bianchi che si scorgono dal molo; le valigie e lo spago, le rughe e il coltello, le liti e i pugni, le lettere e la luce della notte, i vicoli e le miserie, il primo assegno e la spesa; ecco si arriva a pulire il piatto con il pane, una ‘scarpetta’ di odore di sugo per ‘togliere la povertà’ come dice Martin a casa di Orsini durante un invito a pranzo.
Gli oggetti, i piccoli materiali, le cose minime, i fogli, il poco denaro, le stanze adombrate, l’essenziale in tavola, la nave che parte, le lacrime e i fazzoletti bianchi che si scorgono dal molo dalle immagini arrugginite annerite dai fumi del tempo. Passati decenni e decenni quando andare oltreoceano era un successo. Il resto solo speranza di riportare qualcosa.
Un vivo mondo fatto di nessuna certezza e quando pensi che un traguardo è vicino ecco a fianco appoggiarsi il riso di una sconfitta (di rapporti, di idee e di vita familiare).
L’umiltà di chi parte ha il volto arrabbiato, scontroso e ignorante di un Martin qualsiasi; ma la postura narrativa è non solo scrivere il reale ma di renderlo utile.
Luca Marinelli(Martin Eden): è scomposto, stralunato, corposo, assente e scostante; il vivo attento tra un guizzo poetico e una cultura che non arriva a nessuno; intenso e vibrante, quasi costruisce da se il personaggio; tra sogno e realtà, tra delusione cocente e presente solitudine.
Carlo Cecchi (Russ Brissenden): usa la classe teatrale per uno scontro e un dialogo, tra una vita espansa e la morte di ogni pensiero. Messo lì non per caso, mentore per una recitazione costante.
Jessica Cressy (Elena Orsini): tenera, dolce, avvolgente, severa e lontana. Una gracilità che nasconde un desiderio che ha e non sa cogliere.
Fotografia: efficace, intristita, sfocata, in filigrana, piatta e piena di cenere con brace.
Musica: variopinta e scostante, generosa e con canzoni ‘dialettali’ (come non riconoscere ‘Voglia 'e turnà” con la voce di Teresa De Sio)
Regia diPietro Marcello: documentata, sativa, misurata e intensa; quando la passione si commisura con la forza di un quadro in movimento.
Voto: 8½/10 (****) -cinema implosivo-
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vanessa zarastro
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sabato 7 settembre 2019
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arrivismo e individualismo
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Presentato in questi giorni al Festival di Venezia, il film “Martin Eden” è una trasposizione della vicenda narrata da Jack London nel suo omonimo romanzo, trasposta in Italia nel golfo partenopeo, in un periodo pre-bellico non esattamente precisato, perché in alcuni punti ci sono la televisione e la macchina da scrivere Olivetti e si vedono alcuni edifici costruiti palesemente negli anni ‘50/’60 che si alternano alle immagini degli anni Dieci e Venti con i vestiti da primi del Novecento, in altri punti sono mostrate le truppe fasciste. Tutte queste immagini, come fossero paesaggi, rappresentano le variazioni nella storia di un uomo che si fa da sé.
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Presentato in questi giorni al Festival di Venezia, il film “Martin Eden” è una trasposizione della vicenda narrata da Jack London nel suo omonimo romanzo, trasposta in Italia nel golfo partenopeo, in un periodo pre-bellico non esattamente precisato, perché in alcuni punti ci sono la televisione e la macchina da scrivere Olivetti e si vedono alcuni edifici costruiti palesemente negli anni ‘50/’60 che si alternano alle immagini degli anni Dieci e Venti con i vestiti da primi del Novecento, in altri punti sono mostrate le truppe fasciste. Tutte queste immagini, come fossero paesaggi, rappresentano le variazioni nella storia di un uomo che si fa da sé.
Martin è un marinaio che ha iniziato a salpare a 11 anni, e salva da un pestaggio Arturo, un giovane rampollo di buona borghesia. Così lui lo invita a sua casa dove conosce la sorella Elena (interpretata da Jessica Cressy) e della quale si invaghisce, e tutta la sua famiglia. Rimane affascinato da tutto, dalla raffinatezza, dalla cultura, non ha mai visto da vicino un quadro, non ha mai visto tanti libri, non ha mai ascoltato un concerto a pianoforte. Elena è rappresentata come una ragazza studiosa così tanto acculturata da parlare con l'accento francese.
Immediatamente Martin sente fortemente di voler far parte di quel mondo e la raffinata ragazza diventa, non solo la sua ossessione amorosa, ma il simbolo dello status sociale cui Martin ambisce. Elena gli presterà dei libri di grammatica e i romanzi da leggere, così Martin si butta nella lettura e nello studio in modo martellante. Rimane particolarmente affascinato da Edmund Spenser, poeta britannico di modeste origini, e alla fine, si compra una vecchia macchina da scrivere e comincia a comporre poesie, poi a scrivere racconti.
Elena lo segue nei suoi progressi, ma continua a suggerirgli di iscriversi a scuola di riprendere lì da dove aveva interrotto (alle scuole elementari).
Sembrerebbe che ognuno sia artefice del proprio destino, che tempo e volontà possano ribaltare condizioni avverse, che duro lavoro e abnegazione vengano premiati. Purtroppo non è così semplice, Martin si deve anche mantenere e ha anche un brutto carattere: viene allontanato da casa dal cognato con cui si rifiuta di lavorare, trova ospitalità in campagna da una giovane e paffuta vedova (Carmen Pommella) che vive con i suoi due bambini e che si prenderà cura di lui. I suoi manoscritti inviati a varie case editrici sono immancabilmente rispediti al mittente.
Martin incontrerà un personaggio-chiave Russ Brissenden (Carlo Cecchi), che diventerà in qualche misura suo mentore, spingendolo ad abbracciare la fede nel socialismo. Senza voler entrare troppo nel racconto dettagliato, Russ lo condurrà a riunioni sindacali e politiche con le bandiere rosse, ma Martin ha fede solo in se stesso e nel valore dell’individuo.
Stacchi con primi piani simbolici, sono alternati alle varie scene, ai flash back e ai film di repertorio, come ad esempio un pezzo dell’anarchico Errico Malatesta durante la manifestazione a Savona del 1° maggio 1920. Sono i pensieri e i desideri di Martin, è il suo universo, affascinato dalla cultura borghese all’inizio, ma sempre più disgustato da essa a mano a mano che la raggiungerà. Belle sono le ricostruzioni ambientali dell’inizio del Novecento e notevole è l’armoniosa colonna sonora.
Devo confessare che non ho una particolare simpatia per Luca Marinelli perché è un attore che recita sempre sopra le righe, sempre esagerato, ma sono andata a vedere lo stesso questo film perché pensavo fosse più sobrio interpretando una parte che credevo più positiva rispetto alle sue solite - come ad es. lo zingaro in “Jeeg Robot” del.
Purtroppo mi sbagliavo. Per due terzi del film, in effetti, è così ed ero contenta di ricredermi, ma poi da quando Martin Eden raggiunge il successo, il “mostro” che è in lui fuoriesce con tutta la gigioneria di cui lui è capace. Trasmette un’incredibile antipatia per il suo personaggio, recita urlando e il film, a mio aviso, si rovina sul finale.
Il regista, alla sua prima opera di fiction dopo tanti validi documentari, ben rappresenta il senso dell’ideologia che infuocava gli animi nel secolo scorso, il ruolo della cultura di massa, il rapporto tra individuo e società, tra socialismo e individualismo, fino alla lotta di classe e all’ipocrisia di certi ambienti.
Riferendosi al libro di Jack London così spiega lo stesso regista insieme al co-sceneggiatore Maurizio Braucci: «Il romanzo degli autodidatti e di chi ha creduto nella cultura come strumento di emancipazione, restandone in parte deluso - e anche - il ritratto di un artista di successo che smarrisce fatalmente il senso della propria arte».
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[+] 'e stelle, 'e criature, ' ffemmene
(di fabiofeli)
[ - ] 'e stelle, 'e criature, ' ffemmene
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angelo umana
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mercoledì 25 settembre 2019
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la cultura non s'inventa
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Film d'arricchimento per chi non ha letto il libro di Jack London, da cui è “liberamente” (o liberissimamente?) tratto. Il regista Pietro Marcello al suo primo lungometraggio sforna un prodotto molto ricco, perfino ridondante come dev'esser stata la vita del personaggio Martin Eden, ricco o arricchito di molti bei prodotti che abbelliscono il film, o lo appesantiscono. C'è tanto, c'è tutto, un'antologia: le canzoni napoletane in una certa parte, Picceré e pure Teresa De Sio con Voglia e turnà, gli inserti documentaristici dell'epoca in cui l'Italia si preparava alla guerra (con la gente che naturalmente ha bisogni molto “basici” a cui pensare), i raduni di piazza sindacali, le masse da catechizzare come in ogni tempo, le immagini dei bassi di Napoli e non solo, le inquadrature della natura con fotografia anticata e scene di strada, dove Martin è cresciuto.
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Film d'arricchimento per chi non ha letto il libro di Jack London, da cui è “liberamente” (o liberissimamente?) tratto. Il regista Pietro Marcello al suo primo lungometraggio sforna un prodotto molto ricco, perfino ridondante come dev'esser stata la vita del personaggio Martin Eden, ricco o arricchito di molti bei prodotti che abbelliscono il film, o lo appesantiscono. C'è tanto, c'è tutto, un'antologia: le canzoni napoletane in una certa parte, Picceré e pure Teresa De Sio con Voglia e turnà, gli inserti documentaristici dell'epoca in cui l'Italia si preparava alla guerra (con la gente che naturalmente ha bisogni molto “basici” a cui pensare), i raduni di piazza sindacali, le masse da catechizzare come in ogni tempo, le immagini dei bassi di Napoli e non solo, le inquadrature della natura con fotografia anticata e scene di strada, dove Martin è cresciuto. Un lavoratore portuale intelligente che si dimostra capace di svolgere qualsiasi umile lavoro, lo vediamo intraprendere svariate occupazioni (ma è un film, deve dare l'idea della versatilità del personaggio!). Martin è dotato di umanità e forza di volontà ma, ahimé, con l'”espressione inespressiva”, enigmatica, che non cambia mai di Luca Marinelli, il “bel tenebroso” di Ricordi?. Un ragazzone già grande, avvezzo alla strada e ai modi spicci di essa, che si lega dapprima alla bella “popolana” Margherita (Denise Sardisco) per disprezzarla poi quando si è fatto un po' di cultura, e che scopre sorprendentemente l'amore per l'arte e per i libri. Galeotta fu la conoscenza di una famiglia americana che vive nella sua città, e di Elena (Jessica Cressy) soprattutto, l'algida figlia poco più che adolescente di cotanti genitori altolocati. Rimane meravigliato dei loro modi e della loro casa molto decorata, sono un po' stucchevoli gli approcci interclasse e pure il fatto che il ragazzone maturo si concentri tanto su un dipinto per poi spaziare alla conquista di libri, roba a cui non era mai stato avvezzo. Decide, forse per amore, per desiderio di emulazione o elevazione sociale, di studiare e poi di scrivere o, come lui dice, di farsi a piedi la strada dell'istruzione, di cui scopre avere sete. Elena gli dà le raccomandazioni della brava ragazza, ben educata, anch'essa una figura non troppo emozionante.
Un parere spassionato è che nel film siano stati messi filmati d'epoca, argomenti e questioni culturali accennati ma in abbondanza, che Martin sa improvvisamente affrontare, per nobilitarlo, farne un film di levatura culturale e storica, un “romanzo storico” (ma Manzoni fece ben altro coi Promessi Sposi...).
Sembra tutto già disegnato, avrà successo, Martin, come scrittore e come predicatore, ha preso l'ascensore sociale ma la vita è un gioco, mischia le carte(la cantava Nada X anni fa): il successo, la segretaria e l'addetto stampa, la programmata partenza per l'America, devono avergli dato alla testa. Travolto da un insolito destino, Martin Eden ragazzo di strada e vicino alla gente semplice e poi M.E. scrittore famoso e uomo di mondo: una distanza siderale! Resta in chiusura il rumore di onde serene del mare dove lui s'è immerso, pare per sempre. Film arricchito artificialmente di cose, dunque appesantito (129 minuti), controverso come il suo protagonista, e come lui un po' pretenzioso e supponente.
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[+] i tesori spesso sono sotto la sabbia
(di gbavila)
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mardou_
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giovedì 5 settembre 2019
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esercizi di stile
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Insieme a Il Richiamo Della Foresta e Zanna Bianca, Martin Eden è una delle opere più celebri di Jack London. Il romanzo di formazione in parte autobiografico dello scrittore americano narra la vita travagliata del marinaio Martin e la sua lotta per diventare uno scrittore, ispirato dall’amore per la bellezza e per Ruth, studentessa universitaria da cui prende lezioni di inglese.
Le difficoltà del giovane nel farsi accettare come possibile marito da questa figlia dell’alta borghesia californiana, danno modo all’autore di esporre le sue teorie socialiste e lanciare una critica forte all’impianto americano e ai suoi valori che si reggono sulla fede incondizionata a capitalismo e individualismo.
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Insieme a Il Richiamo Della Foresta e Zanna Bianca, Martin Eden è una delle opere più celebri di Jack London. Il romanzo di formazione in parte autobiografico dello scrittore americano narra la vita travagliata del marinaio Martin e la sua lotta per diventare uno scrittore, ispirato dall’amore per la bellezza e per Ruth, studentessa universitaria da cui prende lezioni di inglese.
Le difficoltà del giovane nel farsi accettare come possibile marito da questa figlia dell’alta borghesia californiana, danno modo all’autore di esporre le sue teorie socialiste e lanciare una critica forte all’impianto americano e ai suoi valori che si reggono sulla fede incondizionata a capitalismo e individualismo.
In questa trasposizione cinematografica, il regista Pietro Marcello sposta l’ambientazione da San Francisco a Napoli, città meravigliosamente fotografata nelle sue vivide contraddizioni all’ombra del Vesuvio, sviluppando la narrazione negli anni immediatamente precedenti la Prima Guerra Mondiale.
Risulta evidente sin dal principio che le esigenze di copione non abbiano alcuna verosimiglianza storica e sta proprio in questo l’originalità della pellicola: i costumi, gli arredi delle case e le scenografie spesso richiamano infatti periodi successivi, mentre alle scene di finzione si alternano materiali di repertorio tratti da archivi di epoche diverse, oltre alla colorizzazione del bianco e nero originale.
Rispettando la struttura del romanzo, con una prima parte travolgente che narra l’entusiasmo giovanile di Eden e la sua fame di sapere mentre divora i saggi di Herbert Spencer e la seconda che precipita nella tragedia durante il disincanto dell’età adulta, il film non è però sostenuto a pieno dall’interpretazione discontinua di Luca Marinelli su cui la macchina da presa spesso indugia in maniera fin troppo esagerata.
L’attore romano, ormai il volto più richiesto dal cinema italiano, è perfettamente credibile nel giovane bellissimo ed ingenuo i cui occhi si illuminano di bellezza nel suo percorso formativo, ma non altrettanto nella fase della maturità quando il desiderio si è esaurito: complice anche il trucco grossolano, la sua recitazione risulta artefatta e teatrale nel senso negativo del termine.
Se da un lato i ruoli marginali sono quelli più intensi e magistralmente recitati, penso tra gli altri a Carlo Checchi nella parte dell’amico Russ Brissenden e Autilia Ranieri, sorella di Martin, è invece da dimenticare Jessica Cressy nel personaggio di Ruth/Elena Orsini: mono espressiva e con una drammatizzazione da soap opera, rende ridicola e totalmente ingiustificata la cadenza francese dei suoi piagnistei.
Piccola chicca: il cameo fascista di Giordano Bruno Guerri il cui breve monologo sembra parlare a noi spettatori in sala come a voler dire che i tempi di allora non sono così dissimili dal nostro presente.
Voto 3/5
Elisabetta Baou Madingou
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luciano sibio
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giovedì 19 dicembre 2019
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trama disorganica
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Ho visto il film e ho apprezzato il sovrapporsi disordinato di stili ed epoche senza un rigore formale e cronologico.
Lo ritengo un film sperimentale che riesce a raggiungere degli effetti innegabili perchè si lascia guardare senza appesantire lo spettatore per il caos,anzi si propone ad esso con una coerenza organico/formale anchor più forte .
Vi premetto che non ho letto il libro da cui è tratto,però ho analizzato con attenzione il suo contenuto filosofico che travalica la storia d'amore.
Beh,ci sono delle incoerenze inimmaginabili che lasciano molto perplessi. Si pensi un attimo al dialogo,per me centrale nel film, che il protagonista fa a tavola in presenza delle sua fidanzata con un ospite altolocato di fede liberale che lo accusa di socialismo .
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Ho visto il film e ho apprezzato il sovrapporsi disordinato di stili ed epoche senza un rigore formale e cronologico.
Lo ritengo un film sperimentale che riesce a raggiungere degli effetti innegabili perchè si lascia guardare senza appesantire lo spettatore per il caos,anzi si propone ad esso con una coerenza organico/formale anchor più forte .
Vi premetto che non ho letto il libro da cui è tratto,però ho analizzato con attenzione il suo contenuto filosofico che travalica la storia d'amore.
Beh,ci sono delle incoerenze inimmaginabili che lasciano molto perplessi. Si pensi un attimo al dialogo,per me centrale nel film, che il protagonista fa a tavola in presenza delle sua fidanzata con un ospite altolocato di fede liberale che lo accusa di socialismo .Qui il protagonista sembra scusare sè e i poveri come era lui per l'adesione ideologica al socialismo che dovrbbe tendere a soffocare le individualità.
Questa è un 'emerita fesseria filosofica che getta un'onbra sinistra sullo sceneggiatore e di conseguenza sul film,difatti non si capisce quale possa essere il vero dramma di questo Martin Eden che parte come un Gramsci per poi ritrovarsi come il Ludwig di Lucihino Visconti.
Ma i due non sono personaggi assemblabili e qui non si può giocare con il caos generale con il quale si è condotto il film dal punto di vista narrativo,ma bisognava trovare una quadra,che difatto manca,e il film così ha perso quell'equilibrio che inizialmente la narrazione stava offrendo .
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great steven
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venerdì 5 febbraio 2021
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lo scrittore s''oppone al capitale e al collettivo
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MARTIN EDEN (IT/FR, 2019) diretto da PIETRO MARCELLO. Con LUCA MARINELLI, JESSICA CRESSY, CARLO CECCHI, VINCENZO NEMOLATO, MARCO LEONARDI, DENISE SARDISCO, CARMEN POMMELLA, AUTILIA RANIERI, ELISABETTA VALGOI, PIETRO RAGUSA, GIUSTINIANO ALPI, GAETANO BRUNO, MAURIZIO DONADONI, ANIELLO ARENA ● Grazie al provvidenziale salvataggio da un pestaggio del giovane Arturo, rampollo di una famiglia benestante della borghesia industriale italiana degli anni ’60, il marinaio Martin Eden viene accolto in casa degli Orsini e lega sentimentalmente con la sorella maggiore di Arturo, la raffinata e dolce Elena Orsini. Desideroso di ampliare la propria cultura per poter proseguire la sua relazione con la giovane donna, Martin comincia a leggere sempre più libri e rafforza in modo notevole la sua istruzione, conquistando un prezioso bagaglio da autodidatta.
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MARTIN EDEN (IT/FR, 2019) diretto da PIETRO MARCELLO. Con LUCA MARINELLI, JESSICA CRESSY, CARLO CECCHI, VINCENZO NEMOLATO, MARCO LEONARDI, DENISE SARDISCO, CARMEN POMMELLA, AUTILIA RANIERI, ELISABETTA VALGOI, PIETRO RAGUSA, GIUSTINIANO ALPI, GAETANO BRUNO, MAURIZIO DONADONI, ANIELLO ARENA ● Grazie al provvidenziale salvataggio da un pestaggio del giovane Arturo, rampollo di una famiglia benestante della borghesia industriale italiana degli anni ’60, il marinaio Martin Eden viene accolto in casa degli Orsini e lega sentimentalmente con la sorella maggiore di Arturo, la raffinata e dolce Elena Orsini. Desideroso di ampliare la propria cultura per poter proseguire la sua relazione con la giovane donna, Martin comincia a leggere sempre più libri e rafforza in modo notevole la sua istruzione, conquistando un prezioso bagaglio da autodidatta. In breve decide di diventare uno scrittore, ma la via verso l’affermazione letteraria è tutt’altro che facile, senonché Martin, ad una festa in casa Orsini, fa la conoscenza del bizzarro intellettuale socialista Russ Brissenden, il che gli consente di comprendere più a fondo cosa non funziona nella sua scrittura. Finalmente, dopo numerosi manoscritti rispediti al mittente, Martin riesce a far pubblicare i suoi racconti: da lì potrebbe costruire pian piano una vita serena e felice al fianco di Elena, ma il proliferare rapido dei primi movimenti politici di massa e la protesta degli operai contro lo sfruttamento dei padroni faranno sorgere nell’emergente scrittore un richiamo alle proprie umili origini, che ora Martin, col successo ottenuto in campo letterario, pensa di star tradendo. Ormai trasformatosi in un mito vivente che però non rinnega la sua identità di proletario individualista, Martin crea un enorme vuoto intorno a sé e, mentre i movimenti socialisti minano la sicurezza dello Stato nel biennio rosso, lui si accorge di aver perso senza rimedio tutte le persone che gli volevano bene. Film complesso e interessantissimo, con plurime sfaccettature e dai significati che si compenetrano fra loro, liberamente ispirato all’omonimo romanzo (1909) di Jack London, l’opera di P. Marcello dimostra di saper funzionare a pieno vapore anche in un contesto contraddittorio e sanguigno come il panorama politico italiano di cinquant’anni fa. Il merito va soprattutto alla delineazione psicologica e caratteriale di un protagonista che, avendo fatto propria la cultura come solo il più accanito dei self made men saprebbe fare, la pone al centro del proprio pensiero reclamandone la legittimità, l’inalienabilità, la capacità di evolversi e migliorare e quella di essere alla base di ogni civiltà. Il personaggio Martin Eden scrive di tutto, dai romanzi ai racconti, dalle poesie ai saggi, e lo scrive con l’intenzione di far presente al suo pubblico – che prima lo disprezza e dopo inizia con ritrosia ad ammirarlo – l’impossibilità per un autore letterario di auto-classificarsi in un sistema già troppo pieno di preconcetti: infatti, se Martin Eden rifugge con evidenza il socialismo, mostra con ancor maggiore evidenza di odiare il capitalismo, e la sua innata generosità, una generosità addirittura feroce e difficile da controllare, lo porta da una parte a regalare denaro ai bisognosi che d’altro canto non pretendono simili doni e dall’altra a sperperare la propria maturità in un’autodistruzione senza speranza, sulla falsariga del defunto Russ Brissenden (un efficace C. Cecchi), anch’egli socialista deluso amareggiato dalla ricchezza crescente dei potenti. Ma il film rappresenta anche un inno a coloro che scelgono di intraprendere una strada impegnativa e lottano contro tutte le difficoltà esterne e interne per raggiungere un obiettivo non semplice, con le conseguenze del caso, fra cui non ultima la perdita di un’identità originaria. Marcello punta il dito in modo sottile ma mordace contro l’ignoranza compiaciuta del nostro Paese, dilagante nella classe dirigente e probabilmente la principale causa del malfunzionamento del sistema politico, mettendo tuttavia subito in chiaro come, ai tempi del socialismo italiano post-sessantottesco, ci fossero ancora personalità impegnate a cui le primarie necessità interessavano più di ogni altra cosa, disposti a combattere e a mettere a rischio la propria incolumità pur di ottenerle; nella realtà nostrana di oggi, l’apatia imperante e la dispersione culturale non consentono più tali scenari, e non ci sarebbe posto per un novello Martin Eden. Una pellicola potente, affiatata, determinante per la cinematografia italica degli anni 2010, che racchiude in sé il senso vigente in un’epoca per raccontarne una successiva in cui le cose sono drasticamente peggiorate. Bravissimi tutti gli attori, in testa un L. Marinelli superbo e inimitabile, vincitore della Coppa Volpi a Venezia 2019. David di Donatello al regista e a Maurizio Brucci per la migliore sceneggiatura non originale. La fotografia di Alessandro Abate – dal tocco elegantissimo e sognante – ritrae i paesaggi di Napoli, Santa Maria la Fossa e Torre Annunziata alternando colori moderni ad una poetica filigrana che sembra far tornare indietro nel tempo per merito della sua efficienza cromatica. Inserito dal New York Times nella lista dei 10 migliori film del 2020.
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carloalberto
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sabato 7 settembre 2019
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è un'opera d'arte
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Quella che Pietro Marcello ha realizzato è un’opera esteticamente riuscita che sfiora il capolavoro. Il regista utilizza in modo sapiente, esaltandoli, tutti i mezzi espressivi della settima arte, non sovrappone ma fonde armonicamente nel film, la colonna sonora, con la musica degli anni ottanta e la voce inconfondibile di Daniele Pace e di Teresa De Sio, la grande prosa, recitata in modo magistralmente teatrale da Luca Marinelli e Carlo Cecchi, le immagini della finzione e quelle tratte da filmati di repertorio dell’epoca o da vecchi filmini amatoriali in superotto, il vissuto intimo e familiare del protagonista, deprivato di cultura e di affetti, e la vita corale di un popolo di miserabili e di sconfitti, di diseredati e di lavoratori sfruttati, scene di primi piani di volti che trapassano lo schermo e paesaggi sfumati ripresi in lontananza, ad evocare, insieme, immediatezza e partecipazione all’azione e nostalgia struggente per ciò che, passando fugacemente, non torna.
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Quella che Pietro Marcello ha realizzato è un’opera esteticamente riuscita che sfiora il capolavoro. Il regista utilizza in modo sapiente, esaltandoli, tutti i mezzi espressivi della settima arte, non sovrappone ma fonde armonicamente nel film, la colonna sonora, con la musica degli anni ottanta e la voce inconfondibile di Daniele Pace e di Teresa De Sio, la grande prosa, recitata in modo magistralmente teatrale da Luca Marinelli e Carlo Cecchi, le immagini della finzione e quelle tratte da filmati di repertorio dell’epoca o da vecchi filmini amatoriali in superotto, il vissuto intimo e familiare del protagonista, deprivato di cultura e di affetti, e la vita corale di un popolo di miserabili e di sconfitti, di diseredati e di lavoratori sfruttati, scene di primi piani di volti che trapassano lo schermo e paesaggi sfumati ripresi in lontananza, ad evocare, insieme, immediatezza e partecipazione all’azione e nostalgia struggente per ciò che, passando fugacemente, non torna. L’emotività dello spettatore è raggiunta e coinvolta attraverso lo stimolo di tutti i sensi in gioco nella fruizione filmica, stimolando, contestualmente, la riflessione su alcuni temi che sono stati e restano cruciali per ogni uomo che ambisca ad una maggiore consapevolezza di sé come individuo sociale. Le conclusioni di London, di Eden e di Marcello sono parimenti disperate. La sovrapposizione delle storie e dei luoghi è compiuta. Attraverso la vita di Eden vediamo in parte la vita di London e scorgiamo, forse, quella dell’autore, alla San Francisco di Eden-London si sovrappone la Napoli di Marcello. Le immagini vere degli emigranti che fanno la valigia, serrandola con lo spago, gettano un ponte tra le due realtà. L’individuo schiacciato, in Patria, dalla miseria e dallo sfruttamento, attraversa l’oceano e va in terra straniera, dove troverà un nuovo padrone ad attenderlo. Per il protagonista non v’è riscatto possibile, né la cultura, né l’amore, né il successo, ridanno all’individuo quel che la società gli ha sottratto fin dalla nascita, ossia la libertà, che per Martin Eden si può concretizzare esclusivamente nella creatività e nella realizzazione dell’opera d’arte. Martin Eden riconosce il proprio fallimento di artista e quindi l’esser vissuto invano, proprio perché intimamente convinto che una vita non ha senso se non si appropria di se stessa, autodeterminandosi nella libertà intesa come creatività. Fortunatamente, per i comuni mortali, altri mezzi sussistono per raggiungere lo scopo, anche senza essere artisti, ed altre strade avrebbe potuto seguire lo stesso Martin per vivere una vita felice. Al bivio tra due mondi e tra due modi di vivere all’opposto, quello della cultura disillusa e scettica incarnato dal vecchio poeta mentore e quello degli affetti e del sentimento, rappresentato dalla popolana vedova con due figli che conduce un’esistenza semplice ma serena, Martin sceglie la via che si rivelerà, soltanto a posteriori, essere quella sbagliata. Il tentativo di riscatto dall’ignoranza lo sprofonda in una condizione di amarezza esistenziale ed il ritorno alla scelta iniziale diventa per lui impossibile. Si ripropone l’errore biblico primordiale dell’umanità, l’avere attinto all’albero della conoscenza voltando le spalle all’amore e disobbedendo all’Assoluto, in chiave romantica, con l’eroe, in primo piano, che affronta, titanicamente, il mondo, nello sforzo immane di affermare la propria personalità, ribellandosi alle convenzioni ed ai precetti della società moderna, quale nuovo Assoluto dominante e soggiogante l’individuo, nelle idee del darwinismo sociale di Spencer, di cui Martin è un avido lettore, e nelle più moderne scienze della sociobiologia e della psicologia evoluzionistica. Ma se per l’individuo rimane sempre una strada alternativa da percorrere, la conoscenza, l’amore o l’arte, per il popolo, invece, il destino sembra segnato. L’annuncio di una guerra, che è già stata, ne preannuncia un’altra, che si farà, come afferma, in un cameo, lo storico Giordano Bruno Guerri, proprio grazie al popolo.
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[+] 'e stelle, 'e criature, ' ffemmene
(di fabiofeli)
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gbavila
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giovedì 9 aprile 2020
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ma dell'albero della conoscenza del bene e del...
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Martin non può farne a meno di mangiare il frutto avvelenato della conosceza, non serve neanche un buon pretesto, gli basta prendere le difese di un ragazzo maltrattato e la mcchina del bene e del male lo divora implacabilmente. L'esca a cui abbocca lo porta lontano come un Ulisse che continua a smarrirsi tra sirene e maghe, profeti e millantatori, miserie e ricchezze. La sua anima poetica lo spinge fino a perdersi in un mondo che non immaginava e che lo allontana dall'Eden (se stesso?) per arrivare a un'amara conclusione: non è compatibile con questa complessità in cui si è tuffato partendo dalla mela di Baudelaire fino all'anarchia individualista.
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Martin non può farne a meno di mangiare il frutto avvelenato della conosceza, non serve neanche un buon pretesto, gli basta prendere le difese di un ragazzo maltrattato e la mcchina del bene e del male lo divora implacabilmente. L'esca a cui abbocca lo porta lontano come un Ulisse che continua a smarrirsi tra sirene e maghe, profeti e millantatori, miserie e ricchezze. La sua anima poetica lo spinge fino a perdersi in un mondo che non immaginava e che lo allontana dall'Eden (se stesso?) per arrivare a un'amara conclusione: non è compatibile con questa complessità in cui si è tuffato partendo dalla mela di Baudelaire fino all'anarchia individualista.
Il ragazzo che ha salvato da un energumeno è d buona famiglia ricca e colta che, come si conviene nelle buone famiglie, si mostra riconoscente e la sorella perfino innamorata contro ogni convenzione sociale, visto che lui è povero e incolto. Martin si ferma incantato a osservare un quadro d un macchiaiolo che sintetizzerà la sua vicenda umana: "da lontano è bello ma poi quando ti avvicini si vedono solo macchie". Il suo animo poetico contempla la tristezza della vanità, della superbia, dell'illusione e dell'ipocrisia in tutte le situazioni della società in cui vive, in un'epoca che metterà in collisione politica, cultura, società e soprattutto l'amore su cui affdava la propria vita senza riserve. Ogni medaglia mostra la sua faccia amara, e la sua audacia "baudelairiana" soccombe come soccombe quella del suo grande amico e mentore Brissenden che gli rivela il suo anarchismo, un po' nichilista, che non è una soluzione per le sue angosce, solo la dimostrazione della ineluttabilità verso la fine tragica dell'esistenza. Questi conserva, nascosta in una Bibbia - guarda caso - una pistola con la quale si suiciderà per porre fine a una lunga malattia del corpo e del'anima e, poco a poco, diventerà anche lo sbocco del cammino di Martin che non vedrà mai la felicità, sempre lì a portata di mano, ma irraggiungibile. Il mare diventerà il suo sudario riconducendolo alla sua antica natura di marinaio.
Pietro Marcello fa' ampio ricorso a una buona ricerca letteraria ricamandola con un bellissimo mosaico musicale dove il classico e il popolare giocano in una sorta di danza che richiama la sua fanciullezza felice e spensierata a ricordo del suo Eden perduto.
Gran lavoro coraggioso.
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enzo70
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domenica 17 maggio 2020
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originale trasposizione del libro di jack london
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Il Martin Eden di Jack London viene trasposto dai bassifondi di Oackland ai vicoli di Napoli, ma l’effetto è un grande omaggio alla versione originale. Luca Marinelli è bravissimo nell’interpretare la storia del marinaio che diventa un letterato ricercato in tutto il mondo. Dopo un percorso pieno di insidie; Martin non ha studiato, non ha mai letto, viene spinto ai libri dall’amore. E poi animato da una infinità curiosità che gli consente di aprirsi alle pagine dei libri che divorerà con occhi nuovi. Le sue prime opere sono respinte dagli editori, così come venivano respinte quelle di Jack London. Ma il successo investirà un uomo nuovo, diverso da quello che apriva gli occhi al mondo della cultura con l’incanto di un bambino.
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Il Martin Eden di Jack London viene trasposto dai bassifondi di Oackland ai vicoli di Napoli, ma l’effetto è un grande omaggio alla versione originale. Luca Marinelli è bravissimo nell’interpretare la storia del marinaio che diventa un letterato ricercato in tutto il mondo. Dopo un percorso pieno di insidie; Martin non ha studiato, non ha mai letto, viene spinto ai libri dall’amore. E poi animato da una infinità curiosità che gli consente di aprirsi alle pagine dei libri che divorerà con occhi nuovi. Le sue prime opere sono respinte dagli editori, così come venivano respinte quelle di Jack London. Ma il successo investirà un uomo nuovo, diverso da quello che apriva gli occhi al mondo della cultura con l’incanto di un bambino. Saranno proprio le letture a rendere Martin un uomo irridente, arrogante, che vede nei circoli culturali che lo iniziano a corteggiare le bare della conoscenza. E il suo approccio individualista alla cura dell’uomo lo rende poco gradito alla cultura prevalente dell’epoca, ispirata ad un socialismo reale. Grande Marinelli, ma un plauso anche alla capacità di Pietro Marcello di rendere al meglio questa storia.
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felicity
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lunedì 22 giugno 2020
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dramma della solitudine, un poema per immagini
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Pietro Marcello, in questo film imperfetto, conferma tutto il buono che già sappiamo sul suo modo ambizioso di fare cinema, che insegue la verità della realtà, ma ha anche una vocazione lirica, incarnata in immagini evocative. Senza per questo venir meno alla narrazione puntuale delle gioie e dei tormenti di Martin Eden, che non possiamo non amare, nel suo ardore di conoscere, amare, arrivare, nel suo talento che finisce per smarrire il senso della propria arte.
Il modo più sciocco per guardare questo film, è quello di tenere in controluce il romanzo, con la sua formidabile complessità: perché allora si noteranno soprattutto le svolte affrettate, la sintesi obbligata e perentoria, il salto spiazzante fra l'alba della speranza e l'inizio della fine.
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Pietro Marcello, in questo film imperfetto, conferma tutto il buono che già sappiamo sul suo modo ambizioso di fare cinema, che insegue la verità della realtà, ma ha anche una vocazione lirica, incarnata in immagini evocative. Senza per questo venir meno alla narrazione puntuale delle gioie e dei tormenti di Martin Eden, che non possiamo non amare, nel suo ardore di conoscere, amare, arrivare, nel suo talento che finisce per smarrire il senso della propria arte.
Il modo più sciocco per guardare questo film, è quello di tenere in controluce il romanzo, con la sua formidabile complessità: perché allora si noteranno soprattutto le svolte affrettate, la sintesi obbligata e perentoria, il salto spiazzante fra l'alba della speranza e l'inizio della fine.
Mentre la sua forza sta proprio nella libertà che si prende, nella capacità di raccontare un dramma personale che ha risonanze universali, nelle sfumature di un romanzo che è anche un caleidoscopio della memoria e un poema per immagini.
Fra inserti d’archivio e numerosi rimandi a influenze cinematografico-letterarie, Martin Eden ripropone il consueto stile lirico del suo autore e le sue ambizioni, maniere, ingenuità, ma anche tutta la sua forza, e lo mette al servizio di una storia disperata.
Facendo coincidere i tormenti dell’uomo con le angosce del secolo, il film sottolinea il grido d’aiuto dell'individuo tormentato da un bisogno di appartenenza a tutti i costi, ad un luogo, ad un tempo, ad una classe sociale, politica o culturale.
Se non ci si arrende a sottostare alle regole del gioco che ci sono state assegnate in partenza, specie se si nasce poveri, proletari e senza cultura, il diploma di appartenenza ad una casta sognata può essere conseguito unicamente tramite un gesto di accettazione, concesso dagli altri, ma questa accettazione per Martin non arriverà mai.
Martin Eden rimane un marinaio perso nel secolo, che approda fiero ad ogni porto, ma nessuno di questi è casa sua.
Martin Eden è il dramma della solitudine, dello spendere un’esistenza a combattere per spezzare il giogo del determinismo sociale e non farcela, e non trovare mai, neppure alla fine, il proprio posto nel mondo.
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