buck
|
giovedì 25 ottobre 2001
|
l'integrazione razziale
|
|
|
|
Spike Lee raggiunge la sua maturita' artistica parlando di quello che gli riesce meglio l'integrazione razziale.
Riesce perfettamente a descrivere la societa' multirazziale americana analizzandone i luoghi comuni.
Ottima l'interpretazione di Aiello e di Turturro nella parte degli italo-americani.
Ottima come al solito la scelta dei brani per la colonna sonora.
|
|
[+] lascia un commento a buck »
[ - ] lascia un commento a buck »
|
|
d'accordo? |
|
molinari marco
|
domenica 31 luglio 2011
|
una giornata nel ghetto
|
|
|
|
Chi non ha mai sognato, almeno per una volta, di vivere a New York? Nella Grande Mela dove vivono milioni e milioni di persone, dove le opportunità di lavoro e di carriera sono (o erano?) presenti in abbondanza, dove è possibile incontrare gente interessante ad ogni angolo di strada, passeggiare nei parchi, frequentare locali alla moda, andare a mostre di arte contemporanea, innamorarsi o passare la famigerata one night stand? Penso un po’ tutti. O, per lo meno, se si è nati e cresciuti in qualche piccolo paese di provincia risulta improbabile non emigrare di tanto in tanto, almeno con la mente, in un luogo in cui sembra consumarsi la vera vita. Ignari forse del fatto che anche New York, come tutte le metropoli, possiede un suo lato oscuro, dal momento che è fatta in primo luogo da quartieri in cui vive e regna una mentalità molto ristretta e quasi da paesino sperduto nelle montagne.
[+]
Chi non ha mai sognato, almeno per una volta, di vivere a New York? Nella Grande Mela dove vivono milioni e milioni di persone, dove le opportunità di lavoro e di carriera sono (o erano?) presenti in abbondanza, dove è possibile incontrare gente interessante ad ogni angolo di strada, passeggiare nei parchi, frequentare locali alla moda, andare a mostre di arte contemporanea, innamorarsi o passare la famigerata one night stand? Penso un po’ tutti. O, per lo meno, se si è nati e cresciuti in qualche piccolo paese di provincia risulta improbabile non emigrare di tanto in tanto, almeno con la mente, in un luogo in cui sembra consumarsi la vera vita. Ignari forse del fatto che anche New York, come tutte le metropoli, possiede un suo lato oscuro, dal momento che è fatta in primo luogo da quartieri in cui vive e regna una mentalità molto ristretta e quasi da paesino sperduto nelle montagne. Ed è quello che ci fa notare Spike Lee in questo suo terzo film, mettendo la sua macchina da presa a disposizione, per un’intera giornata e con una e azzeccatissima unità di tempo, all’interno di un quartiere nero in cui a sfamare la popolazione ci pensa una pizzeria gestita da alcuni italo-americani (naturalmente bianchi). C’è da aggiungere che la giornata è anche la più calda dell’estate e quindi la tensione è costantemente ad un passo dall’esplodere, visto che tutti si guardano in cagnesco a causa di un disagio sociale palpabile nell’aria. Siamo in presenza di un microcosmo in cui l’unica chance che viene offerta alla popolazione per emanciparsi è costituita dalla musica (presente sin dalla prima scena narrativa e non) ed è quindi logico aspettarsi che quando essa verrà brutalmente sottratta all’energumeno più pericoloso che si aggira per quelle strade, egli esploderà come una bomba a mano a cui è stata tolta la linguetta. Ed il tutto a causa di un dialogo che sa essere solo aggressivo. Significativo è il fatto che il personaggio che dovrebbe farsi portabandiera dei grandi insegnamenti di Martin Luther King e Malcom X sia un balbuziente incapace di fare un discorso che abbia un inizio ed una fine e che viene considerato un po’ come lo scemo del villaggio. Mentre colui che appare come il cervello più attivo di tutti, usa tutta la sua dialettica per fomentare un odio del tutto fuori luogo nei confronti degli unici bianchi lì presenti, rei di non aver voluto attaccare la foto di un uomo nero in mezzo alle foto dei tanti italo-americani che hanno fatto grande il Paese a stelle e strisce. È una piccola comunità che giudica, ma non vuol essere giudicata. Resta l’interrogativo di quale sia la cosa giusta da fare che suggerisce il titolo in uno scenario del genere. È forse quella suggerita dal personaggio del Sindaco di portare un mazzo di rose a Mother Sister nonostante lei non faccia altro che mostrargli il suo disprezzo, e quindi evangelicamente porgere l’altra guancia, con la consapevolezza che la pazienza porterà i suoi frutti? O rispondere alla violenza con la violenza, con la certezza che solo così le cose potranno cambiare realmente(non sarà un caso, in tale direzione, se a dare inizio alla distruzione del locale sarà proprio il bidone lanciato dal personaggio interpretato da Spike Lee stesso)? Non ci è dato saperlo con certezza perché la nostra visita guidata nel ghetto si è conclusa e un altro giorno è appena iniziato a suon di musica radiofonica. Un film senza discorsi retorici, scorretto, illogico come la natura viscerale dell’odio razziale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a molinari marco »
[ - ] lascia un commento a molinari marco »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
giovedì 12 gennaio 2012
|
la maturità artistica di spike lee
|
|
|
|
Fa la cosa giusta, film controverso, discusso, difficile di fine anni Ottanta. Come una morsa che avvinghia a sé, costringe lo spettatore a un’analisi ragionata delle proprie opinioni ed emozioni radicate su questioni razziali e sul complicato significato della parola integrazione.
Protagonista è una piccola comunità di un quartiere ghetto di Bedford Stuyvesant a Brooklyn nel giorno più caldo dell’anno che tra indigenza, miseria e fannulonismo è pronta a scaricare la sua ira repressa a causa di un antico male da sempre crepa di ogni società: la violenza razziale.
Cuore della pellicola è la descrizione analitica di una giornata di reietti e sbandati che hanno come ritrovo la pizzeria di Sal, italo-americano coadiuvato nel lavoro dai figli Vito, tranquillo e posato, Pino, razzista e violento e da un esuberante giovane ragazzo di colore Mookie (interpretato dallo stesso regista) per le consegne a domicilio.
[+]
Fa la cosa giusta, film controverso, discusso, difficile di fine anni Ottanta. Come una morsa che avvinghia a sé, costringe lo spettatore a un’analisi ragionata delle proprie opinioni ed emozioni radicate su questioni razziali e sul complicato significato della parola integrazione.
Protagonista è una piccola comunità di un quartiere ghetto di Bedford Stuyvesant a Brooklyn nel giorno più caldo dell’anno che tra indigenza, miseria e fannulonismo è pronta a scaricare la sua ira repressa a causa di un antico male da sempre crepa di ogni società: la violenza razziale.
Cuore della pellicola è la descrizione analitica di una giornata di reietti e sbandati che hanno come ritrovo la pizzeria di Sal, italo-americano coadiuvato nel lavoro dai figli Vito, tranquillo e posato, Pino, razzista e violento e da un esuberante giovane ragazzo di colore Mookie (interpretato dallo stesso regista) per le consegne a domicilio. Tra ubriaconi alcolizzati (meravigliosa la figura del “prefetto”sindaco virtuale inascoltato della comunità), predicatori balbuzienti venditori improvvisati di fotografie di Martin Luther King e Malcolm X, musica assordante e furibonda con leitmotiv Fight the power, precoci atti sessuali tra una consegna di una pizza e un’altra e istigatori alla violenza (perché non metti foto di fratelli neri a quella parere? cita il giovane provocatore che sarà poi uno dei responsabili della violenza ai danni del robusto proprietario), Lee realizza uno spaccato di un’umanità violenta dove nessuno è innocente. Così quando Sal rompe con una mazza da baseball lo stereo di "Radio" Raheem, la violenza degli avventori sembra quasi una naturale conseguenza di un odio a lungo sopito che colpisce anche chi era in buoni rapporti con gli italo-americani. L’intervento delle forze dell’ordine sarà inutile e controproducente: il tumulto crescerà così come l’intensità del dramma. La morte di Raheem, l’assalto di una turba inferocita al negozio che verrà svaligiato e distrutto piegheranno l'animo di Sal ma non lo spezzeranno.
In un ambiente urbano e anonimo ripreso da lunghe carrellate della macchina da presa con movimenti virtuosistici e sognanti, il regista afroamericano percorre la strada della maturità volta a un’analisi imparziale della violenza razziale allo scopo di negarla intrinsecamente (come già fece Kubrick in Full Metal Jacket) permettendo allo spettatore di comprendere le motivazioni dei personaggi del film pur non perdonandone l’empietà.
Il tema di Fa la cosa giusta tuttavia supera la semplice analisi razziale concentrandosi sulla dinamica del razzismo, sulle conseguenti tensioni e sui problemi della comunicazione verbale all’interno di un microcosmo che è la società ghettizzata multiculturale. Lo spettatore è come travolto empaticamente dall’irruenza delle immagini che gli vengono mostrate grazie anche a uno stile visivo sfacciato e anticonformista che esprime con immediatezza l’incisività di una situazione razziale americana rabbiosa, amara ma vera. Pur costituendo un buon prodotto, Fa la cosa giusta ha la pecca di rifugiarsi nell’incapacità di prendere decisioni e in un sentimento pietistico che non trova spiegazione neanche verso il finale con le due lapidarie frasi di Martin Luther King e Malcolm X. Di certo nel quartiere ghetto l’alba di una nuova era sarà lontana, l’alleanza e la tolleranza irraggiungibili e chimeriche ma la memoria di un film-scandalo e di un lavoro riuscito a metà restano sconvolgenti come un incubo ad occhi aperti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
heyjoe
|
lunedì 9 marzo 2009
|
fa la cosa giusta
|
|
|
|
Un grande film che narra di un quartiere nel quale vige il razzismo.Il film non mostra solo il razzismo,mostra anche come si diventa razzisti,partendo da cose semplici: un insulto oppure un' opinione diversa , il film fa ridere e riflettere allo stesso tempo. Nel quartiere domina il pregiudizio ma non solo, domina il più grande dei mali : l'ignoranza, ma non importa Mookie(il protagonista) trova la forza di amare e la forza di difendersi, ma sopratutto trova la forza di fare la cosa giusta.
|
|
[+] lascia un commento a heyjoe »
[ - ] lascia un commento a heyjoe »
|
|
d'accordo? |
|
emanuelemarchetto
|
sabato 18 marzo 2017
|
il film più rappresentativo di spike lee
|
|
|
|
Due nomination agli Oscar: migliore sceneggiatura originale e come miglior attore non protagonista (Danny Aiello).
Siamo a Brooklyn durante la giornata più calda dell'anno e seguiamo le vicende di diversi abitanti del quartiere, intenti a combattere l'afa. In special modo seguiamo le vicende di Mookie (Spike Lee), afroamericano che lavora per una pizzeria tenuta da italo-americani, gli unici bianchi del quartiere.
[+]
Due nomination agli Oscar: migliore sceneggiatura originale e come miglior attore non protagonista (Danny Aiello).
Siamo a Brooklyn durante la giornata più calda dell'anno e seguiamo le vicende di diversi abitanti del quartiere, intenti a combattere l'afa. In special modo seguiamo le vicende di Mookie (Spike Lee), afroamericano che lavora per una pizzeria tenuta da italo-americani, gli unici bianchi del quartiere. Le tensioni razziali che serpeggiano serpeggiano tra i personaggi, diventano concrete quando Radio Raheem perde la vita per mano della polizia. Questo provoca una rivota degli afro-americani, con conseguente distruzione della pizzeria.
Il terzo film di Spike Lee prende liberamente spunto da alcuni avvenimenti reali. In particolar modo dal cosiddetto "Howard Beach Incident": il 20 dicembre 1986 un operaio di 23 anni venne ucciso, insieme a due suoi amici, per mano di alcuni italo-americani proprietari di una pizzeria, scatenando così la dura reazione della comunità afro-americana.
Dice il regista: "Storicamente i rapporti tra italiani-americani e africani-americani sono sempre stati caratterizzati da una dinamica particolare, che talvolta si trasforma in violenza". In "Fa' la cosa giusta" le tensioni razziali in un quartiere tradizionalmente abitato da neri si moltiplicano, mostrando in modo più sfaccettato l'intolleranza che è insita nell'uomo. Ci sono anche dei coreani proprietari di un negozio che vengono discriminati per i prodotti che vendono e per il modo di parlare, sia dai neri; sia da dei giovani portoricani. Ampliando lo spettro delle minoranze, Spike Lee racconta una specie di guerra tra poveri, dove ogni fazione esibisce orgogliosa simboli e vittorie della propria etnia, schermandosi dietro al pregiudizio che loro stessi hanno subito: vedi per esempio le foto appese nella pizzeria che raffigurano attori italo-americani di successo. A questo proposito, la scena più rappresentativa è quella in cui un ragazzo bianco sporca per sbaglio le Jordan nuove di un ragazzo nero: questo porta a una piccola rivolta di un gruppetto di afro-americani che intimano il suddetto ragazzo di "tornarsene nel Massachusetts". La sequenza è una previsione ironica di quello che avverrà dopo nel film.
In questo modo le varie etnie diventano quasi degli stereotipi viventi, fieri della propria diversità e per questo poco aperti all'integrazione.
Curiosità: nello stesso anno Spike Lee ha girato lo spot delle Nike Jordan insieme all'omonimo giocatore di pallacanestro. Questo rende la presenza delle scarpe nel film, a mio parere, il più geniale product placement della storia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a emanuelemarchetto »
[ - ] lascia un commento a emanuelemarchetto »
|
|
d'accordo? |
|
rmarci 05
|
giovedì 11 luglio 2019
|
l'incomunicabilità, la violenza, l'odio razziale
|
|
|
|
Terzo film di Spike Lee, che illustra, con uno stile a metà tra il Neorealismo italiano e la violenza esplicita del miglior Scorsese, la quotidianità nei quartieri popolari di Brooklyn, dove le chiacchierate con gli amici, le giornate passate ai locali ed i pettegolezzi della radio si alternano ad improvvisi episodi di violenza che scoppiano tra le diverse comunità, ognuna delle quali difende e valorizza la propria cultura ma disprezza le altre, a causa di una preoccupante intolleranza a sfondo razzista insinuata all'interno della società contemporanea, americana e non solo. Essa è dominata, inoltre, dall'incomunicabilità e dal pregiudizio, elementi che determinano la totale diffidenza nei confronti del diverso.
[+]
Terzo film di Spike Lee, che illustra, con uno stile a metà tra il Neorealismo italiano e la violenza esplicita del miglior Scorsese, la quotidianità nei quartieri popolari di Brooklyn, dove le chiacchierate con gli amici, le giornate passate ai locali ed i pettegolezzi della radio si alternano ad improvvisi episodi di violenza che scoppiano tra le diverse comunità, ognuna delle quali difende e valorizza la propria cultura ma disprezza le altre, a causa di una preoccupante intolleranza a sfondo razzista insinuata all'interno della società contemporanea, americana e non solo. Essa è dominata, inoltre, dall'incomunicabilità e dal pregiudizio, elementi che determinano la totale diffidenza nei confronti del diverso. Il giovane regista, nonostante la poca esperienza, affronta queste tematiche molto delicate con ammirevole lucidità e soprprendente fermezza, senza cadere mai nel vittimismo né tantomeno nel finto buonismo, ma preferendo, invece, sottolineare l'incapacità delle persone di dialogare tra loro senza l'utilizzo della violenza e condannando, inoltre, il comportamento inaccettabile delle forze dell'ordine che, anziché risolvere le tensioni sociali, le alimentano uccidendo ed intimidendo. Come osservatore esterno di questo vortice interminabile c'è lo stesso autore, interprete del personaggio di Mookie che, con sguardo rassegnato, si domanda se diverse comunità potranno mai convivere insieme. Con il supporto delle ottime interpretazioni, di una sceneggiatura solidissima arricchita da dialoghi geniali e della fotografia meravigliosamente kitsch, Spike Lee firma una delle sue opere più riuscite, personali e necessarie, nonché uno dei migliori film sul razzismo mai realizzati.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rmarci 05 »
[ - ] lascia un commento a rmarci 05 »
|
|
d'accordo? |
|
alex41
|
lunedì 12 agosto 2013
|
un vero pugno nello stomaco
|
|
|
|
Un film avanti con gli anni, uno dei migliori film di Spike Lee che, con questo film, è entrato nel mondo del cinema dimostrando di essere un grande appassionato, nonché un regista 360 gradi (ha diretto perfino videoclip, documentari e spot pubblicitari). La storia è ambientata in una specie di ghetto in cui vivono gente di colore tra bande, vecchi pensionati e semplici lavoratori, ma anche italoamericani e coreani. Il film ci vuole mostrare, con un vero pugno nello stomaco, di come vivono queste diverse etnie tra scontri, insulti e battibecchi, fino a uno dei finali più terrificanti che abbia mai visto: Spike Lee dimostra di essere un mago coi controglioni della cinepresa, capace di farti immedesimare nei suoi personaggi fino alla fine e a vivere l'esperienza in prima persona come nessun'altro è in grado di fare (forse solo Kubrick).
[+]
Un film avanti con gli anni, uno dei migliori film di Spike Lee che, con questo film, è entrato nel mondo del cinema dimostrando di essere un grande appassionato, nonché un regista 360 gradi (ha diretto perfino videoclip, documentari e spot pubblicitari). La storia è ambientata in una specie di ghetto in cui vivono gente di colore tra bande, vecchi pensionati e semplici lavoratori, ma anche italoamericani e coreani. Il film ci vuole mostrare, con un vero pugno nello stomaco, di come vivono queste diverse etnie tra scontri, insulti e battibecchi, fino a uno dei finali più terrificanti che abbia mai visto: Spike Lee dimostra di essere un mago coi controglioni della cinepresa, capace di farti immedesimare nei suoi personaggi fino alla fine e a vivere l'esperienza in prima persona come nessun'altro è in grado di fare (forse solo Kubrick). Degne di nota sono poi la fotografia eccezionale, in cui il colore che domina è il giallo, una sceneggiatura degna del miglior Tarantino e una regia piena di controcampi, lunghe panoramiche, piani sequenza e perfino steadycam, fino alla strepitosa colonna sonora "Fight The Power" dei Public Enemy. Ciò che però veramente mi ha colpito di questo film è come riesce a dipingere dei personaggi talmente incredibili quasi comparabili a un film come "Pulp Fiction": oltre a Mookie (interpretato dallo stesso Spike Lee) sono memorabili Sal (un Danny Aiello da Oscar), Vito (un John Turturro irriconoscibile e spettacolare), l'odioso Buggin Out (un bravissimo Giancarlo Esposito), l'inquietante Radio Raheem (grandissimo Bill Nunn), il dj Senor Love (un Samuel L. Jackson giovanissimo) fino al Sindaco (un eccezionale Ossie Davis), forse il personaggio migliore del film. Da ricordare anche un giovane e allora sconosciuto Martin Lawrence nel ruolo di un ragazzo di strada. Un film quindi da vedere, un (quasi) capolavoro che riesce ancora a distanza di anni a stupire, con un significato solido e uno sviluppo incredibile, quasi da documentario. Vedere per credere, su Lee si va sempre sul sicuro!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alex41 »
[ - ] lascia un commento a alex41 »
|
|
d'accordo? |
|
biscotto51
|
sabato 11 luglio 2020
|
una collezione di luoghi comuni
|
|
|
|
Tra i grandi misteri dell'universo brilla questo film, il cui successo è inspiegabile. Situazioni vecchie, stantie, stereotipate, dialoghi profondi e acuti come quelli da bar, pensieri e riflessioni da terza elementare, personaggi che sono solo macchiette e sono talmente falsi e vuoti che sembrano inventati al momento, solo maschere che interpretanno un personaggio (lo svitato che vende volantini, i tre vecchietti che pontificano su tutto seduti sul marciapiede, i negri che accaldati aprono l'idrante per rinfrescarsi e annaffiare anche ci non ci starebbe, la nonnina alla finestra che riceve i fiori dal vecchio soprannominato "sindaco" e vai di questo passo, di questi cliché).
[+]
Tra i grandi misteri dell'universo brilla questo film, il cui successo è inspiegabile. Situazioni vecchie, stantie, stereotipate, dialoghi profondi e acuti come quelli da bar, pensieri e riflessioni da terza elementare, personaggi che sono solo macchiette e sono talmente falsi e vuoti che sembrano inventati al momento, solo maschere che interpretanno un personaggio (lo svitato che vende volantini, i tre vecchietti che pontificano su tutto seduti sul marciapiede, i negri che accaldati aprono l'idrante per rinfrescarsi e annaffiare anche ci non ci starebbe, la nonnina alla finestra che riceve i fiori dal vecchio soprannominato "sindaco" e vai di questo passo, di questi cliché). Dopo un'ora non ce l'ho fatta più e ho spento. C'é un limite a tutto, soprattutto alla banalità, all'insulsaggine, alla piattezza. Film per bambini di prima elementare che non sanno niente del mondo e che si stupiscono della prima cosa che vedono perché non hanno visto altro.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a biscotto51 »
[ - ] lascia un commento a biscotto51 »
|
|
d'accordo? |
|
marcloud
|
mercoledì 26 agosto 2020
|
la poetica di spike lee
|
|
|
|
La poetica sulla New York di Spike Lee resta di un'attualità pazzesca e oggi come ieri, ci racconta delle tensioni razziali che sono presenti nel DNA degli Stati Uniti. Sicuramente la pellicola che ha reso Spike Lee un regista di culto per la comunità afro-americana e in generale per qualsiasi cinefilo.
|
|
[+] lascia un commento a marcloud »
[ - ] lascia un commento a marcloud »
|
|
d'accordo? |
|
franz
|
martedì 3 luglio 2007
|
mah!
|
|
|
|
Rimango allibito di fronte all'entusiasmo che questo film ha suscitato. Non ero razzista, ma lo sono diventato dopo aver visto il film! Se i neri sono davvero così come sono descritti, il razzismo ha i suoi fondamenti...
Il film è insipido, direi insulso. Parla claustrofobicamente della vita a un angolo di strada, dove passano per lo più la loro giornata innocui sfaticati di colore. Una sola cosa li accomuna: l'inettitudine totale, declinata in varie forme. Più che la rabbia repressa, è proprio l'inerzia che li porterà ad una esplosione di violenza. In effetti i personaggi, per il resto del film, non erano apparsi in conflitto con il mondo, se non a chiacchiere. Infatti l'oggetto della loro violenza, il pizzaiolo italo-americano, per il resto del film aveva ricevuto più attestati di stima che altro.
[+]
Rimango allibito di fronte all'entusiasmo che questo film ha suscitato. Non ero razzista, ma lo sono diventato dopo aver visto il film! Se i neri sono davvero così come sono descritti, il razzismo ha i suoi fondamenti...
Il film è insipido, direi insulso. Parla claustrofobicamente della vita a un angolo di strada, dove passano per lo più la loro giornata innocui sfaticati di colore. Una sola cosa li accomuna: l'inettitudine totale, declinata in varie forme. Più che la rabbia repressa, è proprio l'inerzia che li porterà ad una esplosione di violenza. In effetti i personaggi, per il resto del film, non erano apparsi in conflitto con il mondo, se non a chiacchiere. Infatti l'oggetto della loro violenza, il pizzaiolo italo-americano, per il resto del film aveva ricevuto più attestati di stima che altro.
Ripetitiva fino alla nausea l'interpretazione di Turturro, perennemente pronto a travasare bile su tutti, ma anche lui solo a chiacchiere.
Per il resto, nulla, se non chiacchiere vuote.
Il sapore del film è quello di un affettuoso sguardo benevolo nei confronti di un figlio deficiente. La storia non c'è, i personaggi sono degli stereotipi.
Ripeto: se l'effetto è voluto, se la comunità nera è davvero così demenziale...
Ma si sa, parafrasando Sabina Guzzanti, per fare un buon film, basta che ci metti un po' di razzismo o omosessualità o droga e il successo è assicurato.
[-]
[+] ignoranza
(di jazzy)
[ - ] ignoranza
[+] pregne
(di franz)
[ - ] pregne
[+] appunto la noia
(di tore 717)
[ - ] appunto la noia
[+] consiglio
(di fra0703)
[ - ] consiglio
[+] il seme del razzismo
(di arnaco)
[ - ] il seme del razzismo
|
|
[+] lascia un commento a franz »
[ - ] lascia un commento a franz »
|
|
d'accordo? |
|
|