writer58
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venerdì 28 aprile 2017
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senza paura...
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Un'ampia valle che sconfina su un altopiano circondato da rilievi montuosi. Una casa che guarda verso l'Atlantico, lungo le sterminate spiagge dela Bretagna. Un liceo dove insegnanti e ragazzi discutono di verità, bellezza, tempo che passa, democrazia, libertà. La filosofia come palestra di pensiero e amore per la sapienza. Una vita passata tra Parigi, il Vercors verdeggiante o innevato, la casa affacciata sull’Atlantico, un marito, due figli, una madre incapace di affrontare il proprio declino, una collana di saggi sui giganti del pensiero, la scuola, impegno quotidiano e compromesso con i propri desideri di cambiare il mondo, l’età che avanza, i figli che crescono e che si allontanano da casa.
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Un'ampia valle che sconfina su un altopiano circondato da rilievi montuosi. Una casa che guarda verso l'Atlantico, lungo le sterminate spiagge dela Bretagna. Un liceo dove insegnanti e ragazzi discutono di verità, bellezza, tempo che passa, democrazia, libertà. La filosofia come palestra di pensiero e amore per la sapienza. Una vita passata tra Parigi, il Vercors verdeggiante o innevato, la casa affacciata sull’Atlantico, un marito, due figli, una madre incapace di affrontare il proprio declino, una collana di saggi sui giganti del pensiero, la scuola, impegno quotidiano e compromesso con i propri desideri di cambiare il mondo, l’età che avanza, i figli che crescono e che si allontanano da casa. Questo è il perimetro dell’esistenza di Nathalie (interpretata da una magnifica Huppert), cinquantenne parigina insegnante di filosofia, donna di principi, impegnata nel lavoro e nei suoi affetti famigliari, persona che riesce a coniugare concretezza ed etica.
Su di lei si abbattono due eventi: la separazione dal marito, che le confessa una relazione con un’altra donna e la morte della madre, ex modella che non riesce ad accettare la propria vecchiaia e solitudine. Si aprono, in questo modo, per Nathalie degli spazi prima impensabili, una libertà non ricercata, che disorienta e stordisce.
Il film “le cose che verranno” della regista Mia Hansen-Love racconta, con grande leggerezza stilistica e di contenuto, questo percorso, dipanando la storia di Nathalie tra una Parigi benestante e ancora ignara degli attentati terroristici, le prealpi del Vercors, dove è andato a vivere Fabien, suo ex studente che intrattiene con lei un rapporto affettuoso, gli orizzonti vasti del nord ovest dove si reca per congedarsi dalla casa dell’ex marito e una gatta ereditata dalla madre.
Colpisce la reazione di Nathalie al doppio trauma: appare misurata, composta, più attenta ai benefici della nuova condizione che al dolore dell’abbandono e del lutto. Come se la regista avesse voluto focalizzare la continuità del percorso della protagonista, più che i momenti di cesura e sofferenza. Scelta stilistica deliberata e consapevole che, tuttavia, priva il film del suo pathos e lo rende un po’ piatto sotto il profilo emozionale. Sembra quasi che la regista abbia voluto proporre il ritratto di un’eroina “civile”, in grado di assorbire i colpi della vita, in virtù dell’adesione a convinzioni e norme che la guidano e a mantenersi coerente con la propria weltanschauung. In effetti, lo scioglimento del film sembra dar ragione a Nathalie, alla sua ricerca di libertà e valori
Tuttavia, sotto il profilo psicologico, il ritratto proposto appare poco verosimile e, forse, un po’ ideologico. Scotomizza la dimensione della perdita, intrinseca nello stesso concetto di esistenza e ci consegna un percorso ellittico, che coglie i momenti della ricostruzione e della riaffermazione personale, ma non quelli del dolore, della mancanza, del conflitto e dell’ambivalenza che ne costituiscono parte integrante e necessaria.
W.
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vanessa zarastro
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domenica 23 aprile 2017
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viva l’adultità
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L’avenir, titolo francese del film, è leggermente retrodatato sotto la presidenza Sarkozy, e mostra all’inizio la reazione dei giovani alla riforma delle pensioni del 2010 che eleva l’età minima dai 60 ai 62, fa saltare la possibilità di prepensionamento per gli statali con famiglie numerose (oltre i 3 figli) ed eleva la pensione di vecchiaia da 65 a 67 anni.
Nathalie vive a Parigi ed è una professoressa di filosofia di liceo, moderatamente di sinistra, che impartisce un insegnamento classico: il suo riferimento principale è Rousseau. In passato aveva militato per qualche anno nel partito comunista, adesso il suo obiettivo è quello di far ragionare i giovani con la propria testa, stimolando il dibattito e il confronto.
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L’avenir, titolo francese del film, è leggermente retrodatato sotto la presidenza Sarkozy, e mostra all’inizio la reazione dei giovani alla riforma delle pensioni del 2010 che eleva l’età minima dai 60 ai 62, fa saltare la possibilità di prepensionamento per gli statali con famiglie numerose (oltre i 3 figli) ed eleva la pensione di vecchiaia da 65 a 67 anni.
Nathalie vive a Parigi ed è una professoressa di filosofia di liceo, moderatamente di sinistra, che impartisce un insegnamento classico: il suo riferimento principale è Rousseau. In passato aveva militato per qualche anno nel partito comunista, adesso il suo obiettivo è quello di far ragionare i giovani con la propria testa, stimolando il dibattito e il confronto. Anche Heinz, il marito è professore di liceo ma sembrerebbe che non condividano troppo né ideali né Weltanschaung.
A dirla francamente “le cose che verranno” non prospettano niente di buono. Nell’arco di pochi anni la vita di Nathalie cambierà radicalmente: i figli grandi e indipendenti, il marito si innamora di un’altra e chiede il divorzio, la casa editrice non le rinnova il contratto della collana, la morte della madre e alla fine la separazione da Pandora, la gattona nera ereditata dalla madre. Per tutta una serie di vicende Nathalie sembra accettare passivamente tutto ciò che le accade. Non lotta neanche un pò per riconquistare il marito, non reagisce affatto alla chiusura del contratto con l’editore. Anche le conversazioni con Fabien, suo giovane e brillante ex-studente, con il quale condivide molte cose, si riveleranno deludenti. Fabien la accuserà di essere troppo borghese e poco disponibile a mettere in discussione i suoi privilegi acquisiti.
Ma sarà solo attraverso i lutti e gli abbandoni che Nathalie ritroverà se stessa e apprezzerà la sua nuova situazione di libertà. Infatti, il film vuole rappresentare l’affermazione di una personalità in età adulta, una volta liberatasi dei vari “dover essere”.
Isabelle Hupert, protagonista assoluta (insieme ai libri…) e complice anche del successo del film, è mostrata nel suo invecchiare, senza trucco e alla luce del sole. Cammina un po’ curva, è leggermente sgraziata, sempre un po’ di corsa e un po’ impacciata.
Il film presenta una scelta curiosa delle musiche, dai Lieder di Franz Schubert (la musica classica amata dal marito) a Woody Guthrie (amato dal più eversivo Fabien), come se la trentaseienne regista volesse affermare di saper trattare anche tematiche e periodi che non può aver vissuto.
Presentato alla Berlinale del 2016 L’avenir ha vinto il premio per la miglior regia. Infatti, Mia Hansen-Løve è da molti considerata come uno dei più interessanti giovani talenti del cinema europeo.
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flyanto
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mercoledì 26 aprile 2017
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la rinascita di una donna
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Isabelle Huppert, dopo "Elle", con "Le Cose che verranno - l' Avenir", ritorna nelle sale cinematografiche con un altro interessante ruolo di donna e, precisamente, quello di un'insegnante di filosofia presso un liceo parigino, sposata da molti anni con un altrettanto insegnante, con due figli ormai indipendenti e con una madre anziana abbastanza problematica vista l'avanzata età. Alla notizia improvvisa ed inaspettata da parte del marito di venire da lui abbandonata perchè innamoratosi di un 'altra donna, per la protagonista inizia una serie di avvenimenti, quali il ricovero urgente presso un istituto e la conseguente morte della madre, il licenziamento da parte della casa editrice presso cui elle pubblicava e curava opere filosofiche, la frequentazione amicale e rispettosa con un suo giovane e brillante ex-studente, la nascita di un nipotino figlio della propria figlia, che le cambieranno completamente l'esistenza, rinnovandola come persona.
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Isabelle Huppert, dopo "Elle", con "Le Cose che verranno - l' Avenir", ritorna nelle sale cinematografiche con un altro interessante ruolo di donna e, precisamente, quello di un'insegnante di filosofia presso un liceo parigino, sposata da molti anni con un altrettanto insegnante, con due figli ormai indipendenti e con una madre anziana abbastanza problematica vista l'avanzata età. Alla notizia improvvisa ed inaspettata da parte del marito di venire da lui abbandonata perchè innamoratosi di un 'altra donna, per la protagonista inizia una serie di avvenimenti, quali il ricovero urgente presso un istituto e la conseguente morte della madre, il licenziamento da parte della casa editrice presso cui elle pubblicava e curava opere filosofiche, la frequentazione amicale e rispettosa con un suo giovane e brillante ex-studente, la nascita di un nipotino figlio della propria figlia, che le cambieranno completamente l'esistenza, rinnovandola come persona.
La regista Mia Hansen-Love, già nota per le sue pellicole in cui presenta ritratti di varie tipologie di donna (vedi quello adolescenziale di "Un Amore di Gioventù" e quello più autobiografico di giovane mamma e moglie rimasta presto vedova de "Il Padre dei Miei Figli"), con "Le Cose che verranno - L'Avenir" ritrae una donna , ormai non più troppo giovane , ma ugualmente affascinante ed intellettualmente viva, che improvvisamente si trova sola ma provvista di una libertà non ancora conosciuta e soprattutto assai apprezzabile e pertanto con una nuova forma di vita che non si era mai immaginata. Come tutte le pellicole precedenti della regista, anche quest'ultima è caratterizzata dall'assenza di azione e poggia principalmente sull'introspezione psicologica e sulla riflessione. Dunque un film molto delicato e suggestivo, dove il dialogo e le espressioni dei volti acquistano un' importanza determinante e dove tutto ciò è reso magistrale dall'ottima, come sempre, interpretazione di Isabelle Huppert che si conferma attrice di grande talento.
Altamente consigliabile per chi apprezza i films intimistici.
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lbavassano
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domenica 7 maggio 2017
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promettenti premesse, ma lo sviluppo delude
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Film estremamente ambizioso, nel tentativo di coniugare la crisi esistenziale di una donna giunta a quella soglia in cui il rapporto con l'anziana madre diviene ingestibile, quello con il marito naufraga nel più banale dei modi, con quella intellettuale di un'insegnante di filosofia spiazzata dal rapporto con la generazione degli ex-allievi, del prediletto ex-allievo (la figura più debole, sia detto subito, dell'intero film, incapace di sostenere il ruolo fondamentale assegnatogli, ma, c'è da dire, tutti i personaggi risultano troppo sbiaditi nel confronto con una Huppert che divora lo schermo), giovani intellettuali alla ricerca di nuove strade (che di nuovo, in realtà, non paiono avere molto), spiazzata ancor più da una logica editoriale che pretende di imporre i dettami di un marketing attento unicamente all'immagine a pubblicazioni di nicchia.
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Film estremamente ambizioso, nel tentativo di coniugare la crisi esistenziale di una donna giunta a quella soglia in cui il rapporto con l'anziana madre diviene ingestibile, quello con il marito naufraga nel più banale dei modi, con quella intellettuale di un'insegnante di filosofia spiazzata dal rapporto con la generazione degli ex-allievi, del prediletto ex-allievo (la figura più debole, sia detto subito, dell'intero film, incapace di sostenere il ruolo fondamentale assegnatogli, ma, c'è da dire, tutti i personaggi risultano troppo sbiaditi nel confronto con una Huppert che divora lo schermo), giovani intellettuali alla ricerca di nuove strade (che di nuovo, in realtà, non paiono avere molto), spiazzata ancor più da una logica editoriale che pretende di imporre i dettami di un marketing attento unicamente all'immagine a pubblicazioni di nicchia. Promettenti premesse, complicate da dottissime citazioni letterarie e musicali, che la sceneggiatura non riesce a sostenere, a sviluppare, via via incartandosi in una ripetitività priva di sbocchi diversi da un finale deludente. Si salva Isabelle Huppert, capace di rendere credibile un personaggio difficile tramite uno stile interpretativo che nulla concede all'accattivante, tutt'altro, capace di durezze ed asprezze quanto di subitanee fragilità.
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miguel angel tarditti
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lunedì 24 aprile 2017
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renacer después de los 40
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El cine francés de estos tiempos, es como ver la vida que fluye con sus contrastes de dolores y felicidades, muertes y nacimientos, como una mirada comprensiva a través de una ventana. Es su patrimonio de sobriedad, de falta de golpes bajos, sin efectos que nos sacudan en es serenidad de observación. Parece que creara una especie de distanciamiento que permite la reflexión, al estilo brechtiano. Y que felicidad poder observar con serenidad! El protagonismo del pensamiento dado por la filosofía, hace de “Las cosas que vendrán” un film estupendo, inteligente, y un instrumento accesible del pensar filosófico. Se habla con sencillez de conceptos como la verdad, como la libertad, como el amor que a veces no es eterno, se muestra la importancia del rol del educador, y de otros valores esenciales de nuestro vivir cotidiano.
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El cine francés de estos tiempos, es como ver la vida que fluye con sus contrastes de dolores y felicidades, muertes y nacimientos, como una mirada comprensiva a través de una ventana. Es su patrimonio de sobriedad, de falta de golpes bajos, sin efectos que nos sacudan en es serenidad de observación. Parece que creara una especie de distanciamiento que permite la reflexión, al estilo brechtiano. Y que felicidad poder observar con serenidad! El protagonismo del pensamiento dado por la filosofía, hace de “Las cosas que vendrán” un film estupendo, inteligente, y un instrumento accesible del pensar filosófico. Se habla con sencillez de conceptos como la verdad, como la libertad, como el amor que a veces no es eterno, se muestra la importancia del rol del educador, y de otros valores esenciales de nuestro vivir cotidiano. Esos valores que aparecen degradados en la sociedad consumista de hoy, globalizadora, donde la misma educación, casi siempre, es tratada como una mercancía que se comprar y se colecciona como un trofeo y no como una necesidad del intelecto. Una sociedad que globaliza inclusive el conocimiento, contradiciendo la idea del gran Rousseau que proponía potenciar las individualidades, la singularidad maravillosa y apasionante, del ser humano. El film es profundo, y se desliza como si la vida fuera eso: un film que miramos desde la vereda de enfrente, aunque somos nosotros los protagonistas. Un especie del espejo borgiano. Isabel Huppert, fantástica como siempre, en su personaje que se encuentra a un cierto momento de la vida con la absoluta y difícil libertad entre sus manos, y tiene que intentar reconstruir-sé, refundarse, renacer a partir de una mirada adulta de la vida, serena, inteligente, no exenta de dudas seguramente. En su búsqueda podrá confrontarse con diferencias tales como la de libertad y anarquía. Hacer cuentas con el paso del tiempo, que modifica, anula y condiciona. Hay una muerte en la madurez, pero también está la posibilidad del renacer. De recrear-sé. Sin duda merece el premio a la mejor actriz 2016 que le concediera el London Critics’Circle Awards. La regia de Mia Hansen-Love es excelente, precisa en sus tiempos, y con una bella iluminación. Obtuvo el Orso d’argento en el Festival de Berlín 2016. El resto del cast también muy interesantes: Roman Kolinka, Andrè Marcon, Edith Scob , Sarah Lepicard, Marion Ploquin, Solal Forte. Educación, renacer, libertad, amor, pensamiento sereno y profundo, que mas necesitamos para ser felices?
michelangelotarditti@gmail.com
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loland10
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martedì 25 aprile 2017
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domani mi sento...libera
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“Le cose che verranno” (L’avenir, 2016) è il quinto lungometraggio della regissta-sceneggiatrice parigina Mia Hansen Love.
Un film di ‘nuovi giorni’ dove il quotidiano ora di routine, ora di pranzo in famiglia, ora di scontri, ora di lezione, ora di figlio e ora da genitori pare tutto in un concentrato di cose che forse t’aspetti e aspetti dove il sogno della piacevolezza pare un disincantato mondo di fruscii primaverili contornati da languidi sguardi autunnali.
Nathalie è una donna, che a quasi sessant’anni, vive di impulso senza novità, tra insegnamento (di filosofia) e famiglia, studenti e sua madre.
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“Le cose che verranno” (L’avenir, 2016) è il quinto lungometraggio della regissta-sceneggiatrice parigina Mia Hansen Love.
Un film di ‘nuovi giorni’ dove il quotidiano ora di routine, ora di pranzo in famiglia, ora di scontri, ora di lezione, ora di figlio e ora da genitori pare tutto in un concentrato di cose che forse t’aspetti e aspetti dove il sogno della piacevolezza pare un disincantato mondo di fruscii primaverili contornati da languidi sguardi autunnali.
Nathalie è una donna, che a quasi sessant’anni, vive di impulso senza novità, tra insegnamento (di filosofia) e famiglia, studenti e sua madre. Tutto in ansia commisurata e con un cerchio di allegorica solitudine. In fondo l’ambiente è di una umanità avulsa e fuori da ogni chiosa di partecipazione. I grandi (che si nominano a lezione) del pensiero appaiono un collante e un appael.
Una prima parte, parigina, precisa, incisiva e focosamente ‘chic’, poi diventa pilotata facilmente quella della campagna e della casa ‘autoriale’ (con una secondo ritorno ammiccante e alquanto inutile); la parte finale (e il finale) abbastanza consono e importante (dove l’ultima recita di una nonna libera prende in braccio la vita che vorrebbe riavere in se). E’ un distacco dagli altri: Nathalie non si scompone: appare solo attratta da un pianto liberatorio, quello di un neonato e quello suo, libero e lasciato da tutti.
Accudire una madre come il proprio vivere che pare insulso ad ogni estraneo: è il silenzio delle parti.
Vivere con dovizia di cose giornaliere, con un cibo già fatto e solo da riscaldare: è tutto ormai cotto.
Esternare emozioni in una bassa marea costante: quando il tradimento interviene pare già scritto.
Non senza paura Nathalie contatta altri lasciando i suoi luoghi: Pandora rimane solo metafora.
Ironica, con anche il cognome, il resto tutto pare dispersivo e di ieri: il domani è interessante.
Ricca di animo, incompresa, pare raggiungere la libertà desiderata: o è forse solo parvenza di una compagnia ancora da studiare.
Ecco un film, come tanti fuori dai nostri confini, dove una storia e delle vite sono rappresentate con una certa coerenza e con certo senso di appartenenza alla realtà.
Un invito ad entrare nei meandri, più o meno riusciti, di un camminare interiore ed esteriore, tra culture varie, radicalismi imborghesiti, filosofie di verità e famiglie compiaciute.
Ecco una donna al centro, la moglie acculturata, una mamma che sognava la figlia insegnante e il pensiero di Rosseau che scandisce la rivoluzione 'culturale' d’oltralpe.
Ecco che il marito dice alla moglie durante un pomeriggio a casa: '…Ha sempre l'ultima parola…'. L'ultima parola. E chi sa se di una donna che crede alla libertà in tutto dove il suo radicalismo giovanile e studentesco s'affloscia oramai da tempo come un sentore dischiuso di un razionalismo becero e inconcludente.
L’emisfero femminile sarcasticamente vitale, intimidito, forviante e lungi dall’abbandonare ogni pensiero di oggi come del divenire ‘presocratico’: l’avvenire come simbolo dell’esserci, senza stracci e con il sarcasmo di un mondo esteriore privo di molte cose. Sua madre recita la sua insicurezza familiare e riesce a convincerla che il marito dei suoi figli non era per lei. Donne che attendono risposte mentre già le hanno vicine senza accorgersene. Nathalie soffre della separazione ma come se ne avesse già il sentore: la filosofia giornaliera non è puro razionalismo ma un sentore putrido di giochi invisibili e di facezie invereconde. Quando sente la libertà dentro di se (almeno cosi manifesta il suo passo) gioisce in modo sottrattivo ma si scompone quando il suo uomo (o quello che ne rimane) prende i libri desiderati dai suoi scaffali o è con l’altra donna (un attimo, un istante minimo) per una solitudine di scontro. Nathalie appare vincente sul parlare di altri e sul silenzio attorno: preferisce le lacrime di un neonato e la sua dolcezza.
Pandora, una gatta nera, con occhi fulminei come una donna mortale a cui il mito non interessa, importante è recidere il cordone ombelicale dalla madre Yvette e dal suo non luogo. I Pensieri (e Pascal) fanno capolino come ‘spiegazione’ da fare mentre il buon Descartes scorge la lezione appeso alla parete tra una finestra e la Parigi che qualcuno/a vuole sognare.
Isabelle Huppert(Nathalie) è un’attrice che non perde mai il ruolo: riesce anche nella sbavature della sceneggiatura a far rendere tutto (maledettamente) credibile.
Regia piena d’arguzia e fascinosa perché priva di ogni inutile ‘sovrappiù’.
Voto: 7/10.
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verbavolant
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martedì 25 aprile 2017
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avvenire? c'è solo da sperare nel sequel...
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Una mostruosa Huppert interpreta al meglio l'arroganza dell'intellettuale superiore a tutto nel nome della sua filosofia; non esprime sentimenti se non nei confronti degli oggetti (i libri portati via dal marito, la casa in Bretagna e i suoi fiori), non risponde al telefono alla madre che lentamente si lascia morire d'inedia e di depressione, rimane solo male quando il suo pupillo ha il coraggio di dirle la verità; tutto il suo mondo crolla ma lei é imperturbabile, non un cenno di autocritica, non una riflessione, non un cenno di ironia; il film, peraltro piuttosto lento, trova il coraggio di un finale senza compromessi quando anche l'ultimo legame, il gatto Pandora, viene abbandonato alla comune nel Vercors.
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Una mostruosa Huppert interpreta al meglio l'arroganza dell'intellettuale superiore a tutto nel nome della sua filosofia; non esprime sentimenti se non nei confronti degli oggetti (i libri portati via dal marito, la casa in Bretagna e i suoi fiori), non risponde al telefono alla madre che lentamente si lascia morire d'inedia e di depressione, rimane solo male quando il suo pupillo ha il coraggio di dirle la verità; tutto il suo mondo crolla ma lei é imperturbabile, non un cenno di autocritica, non una riflessione, non un cenno di ironia; il film, peraltro piuttosto lento, trova il coraggio di un finale senza compromessi quando anche l'ultimo legame, il gatto Pandora, viene abbandonato alla comune nel Vercors. L'aridità del personaggio riproduce purtroppo modi di fare e di concepire la propria esistenza molto comuni al nostro tempo ed é questa la domanda che credo voglia fare regia e sceneggiatura al pubblico; volete veramente essere così?
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fabiofeli
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sabato 29 aprile 2017
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"sono stata comunista: è una colpa?"
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Nathalie (Isabelle Huppert), insegna con passione filosofia in un liceo francese; ha superato i 50 anni e da buona insegnante desidera non solo che i suoi allievi apprendano il pensiero dei filosofi, ma anche che imparino da questo studio a riflettere e ad elaborare le loro opinioni. Tra tutti gli alunni ce n’è uno particolarmente dotato, Fabien (Roman Kolinka) . Nathalie vive in una bella casa borghese ricca di libri con il marito Heinz (André Marchon), anche lui insegnante di filosofia, e con i figli. E’in attesa di pubblicare un libro e sembra condurre una vita tranquilla e di soddisfazione, ma il destino le riserva uno scossone: il marito le confessa di avere una relazione con una donna più giovane ed ha deciso di andare a vivere con lei.
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Nathalie (Isabelle Huppert), insegna con passione filosofia in un liceo francese; ha superato i 50 anni e da buona insegnante desidera non solo che i suoi allievi apprendano il pensiero dei filosofi, ma anche che imparino da questo studio a riflettere e ad elaborare le loro opinioni. Tra tutti gli alunni ce n’è uno particolarmente dotato, Fabien (Roman Kolinka) . Nathalie vive in una bella casa borghese ricca di libri con il marito Heinz (André Marchon), anche lui insegnante di filosofia, e con i figli. E’in attesa di pubblicare un libro e sembra condurre una vita tranquilla e di soddisfazione, ma il destino le riserva uno scossone: il marito le confessa di avere una relazione con una donna più giovane ed ha deciso di andare a vivere con lei. Il dispiacere di Nathalie aumenta quando Heinz sottrae dalla biblioteca di casa alcuni testi corredati degli appunti e delle notazioni di lei. Un altro colpo è in arrivo, quando viene a sapere che la casa editrice che doveva pubblicare i suoi scritti chiuderà. Dalla madre anziana sofferente e assillante “eredita” la cura di un gatto. Forse c’è una via di uscita per una nuova vita quando accetta l’invito di Fabien a recarsi in un luogo ameno dove il giovane ha creato una specie di comune anarchica …
Il film, premiato al Festival di Berlino, narra una storia di separazione dal punto di vista della persona abbandonata. Il personaggio di Nathalie, interpretato dalla Huppert con la consueta bravura ed accuratezza, esce a tutto tondo: è una donna forte che non si rifugia nel rimpianto del passato e neanche nello studio e nei libri, che pure ama, perché, per quanto belli e significativi, non possono sostituire il contatto umano. La perdita del legame familiare la rende libera in un momento difficile della sua vita, che sembrava scorrere lungo un binario prestabilito, però, in qualche modo, è anche una libertà insperata, tanto che quando in un momento di tristezza scorge fuggevolmente l’ex-marito con la nuova compagna, una donna giovane e bella, la coppia male assortita la porta dal pianto imminente ad un riso accorato. Ha scaricato tanti fardelli, ma per fare cosa? Non è chiaro, ma può essere un buon punto per ripartire verso qualsiasi nuova direzione. Un film ricco di spunti interessanti, che costringe alla riflessione. Da vedere
Valutazione *** e ½
Fabiofeli
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maumauroma
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mercoledì 7 giugno 2017
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le cose che verranno
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La consapevolezza del tempo che passa. L' ineluttabilita' della morte. La fragilita' dei rapporti affettivi erroneamente considerati approdo sicuro dalle ansie della vita e dai pericoli del mondo. Basta poco perche' un castello di sicurezze costruito negli anni crolli di colpo. Lasciata dal marito per un' altra donna e morta la madre, Nathalie, colta e determinata insegnante di filosofia, scoprira' sulla sua pelle che, all'alba dei sessanta anni, una nuova liberta' ritrovata non vuol dire sempre una nuova vita felice, nuovi stimoli e nuovi amori. Nathalie fortunatamente avra' almeno la speranza di ritrovare gli antichi equilibri esistenziali grazie alla nascita di un nipotino.
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La consapevolezza del tempo che passa. L' ineluttabilita' della morte. La fragilita' dei rapporti affettivi erroneamente considerati approdo sicuro dalle ansie della vita e dai pericoli del mondo. Basta poco perche' un castello di sicurezze costruito negli anni crolli di colpo. Lasciata dal marito per un' altra donna e morta la madre, Nathalie, colta e determinata insegnante di filosofia, scoprira' sulla sua pelle che, all'alba dei sessanta anni, una nuova liberta' ritrovata non vuol dire sempre una nuova vita felice, nuovi stimoli e nuovi amori. Nathalie fortunatamente avra' almeno la speranza di ritrovare gli antichi equilibri esistenziali grazie alla nascita di un nipotino. Per molti altri meno fortunati questo tipo di liberta' vorra' dire solo solitudine, e soltanto le carezze date piangendo a una gatta distesa accanto nel letto, una gatta che questa volta non si lascera' mai, potranno in parte consolare l' anima dalla tristezza e riempire il vuoto dei sentimenti. Grande prova di Isabelle Huppert, poco piu' che comparse gli altri
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fosforo
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lunedì 1 maggio 2017
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noia noia noia
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Questo film ha il pregio di far apprezzare, all'uscita dal cinema, la vivacità della vita intorno a noi.... Presenta un mondo noioso e asfittico, di alto profilo culturale, ma con una desolazione opprimente dei protagonisti sul versante umano. La frigida Huppert si trova a duo agio nel dipingere l'anaffettività della protagonista. Abbastanza scontati e risibili i dialoghi tra la professoressa e l'allievo diletto sui grandi temi della vita. Un racconto semplice senza vie di uscita nè speranza.
[+] una via d'uscita, invece, c'è
(di spione)
[ - ] una via d'uscita, invece, c'è
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