andrea giostra
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martedì 4 febbraio 2014
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vendimi questa penna!
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Victor Lebow, famoso analista di mercato americano del secolo scorso, negli anni ’50 scriveva che nell’era del consumismo estremo una buona strategia commerciale è quella che si pone l’obiettivo di trasformare i cittadini in consumatori voraci, maniacali, sperperatori, tossico-dipendenti dal consumo e imprigionati in una vorticosa coazione a ripetere all’infinito per il raggiungimento di una fugace “felicità” del possesso e del consumo, e dell’ingannevole potere che ne deriva. Salvo superare il limite – come il bravissimo Leonardo DiCaprio protagonista di The Wolf of Wall Street – e ritrovarsi, dopo aver toccato il cielo con un dito, schiantati per terra a strisciare per elemosinare il necessario per sopravvivere.
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Victor Lebow, famoso analista di mercato americano del secolo scorso, negli anni ’50 scriveva che nell’era del consumismo estremo una buona strategia commerciale è quella che si pone l’obiettivo di trasformare i cittadini in consumatori voraci, maniacali, sperperatori, tossico-dipendenti dal consumo e imprigionati in una vorticosa coazione a ripetere all’infinito per il raggiungimento di una fugace “felicità” del possesso e del consumo, e dell’ingannevole potere che ne deriva. Salvo superare il limite – come il bravissimo Leonardo DiCaprio protagonista di The Wolf of Wall Street – e ritrovarsi, dopo aver toccato il cielo con un dito, schiantati per terra a strisciare per elemosinare il necessario per sopravvivere. La follia prodotta dal capitalismo estremo è la stessa follia generata dal consumismo incontrollato e nevrotico ossessivo, dove tutto è possibile: beni di superlusso, sesso, droga, trasgressione estrema, potere assoluto. L’uno genera l’altro, e viceversa, secondo un circolo diabolicamente perverso. Si alimentano e si cannibalizzano reciprocamente fino alla dissoluzione totale, fino al superbo trionfo del “peccato”. Sembrerebbe questo il messaggio che il sempre più grande Martin Scorsese, insieme al bravissimo sceneggiatore Terence Winter, voglia lanciare al mondo del cinema con questo suo ultimo imperdibile e imponente capolavoro. E se il messaggio è questo, Scorsese ci riesce perfettamente costruendo un film con un ritmo a tratti nevrotico a tratti schizofrenico, come i protagonisti, come la storia narrata, come la follia generata da una società dominata dalle ciniche leggi del mercato globale che nel film di Scorsese vengono sintetizzate in una fantastica scena finale dove il DiCaprio guru decaduto della finanza newyorkese, incita ipnoticamente i suoi bramosi ascoltatori, desiderosi di attingere dalla sua esperienza di “successo”, ripetendo ossessivamente quella che era stata la sua prima lezione di broker: “Vendimi questa penna. Vendimi questa penna. Vendimi questa penna…”
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cicciogia
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giovedì 30 gennaio 2014
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567 variazioni di "fuck". e nulla più.
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Se scrivessi la recensione di “The Wolf of Wall Street” usando solo le parole “soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso...” pensereste di certo due cose di me: “Originale!” “Però ripetitivo”. Ebbene, questo è esattamente quello che ho pensato di Scorsese dopo aver finito di vedere le lunghe, seppur molto ritmate, 3 ore di pellicola.
Perché un regista dallo stile unico, un mattatore eccezionale come Di Caprio, un gruppo di comprimari di alto livello e una sceneggiatura ricca e stravagante non bastano a realizzare un gran film, quel capolavoro che tutti auspicavano date quantità e qualità degli ingredienti in gioco.
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Se scrivessi la recensione di “The Wolf of Wall Street” usando solo le parole “soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso, soldi, droga, sesso...” pensereste di certo due cose di me: “Originale!” “Però ripetitivo”. Ebbene, questo è esattamente quello che ho pensato di Scorsese dopo aver finito di vedere le lunghe, seppur molto ritmate, 3 ore di pellicola.
Perché un regista dallo stile unico, un mattatore eccezionale come Di Caprio, un gruppo di comprimari di alto livello e una sceneggiatura ricca e stravagante non bastano a realizzare un gran film, quel capolavoro che tutti auspicavano date quantità e qualità degli ingredienti in gioco.
Per fare un buon film (Martin dovrebbe saperlo bene) serve una narrazione fluida e originale, non basta riesumare lo stile di “Quei bravi ragazzi”, non basta mettere Ray Liotta nei panni del “re del mondo” Leo, teletrasportandolo dal mondo della criminalità a quello dell'alta finanza, che sempre criminalità è.
Per fare un buon film serve misura, equilibrio; l'eccesso, l'orgia, l'esaltazione, moltiplicati, esasperati, prolungati, dopo un po' stufano, dopo un po' non stupiscono più.
Per fare un capolavoro serve una storia nuova: la parabola ascendente/discendente del ragazzo venuto dal nulla che diventa ricco, osa, sperpera, insulta, sbaglia, cade, tradisce, paga (e non paga), l'abbiamo già vista con nomi e in modi diversi; qui si è cercato di condirla con l'esagerazione, con il grottesco, col demenziale e con un pizzico di dramma; ma seppur profumata e per molti aspetti gustosa, è rimasta complessivamente indigesta.
Ovviamente non mancano scene esilaranti, momenti di grande spettacolo (fra cui la strepitosa interpretazione di Matthew McConaughey) e qualche frecciatina dritta all'anima dell'America capitalista e a senso unico.
Non c'è però un messaggio, un'emozione, un'affezione ai personaggi; e tre ore sono lunghe da passare all'ombra fredda dell'indifferenza, al ritmo di psichedeliche ballate anni ottanta, che accompagnano 567 variazioni della parola “fuck”. E nulla più.
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[+] hai mai parlato con degli americani...?
(di hollyver07)
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[+] mah!
(di bird52)
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[+] per fortuna scorsese di italiano ha solo il cognom
(di adèledali.)
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beppe baiocchi
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mercoledì 12 febbraio 2014
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una noia immorale
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Jordan Belfort (di Caprio) è un uomo che si è fatto strada in Wall Street. Dopo una burrascosa e rapidissima disavventura in banche d'affari decide che sia più remunerativo far investire gente comune in azioni-truffa che però sono molto vantaggiose per lui. Da lì basta un istante per creare un impero finanziario. La sua vita cambia. Macchine, Soldi, Donne , Droga. Jordan Belfort pare che non ne riesca proprio a fare a meno
Purtroppo quello che dal trailer poteva sembrare una potenziale bomba risulta essereun esperimento davvero poco riuscito.
Non riesce Di Caprio (fondamentalmente da solo) a tenere in piedi la baracca,nonostante una prova maestosa.
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Jordan Belfort (di Caprio) è un uomo che si è fatto strada in Wall Street. Dopo una burrascosa e rapidissima disavventura in banche d'affari decide che sia più remunerativo far investire gente comune in azioni-truffa che però sono molto vantaggiose per lui. Da lì basta un istante per creare un impero finanziario. La sua vita cambia. Macchine, Soldi, Donne , Droga. Jordan Belfort pare che non ne riesca proprio a fare a meno
Purtroppo quello che dal trailer poteva sembrare una potenziale bomba risulta essereun esperimento davvero poco riuscito.
Non riesce Di Caprio (fondamentalmente da solo) a tenere in piedi la baracca,nonostante una prova maestosa. Non è nemmeno colpa di Scorsese come al solito perfetto in cabina di regia. I tempi dei dialoghi sono giusti, le inquadrature fantastiche ma come mai il film non riesce proprio a coinvolgere?
La risposta è abbastanza semplice: La storia.
Una storia per quanto bene possa essere raccontata se priva di contenuto annoia. Il film infatti non decolla mai, e tre ore sono tantissime per raccontare una storia che poteva essere facilmente raccontata in mezz'ora. Questo film infatti sembra essere un insieme di spot, che raccontano gli eccessi di un uomo, scene di sesso, scene di droga e poi? Basta
Inoltre davvero non riesco a capire il messaggio del film
Che Scorsese con la vacuità della storia vuole far capire che quello di cui sta parlando (Wall Street )è un mondo vuoto? Non credo
Che Scorsese parli della storia di Belfort di come una storia di redenzione, una storia che dice che donne, soldi e droga non fanno la felicità? Non sembra proprio
Sembra solo un modo per far esaltare quelle persone che pensano soltanto a loro stessi, che pensano che i soldi facciano la felicità, che calpestano la gente pur di emergere loro.
2 stellette solo perchè Scorsese alla regia è sempre un maestro
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[+] il messaggio del film
(di lucadrago)
[ - ] il messaggio del film
[+] un bidone elevato al rango di capolavoro
(di gambardella )
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luca tessarin
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venerdì 24 gennaio 2014
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scorsese trionfa ancora
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Ricostruire la storia di un criminale realmente esistito può sembrare cosa facile, ma no lo è. Certo, il copione è pressoché già scritto, ci sono un inizio e una fine, non bisogna inventare più di tanto personaggi e personalità, basta attingere dal reale e il gioco può sembrare fatto. Già, peccato che paradossalmente questo tipo di processo risulta molto più complesso del creare una storia di fantasia partendo da nulla. Quando la trama è inventata ci si può sbizzarrire con situazioni, personaggi, scenografie e mai nessuno obietterà su certe scelte, ma qui è diverso, qui la lama è a doppio taglio: da una parte ci vuole un’estrema bravura nel rappresentare al meglio ciò che è stato, dall’altra un alto (ma non eccessivo) estro nel “modificare” e personalizzare i tratti somatici della storia, in modo da farla propria e donarle il giusto condimento per renderla appetibile.
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Ricostruire la storia di un criminale realmente esistito può sembrare cosa facile, ma no lo è. Certo, il copione è pressoché già scritto, ci sono un inizio e una fine, non bisogna inventare più di tanto personaggi e personalità, basta attingere dal reale e il gioco può sembrare fatto. Già, peccato che paradossalmente questo tipo di processo risulta molto più complesso del creare una storia di fantasia partendo da nulla. Quando la trama è inventata ci si può sbizzarrire con situazioni, personaggi, scenografie e mai nessuno obietterà su certe scelte, ma qui è diverso, qui la lama è a doppio taglio: da una parte ci vuole un’estrema bravura nel rappresentare al meglio ciò che è stato, dall’altra un alto (ma non eccessivo) estro nel “modificare” e personalizzare i tratti somatici della storia, in modo da farla propria e donarle il giusto condimento per renderla appetibile. Si è quindi in bilico su un filo sottile, e si rischia in ogni momento di cadere nella banale ripetitività (modello fotocopiatrice) o nella smisurata finzione. Scorsese su questo filo ci cammina eccome, anzi, a tratti sembra pure correre spensierato, senza intoppi e senza paura nel guardare il precipizio che sta sotto. Una grossa mano in quella corsa raggiante gliela da Di Caprio, artefice di un’interpretazione che rasenta la perfezione e in alcune sequenze forse la supera, mettendo definitivamente con le spalle al muro i detrattori che gli hanno sempre negato l’ambita statuetta a Los Angeles.
La proiezione dura tre ore, ma potrebbero anche essere due o sei, lo spettatore non se ne renderebbe conto, poiché il tutto scivola via piacevolmente, elevandosi sul tempo e trasportandoci nella New York di vent’anni fa. E qui si nota più che mai la mano di Scorsese, che dimostra per l’ennesima volta il suo legame viscerale con la Grande Mela, con quei palazzoni all’ombra dei quali ha mosso i primi passi, da ragazzo, fra gangster e marciapiedi umidi, dove si è fatto le ossa osservando (e successivamente raccontando) la città in maniera più trasparente possibile, senza pregiudizi e senza verdetti. E così ecco venire a galla personaggi come Travis Bickle (Taxi Driver) o Henry Hill (Quei bravi Ragazzi). C’è chi giura che se a New York ci fossero stati dei localoni come quelli di Las Vegas il film “Casinò” non lo avrebbe di certo girato in Nevada; bè, come non dar fiato a tali parole?
La narrazione è prorompente e il ritmo incalzante sin dalle prime battute, proprio come se la pellicola fosse una delle tante strisce di polvere bianca che compaiono nel film. Lo spettatore se la trova davanti e non può fare a meno di inspirarla tutta in maniera famelica, consapevole che non deluderà le aspettative.
Jordan Belfort è il sovrano indiscusso di un regno bieco e marcio che fa leva sull’ingenuità della gente, condannando (in maniera gentile e ruffiana) alla mattanza tutti i poveretti che gli capitano sotto mano. Nulla di tanto diverso dai gangster che seminano morte e distruzione, ma qua non ci sono pistole e sangue, ci sono solo telefoni e numeri a sei cifre, e il tutto appare meno crudele, anche se così non è.
Qualcuno lo ha definito provocante e a tratti volgare per gli eccessivi richiami a sesso, droga e alcool, ma quello in fondo fa parte della trasposizione della storia e l’evitare di raccontare certi aneddoti avrebbe coperto con un velo di ipocrisia la realtà, storpiando l’equilibrio della narrazione a favore di un inutile e falso moralismo.
Ci sono poi le critiche e le polemiche da parte delle associazioni delle persone realmente truffate da Belfort; questa gente può anche sentirsi offesa, certo, ma in fondo il film non è di certo un inno alla sua persona o un incitamento ad imitarlo. Guardando tutta la proiezione (soprattutto la seconda metà), quanti vorrebbero veramente quella vita? Fatevi la domanda e cercate di darvi una risposta. In ogni caso, qualunque risposta vi darete, sappiate che Scorsese ha già vinto, in quanto, come per gli altri film, anche in questo non ci sono giudizi, morali o verdetti: lui vi ha narrato semplicemente i fatti, giusti o sbagliati che siano.
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lorenzo66
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domenica 13 aprile 2014
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pessima copia
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Ho appena visto un film che mi aspettavo decisamente diverso non tanto per il contenuto ma per le idee. Certo fare un pezzo sui mastini di WS creatori di disastri finanziari a danno di poveracci illusi e inconsapevoli e, alla fine, anche per se stessi, non lascia spazio a tante alternative di racconto. L'incipit è sempre il solito: merde nascono e merde tornano ad essere. La cosa che più mi ha infastidito è il veder ripetersi per tre ore la stessa solfa. Soldi, sesso, droga, FBI (niente di nuovo in ambienti circondati da guadagni facili). Ripetuto per TRE ORE quasi di fila senza nessuna reale novità.
Ora, da un regista come Scorsese abituato a sorprendere per inventiva, capacità narrativa, emozionale e inquadrature mi viene spontanea una domanda: ma era proprio necessario sto film? Risposta: NO.
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Ho appena visto un film che mi aspettavo decisamente diverso non tanto per il contenuto ma per le idee. Certo fare un pezzo sui mastini di WS creatori di disastri finanziari a danno di poveracci illusi e inconsapevoli e, alla fine, anche per se stessi, non lascia spazio a tante alternative di racconto. L'incipit è sempre il solito: merde nascono e merde tornano ad essere. La cosa che più mi ha infastidito è il veder ripetersi per tre ore la stessa solfa. Soldi, sesso, droga, FBI (niente di nuovo in ambienti circondati da guadagni facili). Ripetuto per TRE ORE quasi di fila senza nessuna reale novità.
Ora, da un regista come Scorsese abituato a sorprendere per inventiva, capacità narrativa, emozionale e inquadrature mi viene spontanea una domanda: ma era proprio necessario sto film? Risposta: NO. Un Di Caprio sempre ottimo ma "sprecato" in un ruolo scontato, a tratti patetico e di facile intuizione. Nulla in questa pellicola inchioda allo schermo, ti tiene col fiato sospeso, o al massimo ti fa chiedere "cazzo, e dopo che succede?". Citazioni sprecate come quella parata di "iniziazione" della sua nuova agenzia di brokeraggio con tanto di banda e majorette, esattamente come fa sublimamente Welles nel suo Quarto Potere quando prende il controllo della testata appena rilevata. Citazione di Gekko (e che palle, basta!). Ma la cosa più curiosa è che se qualcuno ricorda, questa è un pò la brutta copia di un bellissimo film del 2000, passato un pò in sordina, 1km da Wall Street con l'ottimo Giovanni Ribisi.
Un 10 pieno solo alla bella performance di Matthew McConaughey, breve, intensa e rappresentativa di un mondo fuori dal mondo (la sua magrezza, il suo sguardo perso e la sua gestualità a tratti insensata. E' il mondo in cui vive). Concludo ripetendo che stavolta l'accoppiata Scorsese/Di Caprio poteva anche mancare.
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kondor17
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mercoledì 1 luglio 2015
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scorsese furbo, come al solito
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Il film è tratto dal l'autobiografia del criminale finanziario del 62, Belfort, che venne incarcerato per soli 22 mesi dopo aver rubato decine di milioni di dollari vendendo a ingenui acquirenti tonnellate di penny stocks - azioni di aziende farsa, non quotate in borsa e senza nessun futuro.
Questo è spesso quanto noi studiamo a scuola e che dobbiamo imparare a memoria: la storia raccontata e scritta dai comandanti, dai generali, dagli imperatori... o da abili penne alle loro dipendenze.
In questo caso Scorsese non solo si limita a trasporre il racconto di un avventuriero senza scrupoli, ma addirittura lo lima, ne smussa gli angoli, per renderlo ridondante e per divinizzarlo, non senza l'aiuto dell'innegabile narcisismo di Di Caprio, che ha persino girato uno spot a favore di Belfort, che ora fa di professione il motivatore ed è assurto ai vertici mediatici grazie allo sponsor e alla breve apparizione nel film.
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Il film è tratto dal l'autobiografia del criminale finanziario del 62, Belfort, che venne incarcerato per soli 22 mesi dopo aver rubato decine di milioni di dollari vendendo a ingenui acquirenti tonnellate di penny stocks - azioni di aziende farsa, non quotate in borsa e senza nessun futuro.
Questo è spesso quanto noi studiamo a scuola e che dobbiamo imparare a memoria: la storia raccontata e scritta dai comandanti, dai generali, dagli imperatori... o da abili penne alle loro dipendenze.
In questo caso Scorsese non solo si limita a trasporre il racconto di un avventuriero senza scrupoli, ma addirittura lo lima, ne smussa gli angoli, per renderlo ridondante e per divinizzarlo, non senza l'aiuto dell'innegabile narcisismo di Di Caprio, che ha persino girato uno spot a favore di Belfort, che ora fa di professione il motivatore ed è assurto ai vertici mediatici grazie allo sponsor e alla breve apparizione nel film. È lui infatti il presentatore che invita di Caprio sul palco, alla fine.
Mezzo documentarista, italo americano purosangue, Scorsese nel recente passato si è scoperto soprattutto biografo. Ma a differenza di altri outsider o registi di denuncia, lui non si schiera mai del tutto, resta fedele alla patria e al sogno americano, tanto che sia i mafiosi che i criminali di Wall Street dai suoi film ne escono sempre in fondo bene, con le mani lavate se non pulite e comunque redenti, riscattati.
Dalla storia della Stratton Oakmant e di questo Belfort possiamo comunque capire come l'America non sia in grado di imparare nemmeno dai propri errori, altrimenti la bolla finanziaria del 2009 non sarebbe mai potuta accadere. Il messaggio di questo film è pericoloso, perchè rinfranca e addirittura divinizza il mito del dio denaro e del dio potere, per il quale (Snowden docet) il fine giustifica sempre i mezzi. Stendiamo poi un velo su sostanza psicotrope e eccessi vari. Non è immorale solo per questo, il messaggio è molto più subdolo. Il film è ben fatto, un po lento, ma esagerato ed edonista. Soprattutto però sfacciatamente di parte, campanilista.
Discreto di caprio, ottimo McConaughney o come diavolo si scrive, penosi gli altri, a partire da Jonah Hill e gli altri stupidi nerd della società. Belle ma inconsistenti, Scorsese non sa dirigerle, le donne. Voto 5
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fight.club
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sabato 1 febbraio 2014
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l'avidità ingiusta di wall street
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una brutta copia di "wall street" e "1 km da Wall street" o una lucida fotografia sulla avidità del male ? sinceramente non so come inquadrare questo film, di primo acchito mi è venuto da pensare che fosse un mediocre lungometraggio sorretto unicamente da Leonardo Di Caprio contornato da mediocri attori e una sceneggiatura che voleva rifarsi ai precedenti successi di "quei bravi ragazzi" e "casinò" ma visto che è di Scorsese, regista di primo livello, potrebbe essere stata voluta e decisa a priori la scelta di mostrare al pubblico che chi fa del male non è un genio o una persona fuori del comune ma solo un uomo di bassa lega, senza valori morali, incosapevole quasi di quello che fa, pronto ad arraffare tutto non tanto per arricchirsi ma per mostrarsi agli altri perchè vuoto dentro, un vero lupo della foresta che guida a sua volta un branco di lupi simili a lui, non esiste l'avidità giusta di Gekko ma solo sbranare e divertirsi per vivere e sentirsi vivi.
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una brutta copia di "wall street" e "1 km da Wall street" o una lucida fotografia sulla avidità del male ? sinceramente non so come inquadrare questo film, di primo acchito mi è venuto da pensare che fosse un mediocre lungometraggio sorretto unicamente da Leonardo Di Caprio contornato da mediocri attori e una sceneggiatura che voleva rifarsi ai precedenti successi di "quei bravi ragazzi" e "casinò" ma visto che è di Scorsese, regista di primo livello, potrebbe essere stata voluta e decisa a priori la scelta di mostrare al pubblico che chi fa del male non è un genio o una persona fuori del comune ma solo un uomo di bassa lega, senza valori morali, incosapevole quasi di quello che fa, pronto ad arraffare tutto non tanto per arricchirsi ma per mostrarsi agli altri perchè vuoto dentro, un vero lupo della foresta che guida a sua volta un branco di lupi simili a lui, non esiste l'avidità giusta di Gekko ma solo sbranare e divertirsi per vivere e sentirsi vivi. 3 ore che, incredibilmente, non annoiano nonostante tutto si accentri su cocaina pillole e prostituzione, ma qui aiuta molto Di Caprio, sempre bravo e con quel viso che pare ci voglia dire che è lui stesso, come attore, a essersi divertito molto a fare questo film.
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uncane
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domenica 9 febbraio 2014
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risate e disgusto
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A qualche giorno dalla visione del film, comincio a pensare che lo ricorderò prima di tutto come il film di Scorsese più divertente. Davvero, gran risate. Ma naturalmente non vengono sole. Sono accompagnate da un sottile, continuo disgusto e repulsione.
Disgusto per i protagonisti di questa storia, per altro persone più o meno reali, e repulsione per il mondo in cui vivono e che in un certo senso hanno creato.
Il film in sè è girato con maestria, e recitato da un ottimo cast, ma non ci si potrebbe aspettare di meno. Gioiello il piccolo ruolo dell' emaciato McConaughey, scene cult qui e là, dalle parti di Fear and Loathing in Las Vegas, ma in salsa yuppie anni '90.
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A qualche giorno dalla visione del film, comincio a pensare che lo ricorderò prima di tutto come il film di Scorsese più divertente. Davvero, gran risate. Ma naturalmente non vengono sole. Sono accompagnate da un sottile, continuo disgusto e repulsione.
Disgusto per i protagonisti di questa storia, per altro persone più o meno reali, e repulsione per il mondo in cui vivono e che in un certo senso hanno creato.
Il film in sè è girato con maestria, e recitato da un ottimo cast, ma non ci si potrebbe aspettare di meno. Gioiello il piccolo ruolo dell' emaciato McConaughey, scene cult qui e là, dalle parti di Fear and Loathing in Las Vegas, ma in salsa yuppie anni '90.
Scorsese sembra quasi acritico nel presentarci la depravazione dei protagonisti di questa storia, ma in fondo forse questa apparente imparzialità è in realtà già di per se una spietata presa di posizione, senza giudizi, sì, ma anche senza filtri.
Il film ha ritmo, nonostante tre ore non siano poche e alcune situazioni possano risultare ripetitive, è forse proprio in questo che lascia trasparire l'ossessività che racconta.
La dipendenza è probabilmente il tema portante di questo film, e l'assunzione che il denaro è (viene anche dichiarato) la droga più potente, e seducente.
Tutto è raccontato direttamente dal punto di vista del protagonista, il quale è evidentemente un tossico dipendente, e come tale non può, anche quando tutto lo spingerebbe a mollare, smettere di farsi della droga che più di tutte lo soggioga, cioè i soldi.
Un film senza morale perchè di morale non ce n'è, qui non siamo tra mafiosi con un' etica e delle regole, qui l'unica regola è fare soldi e fottere prima di essere fottuti, il tradimento è compreso nel prezzo.
Quello che rimane allo spettatore è la spietata reltà, piaccia oppure no: col denaro si compra tutto, si risolve tutto, e l'onestà può far dormire sonni tranquilli ma non salverà il mondo. Il denaro è una droga che crea una pesante dipendenza e questo è il motivo per cui, contro ogni raziocinio e buon senso, chi ne è afflitto arriverà a rovinare se stesso, i suoi cari e chiunque altro pur di continuare a farsi.
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[+] molto disgusto e qualche buona risata
(di ciocapock)
[ - ] molto disgusto e qualche buona risata
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wing117
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venerdì 24 gennaio 2014
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un nuovo film cult sul mondo della finanza
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Coinvolgente ed energizzante. Spesso divertente, surreale e grottesco. Eccessivo, ripetitivo e delirante nel portare in scena le ossessioni del protagonista e dei suoi amici: soldi, avidità, potere, droga, sesso, lusso, successo, fama.
Scorsese ci racconta la parabola di un broker negli anni dell’edonismo individualista reaganiano, Jordan Belfort, i cui sogni, realizzati, si trasformeranno in incubi.
Il film all’apparenza è un inno al mito del “sogno americano”, del “self-made man”, nella sua versione diabolica, ovvero all’uomo che, dal nulla, ma non importa se ci è riuscito in maniera illegale e immorale, ha costruito un impero.
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Coinvolgente ed energizzante. Spesso divertente, surreale e grottesco. Eccessivo, ripetitivo e delirante nel portare in scena le ossessioni del protagonista e dei suoi amici: soldi, avidità, potere, droga, sesso, lusso, successo, fama.
Scorsese ci racconta la parabola di un broker negli anni dell’edonismo individualista reaganiano, Jordan Belfort, i cui sogni, realizzati, si trasformeranno in incubi.
Il film all’apparenza è un inno al mito del “sogno americano”, del “self-made man”, nella sua versione diabolica, ovvero all’uomo che, dal nulla, ma non importa se ci è riuscito in maniera illegale e immorale, ha costruito un impero. In realtà, Scorsese non giudica, lascia il giudizio allo spettatore. Egli descrive il mondo dei “gangsters” di una parte dell’alta finanza, quella malata, una giungla fatta di predatori avidi, vittime dell’assuefazione e dell’astinenza da vizi, perversioni e adrenalina, prendendo il punto di vista di Belfort, di cui racconta la personalità, le emozioni, le “imprese”. Uomini come lui saranno poi una delle cause principali della crisi economica mondiale che stiamo vivendo da qualche anno.
Alla fine della proiezione lo spettatore proverà un’attrazione, una simpatia nei confronti del protagonista (e, quindi, del film) che gli ha fatto vivere un’esperienza adrenalinica, forte, unica, oppure una repulsione, quasi un disgusto per le ripetute scene di stravizi. Allo spettatore toccherà stabilire se è valsa e vale la pena vivere una “parabola” come quella di Belfort.
Il film dividerà parte del pubblico e della critica per vari motivi: raccontare la vicenda soprattutto dal punto di vista di Belfort potrebbe produrre nello spettatore una certa assoluzione nei suoi confronti, una non condanna totale e c’è il rischio che passi in secondo piano la volontà dichiarata del regista di mettere in guardia la gente comune a non fidarsi dei venditori alla Belfort; il non approfondimento del conflitto tra Bene e Male, che è solo accennato, tra l’agente della FBI e Belfort; la scelta “furba” di trattare poco le tematiche finanziarie e manageriali per garantirsi la presenza in sala di un numero maggiore di persone; le fatiche lavorative di Belfort non ci vengono mostrate, ma solo la sua "ars oratoria" e la sua leadership; la ripetitività rischia di passare non come scelta deliberata, ma come mancanza di idee; non si accenna a crisi finanziarie.
The Wolf of Wall Street è molto Scorsese (in parte simile a “Quei bravi ragazzi” e a Casinò, in parte diverso, nuovo, innovativo), mescolato con un po’ di Stone, Tarantino, Gillian e De Palma.
Come il Gordon Gekko di Michael Douglas (Oscar per l’interpretazione) in Wall Street di Oliver Stone fu preso a modello da tanti, aspiranti e non, operatori di borsa, manager e imprenditori, così avverrà lo stesso con il Jordan Belfort di un Leonardo Di Caprio sopra le righe, da Oscar.
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hollyver07
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domenica 26 gennaio 2014
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magnificamente osceno ma... insensibile
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Ciao. Come sempre... il mio "giudicare" una pellicola lascia il tempo che trova e nulla più. Ad ogni buon conto, non esprimo un voto a causa della forte sensazione di disagio che percepirei nell'esaltare o denigrare questo film. Proverò quindi a spiegare tale stato d'animo. Certamente è un film prolisso e quasi interminabile ma ritengo che Scorsese non potesse farne a meno, includendo, in tale necessità, i dialoghi quasi perennemente fuori dalle righe ed alle numerose scene da postribolo. Il regista, assecondato da un Leonardo DiCaprio veramente da applausi (sarebbe da soldatino dorato...?!) ha diciamo... preparato un completo trattato di genetica del parassitismo, dalle fondamenta all'anichilimento.
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Ciao. Come sempre... il mio "giudicare" una pellicola lascia il tempo che trova e nulla più. Ad ogni buon conto, non esprimo un voto a causa della forte sensazione di disagio che percepirei nell'esaltare o denigrare questo film. Proverò quindi a spiegare tale stato d'animo. Certamente è un film prolisso e quasi interminabile ma ritengo che Scorsese non potesse farne a meno, includendo, in tale necessità, i dialoghi quasi perennemente fuori dalle righe ed alle numerose scene da postribolo. Il regista, assecondato da un Leonardo DiCaprio veramente da applausi (sarebbe da soldatino dorato...?!) ha diciamo... preparato un completo trattato di genetica del parassitismo, dalle fondamenta all'anichilimento...? No...! Penso sia più corretto affermare... dalla genesi alla larvale prosecuzione... mutazione... ecc. ecc.! La "cosa", Jordan Belfort, è beatamente attiva ed esiste ancora, al pari dei suoi adepti, discepoli ed emulatori sparsi nel mondo finanziario (ovvio non solo USA). Implicitamente, ne deduco che la tipologìa genetica di simili parassiti, cinicamente rappresentati da Scorsese, è cronicamente vitale e ben lungi dall'essere estirpabile. Manifesto il mio accorato disgusto per quel genere di elementi perchè ritengo che la pecca del film di Scorsese sia proprio questa. Egli s'è (giustamente) accanito nel mostrare, senza manifesta pietà con uno scalpello a guisa di bisturi, il personaggio in svariate sfumature della sua personalità, del suo fare, della sua storia ed in quelle del grottesco circo che aveva costruito. Purtroppo... manca un consistente aggancio alla realtà, mi è parso quasi per indifferenza, oggettivamente intesa ad evidenziare gli effetti che quella sorta di ennesimo modello di sogno americano generò sulle innumerevoli persone che furono compromesse ed anche rovinate dall'altrui avidità. Sia chiaro, non è una novità (almeno non quando si parla di truffatori e truffati) ma avrei considerato più benevolmente il lavoro di Scorsese se avesse ostentato una maggiore sensibilità entro detti termini. ....SPOILER.... Infatti, mi è parsa ben poca cosa lasciare la scena finale allo sguardo meditabondo dell'agente FBI Denham (un ottimo Kyle Chandler dal ruolo molto misurato per essere un mastino) che osserva e riflette sulle persone che con lui viaggiano in metropolitana. In ottica realizzativa, nonostante la durata, il film è eccezionale, tra l'altro, anche grazie ad un accuratissimo montaggio, molte delle scene girate rivelano chiare ed evidenti improvvisazioni interpretative del cast, cosa che considerato il marasma di situazioni sceneggiate (in particolare nelle scene di gruppo) la dicono lunga sulla capacità del regista di coniugare sceneggiatura, recitazione e scelta delle immagini - escluse le scene in "ditta" da seguire attentamente è quella della conoscenza tra Belfort e Azoff -. Qualche scivolata nella retorica c'è, ad es. la scena dell'incontro tra Denham e Belfort sul panfilo, l'agente FBI è seduto con la garrente Stars and Stripes alle spalle mentre il villain cerca di corromperlo... qui nessuna particolare novità... conclamate ed insormontabii regole di Hollywood che i registi ben conoscono ed opportunamente vi accondiscendono. Ottimo il cast dei comprimari, un buon plauso per Jonah Hill (nei panni di Donnie Azoff) ed anche a M. McConaughey (l'assurdo yuppie Mark Hanna) per il quale c'è da chiedersi se la smunta figura fosse già in tono per "Dallas buyer club" oppure avesse già terminato di girarlo (!). Particolare il cammeo di Spike Jonze (Dwayne) che dirigerà "Her" di prossima programmazione. Altri elementi da evidenziare, una sceneggiatura a dir poco a misura di Scorsese (Terence Winter) Ottima la scelta dei brani d'accompagnamento sonoro e di buon mestiere la fotografia e le scenografie. In definitiva, un film eccellente anzi... magnifico! Ma privo di una manifesta attenzione nei confronti di coloro che subirono gli effetti di quel/quei parassita/i, il che ne fa una sorta di "elogio" del sistema, piuttosto che una esplicita forma di biasimo (senza voler scomodare il concetto di denuncia). Comunque... un potenziale cinque stelle che non riesco a distinguerlo se ripiegato su una... sia come sia, consigliatissimo da vedere e rivedere. Buona visione a tutti. Saluti
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