paola di giuseppe
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domenica 7 novembre 2010
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una statuina infrangibile
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Potiche è un piccolo vaso decorativo, una statuina, uno di quelli che una volta si chiamavano “soprammobili”, oggi “complementi d’arredo”, sta lì, magari si copre di polvere per un po’, qualcuno di tanto in tanto ci butta l’occhio sopra, se cade si rompe e se ne mette su un altro.
Il nulla, l’assenza.
Suzanne (una Deneuve che non sbaglia una virgola) è potiche, una deliziosa nullità, moglie dell’imprenditore di ombrelli Pujol a cui ha portato in dote la fabbrica del padre.
Lui (un Fabrice Luchini sempre magnetico e antipatico) le ha fatto fare due figli (che recitano malissimo), le ha costruito intorno una bella villona con giardino in cui lei fa jogging mattutino, guarda scoiattoli e appunta sul taccuino orribili versi estemporanei quando il cuore la porta da qualche parte.
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Potiche è un piccolo vaso decorativo, una statuina, uno di quelli che una volta si chiamavano “soprammobili”, oggi “complementi d’arredo”, sta lì, magari si copre di polvere per un po’, qualcuno di tanto in tanto ci butta l’occhio sopra, se cade si rompe e se ne mette su un altro.
Il nulla, l’assenza.
Suzanne (una Deneuve che non sbaglia una virgola) è potiche, una deliziosa nullità, moglie dell’imprenditore di ombrelli Pujol a cui ha portato in dote la fabbrica del padre.
Lui (un Fabrice Luchini sempre magnetico e antipatico) le ha fatto fare due figli (che recitano malissimo), le ha costruito intorno una bella villona con giardino in cui lei fa jogging mattutino, guarda scoiattoli e appunta sul taccuino orribili versi estemporanei quando il cuore la porta da qualche parte.
Per il resto, lui fa la vita del puttaniere medio, nel senso che questo è considerato quanto di più normale ci sia al mondo, e comincia dalla segretaria per finire con serate in discoteca.
Quando non è dedito a ciò, si occupa con fiero cipiglio della fabbrica, gli operai lo odiano e lo sciopero parte (siamo nel ’77, nove anni dopo il ‘68, in Francia, sono sempre allo stesso punto).
Il deputato sindaco (Depardieu, che dire? stretto dentro la sua utilitaria ci fa un po’ pena, ma è sempre il grande Gerard) è un politico di sinistra, ha avuto senz’altro un passato importante nel maggio francese, entra in scena come antagonista di Pujol ed è una variante del maschio abbastanza interessante.
Tutto quello che succede dopo questo antefatto non va rivelato, ma consigliato sì.
E’ consigliato cioè vedere per quali strade inaspettate (agli altri) potiche finirà di essere potiche.
Dicono che il film è datato, che la tematica è superata, che la Deneuve piena di botulino fa pena.
Dicono. Di Depardieu così malridotto non dicono nulla.
E allora meglio vederlo.
Due ore simpatiche, volutamente “sotto le righe “, una cosa tra l’apologo e la novella, un divertimento come solo ai francesi riesce, garbato, leggero senza mai essere stupido, intelligente senza volerlo sembrare a tutti i costi, con tre attori che è sempre un piacere.
Si esce col sorriso stampato in faccia, per un po’ si dimentica tutto, nulla ha dato fastidio né segato nervi, si può cantare Com’è bella la vita,sapendo benissimo che non lo è, insieme a lei, la magica Caterina, da tanti, tanti anni al cinema con noi.
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laulilla
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sabato 6 novembre 2010
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l'adorabile statuina
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C'era una volta, a Sainte Gudule, un uomo (Robert), convinto che il ruolo della donna fosse quello della bella statuina, decorativo soprammobile del salotto, che il ruolo del maschio fosse quello di guadagnare per la famiglia, che il ruolo del proprietario di una fabbrica fosse quello del padrone antisindacale feroce e dispotico.
C'era una volta una donna bella e piena di vita (Suzanne) che aveva tentato di evadere dalla lussuosa prigione che il maschio, marito e padrone aveva costruito attorno a lei, ma che alla fine ci aveva rinunciato, perché la maternità le aveva imposto prioritariamente un ruolo insostituibile.
Quella donna, ancora bella, ma un po' appesantita, dopo aver allevato due figli, cerca di trovare qualche interesse, che motivi la sua vita, nella poesia, nel contatto con la natura, nel prendersi cura della salute del marito.
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C'era una volta, a Sainte Gudule, un uomo (Robert), convinto che il ruolo della donna fosse quello della bella statuina, decorativo soprammobile del salotto, che il ruolo del maschio fosse quello di guadagnare per la famiglia, che il ruolo del proprietario di una fabbrica fosse quello del padrone antisindacale feroce e dispotico.
C'era una volta una donna bella e piena di vita (Suzanne) che aveva tentato di evadere dalla lussuosa prigione che il maschio, marito e padrone aveva costruito attorno a lei, ma che alla fine ci aveva rinunciato, perché la maternità le aveva imposto prioritariamente un ruolo insostituibile.
Quella donna, ancora bella, ma un po' appesantita, dopo aver allevato due figli, cerca di trovare qualche interesse, che motivi la sua vita, nella poesia, nel contatto con la natura, nel prendersi cura della salute del marito.
Il marito, invecchiato a sua volta, continua a esercitare con padronale iattanza le "sue" prerogative su di lei, sugli operai della "sua" fabbrica e anche sulla segretaria, che non sarebbe "sua". ma che non osa dirgli di no.
La fiaba moderna (siamo nel 1977), però, non permette che le cose continuino così all'infinito: il caso, dispensatore di giustizia, costringerà Robert a letto per curarsi e Suzanne a occuparsi della direzione dell'azienda di famiglia, con grande soddisfazione degli operai, che solo per merito suo sospendono lo sciopero, del figlio, che nell'azienda introdurrà la propria creatività, fino ad allora sterile, del sindaco comunista del paese di Sainte Gudule, Maurice Babin che aveva avuto una breve storia con Suzanne e che ne era rimasto innamorato. Purtroppo il marito, guarito dalla malattia, ma non dalla presunzione e dalle pretese autoritarie, tornerà a rivendicare il proprio ruolo proprietario, ma la nuova Suzanne, questa volta, saprà trovare il modo di affrancarsi vivendo realizzata, felice e contenta. La pièce è raccontata in modo brioso e spiazzante: spesso il regista sembra divertirsi a rovesciare le attese degli spettatori, determinando un alternarsi di effetti comici e malinconici, che conferiscono al film una straordinaria finezza: non è farsa e non è commedia sentimentale: è un film di Ozon, che ancora una volta ci invita a riflettere sui ruoli e sulle convenzioni sociali, questa volta con molte invenzioni, leggerezza e ironia. Gli interpreti sono davvero strordinari: Suzanne e Babin sono la coppia Deneuve - Depardieu, invecchiata dai tempi dell'Ultimo metro, ma, se possibile, ulteriormente migliorata; perfetti nel rievocare un passato non più proponibile, suggellato da un ultimo ballo tenero, malinconico e sorridente. Robert ha avuto in Fabrice Luchini un grande interprete, che ha dichiarato di essersi ispirato, per recitare questa parte, a un noto uomo italiano...
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jaky86
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mercoledì 9 marzo 2011
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il riscatto della bella statuina
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François Ozon mette in scena una commediola senza troppe pretese sulle lotte sociali e il femminismo degli anni '70. I colori cangianti, gli abiti perfetti e le atmosfere quasi fumettistiche ricordano incredibilmente il suo film di maggior successo "8 donne e un mistero". Un piccolo passo avanti dopo il pessimo "Ricky", ma Ozon non convince neanche questa volta.
La coppia Viard-Luchini decisamente meglio rispetto alla più esperta e conosciuta Depardieu-Deneuve. Si può vedere, ma nulla di eccezionale.
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paride86
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giovedì 28 luglio 2011
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divertente e intelligente
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Parabola femminista con toni da commedia. Una strepitosa Catherine Denueve alle prese con un ruolo denso e interessante che va oltre la chiave comica delle situazioni.
In alcuni momenti è un film un po' facilone, ma tutto sommato si tratta di una commedia godibile, ben scritta e, soprattutto, ben recitata.
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angelo umana
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venerdì 12 novembre 2010
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le donne riescono anche senza farsi infornare
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“Potiche”: persona a cui viene conferito un incarico esclusivamente onorifico o, altro significato, vaso di porcellana (da dizionario), oppure anche bella statuina come la figlia chiama la mamma protagonista del film, Suzanne-Catherine Deneuve. Eppure la maestrìa e il senso pratico di questa donna di casa nel riordinare le stoviglie all’inizio del film, con canzone e ballo in solitudine, facevano presagire che potesse anche guidare con successo la fabbrica familiare di ombrelli condotta fino ad allora dal marito in modo antiquato e coi classici conflitti coi sindacati.
Due pesi massimi come Catherine Deneuve e Gérard Depardieu conducono la commedia diretta da François Ozon con tocco leggero, come danzando sulla scena, dall’alto della loro bravura; una commedia gradevole come le poesiole che scrive Suzanne.
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“Potiche”: persona a cui viene conferito un incarico esclusivamente onorifico o, altro significato, vaso di porcellana (da dizionario), oppure anche bella statuina come la figlia chiama la mamma protagonista del film, Suzanne-Catherine Deneuve. Eppure la maestrìa e il senso pratico di questa donna di casa nel riordinare le stoviglie all’inizio del film, con canzone e ballo in solitudine, facevano presagire che potesse anche guidare con successo la fabbrica familiare di ombrelli condotta fino ad allora dal marito in modo antiquato e coi classici conflitti coi sindacati.
Due pesi massimi come Catherine Deneuve e Gérard Depardieu conducono la commedia diretta da François Ozon con tocco leggero, come danzando sulla scena, dall’alto della loro bravura; una commedia gradevole come le poesiole che scrive Suzanne. Si parla del conflitto, dei padroni e della politica ma senza la durezza di Ken Loach. Suzanne mostra come la grazia e la praticità femminili, forse la non inclinazione alle guerre coi soldatini tipica degli uomini, la diversa visione nei rapporti di lavoro e il loro pizzico di romanticheria possono essere risolutivi in tutti gli ambienti, basti pensare a quante donne sono, ad esempio, nelle banche e nella politica in molti paesi. La Deneuve tra l’altro non è nuova ad assumere le funzioni di personaggi-mariti, avvenne anche in “Place Vendome”.
I vestiti sono di un altro tempo e la scenografia è spesso in interni, ed anche la rivendicazione dei lavoratori, di avere dei water per sedersi e non più i “cessi alla turca”, sembra obsoleta. Una frase simpatica sfugge alla segretaria “tuttofare” del capoazienda maschio (Fabrice Luchini, memorabile in Confidenze troppo intime e Le notti di luna piena): “le donne possono riuscire senza farsi infornare”, magari lo tenessero presente le escort per “passione” o le aspiranti veline, quelle che offrono amore così “come a chiedere di, di buttarsi nel cesso” (canta Vasco). Ultima annotazione: Suzanne che intona una canzone alla festa per la sua elezione a deputata, mentre il vecchio amore-amico Dépardieu resta a fare il sindaco, è più intonata della Polverini che intonò Battisti all’elezione a governatore del Lazio.
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elgatoloco
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lunedì 8 marzo 2021
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brilllante, vera commedia femminista
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"Potiche"(François Ozon, anche sceneggiatura, della pièce teatrlae di Pierre Barillet e Jena-Pierre Grédy del 1983, ma il film è del 2010). La brillante moglie di un impresario privo di scrupoli, adultero, dovendo sostituire il marito, infarutato, diventa direttrice di fabbrica, riallaccia il rapporto con il sindaco comunista che aveva conosciuto anche "biblicamente"anni prima, da sottomessa torna ad essere autonoma, brillante, tanto da presentarsi alle elezioni legislative e diventare deputata contro il sindaco con cui aveva avuto una relazione. Il marito, ormai, sembra diventato lui"potiche"(statuina in porcellana). Senz'altro femminista, non proprio politicamente impegnata, questa commedia(e Ozon, intelligentemente, rispettando i canoni di Bazin nell'""Ontologie du cinéma", non fa nulla per nascondere l'origine teatrale del film, a livello di décor, di scenografia, ma anche di tempi)è senz'altro meritevole di apprezzamenti e sul fatto politico, certo, ognuno"La pensa come vuole"e sarebbe difficile credere che due mostri sacri come Catherine Deneuve(la moglie poi"capessa"della fabbrica)e Gérard Depardiueu, il sindaco comunista, avrebbero partecipato a un film dichiaratamente di sinistra-sono bravissimi, ma se la cava bene anche Fabrice Luchini, l'impresario "tradito"pià che altro nella sua funzione padronale, oltre che(in forma minore)familiare-matrimoniale.
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"Potiche"(François Ozon, anche sceneggiatura, della pièce teatrlae di Pierre Barillet e Jena-Pierre Grédy del 1983, ma il film è del 2010). La brillante moglie di un impresario privo di scrupoli, adultero, dovendo sostituire il marito, infarutato, diventa direttrice di fabbrica, riallaccia il rapporto con il sindaco comunista che aveva conosciuto anche "biblicamente"anni prima, da sottomessa torna ad essere autonoma, brillante, tanto da presentarsi alle elezioni legislative e diventare deputata contro il sindaco con cui aveva avuto una relazione. Il marito, ormai, sembra diventato lui"potiche"(statuina in porcellana). Senz'altro femminista, non proprio politicamente impegnata, questa commedia(e Ozon, intelligentemente, rispettando i canoni di Bazin nell'""Ontologie du cinéma", non fa nulla per nascondere l'origine teatrale del film, a livello di décor, di scenografia, ma anche di tempi)è senz'altro meritevole di apprezzamenti e sul fatto politico, certo, ognuno"La pensa come vuole"e sarebbe difficile credere che due mostri sacri come Catherine Deneuve(la moglie poi"capessa"della fabbrica)e Gérard Depardiueu, il sindaco comunista, avrebbero partecipato a un film dichiaratamente di sinistra-sono bravissimi, ma se la cava bene anche Fabrice Luchini, l'impresario "tradito"pià che altro nella sua funzione padronale, oltre che(in forma minore)familiare-matrimoniale. Film intelligente anche nel descrivere le dinamiche familiari, dato che la coppia ha una figlia già sposata e madre e un figlio ormai venticinquenne che studia, senza troppo entusiasmo Sciences Politiques(il suo pendant va all'arte e speicalmente a Kandinsky), che dovranno in qualche modo collaborare con la madre in fabbrica, facendo però opzioni diverse("matirzza "il figlio, "patrizza"la figlia, un po'come da tradizione non sempre rispettata, ma accettata qjuasi pregiudizialmnete9. Bene anche le altre(gli altri)inerrpreti, in un film che è soprattuttto al fmeminile, dove domina indiscussa a livello intepretativo la Deneuve, che canta a conclusione dle film, tra l'altro bene, dopo aver concluso il suo primo comizio da perlamentare. un film che mostra, volendo , anche la differenza tra gli anni 1980 e l Seventies, ma è anche, certamente, figlio degl anni 10 del nuovo millennio(all'epoca presidente francese era Sarkozy, ma ciò non c'entra molto con il film...). El Gato
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stefano capasso
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domenica 19 settembre 2021
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riscoprire se stessi
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Siamo nella provincia francese, nel 1977, e Robert Pujol dirige la sua fabbrica di ombrelli con metodi autoritari che cozzano contro le rivendicazioni operaie tipiche dei tempi. Dopo l’ennesimo sciopero gli operi sequestrano il padrone, che viene colpito da infarto al rilascio. A questo punto è la moglie Suzanne che entra in scena: dopo una vita passata come “bella statuina”, reclusa in casa senza possibilità altra che attendere il marito, che per giunta la tradisce, Suzanne decide di prendere il comando dell’azienda, spalleggiata dai figli e dal sindaco, vecchia fiamma. Suzanne riscuote un grande successo che porta ad esasperare il conflitto col marito, deciso a riprendere il potere, e allo stesso tempo si rivela un momento di vera rinascita della donna.
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Siamo nella provincia francese, nel 1977, e Robert Pujol dirige la sua fabbrica di ombrelli con metodi autoritari che cozzano contro le rivendicazioni operaie tipiche dei tempi. Dopo l’ennesimo sciopero gli operi sequestrano il padrone, che viene colpito da infarto al rilascio. A questo punto è la moglie Suzanne che entra in scena: dopo una vita passata come “bella statuina”, reclusa in casa senza possibilità altra che attendere il marito, che per giunta la tradisce, Suzanne decide di prendere il comando dell’azienda, spalleggiata dai figli e dal sindaco, vecchia fiamma. Suzanne riscuote un grande successo che porta ad esasperare il conflitto col marito, deciso a riprendere il potere, e allo stesso tempo si rivela un momento di vera rinascita della donna.
François Ozon propone un pastiche divertente centrato su tre grandi protagonisti, la Deneuve, Depardieu e Luchini che danno vita ad un triangolo che è di amore, di tradimenti e in ultima analisi di lotta per il potere. Il periodo è quello delle battaglie per l’emancipazione, dove Suzanne deve farsi largo non solo tra esponenti di un pensiero antico e reazionario, ma sorprendentemente anche tra coloro che in teoria dovrebbero supportarla di più. Al di là della questione politica, è interessante il percorso della protagonista che scopre di avere capacità e risorse insospettate: è importante mettersi alla prova e sperimentarsi; questo è in ultima analisi il forte messaggio del film di Ozon.
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reservoir dogs
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mercoledì 1 dicembre 2010
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l'emancipazione del soprammobile/donna
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Suzanne (Deneuve) è letteralmente una donna/oggetto, passa le sue giornate legata alle sue routine che la tengono "occupata" mentre il marito Robert (Luchini), un industriale, la cornifica con il suo tacito consenso.
Tutto cambia quando l'uomo viene sequestrato dai sui dipendenti per reclamare i loro diritti sul lavoro, qui la donna entra in gioco grazie anche al aiuto del sindicalista politico Babin (Depardieu)ed ex amante che farà si che il marito della donna venga liberato.
Robert però verrà colto da un malore e la bella statuina diventerà così il mediatore tra la borghesia e il proletariato, la donna trattando con i dipendenti farà si che l'azienda non cada in fallimento e prese completamente le redini la riporterà allo sviluppo facendosi così la precorritrice delle donne in carriera che al periodo venivano considerate invece solo come cuoche e badanti dei figli.
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Suzanne (Deneuve) è letteralmente una donna/oggetto, passa le sue giornate legata alle sue routine che la tengono "occupata" mentre il marito Robert (Luchini), un industriale, la cornifica con il suo tacito consenso.
Tutto cambia quando l'uomo viene sequestrato dai sui dipendenti per reclamare i loro diritti sul lavoro, qui la donna entra in gioco grazie anche al aiuto del sindicalista politico Babin (Depardieu)ed ex amante che farà si che il marito della donna venga liberato.
Robert però verrà colto da un malore e la bella statuina diventerà così il mediatore tra la borghesia e il proletariato, la donna trattando con i dipendenti farà si che l'azienda non cada in fallimento e prese completamente le redini la riporterà allo sviluppo facendosi così la precorritrice delle donne in carriera che al periodo venivano considerate invece solo come cuoche e badanti dei figli.
Il marito tornerà col suo 10 % in più dell'azienda, la donna ormai svegliata del lungo sonno da "soprammobile" penserà in grande sognando la poltrona di senatrice.
Ozon ricopre "con il suo ombrello" tutti i clique della commedia francese: il tradimento, la predilezione per i dialoghi e gli amori in crisi e fa forse l'occhiolino alla commedia di Wilder.
Suzanne dopo la sua elezione ci canta una canzone e mentre guarda in macchina ci dice che la vita è bella; accettiamo l'affermazione ricordandoci che il cinema è anche sogno.
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pepito1948
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venerdì 19 novembre 2010
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statuine alla riscossa
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In una recente intervista Ozon, giovane regista il cui tocco leggiadro già si era rivelato in film come 8 donne e un mistero e Ricky, dichiara che, dopo l'ultima campagna elettorale francese tra Sarkozy e la Royal ed il ritorno del machismo in Italia, con questo film ha voluto creare un collegamento con la situazione odierna, pur ambientando la storia negli anni '70. Il che ci porta ad una realtà molto vicina a noi come alla "sorella" oltreconfine, dove il femminismo come movimento tendente alla parificazione dei diritti nei rapporti uomo-donna sia in famiglia sia nella società -in particolare nel mondo lavorativo- stenta ad affermarsi definitivamente.
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In una recente intervista Ozon, giovane regista il cui tocco leggiadro già si era rivelato in film come 8 donne e un mistero e Ricky, dichiara che, dopo l'ultima campagna elettorale francese tra Sarkozy e la Royal ed il ritorno del machismo in Italia, con questo film ha voluto creare un collegamento con la situazione odierna, pur ambientando la storia negli anni '70. Il che ci porta ad una realtà molto vicina a noi come alla "sorella" oltreconfine, dove il femminismo come movimento tendente alla parificazione dei diritti nei rapporti uomo-donna sia in famiglia sia nella società -in particolare nel mondo lavorativo- stenta ad affermarsi definitivamente. Non siamo quindi nel genere simbolico-favolistico, come nel caso del putto Ricky che svolazza e scompare all'orizzonte sulle ali della sua libertà, ma in una tipica commedia francese fluida e accattivante, dove i personaggi sembrano muoversi in pantofole ma su un pavimento scabro e irto di gibbosità.
La bella statuina Suzanne -moglie di un marito-padre-padrone, la cui simpatia è pari alla leggiadria di un ippopotamo, che usa il denaro per ingabbiare la donna in un angusto anche se dorato ruolo di perfetta casalinga, in cambio di una assoluta acquiescenza al suo delirio di onnipotenza maschilista e machista e che ha chiuso in soffitta il talamo nuziale- sembra rassegnata al menage tutto elettrodomestici, ricami, cure cure affettuose verso i figli peraltro ormai cresciuti; e se si azzarda a dire la sua, viene subito rimbrottata e richiamata all'ordine (il suo) dall'incredulo consorte ("tu hai un'opinione? credevo che tuo dovere fosse condividere la mia"). Lo stesso marito-padrone, titolare dell'azienda cedutagli dal suocero, appare esclusivamente sensibile alla massimizzazione degli utili ed usa la frusta del più spietato cinismo verso i suoi operai, che non tardano a minacciare lo sciopero e addirittura a sequestrare l'odiato "padrone" ( così viene chiamato dai dipendenti, compresa la segretaria amante), colpito poco dopo da un attacco cardiaco che lo mette provvisoriamente fuori gioco.
A questo punto la statuina, sotto la cui graziosa immobilità ribolle il magma della riscossa, esplode e rivela la donna abile, pragmatica e capace di affrontare anche le più intricate situazioni che solitamente solo gli uomini pretendono di saper risolvere. Anche con l'aiuto del deputato-sindaco comunista, suo ex amante non ancora guarito dalla sbornia d'amore, Suzanne prende in mano l'azienda, adotta metodi concilianti e più umani, e riottiene la produttività perduta, anche con l'ausilio dei due figli che però si schierano in modo difforme. Ormai anche in casa i ruoli sono invertiti: lo scettro del comando è saldamente in mano alla donna, la quale finalmente può esprimere i suoi pensieri senza tema di contestazioni, addirittura permettendosi di rivelare, al marito come all'ex amante, il proprio passato di donna a tutto tondo non proprio conforme al modello di campionessa della fedeltà coniugale. Ma il potere maschile è in agguato: il marito le toglie la maggioranza e la direzione dell'azienda, grazie alla complicità della figlia, ed il sindaco, respinto e deluso, l'abbandona lungo una strada solitaria consolandosi con il ripresentarsi candidato alla carica di deputato.
Poco male: presentandosi a sua volta alle elezioni, la battagliera signora Pujol ottiene un meritato trionfo a danno diretto dell'ex amante trombato ed indirettamente umiliando il marito; a cui non resta che guardarla attonito insieme alla figlia sul divano degli sconfitti, mentre canta e balla in mezzo ad una folla osannante.
Ozon tratta un tema importatnte come l'emarginazione della donna -i cui risvolti nella realtà di tutti i giorni possono assumere toni forti, come violenza, sopraffazione, tracotanza, derisione- con leggerezza ed ironia; non ci sono lacrime, dramma, pathos, gelosia, ma dietro la dinamica dei personaggi si intravede una realtà in cui aleggiano come in una nebbia ben altri drammi, altre battaglie che vedono molto spesso le donne soccombere e subire.
Oltre alla straordinaria recitazione dei tre protagonisti occorre rimarcare alcune chicche, come il ballo in discoteca tra i due ex amanti Deneuve e Depardieu, in cui grazia e goffaggine si fondono in un sublime ossimoro visivo, oppure il finale a contrasto (il trionfo e la sconfitta) dove non manca un pizzico di musica e poesia che Ozon già usò nel suo 8 donne. Uno spettacolo gradevole, che scorre piacevolmente senza pause o cadute di ritmo.
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paco andorra
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lunedì 27 dicembre 2010
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non lotta di classe, ma tanta classe
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Ozon non è Loach - buon per entrambi -, ma d'altro canto chi glielo chiederebbe, se lo sciopero organizzato dagli operai della piccola fabbrica di ombrelli, di cui Suzanne, la protagonista del piccolo film del quale è regista, tratto (meglio non dimenticarlo) da una pièce teatrale, è proprietaria al 25%, ma estromessa per troppa placidità da qualsivoglia coinvolgimento nella conduzione, delegata al di lei marito-padrone (in tutti i sensi), lungi dal venire descritto con l'asciutto lirismo del britannico, finisce per essere poco più dell'espediente scenico utilizzato appunto dal giovane e magari un po' sopravvalutato François per metamorfizzare la donna-ninnolo del titolo in una signora del capitalismo dal volto umano, ma soprattutto in una femminista gentile, per nulla erinnica, intenta più a recuperare il tempo perso che a coltivare fisime ideologiche? Potiche è commedia allo stato puro, quasi aristofanesca, leggera e improbabile, che si chiude (mamma mia!) su una Deneuve canterina nel momento del massimo trionfo, dopo avere sconfitto marito ed ex amante (ed è retorico ed autoconsolatorio il dubbio espresso da quest'ultimo, che in realtà la lotta dell'ormai divorziata Suzanne per lo scranno da deputata avesse come obiettivo l'umiliazione del coniuge più della sua: ci si rivedrà, e come no?, come prima, più di prima.
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Ozon non è Loach - buon per entrambi -, ma d'altro canto chi glielo chiederebbe, se lo sciopero organizzato dagli operai della piccola fabbrica di ombrelli, di cui Suzanne, la protagonista del piccolo film del quale è regista, tratto (meglio non dimenticarlo) da una pièce teatrale, è proprietaria al 25%, ma estromessa per troppa placidità da qualsivoglia coinvolgimento nella conduzione, delegata al di lei marito-padrone (in tutti i sensi), lungi dal venire descritto con l'asciutto lirismo del britannico, finisce per essere poco più dell'espediente scenico utilizzato appunto dal giovane e magari un po' sopravvalutato François per metamorfizzare la donna-ninnolo del titolo in una signora del capitalismo dal volto umano, ma soprattutto in una femminista gentile, per nulla erinnica, intenta più a recuperare il tempo perso che a coltivare fisime ideologiche? Potiche è commedia allo stato puro, quasi aristofanesca, leggera e improbabile, che si chiude (mamma mia!) su una Deneuve canterina nel momento del massimo trionfo, dopo avere sconfitto marito ed ex amante (ed è retorico ed autoconsolatorio il dubbio espresso da quest'ultimo, che in realtà la lotta dell'ormai divorziata Suzanne per lo scranno da deputata avesse come obiettivo l'umiliazione del coniuge più della sua: ci si rivedrà, e come no?, come prima, più di prima... con l'uomo in ruolo subalterno). Gli anni Settanta, così brutti, sporchi e cattivi, affascinano nell'operazione rétro di Ozon, che ce li restituisce a sprazzi nella fotografia sbiadita di alcuni esterni e in quella acida del corridoio che conduce all'appartamento di Babin-Depardieu, o nei flashback di vicende in realtà anteriori ai medesimi. Per la Deneuve, la classe e - sorpresa! - la simpatia possono più del botulino; per Depardieu, basta la scena con il supposto figlio durante l'intervista alla nuova stella dell'imprenditoria, per confermarne talento e gigioneria in pari misura; per Luchini, il marito arrogante e puttaniere, è sufficiente dire che li fagocita entrambi. Peccato che i figlioli non funzionino proprio, quanto a recitazione, e che i delegati sindacali abbiano solo le biffe giuste e nient'altro. Ah, già, non stiamo parlando di un fim di Loach!
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