pepito1948
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giovedì 22 ottobre 2015
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coppie o single, non esiste la felicità
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In pieno conflitto sociale sul progetto di regolamentare le unioni di fatto, in cui matrimonialisti e unionisti si contrappongono emarginando dal dibattito i poveri single, ecco irrompere nei cinema italiani questo film stralunato, disorientante e destabilizzante, proveniente dalla vicina e maltrattata Grecia. La storia, definita a torto di fantascienza, è ambientata in una società molto prossima (ambienti e abbigliamento sono quelli di oggi) in cui è vietato essere soli; ribaltando il concetto, solo le coppie sono ammesse (sposate o meno che siano) ed i solitari, se scoperti, sono internati in un centro di orientamento all'accoppiamento. Chi fallisce, dopo un periodo di formazione ma anche di "addestramento", viene trasformato in un animale di sua scelta (e perchè non in un'aragosta?).
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In pieno conflitto sociale sul progetto di regolamentare le unioni di fatto, in cui matrimonialisti e unionisti si contrappongono emarginando dal dibattito i poveri single, ecco irrompere nei cinema italiani questo film stralunato, disorientante e destabilizzante, proveniente dalla vicina e maltrattata Grecia. La storia, definita a torto di fantascienza, è ambientata in una società molto prossima (ambienti e abbigliamento sono quelli di oggi) in cui è vietato essere soli; ribaltando il concetto, solo le coppie sono ammesse (sposate o meno che siano) ed i solitari, se scoperti, sono internati in un centro di orientamento all'accoppiamento. Chi fallisce, dopo un periodo di formazione ma anche di "addestramento", viene trasformato in un animale di sua scelta (e perchè non in un'aragosta?).Naturalmente alcuni fuggono e si riparano in un vicino bosco -che sa tanto di foresta di Sherwood, con tanto di leader e poche ma severe regole, come il divieto assoluto di accoppiarsi: finalmente un po' di libertà, almeno così sembra. Ma, come da consolidata tradizione narrativa, due fuggitivi (un uomo ed una donna) trasgrediscono e innestano una vicenda che li porterà fuori da quei contesti e li metterà di fronte a soluzioni estreme.
La lunga descrizione dell'hotel- lager, in cui tutto scorre tra sorrisi, cortesie e ritualità organizzativa, fa rabbrividire ed orienta la simpatia dello spettatore verso l'antitesi comunitaria dei disaccoppiati di Robin Hood dove si respira aria di autodeterminazione, nonostante le lotte per la sopravvivenza. Ma in realtà emerge presto che non c'è poi tanta differenza trai due mondi:capi spietati, regole soffocanti,violenza esplosiva o sottile, pulsione di fuga.E ci si accorge che dietro la crosta apparente domina il gelo, la mancanza dell'irrazionale, del movimento delle emozioni che dà il senso del vivere; forse c'è sesso ma non amore, alleanza ma non solidarietà. E ci si sente sprofondati in una grande metafora che sembra non salvare nulla del mondo odierno, dove il potere, anche se ti accarezza e ti sorride, è perverso, i vincoli stritolano i diritti, l'amicizia, l'amore, la lealtà sono solo memorie sbiadite, la falsità come l'ipocrisia dilagano. Come dire che la felicità è refrattaria all'uomo, che sia singolo o accoppiato, non esiste perchè i sistemi in cui ci siamo incardinati sono troppo ingessati ed inumani per consentire autorealizzazioni individuali o relazionali. Stando così le cose, non siamo poi così lontani dall'animalità di cui pensavamo di esserci scrollati e tanto vale chiudere gli occhi per non assistere allo scempio.
L'amara quanto sarcastica visione del regista non colpisce tanto per i contenuti di fondo (le analisi socio-diagnostiche di Scorsese e Bunuel non sono poi granchè lontane) quanto per le modalità del racconto: lo humor, il grottesco, il dramma, la violenza anche sanguinolenta, si alternano senza un filo logico apparente in una girandola di situazioni pluritonali che attraversando i generi, spiazza ed inquieta. Si esce dalla sala frastornati, passeggiando vengono idee, si scambiano interpretazioni, si cerca il senso, i tasselli sfuggenti, si scava perchè molto serpeggia sotto traccia: sta a noi, deposti i turbamenti iniziali, scoprire, ordinare, connetterci alla realtà e chiederci: stiamo proprio andando in quella direzione?
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alexander tioz
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venerdì 16 ottobre 2015
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amore e chele
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In Alps, una delle prime preoccupazioni dei membri del gruppo di attori/sostituti era chiedere alle persone vicine al "soggetto mancante" quale fosse il suo attore preferito, quasi a a voler capire che sfumatura dare per la propria interpretazione: Yorgos Lanthimos, per questa sua prima esperienza anglofona, risponde "Colin Farrell". Ma la lingua e il cast inglese non fanno assolutamente perdere all'alfiere del nuovo cinema greco né la propria cifra stilistica, né la sua analisi sociologica sulla società contemporanea, come è invece toccato a molti altri registi europei alla prima esperienza in terra anglofona con grandi cast.
Il soggetto del film è veramente curioso e intrigante: in una distopica società futura, dopo una certa età alle persone non è più ammesso essere single.
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In Alps, una delle prime preoccupazioni dei membri del gruppo di attori/sostituti era chiedere alle persone vicine al "soggetto mancante" quale fosse il suo attore preferito, quasi a a voler capire che sfumatura dare per la propria interpretazione: Yorgos Lanthimos, per questa sua prima esperienza anglofona, risponde "Colin Farrell". Ma la lingua e il cast inglese non fanno assolutamente perdere all'alfiere del nuovo cinema greco né la propria cifra stilistica, né la sua analisi sociologica sulla società contemporanea, come è invece toccato a molti altri registi europei alla prima esperienza in terra anglofona con grandi cast.
Il soggetto del film è veramente curioso e intrigante: in una distopica società futura, dopo una certa età alle persone non è più ammesso essere single. Chi rimane solo è obbligato a passare quarantacinque giorni in un lussuoso ma al contempo grigio hotel; qui dovrà ritrovare una persona con la quale terminare insieme il resto della vita, altrimenti sarà trasformato in un animale a scelta e potrà diventare così fruttuoso almeno per la nuova specie. C'è ovviamente chi non accetta questa imposizione e si ribella scappando nel bosco adiacente l'hotel per rivendicare la propria volontà solitaria. David, il protagonista interpretato da un panciuto Farrell, si troverà ad affrontare entrambi gli ambienti, ribadendo la sua natura di outsider in entrambe le situazioni.
Come detto, Lanthimos non si ferma e continua il suo discorso sulla società, piegando lingua e cast hollywoodiano (non mancano però le sue muse greche) alla sua visione cinematografica, ottenendo una riuscitissima commedia nera e grottesca che rappresenta un ulteriore blocco marmoreo del tempio che sta erigendo: se in Kynodontas si parlava di famiglia e in Alps di lutto per la dipartita di un parente, qui si parla dell'individuo e della coppia; insomma, dell'amore. Grazie alla fotografia sempre sbiadita e ovattata, il greco analizza una società di individui apatici, sottotono, modesti, obbligati dal sistema costituito ad avere una relazione, quasi sempre tenuta in piedi da minimi e insensati punti di contatto (memorabile la coppia che per collante usa le costanti perdite di sangue dal naso, involontarie da una parte, autoinflitte di nascosto dall'altra). Nel caso questi aspetti in comune non dovessero bastare, ecco arrivare in soccorso l'affidamento di un piccolo bambino a legare ancora l'unione. E si ride, ma a denti strettissimi. Lanthimos però non risparmia anche l'altra faccia della medaglia, rappresentata dagli eremiti volontari, obbligati da un'amazzone capo-tribù a castrare in partenza qualsiasi desiderio affettivo tra fuggiaschi. L'unico modo per uscire da una trappola, dunque, è entrare in un'altra, così diammetralmente diversa, eppure così concettualmente uguale. L'antieroe lanthimosiano si trova sprofondando in questo torrente inarrestabile, e, in ambedue le sponde, si scopre inadatto, prima cercando di assecondare la volontà autoritaria, e poi finendo inevitabilmente per fuggire. Non esiste apparentemente un appiglio di salvezza, se non l'amore deciso e condiviso dalla coppia. Ma è una salvezza buia, che oscura lentamente tutto ciò che ci circonda e, infine, ci rende ciechi.
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frank76_
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venerdì 16 ottobre 2015
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l'aragosta
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Una grottesca fiaba moderna che rappresenta - in maniera divertente ma anche crudele - il rapporto di coppia e il suo problematico e indissolubile legame con la società.
The Lobster, per l'alchimia perfetta dei generi che mai si sovrastano e sempre si completano, per il suo ritmo che riesce ad essere ora contemplativo ora frenetico, per il suo contenuto che è davvero serio e profondo ma mai si prende sul serio, per la regia tecnicamente ottima e intelligente, per la fotografia stupenda, sfiora il capolavoro.
Gli attori sono eccellenti e riescono benissimo a mimetizzarsi nell'atmosfera della trama: i personaggi infatti non sembrano provare reali sentimenti (la regia e il sonoro non vogliono mai enfatizzare nulla).
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Una grottesca fiaba moderna che rappresenta - in maniera divertente ma anche crudele - il rapporto di coppia e il suo problematico e indissolubile legame con la società.
The Lobster, per l'alchimia perfetta dei generi che mai si sovrastano e sempre si completano, per il suo ritmo che riesce ad essere ora contemplativo ora frenetico, per il suo contenuto che è davvero serio e profondo ma mai si prende sul serio, per la regia tecnicamente ottima e intelligente, per la fotografia stupenda, sfiora il capolavoro.
Gli attori sono eccellenti e riescono benissimo a mimetizzarsi nell'atmosfera della trama: i personaggi infatti non sembrano provare reali sentimenti (la regia e il sonoro non vogliono mai enfatizzare nulla). La scenografia comprende una albergo dove la società impone la ricerca del parter, un bosco (geniali le comparse casuali degli animali, come il fenicottero e il cammello) come territorio di caccia ai solitari (i single), la città dove solo le coppie sono ammesse. L'accompagnamento musicale è inquietante, divertente ma soprattutto originale. La voce-off è utilizzata benissimo per raccontare il superfluo e per divertire.
Bellissima la sequenza della caccia (tutta in rallenty), diverse battute nerissime e soprattutto l'agghiacciante finale nel quale il regista sembra prenderci in giro ma forse ci sta suggerendo la mancanza totale di una risposta certa alla situazione, al compromesso di coppia.
Oltre alla coppia, l'autore indaga sulla mancanza (che esiste e che probabilmente si accentuerà) di vie di mezzo o sfumature nella nostra società: o omosessuale o eterosessuale, o single o accoppiato, o uomo o animale. Ed anche sotto questa prospettiva il finale stupisce perchè è una via di mezzo, incompleta e geniale.
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alex2044
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martedì 20 ottobre 2015
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colin farrell , mi piego ma non mi spezzo ?
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Una buona idea . Un film curioso , sorprendente , spiazzante . Una critica feroce delle società totalitarie . Il tutto con un ambientazione retrò intrigante . Tanto da far apparire il film più un prodotto di modernariato che di fantascienza . La possibilità che per sopravvivere si debba formare una coppia , senza distinzioni di sesso , prefigura una società terribile ed opprimente . Tutto questo nella prima parte . Poi il film si trasferisce nei boschi intorno alla città e qui dei resistenti , invece di inneggiare alla libertà tout court , combattono contro la coppia ed a favore dei single . Insomma due sistemi totalitari l'un contro l'altro armati .
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Una buona idea . Un film curioso , sorprendente , spiazzante . Una critica feroce delle società totalitarie . Il tutto con un ambientazione retrò intrigante . Tanto da far apparire il film più un prodotto di modernariato che di fantascienza . La possibilità che per sopravvivere si debba formare una coppia , senza distinzioni di sesso , prefigura una società terribile ed opprimente . Tutto questo nella prima parte . Poi il film si trasferisce nei boschi intorno alla città e qui dei resistenti , invece di inneggiare alla libertà tout court , combattono contro la coppia ed a favore dei single . Insomma due sistemi totalitari l'un contro l'altro armati ., con relativi morti , feriti e dispersi ed anche qualcuno trasformato in animale però con la possibiltà di scelta . Raccontato così sembra un film per matti ed un po' lo è . Le scene nel bosco con animali di ogni tipo che vagano senza meta ha molto di una provocazione futurista . Il tutto raccontato attraverso le avventure del protagonista , un Colin Farrell bravo con il suo stupore ed i suoi gesti meccanici . Che però non fa altro che cercare , per tutto il film , occasioni per fare sesso . Cercando di sfuggire ai condizionamenti ideologici dei suoi carnefici sia quelli pro che contro la coppia . Il finale è aperto . Il nostro eroe attuerà il suo proposito e manterrà la sua promessa ? Il film non ce lo dice . Personalmente penso di no . Insomma ingenuo si ma non esageriamo . Il film è discontinuo , procede a scatti e non sempre il passaggio fra una scena e l'altra è indolore però rimane un tentativo interessante di fare un cinema che ricerca continuamente la sorpresa . Per quanto riguarda gli attori , già detto di Colin Farrell , una citazione di merito per la sempre brava Rachel Weisz, sincera e dolente e per la magnetica Lea Seydoux, una capa dei ribelli fredda e determinata ma fino ad un certo punto . Un film da guardare con occhio attento e da lasciar sedimentare per qualche giorno , per darne un giudizio sereno . Senza farsi condizionare da un pubblico spesso superficiale e poco incline ad essere spiazzato e forse fuorviato da un trailer impreciso . Si sorride ma non si ride se non amaro .
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(di no_data)
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kronos
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lunedì 7 marzo 2016
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stravagante ma freddo
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Se bastasse la stravaganza a rendere bello un film, questo sarebbe un capolavoro.
Ma le idee in "The Lobster", per quanto insolite, richiedono un'eccessiva sospensione dell'incredulità per risultare emozionanti.
Per cominciare, una società distopica in cui i single vengono rastrellati e imbucati in luoghi di "rieducazione" alla vita di coppia, avrebbe richiesto il coraggio "politico" d'una ambientazione NON occidentale. E poi la forzatura dei 45 giorni oltre i quali gli ospiti vengono trasformati in animali ... mah.
Non si capisce poi per quale ragione i fuggiaschi rintanati nei boschi si diano l'obbligo, al contrario, di vivere monasticamente.
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Se bastasse la stravaganza a rendere bello un film, questo sarebbe un capolavoro.
Ma le idee in "The Lobster", per quanto insolite, richiedono un'eccessiva sospensione dell'incredulità per risultare emozionanti.
Per cominciare, una società distopica in cui i single vengono rastrellati e imbucati in luoghi di "rieducazione" alla vita di coppia, avrebbe richiesto il coraggio "politico" d'una ambientazione NON occidentale. E poi la forzatura dei 45 giorni oltre i quali gli ospiti vengono trasformati in animali ... mah.
Non si capisce poi per quale ragione i fuggiaschi rintanati nei boschi si diano l'obbligo, al contrario, di vivere monasticamente.
Insomma, la sensazione è di trovarsi innanzi alla solita provocazione cine-contemporanea, in cui una programmatica ricerca d'originalità non viaggia di pari passo con la capacità di dare un filo d'emozioni. A parte la noia, s'intende.
Senza infamia e senza lode il cast, a partire da un bolso Colin Farrell, più anonimo del suo solito.
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(di gimo)
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domiu.u
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mercoledì 28 ottobre 2015
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deludente, al limite dell'inutilità.
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Un contesto distopico mal costruito abbinato ad una storia piuttosto mediocre, che non arriva a nessuno dei punti che mette in tavola.
Già dai primi minuti risulta evidente la piega che il film prenderà; il tutto sembra risollevarsi verso la metà, per poi tornare, verso la fine, alla sua piattezza iniziale.
Una serie di immagini forti,disturbanti ed eccessivamente crude che non concludono in nulla (violenza gratuita).
Nulla di speciale le interpretazioni, non male la fotografia ed alcune immagini.
L'aggettivo che meglio si sposa al film è dunque "inutile".
Consiglio comunque la visione, giusto per farsi un'idea.
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Un contesto distopico mal costruito abbinato ad una storia piuttosto mediocre, che non arriva a nessuno dei punti che mette in tavola.
Già dai primi minuti risulta evidente la piega che il film prenderà; il tutto sembra risollevarsi verso la metà, per poi tornare, verso la fine, alla sua piattezza iniziale.
Una serie di immagini forti,disturbanti ed eccessivamente crude che non concludono in nulla (violenza gratuita).
Nulla di speciale le interpretazioni, non male la fotografia ed alcune immagini.
L'aggettivo che meglio si sposa al film è dunque "inutile".
Consiglio comunque la visione, giusto per farsi un'idea.
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emanuele
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giovedì 1 dicembre 2016
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profonda metafora della disumanizzazione umana
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Un'opera davvero insolita, di una bellezza raggelante e di una profondità enorme. Il film di Lanthimos è innanzitutto il primo film girato in lingua straniera per il greco, il che serve ad alzare maggiormente la cifra qualitativa del tutto. Il film è ambientato in un futuro distopico, dove gli uomini senza compagno/a sono deportati e sono destinati a trasformarsi in animale, se non dovessero trovarlo in 45 giorni. Già solo questo lascia senza parole, ma non è la cosa più sorprendente del film. La trasformazione dell'uomo in animale è metaforico della disumanizzazione crescente dell'umanità, dell'idea generale che l'uomo deve essere utile se è in grado di garantire una progenie, altrimenti è più giusto che si snaturi e si trasformi in un animale.
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Un'opera davvero insolita, di una bellezza raggelante e di una profondità enorme. Il film di Lanthimos è innanzitutto il primo film girato in lingua straniera per il greco, il che serve ad alzare maggiormente la cifra qualitativa del tutto. Il film è ambientato in un futuro distopico, dove gli uomini senza compagno/a sono deportati e sono destinati a trasformarsi in animale, se non dovessero trovarlo in 45 giorni. Già solo questo lascia senza parole, ma non è la cosa più sorprendente del film. La trasformazione dell'uomo in animale è metaforico della disumanizzazione crescente dell'umanità, dell'idea generale che l'uomo deve essere utile se è in grado di garantire una progenie, altrimenti è più giusto che si snaturi e si trasformi in un animale.
Oltre al mondo dell'hotel dove sono costretti a restare coloro che devono trovare un compagno, vi sono i ''solitari'', coloro che sono fuggiti da questa situazione tragica e che hanno creato un loro microcosmo, a sua volta ancora più autoritario e tragico. Sono puniti difatti tutti coloro che si innamoreranno all'interno della tribù, come se la realtà precedente fosse diventata un trauma e bisognasse, necessariamente, comportarsi in maniera opposta. Quello che rende quest'opera veramente angosciante, per molti aspetti è la quasi totale assenza di emozioni di ogni personaggio, le espressioni spesso vuote e fredde, che per via del loro inapparente impatto visivo sono invece ancora più pungenti. I personaggi non sono privi di emozioni, sia chiaro, ma sono a tratti quasi meccanici, progressivamente più assorbiti nel processo di ''disumanizzazione'' attuato dalla realtà portata in scena dal film. L'amore, motore di fondo di tutto il film, è ciò che manca quando dovrebbe e che appare d'improvviso, nella realtà dove è vietato, dove viene punito. E' simbolico profondamente anche questo, come a far comprendere che l'amore non è un sentimento che si può imporre e che è una scintilla che scocca d'improvviso e che, nella sua purezza e sincerità, nella visione ''tragica'' del film, viene contrastato. Difatti, spesso e volentieri, l'amore che i personaggi provano nel film è un amore falso, costruito, che si edifica sulle menzogne, su un cambiamento repentino della personalità e degli atteggiamenti, e che conduce ad una profonda frustrazione e conflitto interiore. L'amore, vero, che nasce tra David (interpretato da un magistrale Colin Farrell) e la donna miope è un amore che, invece, riesce a superare le barriere delle difficoltà enormi messe sul loro cammino, e nella sua tragicità, fa venire i brividi, suggellando nel finale un'unione che va al di là dell'esteriorità (ossia gli occhi, la vista, di cui alla fine entrambi i protagonisti diventeranno privi) e si sostanzia nell'interiorità.
Dalle vaghe suggestioni del cinema di Lars von Trier (in particolar modo di Dogville), si avvale d'un accompagnamento musicale monotematico (di Beethoven) che si fonde perfettamente con le scene del film e lo sublima.
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[+] non concordo sul finale
(di lepresarda)
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herzogherzoguberalles
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lunedì 9 novembre 2015
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film ben fatto ma inutile
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Diretto benissimo e recitato in modo ineccepibile, è un film però deludente, inutile ed irritante... Nonchè furbo, apparentemente di denuncia e di ricerca, utilizza invece tutti i trucchi e le tecniche del cinema più commerciale per tenerti in sala. Poteva aver senso qualche anno fa, ma nel 2015 porre ancora questioni del genere con un linguaggio così commerciale e basico/terra terra fa solo perdere tempo a chi, in buona fede, decide di dedicarvi due ore della propria preziosissima vita.
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(di giogerry)
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(di yconic)
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antonietta dambrosio
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giovedì 26 novembre 2015
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un crudele atto d'accusa
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The Lobster – recensione
Il mondo di Lanthimos è un futuro poco distante dove i single sono fuori legge e vengono internati in un hotel, luogo circondato da una splendida cartolina dai toni freddi, ed hanno 45 giorni per trovare l’anima gemella, periodo entro il quale vengono esposti i vantaggi pratici della vita di coppia in modo sterile e grottesco. A tutti viene tolta l’identità, vengono omologati con abiti e abitudini giornaliere lasciando in evidenza difetti fisici al fine di consentire il riconoscimento di eventuali affinità, ed ad ognuno viene data la possibilità di essere trasformato in un animale a scelta se allo scadere dei 45 giorni non dovessero aver trovato alcun affiatamento.
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The Lobster – recensione
Il mondo di Lanthimos è un futuro poco distante dove i single sono fuori legge e vengono internati in un hotel, luogo circondato da una splendida cartolina dai toni freddi, ed hanno 45 giorni per trovare l’anima gemella, periodo entro il quale vengono esposti i vantaggi pratici della vita di coppia in modo sterile e grottesco. A tutti viene tolta l’identità, vengono omologati con abiti e abitudini giornaliere lasciando in evidenza difetti fisici al fine di consentire il riconoscimento di eventuali affinità, ed ad ognuno viene data la possibilità di essere trasformato in un animale a scelta se allo scadere dei 45 giorni non dovessero aver trovato alcun affiatamento. E’ l’aragosta l’animale scelto da David (un alienato Colin Farrell) perché vive più di cento anni, ha il sangue blu e può riprodursi fino alla fine dei suoi giorni. Allo scadere dei 45 giorni in hotel, David simula una finta affinità con una donna senza cuore che gli uccide il fratello trasformato in cane qualche anno prima, da cui scappa scegliendo di vivere nel bosco in prossimità dell’hotel, dove vivono i ribelli e dove vige la legge opposta. È un film totalmente asettico anche in presenza di qualcosa che riconduce all'amore. L’uso del paradosso nel primo tempo ha guidato lo spettatore verso le atmosfere lucide e grigie di Orwell, ma nel secondo la sceneggiatura gira intorno a se stessa lasciando lo spettatore avvolto in un vortice di inquietudine dettata da un'impronta che si posiziona oltre ogni umano sentire. Un crudele atto d’accusa nei confronti della società, per certi versi scontato e grottesco, talvolta pericoloso. Si fa fatica ad accettare il monito e la visione disumanizzata di un mondo mica tanto parallelo. Siamo in allarme, in balia della ricerca sfrenata di un'identità perduta, dell'individualità che pone ognuno al centro del mondo, ma Lanthimos è come se ci sbarrasse la strada ponendoci di fronte all'ecatombe dell'uomo. Lo spettatore ancora in grado di sentire viene pervaso da un profondo moto di ribellione, e se questo è il senso dettato dall'opera, ha centrato l'obiettivo. Qui l'amore non vince, fa solo finta, vincono le trappole di una società che fa orrore dettando regole e imponendo schemi anche alla più assoluta forma di libertà. L'amore. E mentre nella letteratura di Orwell si intravedeva la minaccia di un regime totalitario che avesse il controllo sul pensiero, qui si passa al controllo dei sentimenti. È una visione che inquieta, che stringe in una morsa l’ultimo anelito di libertà che ci rimane. Lontana seppur vicina, è questa l’ultima pellicola di Lanthimos.
Antonietta D'Ambrosio
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andi66
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mercoledì 11 novembre 2015
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hotel sospesi nel nulla
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Ho ancora davanti agli occhi l'hotel per single in cerca, le battute di caccia fra ominidi. Peccato, però, peccato che uno spunto interessante come quello di Lanthimos, la bestialità dei comportamenti umani, venga trattato in modo così parossistico da risultare pesante. Mi torna in mente la giovinezza dei vecchi ricchi di Sorrentino in un altro hotel sospeso nel vuoto, guarda un po' che coincidenza: il tempo dilatato della vecchiaia e quello sincopato della caccia al single disponibile. In entrambi i casi resta l'impressione di una ricerca oziosa dell'originalità su temi che avrebbero molta più forza se trattati con realismo, ma questo lo sanno fare solo i francesi migliori. Lanthimos e Sorrentino, più che di anime gemelle e giovinezza, sembrano a caccia di riconoscimenti.
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Ho ancora davanti agli occhi l'hotel per single in cerca, le battute di caccia fra ominidi. Peccato, però, peccato che uno spunto interessante come quello di Lanthimos, la bestialità dei comportamenti umani, venga trattato in modo così parossistico da risultare pesante. Mi torna in mente la giovinezza dei vecchi ricchi di Sorrentino in un altro hotel sospeso nel vuoto, guarda un po' che coincidenza: il tempo dilatato della vecchiaia e quello sincopato della caccia al single disponibile. In entrambi i casi resta l'impressione di una ricerca oziosa dell'originalità su temi che avrebbero molta più forza se trattati con realismo, ma questo lo sanno fare solo i francesi migliori. Lanthimos e Sorrentino, più che di anime gemelle e giovinezza, sembrano a caccia di riconoscimenti. Sommando le quattro ore dei due film, l'unico oscar lo darei al baffo stralunato di Colin Farrell, capace di recitare come se non recitasse, di muoversi con la genialità dell'uomo normale che passeggia con un fratello cane. Il modo migliore per essere anticonformisti resta quello di travestirsi da conformisti, di far colazione con un toast e non con l'aragosta.
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