writer58
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martedì 18 aprile 2017
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al di là
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Spoiler alert: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama del film].."Personal shopper", ultimo film di Assayas, è una proposta che disorienta e sconcerta. A un primo
-e superficiale- livello di analisi, quello dei contenuti proposti, della sceneggiatura, della storia narrata, si rilevano numerose omissioni e incongruenze, apparentemente delle smagliature nella trama del racconto.
La protagonista è una medium capace di entrare in comunicazione con presenze ultraterrene ed è alla ricerca di un "segno" da parte del fratello gemello, morto poco tempo prima per un attacco cardiaco. Anche il fratello disponeva di capacità medianiche e Maureen desidera comunicare con lui per dargli un estremo saluto e poter elaborare la sua perdita.
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Spoiler alert: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama del film].."Personal shopper", ultimo film di Assayas, è una proposta che disorienta e sconcerta. A un primo
-e superficiale- livello di analisi, quello dei contenuti proposti, della sceneggiatura, della storia narrata, si rilevano numerose omissioni e incongruenze, apparentemente delle smagliature nella trama del racconto.
La protagonista è una medium capace di entrare in comunicazione con presenze ultraterrene ed è alla ricerca di un "segno" da parte del fratello gemello, morto poco tempo prima per un attacco cardiaco. Anche il fratello disponeva di capacità medianiche e Maureen desidera comunicare con lui per dargli un estremo saluto e poter elaborare la sua perdita. Cercando di stabilire un contatto, Maureen s'imbatte in una presenza spettrale che pare, però, diversa da quella di Lewis: è aggressiva, minacciosa, incontrollabile, persecutrice. La ricerca del fratello si intreccia con la quotidianità lavorativa della protagonista (un'ottima Kristen Stewart in un ruolo complicato e difficile): Maureen si occupa di acquistare vestiti, accessori e gioielli per Kira, stella del jet set internazionale ed è perennemente in movimento a Parigi e Londra per procurare articoli costosissimi alla sua datrice di lavoro. Lo sviluppo del film, tuttavia, presenta passaggi un po' impervi: l'omicidio di Kira, per esempio, sembra associato alla presenza dello "spettro", mentre le risultanze dell'indagine di polizia accerteranno una verità completamente differente; si meterializza un interlocutore virtuale misterioso che interagisce via sms e che pare conoscere i dettagli della vita della protagonista, ma le cui identità e consistenza rimangono sconosciute
Ma forse non si tratta di contraddizioni o di "buchi" nella narrazione, "Personal shopper" può essere visto, d'accordo con un livello di analisi meno legato agli aspetti esteriori, come un processo di destrutturazione del personaggio principale, un delirio che s'impadronisce di Maureen poco a poco fino a pervadere la sua intera vita di presenza aliene e maligne. La ricerca dell' "Al di là" diventa pertanto una metafora della sfera pulsionale che, privata di controllo, si manifesta come un insieme di eventi terrorizzanti, di immagini e di suoni che danno corpo e consistenza a timori inconsapevoli. Se questa chiave di lettura è corretta, le incongruenze, gli slittamenti acquisiscono significato come l'emergenza di un processo primario che, al pari dei sogni, non è retto da vincoli di causalità e logica. La protagonista si "perde" in una dimensione ultraterrena molto simile a un inconscio dominato dalla paura più che dalla soddisfazione del desiderio e porta con sé un nucleo di terrori primordiali ovunque vada, anche se si sposta in contesti distanti.
Un terzo livello di analisi amplia ancora di più il campo: Assayas ci propone un esercizio filmico sulla paura, sull'identità nella società multimediale e globalizzata e sulla virtualità delle interazioni (una realtà in cui lo spettro e lo stalker possono benissimo convivere ed essere la medesima "persona"). Un modello comunicativo in cui il rapporto tra diverse dimensioni, piani di realtà e ruoli è retto da principi di velocità, immediatezza, polisemia, .fluidità e soddisfazione immediata. Una società che diffonde le identità di rete e le omologa, mentre quelle individuali rimangono prigioniere di timori atavici e di desideri di cambiamento non realizzati. Maureen rimane in attesa di un "segno", ma , quando il "segno" arriva non è in grado di decifrarlo, dubita di se stessa, rimane invischiata in una vicenda che la accerchia, la assorbe, la fa fuggire e la riconsegna ai suoi conflitti primari. La battuta finale (che non rivelo) è paradigmatica di questa condizione.
"Personal shopper" è un film molto particolare: mescola alcuni spunti "horror" (la scena dell'omicidio di Kira e della presenza spettrale genera un livello di tensione narrativa molto alto) e thriller con una riflessione metafisica sull'identità, la ricerca di senso, le dimensioni invisibili (interne ed esterne). Meriterebbe una valutazione molto alta per il suo impianto innovativo e ,a suo modo, geniale, ma soffre di un'impostazione un po' slegata e incompiuta che ne indebolisce la forza narrativa.
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micheledebenedictis
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martedì 18 aprile 2017
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la multimedialità secondo la critica?
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Intendiamoci, non è un film da poco, e da certi punti di vista anche apprezzabile (v. lavoro di regia e fotografia). Infatti meno di tre stelle non le darei. Per certi versi riesce anche ad intrigare ma poi gira troppo su se stesso, e su cose straviste altrove e meglio.
Tutto il clamore messo su ad arte dalla critica mi sembra un pretenzioso atteggiarsi a neo-filosofi del sapere (già)comune, a digiuno di letture, visioni artistiche, e pièces teatrali, ben più complesse ed accattivanti sui medesimi argomenti. Perché onestamente venirmi a dire in toni roboanti che questo film rimette in discussione in maniera profonda l'inquietudine post-moderna davanti alle nuove tecnologie/rapporti multimediali, SOLTANTO perché compaiono sei o sette scene di scambi in chat, mi sembra una presa per i fondelli bella e (poco)buona, o in malafede, o da parte di chi ignora il resto, disprezzando la "critica generalista" che intanto disapprova, e di certo non per partito preso.
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Intendiamoci, non è un film da poco, e da certi punti di vista anche apprezzabile (v. lavoro di regia e fotografia). Infatti meno di tre stelle non le darei. Per certi versi riesce anche ad intrigare ma poi gira troppo su se stesso, e su cose straviste altrove e meglio.
Tutto il clamore messo su ad arte dalla critica mi sembra un pretenzioso atteggiarsi a neo-filosofi del sapere (già)comune, a digiuno di letture, visioni artistiche, e pièces teatrali, ben più complesse ed accattivanti sui medesimi argomenti. Perché onestamente venirmi a dire in toni roboanti che questo film rimette in discussione in maniera profonda l'inquietudine post-moderna davanti alle nuove tecnologie/rapporti multimediali, SOLTANTO perché compaiono sei o sette scene di scambi in chat, mi sembra una presa per i fondelli bella e (poco)buona, o in malafede, o da parte di chi ignora il resto, disprezzando la "critica generalista" che intanto disapprova, e di certo non per partito preso.
Tornando al film, e senza spoilerare troppo, mi sembra che la Stewart si sia impegnata molto ma che questo non sia il film per lei. Basti vedere tutte le moine da stressata che fa per darsi un tono, tipico dello stile attoriale americanoide, che qui non c'azzecca nulla.
Anche la sua funzione di base è abbastanza discutibile: le vere "personal shopper" del titolo non sono dei semplici fattorini sullo scooter che vanno meccanicamente a ritirare della merce, come dà ad intendere questa pellicola. Per quello esistono gli ordini on-line con tanto di spedizioni h24. I veri commis d'achat sono persone altamente qualificate - magari blogger di moda, designer, fashion influencer - che selezionano abiti trendy ed accessori in modo professionale, conformandoli alle mode del momento ed ai gusti del loro committente, che non ha tempo e/o percezione per queste cose.
Altrettanto discutibile l'impianto linguistico di un film ambientato (quasi) tutto in Francia, dove si pubblicizza in modo sfacciato il totem stelllestrisce della Apple, come se non ci fossero alternative informatiche nel Continente, e dove il doppiaggio italiano ha deciso di non sottotilare le chat in inglese, costringendo metà sala a chiedere ad alta voce al proprio vicino di poltrona cosa volesse dire quel messaggio.
Le scene di tensione pseudo-horror sono gestite bene solo nella prima parte del film, anche grazie alle inquadrature ed i giochi di luce. Poi si ripetono in loop e non aggiungono nulla alla tensione. Non basta omaggiare i corridoi di un albergo à la Overlook Hotel per segnare una sequenza.
I personaggi di contorno sono poco interessanti, se non quasi avulsi dal lungo riflettersi della protagonista su stessa, specchi inclusi. Cercare una trama è pure troppo, ma nel complesso la sceneggiatura si divincola bene, ed ha il merito di far scivolare senza peso per tutta la durata del film. Eccetto che per i sermoni pseudo-illuminati sul senso dello spiritismo, che sdoganano luoghi comuni da Wikipedia del sovrannaturale per beginners.Un esempio lampante è lo sterile dialogo finale col tizio sulla veranda, a corollario di tante tesine precompilate sparse per il film. La profondità di certe cose, lo ripeto, la vede solo la critica a digiuno di altro.
Il finale è discutibile, ma azzeccato nella sua ambiguità. Tuttavia il resto del film non costruisce le premesse necessarie per realizzarlo: pertanto non c'è da stupirsi se molti l'hanno trovato pretestuoso o al livello di un escamotage frettoloso per chiudere una storia che neanche il regista sapeva dove sarebbe andata a parare. Non una montagna che partorisce un topolino, ma una collinetta di generi ammucchiati che partorsice un pipistrello che ti si attacca in testa, ma poi è pronto a volarsene via senza lasciarti troppo.
Comunque va consigliato, almeno per sentirsi interdetti e confrontarsi con qualcosa di particolare.
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lucascialo
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domenica 25 marzo 2018
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confusionario
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Drammatico? Paranormale? Thriller? Giallo? Questo film è tutto questo o forse niente di questo. Cerca di fondere più generi, finendo però per non essere nessuno di questi. La protagonista è Maureen, interpretata da una intensa Kristen Stewart, è la Personal shopper di una ricca mondana. Ma è anche una Medium, al punto che vuole mettersi in contatto col fratello gemello morto per una crisi cardiaca, dovuta ad una disfunzione congenita di cui anch'ella è affetta. Tuttavia, comincia ad essere perseguitata da strani sms inviati da uno sconosciuto, che la invitano a fare cose fino anche a minacciarla. Si tratta di uno spirito o di qualcuno che conosce? La parte migliore della pellicola restano proprio gli sms, che creano tensione e suspance nello spettatore.
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Drammatico? Paranormale? Thriller? Giallo? Questo film è tutto questo o forse niente di questo. Cerca di fondere più generi, finendo però per non essere nessuno di questi. La protagonista è Maureen, interpretata da una intensa Kristen Stewart, è la Personal shopper di una ricca mondana. Ma è anche una Medium, al punto che vuole mettersi in contatto col fratello gemello morto per una crisi cardiaca, dovuta ad una disfunzione congenita di cui anch'ella è affetta. Tuttavia, comincia ad essere perseguitata da strani sms inviati da uno sconosciuto, che la invitano a fare cose fino anche a minacciarla. Si tratta di uno spirito o di qualcuno che conosce? La parte migliore della pellicola restano proprio gli sms, che creano tensione e suspance nello spettatore. E anche Maureen che, col suo fisico scultorio, si prova i vestiti della sua assistita. Meno riuscita la parte paranormale, con l'apparizione di un fantasma che fa scadere il film in un banale horror. Così come il bicchiere mosso dal fratello. Da sottolineare l'interpretazione della Stewart, che fin dagli esordi ha messo da parte il suo charme estetico tutto appannaggio della bravura. Un film che sfuma presto nei ricordi di chi lo ha visto, proprio come il fantasma visto dalla protagonista.
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[+] ci si addormenta
(di marco)
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brizio
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martedì 2 maggio 2017
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struggente
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“Ma almeno, sei in pace?”. E’ questa l’unica domanda che la Kristen Stewart, protagonista del film di Olivier Assayas “Personal Shopper”, vorrebbe rivolgere al fratello gemello morto alcuni mesi prima, e che infine riesce a fare, seppure con una modalità infantile e regressiva (“se ci sei batti un colpo”) in una delle ultime scene del film. E’ evidente che quel “sei in pace?” non è la domanda di una generica rassicurazione nei confronti del fratello ma è qualcosa di più profondo, di più intimo: è qualcosa che riguarda la stessa protagonista, la sua richiesta di uno svincolo dal fratello gemello perché lei possa trovare pace e iniziare a vivere e ad amare. Non è poi un caso che la Kristen riesca ad “entrare in contatto” e a parlare al fratello gemello morto solo quando si allontana da quella Parigi che una disfunzione cardiaca, identica in entrambi, li teneva uniti come dei fratelli siamesi, rendendoli ancora più gemelli.
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“Ma almeno, sei in pace?”. E’ questa l’unica domanda che la Kristen Stewart, protagonista del film di Olivier Assayas “Personal Shopper”, vorrebbe rivolgere al fratello gemello morto alcuni mesi prima, e che infine riesce a fare, seppure con una modalità infantile e regressiva (“se ci sei batti un colpo”) in una delle ultime scene del film. E’ evidente che quel “sei in pace?” non è la domanda di una generica rassicurazione nei confronti del fratello ma è qualcosa di più profondo, di più intimo: è qualcosa che riguarda la stessa protagonista, la sua richiesta di uno svincolo dal fratello gemello perché lei possa trovare pace e iniziare a vivere e ad amare. Non è poi un caso che la Kristen riesca ad “entrare in contatto” e a parlare al fratello gemello morto solo quando si allontana da quella Parigi che una disfunzione cardiaca, identica in entrambi, li teneva uniti come dei fratelli siamesi, rendendoli ancora più gemelli. Ed ecco allora la necessità di lei di rompere questa “unione di cuori” e di partire per un’altra terra, in un altrove sconosciuto in cui potersi ritrovare ed essere trovata. Per questa ragione il film tratta del processo di creazione della propria identità seppur all’interno di uno spazio potenziale (il giocare a essere medium), spazio che si colloca tra immaginazione e realtà, tra il bisogno di rimanere gemella oltre la morte del fratello e il desiderio di diventare individuo singolo. Il partire, l’andare oltre, il superare il confine equivale a mettere una distanza che non è solo fisica ma anche mentale: è un distanziarsi dall’altro per poter riconoscere le parti di sé nascoste che ora possono essere liberate e quindi ritrovate. Questo lei chiede al fratello gemello con quel suo “sei in pace?”. Ecco allora il lavoro di “Personal Shopper” che la Kristen si sceglie: lei sostituisce, in maniera del tutto riparativa, la dipendenza dal fratello gemello morto, agita sul registro del mentale, con una analoga dipendenza, agita questa volta sul registro del reale, con una donna manager: priva o privata della sua volontà, esegue alla lettera i desideri, le indicazioni, i comandi dell’Altra. Persino il contatto con il proprio corpo è in parte compromesso e se avviene, come poi avviene in quel delicato accenno di masturbazione, può solo avvenire con addosso i vestiti di un’altra, della sua manager: come se la protagonista non potesse accedere all’intimità del suo corpo, come se non potesse possedere un “Io” riservato e privato, sganciato dal legame con l’altro. Solo quando la sua manager muore, uccisa dal suo amante che, ironia della sorte, lui sì non voleva separarsi da lei, la Kristen si ritrova nuda, ma al contempo libera e pacificata con se stessa: solo in questo stato di ritrovata grazia può, da sola, darsi la risposta che aveva affidato ad altri: “sei in pace?.... Si, sono in pace…. Ora posso incominciare”.
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gianleo67
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martedì 6 febbraio 2018
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lewis, se ci sei, batti un colpo!
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Maureen fa la personal shopper per una celebrità del jet set, è dotata di facoltà medianiche ed ha perso da poco il fratello gemello per una malformazione congenita del cuore da cui lei stessa è affetta. Alla ricerca di un contatto con il congiunto defunto, rimanda il viaggio che le farà riabbracciare il fidanzato in trasferta di lavoro in Oman, fin quando gli strani messaggi di un interlocutore misterioso cominciano ad arrivarle sul cellulare e la donna per cui lavora viene barbaramente uccisa nel proprio appartamento. Scritto in fretta e furia per recuperare il tempo perduto con un progetto americano andato in fumo, Assayas cerca di ripetere lo schema precedente con una variazione sul tema che si sposta dalle riflessioni svizzere sul cortocircuito emotivo di una vita sospesa tra finzione e realtà a quelle parigine sul labile confine che separa il materialismo dei vivi dall'insostenibile leggerezza dei morti, spostando il baricentro dell'azione dalle vicissitudini di una ex primadonna che insegue il fantasma di una identità che non c'è più a quelle della sua paziente servetta alle prese con lo spettro assai più concreto di un fratello che non se n'è ancora andato.
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Maureen fa la personal shopper per una celebrità del jet set, è dotata di facoltà medianiche ed ha perso da poco il fratello gemello per una malformazione congenita del cuore da cui lei stessa è affetta. Alla ricerca di un contatto con il congiunto defunto, rimanda il viaggio che le farà riabbracciare il fidanzato in trasferta di lavoro in Oman, fin quando gli strani messaggi di un interlocutore misterioso cominciano ad arrivarle sul cellulare e la donna per cui lavora viene barbaramente uccisa nel proprio appartamento. Scritto in fretta e furia per recuperare il tempo perduto con un progetto americano andato in fumo, Assayas cerca di ripetere lo schema precedente con una variazione sul tema che si sposta dalle riflessioni svizzere sul cortocircuito emotivo di una vita sospesa tra finzione e realtà a quelle parigine sul labile confine che separa il materialismo dei vivi dall'insostenibile leggerezza dei morti, spostando il baricentro dell'azione dalle vicissitudini di una ex primadonna che insegue il fantasma di una identità che non c'è più a quelle della sua paziente servetta alle prese con lo spettro assai più concreto di un fratello che non se n'è ancora andato. Risultato di una contaminazione di registri che cerca nella leggerezza del realismo magico e negli escamotage del cinema di genere, la sintesi di un originale discorso cinematografico sul senso non banale di esistenze comuni messe di fronte al significato trascendente della propria esperienza di vita, finisce per incartarsi con il tracciato piatto di una messa in scena priva di sussulti ed l'involontario ridicolo di snodi narrativi da thriller metafisico d'autore, scimmiottando da un lato la volubilità dei rapporti umani del cinema di Truffaut e dall'altro le ambiguità di un gioco delatorio che rimanda dritto dritto al Cachè di Michael Haneke. Minuta galoppina della moda pret-a-porter, la Stewart fa la spola tra l'alta borghesia spendacciona e le fantasmatiche presenze al tempo dei social media. Elaborazione del lutto e precarietà esistenziale, in un pastiche pretenzioso e superficiale che prova a riflettere sulle marchiane contraddizioni tra materialismo e spiritualismo, in una dialettica del risibile che abita i comodi salotti e le dimore molto poco filosofali delle moderne metropoli occidentali. Dramma sovrannaturale dal ritmo anestetizzato e dal registro antispettacolare in cui una novella sorella gemella di un famigerato film di uno dei figli di Steno in trasferta milanese si ritrova alle prese con le origini esoteriche dell'arte astratta, la scrittura automatica delle faccine di WhatsApp ed i gravitoni sfuggenti di una dimensione parallela che manomettono a sproposito la rubinetteria di casa. Scene scult: il conato ectoplasmarico di un ectoplasma, i Gorilla gorilla incolpevolmente sotto contratto, il fidanzato informatico prigioniero professionale di un sultanato arabo nè più nè meno del Tom Hanks di A Hologram for the King ed il feticismo masturbatorio in un abito da sera esageratamente costoso. I fantasmi non sono per forza tutti cattivi come li dipingono le astrattiste di inizio secolo e quello di questo film è un novello detective che inquina a fin di bene le prove del reato, assicura alla giustizia amanti assassini e consolida le speranze ultraterrene di una sottopagata cultrice dell'haute couture. Addirittura ex aequo con il Cristian Mungiu di 'Un padre e una figlia' come miglior regia al Festival di Cannes 2016. Inveterato sciovinismo transalpino.
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lucascialo
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domenica 25 marzo 2018
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confusionario
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Drammatico? Paranormale? Thriller? Giallo? Questo film è tutto questo o forse niente di questo. Cerca di fondere più generi, finendo però per non essere nessuno di questi. La protagonista è Maureen, interpretata da una intensa Kristen Stewart, è la Personal shopper di una ricca mondana. Ma è anche una Medium, al punto che vuole mettersi in contatto col fratello gemello morto per una crisi cardiaca, dovuta ad una disfunzione congenita di cui anch'ella è affetta. Tuttavia, comincia ad essere perseguitata da strani sms inviati da uno sconosciuto, che la invitano a fare cose fino anche a minacciarla. Si tratta di uno spirito o di qualcuno che conosce? La parte migliore della pellicola restano proprio gli sms, che creano tensione e suspance nello spettatore.
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Drammatico? Paranormale? Thriller? Giallo? Questo film è tutto questo o forse niente di questo. Cerca di fondere più generi, finendo però per non essere nessuno di questi. La protagonista è Maureen, interpretata da una intensa Kristen Stewart, è la Personal shopper di una ricca mondana. Ma è anche una Medium, al punto che vuole mettersi in contatto col fratello gemello morto per una crisi cardiaca, dovuta ad una disfunzione congenita di cui anch'ella è affetta. Tuttavia, comincia ad essere perseguitata da strani sms inviati da uno sconosciuto, che la invitano a fare cose fino anche a minacciarla. Si tratta di uno spirito o di qualcuno che conosce? La parte migliore della pellicola restano proprio gli sms, che creano tensione e suspance nello spettatore. E anche Maureen che, col suo fisico scultorio, si prova i vestiti della sua assistita. Meno riuscita la parte paranormale, con l'apparizione di un fantasma che fa scadere il film in un banale horror. Così come il bicchiere mosso dal fratello. Da sottolineare l'interpretazione della Stewart, che fin dagli esordi ha messo da parte il suo charme estetico tutto appannaggio della bravura. Quasi inspiegabile il premio al Festival di Cannes. Un film che sfuma presto nei ricordi di chi lo ha visto, proprio come il fantasma visto dalla protagonista.
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francesco2
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mercoledì 4 gennaio 2017
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le nuove strade di assayas
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Negli ultimissimi anni, il cinema d Assayas sembra avere
imboccato una strada diversa sia a precedenti ormai ventennali
-"Irma Vep"-, sia ad opere come "Aprés mai-qualcosa
nell'aria", figlie più esplicitamente della Nouvelle vague.
Rimproverare al nostro un (o s)cadere nel postmoderno
-non necessariamente parola di offesa- denotaterebbe
una sostanziale opacità di vedute che, al momento, sembra
fortunatamente evitata -in attesa di una abbastanza auspicabile
distribuzione del film in Italia.
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Negli ultimissimi anni, il cinema d Assayas sembra avere
imboccato una strada diversa sia a precedenti ormai ventennali
-"Irma Vep"-, sia ad opere come "Aprés mai-qualcosa
nell'aria", figlie più esplicitamente della Nouvelle vague.
Rimproverare al nostro un (o s)cadere nel postmoderno
-non necessariamente parola di offesa- denotaterebbe
una sostanziale opacità di vedute che, al momento, sembra
fortunatamente evitata -in attesa di una abbastanza auspicabile
distribuzione del film in Italia. Piuttosto, il suo nuovo percorso
sembra proteso verso un'interazione che si allontana -totalmente?-
da quella tra realtà e (messa in scena della)finzione, vista nel film citato
di vent'anni fa, per avvicinare, con toni tra il soave e l'horror, quella tra
reale e virtuale. In "Sils Maria", tale dualismo era quello tra realtà e
finzione,presente e passato, mentre in questo caso, se tralasciamo il
banale e ripetitivo rimpiattino virtuale via cellulare, lo "spirito" è
presenza -Reale o virtuale?- del fratello morto-, ma anche essenza,
perché Maureen è "shopper" di vestiti che non le appartengono, e non è
un caso che il molestatore telefonico cerchi di farglieli calzare, affinché
assuma identità diverse. Non fossimo sicuri al cento per cento della sua
esistenza, potremmo addirittura ipotizzare che si tratta di una voce della
coscienza di Maureen, la cui identità è qualcosa da trovare e ri-trovare.
Indossa sempre i panni di qualcun'altro, ed , al contempo, deve rielaborare dopo un lutto.
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domenica 16 aprile 2017
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difficile da spiegare
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Evidentemente qualcosa mi è sfuggito se, dopo aver visto questo film con ottime recensioni dei professionisti, ho capito anche poco di che parla. Non è un thriller perché fin da subito si capisce chi è l'assassino, non è un horror perché manca la tensione, se vedi un film e fai fatica a sintetizzare la trama con gli elementi essenziali vuol dire che non sarà poi così riuscito.
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eugenio
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mercoledì 19 aprile 2017
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fantasmi della mente, drammi del quotidiano
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Olivier Assays, regista e autore francese molto cinefilo, autore di Irma Vep, Ore d’estate e del recente capolavoro Sils Maria, torna ad indagare nelle pieghe torbide dell’animo umano, in un film, in cui vera protagonista è l’identità umana, frammentata, incoerente e controversa.
E’ un film di spostamenti, di transizione Personal Shopper, ambientato in un mondo effimero come quello della moda, delle boutique più quotate dell’alta società. Una pellicola che si muove da confini puramente spaziali come Parigi, Milano, Londra ad altri meramente più “spirituali” come la realtà ultraterrena.
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Olivier Assays, regista e autore francese molto cinefilo, autore di Irma Vep, Ore d’estate e del recente capolavoro Sils Maria, torna ad indagare nelle pieghe torbide dell’animo umano, in un film, in cui vera protagonista è l’identità umana, frammentata, incoerente e controversa.
E’ un film di spostamenti, di transizione Personal Shopper, ambientato in un mondo effimero come quello della moda, delle boutique più quotate dell’alta società. Una pellicola che si muove da confini puramente spaziali come Parigi, Milano, Londra ad altri meramente più “spirituali” come la realtà ultraterrena.
Sì perché Maureen, la protagonista, interpretata da una sfuggente Kristen Stewart, una ragazza solitaria, afflitta da un terribile lutto, la scomparsa prematura del fratello Lewis per una malformazione congenita, dal suo lavoro prettamente pragmatico, la scelta di abiti lussuosi (senza provarli e con un budget illimitato a disposizione) per una misteriosa attrice Kira (che tra le altre cose lei detesta), alterna quello di medium.
Percepisce o vuole percepire, sin dall’inizio, Maureen, una “presenza” che possa riappacificarla. Delle intrusioni ultraterrene, degli spiriti inquieti non ancora appagati, tormentano la giovane che, incapace di rassegnarsi alla scomparsa del fratello, temendo che sia condannato a rimanere “nel mondo dei vivi” perchè non sereno, frequenta sedute di “rievocazione dei defunti” consulta video su Internet (compreso quello storicamente attendibile dell’esperimento di Victo Hugo).
In una prima parte dominata dalla presenza di forme ultraterrene che inquietano e che per converso attirano Maureen conducendola a un confronto con le sue inclinazioni più nascoste, Assays ne costruisce una seconda dall’ impianto solido e credibile, malgrado qualche metafora e simbologia di troppo, che rinforzano l’ipotesi di un “contatto” ultraterreno tramite il mondo digitale.
Whatsapped sms, skype e call, la frontiera dell’universalmente connesso, della sociologia imperante che dilaga in una minaccia, altera in primo luogo l’attenzione di Maureen nell’ambiguità di una relazione epistolare con uno sconosciuto.
Potrebbe essere il fratello? Potrebbe essere invece qualcun altro? E cosa vuole da lei?
Assays è abile, inutile nasconderlo. Cattura l’attenzione dello spettatore. Fornisce molte chiavi di lettura, l’individualismo, la solitudine, il rapporto odio/amore nei confronti di un “doppleganger” Kira poi misteriosamente assassinata in un climax che ricorda tanto Polanski, la sociologia, la necessità di credere a “delle presenze” che giustifichino il nostro vacuo orrore mentale.
Più che le parole, come in Sils Maria, in Personal Shopper contano le immagini. Bicchieri che fluttuano o porte che si aprono senza apparente ragione, sono solo il contesto entro cui si muove un film permeato dal dolore universale della perdita, dall’odio, dalla pulsione repressa di voler essere a tutti costi, ciò che non si è.
E va dato merito al regista di essere stato capace, grazie a un efficace montaggio e all’amletico dubbio finale, di confondere lo spettatore in un gioco di specchi tra realtà ed apparenza. Le suggestioni qui si perdono dal tema sempre caro hitchcockiano del doppio, al giallo paranormale italiano degli anni ‘70 (Argento in primis privo tuttavia dell’effetto splatter), e soprattutto al cinema d’autore di Cronenberg, Lynch, Carpenter e Polanski in una sintesi di paura, smarrimento e “delirio astratto” che sfuma nell’abisso della mente umana.
Ma Assayas come sempre non si limita allo sterile gioco cinefilo e ci trascina ancora una volta dentro gli abissi della mente umana, mostrandoci come possiamo essere una sintesi imperfetta di paura, aspirazione, desiderio inconfessabile e tanto, tanto smarrimento.
Controverso (ex aequo) premio per la miglior regia al Festival del cinema di Cannes nel 2016.
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flyanto
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martedì 18 aprile 2017
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una shopper con doti medianiche
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La personal shopper dell'omonimo titolo dell'ultimo film di Olivier Assayas è la tormentata protagonista di una vicenda violenta in cui ella si trova coinvolta in aggiunta alla propria esistenza personale fortemente scossa dalla morte prematura del proprio fratello gemello. Kristen Stewart interpreta la suddetta giovane donna la quale, appunto, svolge l'attività di personal shopper, cioè compra e ritira per la propria padrona costosissimi abiti e gioielli, in quanto quest'ultima è una famoso personaggio in ascesa dell'alta società. Un lavoro che non la soddisfa affatto anche perchè è ancora troppo sconvolta per la perdita del fratello di cui peraltro le sembra di "sentire" la presenza ovunque.
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La personal shopper dell'omonimo titolo dell'ultimo film di Olivier Assayas è la tormentata protagonista di una vicenda violenta in cui ella si trova coinvolta in aggiunta alla propria esistenza personale fortemente scossa dalla morte prematura del proprio fratello gemello. Kristen Stewart interpreta la suddetta giovane donna la quale, appunto, svolge l'attività di personal shopper, cioè compra e ritira per la propria padrona costosissimi abiti e gioielli, in quanto quest'ultima è una famoso personaggio in ascesa dell'alta società. Un lavoro che non la soddisfa affatto anche perchè è ancora troppo sconvolta per la perdita del fratello di cui peraltro le sembra di "sentire" la presenza ovunque. Quando la giovane e ricca padrona verrà brutalmente uccisa, la shopper in questione verrà ovviamente coinvolta direttamente e suo malgrado in una questione parecchio pericolosa.....
Un thriller che sia dalla trama in sè che dai trailers stessi di presentazione sicuramente preannuncia grandi aspettative che invece e purtroppo vengono grandemente deluse. Per quanto la trama sia incalzante, soprattutto per ciò che concerne la suspense, il film piano piano perde maggiormente il suo mordente e alla fine conclude le varie questioni in maniera sbrigativa e, direi, piuttosto semplicistica e superficiale. Insomma, all'interno di una "cornice" ben strutturata e congegnata, la storia delude assai lo spettatore, lasciandolo in una sorta di "sospensione metafisica" poco convincente ed un poco ricercata. E' un peccato che in questa occasione il regista Olivier Assayas non sia riuscito a costruire un'opera convincente e di un certo spessore puntando invece sul lato metafisico che qui diventa un "già visto" e, pertanto, scontato, rasentando addirittura il ridicolo in quanto poco credibile. Peccato, un'occasione sprecata,appunto, sia per Assayas che per Kristen Stewart stessa che, invece, nella sua parte di donna tormentata, piena di paure ed alla ricerca di una sua identità, riesce appieno.
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