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martedì 26 aprile 2011
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bisogna aspettare l'anima...
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Un film assai controverso questo di Antonioni, aiutato nella regia da Wim Wenders. Un lavoro elaborato, curato nella forma e con una fotografia eccellente. Anche gli oggetti sono cercati con cura. John Malkovich ad esempio non usa un apparecchio fotografico "normale", per le sue ricerche usa una Contax G-1 a telemetro, una delle migliori macchine fotografiche di quel periodo. L'episodio "contenitore" di cui è protagonista appunto John Malkovich è di fatto trainante e racchiude anche la storia riuscita meglio, dove appare una splendida Sophie Marceau, lontana dai "tempi delle mele", diventata donna elegante e raffinata. Girata a Portofino, con un breve cameo della moglie di Antonioni, Enrica, delle storie raccontate è quella più inquietante ma, curiosamente, l'unica con un lieto fine dove i protagonisti si amano e si lasciano senza drammi, urla, incomprensioni.
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Un film assai controverso questo di Antonioni, aiutato nella regia da Wim Wenders. Un lavoro elaborato, curato nella forma e con una fotografia eccellente. Anche gli oggetti sono cercati con cura. John Malkovich ad esempio non usa un apparecchio fotografico "normale", per le sue ricerche usa una Contax G-1 a telemetro, una delle migliori macchine fotografiche di quel periodo. L'episodio "contenitore" di cui è protagonista appunto John Malkovich è di fatto trainante e racchiude anche la storia riuscita meglio, dove appare una splendida Sophie Marceau, lontana dai "tempi delle mele", diventata donna elegante e raffinata. Girata a Portofino, con un breve cameo della moglie di Antonioni, Enrica, delle storie raccontate è quella più inquietante ma, curiosamente, l'unica con un lieto fine dove i protagonisti si amano e si lasciano senza drammi, urla, incomprensioni. La storia più incredibile è girata a Ferrara. Una bellissima Ines Sastre non riesce a concretizzare per ben due volte l'incontro amoroso con Kim Rossi Stuart, prima annoiato e incurante di lei (si lamenta addirittura che dopo il primo approccio lei non si è voltata a guardarlo...) e poi indeciso. In questo episodio si nota una cura maniacale delle inquadrature e anche la colonna sonora è tra le migliori, insieme a quella usata per l'episodio Malkovich/Marceau. Jean Reno dà spessore al suo personaggio da quando scende dalla vettura ed entra nell'appartamento parigino svuotato di tutto dalla moglie, che è "da qualche parte", come lo avvisa telefonicamente. Incontra allora Fanny Ardant e il dialogo fra i due non è dei più coinvolgenti, lento e stentato. Proprio Jean Reno meritava una parte più lunga, lui che a Parigi riesce sempre a dare il massimo (chi ha visto "Ronin" capirà...). L'ultima storia, girata ad Aix-en-Provence, è di una tristezza assoluta, quasi angosciante, con Vincent Perez che segue e assilla una Irène Jacob non a suo agio e meno attraente del solito per le vie della città. Una perdita di tempo senza senso, la sua. Critici affermati lo hanno infatti definito un "perditempo". Molto riuscito è invece l'incontro nel bistrot tra Peter Weller e Chiara Caselli, dove viene raccontato un curioso episodio nel quale alcuni indigeni, al seguito di un gruppo di scienziati, dopo aver camminato per ore si fermano per aspettare l'anima, rimasta... attardata. Proprio questo manca forse al bel lavoro dalla coppia Antonioni/Wenders, manca cioè "l'anima". Un'atmosfera meno opprimente, dialoghi più spontanei e meno ricercati, attori più liberi di esprimersi e... qualche sorriso in più. John Malkovich non ne dispensa uno in tutto il film, solo un accenno quando saluta Sophie Marceau fuori dalla finestra. Questo continuo senso di tristezza può stancare la visione del lungometraggio, anche perchè appare troppo voluto e non motivato. Un film ricercato, forse troppo soprattutto nei dialoghi, che deve comunque essere visto, magari più volte, per venire valutato e apprezzato nella sua completezza. Antonioni non si discute, Wenders nemmeno e gli attori sono famosi e apprezzati. Da ascoltare infine la bellissima canzone scelta per il finale e i titoli di coda, "Your Blue Room" di Brian Eno con gli U2, l'ideale per chiudere tutti i racconti con le riflessioni finali di John Malkovich che guarda con aria pensosa il buio della sera. - di "Joss" -
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jackiechan90
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mercoledì 1 ottobre 2014
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l'incomunicabilità degli esseri umani
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Quattro storie ambientate in quattro città diverse ma con un tema in comune: l'incomunicabilità tra le persone che rende complicati i rapporti, persino quelli che all'apparenza sono semplici. Il tutto sotto gli occhi di un regista (John Malkovich) che come il Sommo Poeta si limita a guardare e a passare, imperturbabile e impassibile, protetto dall'obbiettivo della sua macchina fotografica. Frutto della collaborazione tra i registi Wim Wenders e Michelangelo Antonioni (che torna alla regia dopo una lunga pausa dallo schermo), coadiuvati alla sceneggiatura da Tonino Guerra, "Al di là delle nuvole" immerge lo spettatore in un'atmosfera rarefatta che si mescola alla nebbia della bassa padana e ci immerge in un universo altro, quasi artificiale dove gli essere umani si muovono in spazi ristretti (in tutto il film prevalgono i luoghi chiusi e anche gli spazi esterni sembrano fatti apposta per schiacciare le figure) che sembrano costruiti apposta per opprimere.
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Quattro storie ambientate in quattro città diverse ma con un tema in comune: l'incomunicabilità tra le persone che rende complicati i rapporti, persino quelli che all'apparenza sono semplici. Il tutto sotto gli occhi di un regista (John Malkovich) che come il Sommo Poeta si limita a guardare e a passare, imperturbabile e impassibile, protetto dall'obbiettivo della sua macchina fotografica. Frutto della collaborazione tra i registi Wim Wenders e Michelangelo Antonioni (che torna alla regia dopo una lunga pausa dallo schermo), coadiuvati alla sceneggiatura da Tonino Guerra, "Al di là delle nuvole" immerge lo spettatore in un'atmosfera rarefatta che si mescola alla nebbia della bassa padana e ci immerge in un universo altro, quasi artificiale dove gli essere umani si muovono in spazi ristretti (in tutto il film prevalgono i luoghi chiusi e anche gli spazi esterni sembrano fatti apposta per schiacciare le figure) che sembrano costruiti apposta per opprimere. Anche i dialoghi sono molto "artificiali", per lo più dei monologhi o delle considerazioni che sembrano più rivolte allo spettatore che non ai personaggi. L'impossibilità di comunicazione reale diventa così condizione intrinseca ed irrinunciabile per l'uomo moderno (questo almeno il messaggio che sembra lasciare il film). A salvarci vengono però in aiuto i sogni, l'illusione, le passioni sfrenate e nascoste. Tutte cose che si trovano, appunto, "al di là delle nuvole". Non è un caso se la versione originale presenta ben tre lingue (Inglese, Francese e Italiano) che si mescolano continuamente tra di loro contribuendo ad accentuare il senso di spaesamento nello spettatore. Per fortuna che c'è la musica che sostituisce il linguaggio ed è universale. E che musica: la colonna sonora presenta, infatti, è molto composita e presenta brani di Lucio Dalla e degli U2, compresa la stupenda "Your Blue Room" creata apposta per questo film. Una vera e propria opera d'arte che unisce musica e immagini, un grande e riuscito esercizio di stile da parte dei due registi europei.
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fedeleto
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giovedì 24 marzo 2016
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antonioni dal di là del cinema
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Un regista arriva a Ferrara,e armato di macchina fotografica scatta le foto nelle vie della città,immaginando storie di coppie mai esistite.Nella prima vicenda un uomo e una donna si incontrano per poi perdersi di vista e ritrovarsi,ma lui rifiutera di consumare il rapporto sessualità. Nel secondo il regista conosce una parricida e ha un rapporto con lei.Nel terzo una donna dopo essere stata tradita dal marito si reca in affitto in un palazzo di cristallo ove trova un uomo nella sua stessa situazione,e si compiangeranno a vicenda.Nell'ultimo episodio un ragazzo prova a far colpo su una giovane accompagnandolo in chiesa e passeggiando nelle vie del paese,ma alla fine avrà un'amara sorpresa poiché ella deve entrare in convento il giorno dopo.
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Un regista arriva a Ferrara,e armato di macchina fotografica scatta le foto nelle vie della città,immaginando storie di coppie mai esistite.Nella prima vicenda un uomo e una donna si incontrano per poi perdersi di vista e ritrovarsi,ma lui rifiutera di consumare il rapporto sessualità. Nel secondo il regista conosce una parricida e ha un rapporto con lei.Nel terzo una donna dopo essere stata tradita dal marito si reca in affitto in un palazzo di cristallo ove trova un uomo nella sua stessa situazione,e si compiangeranno a vicenda.Nell'ultimo episodio un ragazzo prova a far colpo su una giovane accompagnandolo in chiesa e passeggiando nelle vie del paese,ma alla fine avrà un'amara sorpresa poiché ella deve entrare in convento il giorno dopo.Antonioni (blow up,professione reporter) dopo tredici anni di assenza (per problemi seri di salute ancora in corso) torna alla regia,aiutato da Wim Wenders (Paris Texas, il cielo sopra Berlino) per firmare questo ottimo film.Il tema dell' incomunicabilita' è ben presente,nel primo episodio dove i due ragazzi esplorano la dialettica del sentimento d'amore con il silenzio e il suo interrogarsi su esso,fino a non concludere mai l'atto sessualità ma solo a sfiorarsi,e l'abbandono del ragazzo diventa una consapevolezza dell'incompletezza del corpo (o follia).Nel secondo episodio vi è una sorta di metafora Freudiana in cui la mente liberata dal rimorso riesce a sbloccare il corpo.Il terzo episodio risulta particolarmente significativo,a partire da queste due persone che si ritrovano nel palazzo di vetro (che ricorda molto da vicino La notte) chiara metafora di un corpo in cui loro sono l'anima imprigionata,e compiangendosi si spogliano.Nel quarto episodio giudicato da molti il migliore è quello più filosofico e trascendentale,chiaro simbolismo della strada che percorre la giovane verso la chiesa (il suo cammino verso la fede),il suo voler abbandonare il corpo perché ha troppe esigenze,un voler sollevarsi al di là delle nuvole.In tutto questo il regista ferrarese mostra corpi nudi spogliati dalla mente dubbiosa,ma anche spesso ostacoli dell'anima che non riesce ad esprimersi come vorrebbe,ad esempio le finestre nelle case mostrano sempre questa vista parziale in cui la natura è sfidata dalle strade.Wenders omaggia il maestro anche con il segmento di Mastroianni pittore,come dice lui vuole copiare l'opera,è semmai ci riuscisse sarebbe grande come l'originale,chiaro esempio di come Wenders vorrebbe essere come il suo idolo.L'artista ferrarese non cambia la sua prospettiva tecnica del campo lungo per avere quel senso di oggettivita' e verita'.L'importante ad ogni modo è poter essere al di là di queste nuvole,oltre quella nebbia iniziale che avvolge il regista John Malcovich,elemento chiave in Identificazione di una donna,e arrivare a quel candore (il bacio dei due ragazzi nel primo episodio accompagnato dal rumore di un aereo che sembra li porti in alto).Il tempo passa ma Antonioni rimarra' un maestro senza eguali per sempre.Un film poetico dove l'immagine viene raccontata dalla pellicola che scorre gradualmente rendendo lo spettatore anche l'artista della comprensione(qualora possa capirlo).Musiche ottime di Van Morrison,U2,e Lucio Dalla.Monologo finale straordinario sul mestiere del regista.Da vedere.
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giorpost
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lunedì 9 febbraio 2009
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un soffio di vento incessante
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Antonioni-Wenders.
Un binomio che a qualcuno dice poco, ad altri, invece, può suscitare un lieve ricordo prima e un ringraziamento poi: il ricordo di una storia che, in qualche modo, ogni uno di noi ha vissuto almeno una volta nella vita o che perlomeno l'ha immaginata e che ha poi rivisto in uno dei 4 episodi del film "Al di là delle nuvole"; il ringraziamento a chi ha fatto si che questi due personaggi potessero contemporaneamente stare dietro una macchina da presa almeno una volta nella loro carriera proprio per questo film tratto da un libro del regista ferrarese.
Un soffio di vento incessante mentre John Malkovich resta in balìa di un'altalena osservando una foto che gli suscita un ricordo: è questa la scena cult del film.
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Antonioni-Wenders.
Un binomio che a qualcuno dice poco, ad altri, invece, può suscitare un lieve ricordo prima e un ringraziamento poi: il ricordo di una storia che, in qualche modo, ogni uno di noi ha vissuto almeno una volta nella vita o che perlomeno l'ha immaginata e che ha poi rivisto in uno dei 4 episodi del film "Al di là delle nuvole"; il ringraziamento a chi ha fatto si che questi due personaggi potessero contemporaneamente stare dietro una macchina da presa almeno una volta nella loro carriera proprio per questo film tratto da un libro del regista ferrarese.
Un soffio di vento incessante mentre John Malkovich resta in balìa di un'altalena osservando una foto che gli suscita un ricordo: è questa la scena cult del film.
Ancora oggi riascolto volentieri Beach Sequence dei Passengers/U2 ripensando a quella sequenza, appunto, dove gli occhi di solito spiritati del grande attore croato-americano risultano addolciti dalla poetica di Wim e dalla ostinatezza romantico-rivoluzionaria di Michelangelo.
Fatta eccezione per la scarsa prova di Rossi-Stuart, non a suo agio quando si tratta di recitare, la pellicola spazia da una commovente apparizione fugace di Jean Reno alla splendida favola raccontata da Chiara Caselli ad un sorprendente Peter Weller sulle anime che vanno lente. Ci si cala in un intermezzo pittorico donato dai maestri Mastroianni e Moreau per ammirare poi la sensualità di una Sophie Marceau mai così bella e da incorniciare.
Alcune scene tra quest'ultima e Malkovich sono forse un po teatrali (come l'imbarazzo di lei dopo aver confessato l'omicidio)ma gli sguardi che si scambiano nel negozio sono da stampare in bianco e nero e mettere a muro. Il film è un intreccio di storie legate dal filo conduttore di un regista in cerca di ispirazioni. La prosa diventa sesso, il sentimento pervade i sensi, continuo è il respiro affannoso della scappatella avvenuta o di quella mai consumata...Quasi idillìo della settima arte. Quasi. Si sfiora il capolavoro.
Sconsigliato ai superficialotti/bigotti.
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giorpost
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venerdì 20 agosto 2010
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un soffio di vento incessante
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Antonioni-Wenders. Un binomio che a qualcuno dice poco, ad altri, invece, può suscitare un lieve ricordo prima e un ringraziamento poi: il ricordo di una storia che, in qualche modo, ogni uno di noi ha vissuto almeno una volta nella vita o che perlomeno l'ha immaginata e che ha poi rivisto in uno dei 4 episodi del film "Al di là delle nuvole"; il ringraziamento a chi ha fatto si che questi due personaggi potessero contemporaneamente stare dietro una macchina da presa almeno una volta nella loro carriera proprio per questo film tratto da un libro del regista ferrarese. Un soffio di vento incessante mentre John Malkovich resta in balìa di un'altalena osservando una foto che gli suscita un ricordo: è questa la scena cult del film.
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Antonioni-Wenders. Un binomio che a qualcuno dice poco, ad altri, invece, può suscitare un lieve ricordo prima e un ringraziamento poi: il ricordo di una storia che, in qualche modo, ogni uno di noi ha vissuto almeno una volta nella vita o che perlomeno l'ha immaginata e che ha poi rivisto in uno dei 4 episodi del film "Al di là delle nuvole"; il ringraziamento a chi ha fatto si che questi due personaggi potessero contemporaneamente stare dietro una macchina da presa almeno una volta nella loro carriera proprio per questo film tratto da un libro del regista ferrarese. Un soffio di vento incessante mentre John Malkovich resta in balìa di un'altalena osservando una foto che gli suscita un ricordo: è questa la scena cult del film. Ancora oggi riascolto volentieri Beach Sequence dei Passengers/U2 ripensando a quella sequenza, appunto, dove gli occhi di solito spiritati del grande attore croato-americano risultano addolciti dalla poetica di Wim e dalla ostinatezza romantico-rivoluzionaria di Michelangelo. Fatta eccezione per la scarsa prova di Rossi-Stuart, non a suo agio quando si tratta di recitare, la pellicola spazia da una commovente apparizione fugace di Jean Reno alla splendida favola raccontata da Chiara Caselli ad un sorprendente Peter Weller sulle anime che vanno lente. Ci si cala in un intermezzo pittorico donato dai maestri Mastroianni e Moreau per ammirare poi la sensualità di una Sophie Marceau mai così bella e da incorniciare. Alcune scene tra quest'ultima e Malkovich sono forse un po teatrali (come l'imbarazzo di lei dopo aver confessato l'omicidio)ma gli sguardi che si scambiano nel negozio sono da stampare in bianco e nero e mettere a muro. Il film è un intreccio di storie legate dal filo conduttore di un regista in cerca di ispirazioni. La prosa diventa sesso, il sentimento pervade i sensi, continuo è il respiro affannoso della scappatella avvenuta o di quella mai consumata...Quasi idillìo della settima arte. Quasi. Si sfiora il capolavoro. Sconsigliato ai superficialotti/bigotti.
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