maryluu
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sabato 26 settembre 2009
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il costante ripetersi della storia dell'uomo 2
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E siamo noi, giovani del 21 secolo a doverle permettere di farlo.
Doppiamo risvegliarci, proprio come Peppino, che si sveglia dal sogno della sua vita e si ritrova ai nostri giorni bambino, come se non avesse vissuto niente e fosse ancora tutto da scrivere.
Ma tornando nella sua vecchia casa trova l’orecchino perso di sua figlia e capisce che era tutto reale. Ma che , nonostante tutto, poteva ricominciare da zero.
Ciò ci fa pensare che la vita è davvero un grande sogno, in cui continueremo a dormire e svegliarci ininterrottamente, fino alla fine.
Bellissima infine la scena in cui i bimbi che corrono, padre e figlio, s’incrociano nello stesso momento, sia pur frutto di epoche diverse, metafora finale del fatto che tutto è e resterà sempre uguale, nonostante il tempo passi.
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E siamo noi, giovani del 21 secolo a doverle permettere di farlo.
Doppiamo risvegliarci, proprio come Peppino, che si sveglia dal sogno della sua vita e si ritrova ai nostri giorni bambino, come se non avesse vissuto niente e fosse ancora tutto da scrivere.
Ma tornando nella sua vecchia casa trova l’orecchino perso di sua figlia e capisce che era tutto reale. Ma che , nonostante tutto, poteva ricominciare da zero.
Ciò ci fa pensare che la vita è davvero un grande sogno, in cui continueremo a dormire e svegliarci ininterrottamente, fino alla fine.
Bellissima infine la scena in cui i bimbi che corrono, padre e figlio, s’incrociano nello stesso momento, sia pur frutto di epoche diverse, metafora finale del fatto che tutto è e resterà sempre uguale, nonostante il tempo passi.
Cambierà di certo la società, l’esterno, l’involucro ma l’uomo, con le sue passioni e istinti, resterà sempre lo stesso.
Un’ultima grande lode merita la musica di Ennio Morricone, magica e coinvolgente, e il lato ironico che Tornatore, pur trattando temi forti, non ha voluto abbandonare perché “ la risata è l’anticamera di riflessioni più serie”.
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[+] e poi la chicca:
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icaro
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mercoledì 30 settembre 2009
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il profumo del tempo
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Baaria non è il capolavoro che sarebbe potuto essere. E' solamente un
bellissimo film con qualche difetto.
Parto dal finale per vantarne le lodi. Un finale di una bellezza
insostenibile. Un finale che mostra i germi del capolavoro che non è. Perchè
se fosse stato un viaggio onirico sull'onda dei ricordi, avrebbe trovato la
potenza di cui aveva bisogno.
E' un film che ovviamente colpisce maggiormente chi è siciliano, chi ha
parenti di quel mondo. I racconti, i particolari, tutto in Baaria è
ricostruito in maniera stupefacente. M'è sembrato come se uno dei racconti
di mio padre, avesse acceso le luci.
E' innegabile che vada goduto in dialetto e non oso immaginare che cos'abbiano
combinato con la traduzione in italiano.
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Baaria non è il capolavoro che sarebbe potuto essere. E' solamente un
bellissimo film con qualche difetto.
Parto dal finale per vantarne le lodi. Un finale di una bellezza
insostenibile. Un finale che mostra i germi del capolavoro che non è. Perchè
se fosse stato un viaggio onirico sull'onda dei ricordi, avrebbe trovato la
potenza di cui aveva bisogno.
E' un film che ovviamente colpisce maggiormente chi è siciliano, chi ha
parenti di quel mondo. I racconti, i particolari, tutto in Baaria è
ricostruito in maniera stupefacente. M'è sembrato come se uno dei racconti
di mio padre, avesse acceso le luci.
E' innegabile che vada goduto in dialetto e non oso immaginare che cos'abbiano
combinato con la traduzione in italiano.
La regia è meno pomposa di quanto pensassi (e temessi), anzi si tiene a
debita distanza, soprattutto nei momenti in cui serve. La recitazione è
sopra le righe, per quasi tutto il film. E' una cosa che dopo un po' forse
stona. Le musiche richiamano i grandi temi della memoria, fanno il loro
dovere (aggiungendo un tocco di dejavu che il film non può non avere).
Si autocita Tornatore, fa una specie di "best of" (ci son episodi di Malena,
L'uomo delle stelle e Nuovo Cinema Paradiso") emoziona maggiormente durante
la prima ora (la gioventù e la storia d'amore- sorta di rivisitazione di
Romeo e Giulietta), si perde un po' nella parte politica, per poi come detto
risollevarsi nel finale di cui ho già scritto. Riesce comunque a non cadere
mai nel tentativo si strappare lacrime facili, ha il pudore di sfumare
quando è necessario (cosa che il nostro a volte non riesce a fare).
Il film mostra il lato più debole in un montaggio frenetico in cui più di
una volta si rimane con una strana sensazione. Sembra che Tornatore non
abbia (voluto?)avuto la possibilità di prendersi il suo tempo, di coccolare
la sua creatura. Fare un film di 6 ore ne avrebbe giovato moltissimo (ma non
abbastanza alle casse).
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clavius
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venerdì 9 ottobre 2009
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senza umiltà
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La Sicilia rappresentata nel nuovo ambizioso film di Tornatore sta a cavallo tra uno spot pubblicitario ed una cartolina illustrata. I mezzi profusi per produrre questa pellicola appaiono fin dall'inizio esorbitanti e ci si aspetta che in un qualche modo possano fruttare. In realtà il lungo, lunghissimo film manca di autocontrollo ed umiltà. Tornatore preda del suo titanismo dimostra di non essere Coppola. Così ben presto eccoci, come spettatori, travolti da un'onda di immagini che a dispetto della loro magniloquenza formale, si rivelano vuote, senza anima, sterili. A partire da una fotografia iperreale, dove i toni caldi predominano al punto da divenire stucchevoli fino ad arrivare alle musiche ridondanti e presenti in ogni sequenza in modo invasivo, quasi fastidioso.
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La Sicilia rappresentata nel nuovo ambizioso film di Tornatore sta a cavallo tra uno spot pubblicitario ed una cartolina illustrata. I mezzi profusi per produrre questa pellicola appaiono fin dall'inizio esorbitanti e ci si aspetta che in un qualche modo possano fruttare. In realtà il lungo, lunghissimo film manca di autocontrollo ed umiltà. Tornatore preda del suo titanismo dimostra di non essere Coppola. Così ben presto eccoci, come spettatori, travolti da un'onda di immagini che a dispetto della loro magniloquenza formale, si rivelano vuote, senza anima, sterili. A partire da una fotografia iperreale, dove i toni caldi predominano al punto da divenire stucchevoli fino ad arrivare alle musiche ridondanti e presenti in ogni sequenza in modo invasivo, quasi fastidioso. A mia memoria mai è stata adoperata peggio una colonna sonora firmata da Morricone.
Sovrabbondante, frastornante, a tratti macchiettistico fino al grottesco involontario, sfilacciato e senza una bussola precisa. In alcuni momenti si ha la sensazione che il film perda organicità e si disperda in un rivolo di episodi confusi. Il difetto vero infatti è a mio avviso la fragilità di una sceneggiatura che si spende nel tentativo di dar vita ad un affresco che non arriva al cuore, che resta in superficie. Tutto o quasi è dimenticabile e si resta sorpresi di fronte alla pubblicità ossessiva della quale il film ha goduto nelle ultime settimane.
La passione e le energie profuse da Tornatore per realizzare il suo "film più personale" sono indubbie, ma confermano ahimè che ci si trova di fronte ad un autore sopravvalutato. Un nano dalle grandi ambizioni (che però non bastano).
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s.e.c.
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domenica 27 settembre 2009
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6+
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Il ricordo che lascia credo sia meglio del film stesso. E' un film basato più sulle immagini che sulle parole. La scenografia, i costumi, i colori e la musica valgono molto, e alcuni tocchi stilistici di regia sono alquanto apprezzabili. Il problema però è proprio riguardante il "film". Il ritmo inesistente spegne l'attenzione dello spettatore, in alcuni punti la storia non procede ma ristagna, alcune scene sono poco curate, alcune inutili e dannose, perché in un film dev'esserci la scena giusta al momento giusto e qualche volta è necessario saper tagliare ciò che è di troppo per dar più valore al resto (pensiamo ai dolorosi tagli che Terrence Malick ha dovuto apportare in La Sottile Linea Rossa).
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Il ricordo che lascia credo sia meglio del film stesso. E' un film basato più sulle immagini che sulle parole. La scenografia, i costumi, i colori e la musica valgono molto, e alcuni tocchi stilistici di regia sono alquanto apprezzabili. Il problema però è proprio riguardante il "film". Il ritmo inesistente spegne l'attenzione dello spettatore, in alcuni punti la storia non procede ma ristagna, alcune scene sono poco curate, alcune inutili e dannose, perché in un film dev'esserci la scena giusta al momento giusto e qualche volta è necessario saper tagliare ciò che è di troppo per dar più valore al resto (pensiamo ai dolorosi tagli che Terrence Malick ha dovuto apportare in La Sottile Linea Rossa). E' un film, e bisogna tenere presente che deve accompagnare lo spettatore premurosamente dall'inizio alla fine: è quindi di vitale importanza per chi fa il film mettersi nei panni del pubblico per capire quale dev'essere il ritmo giusto della narrazione e come dosare tutti gli ingredienti per accompagnare l'emozione dello spettatore. Questo processo vale il cinquanta per cento del film, è fondamentale perché è ciò che rende vedere il film un piacere. Bàària è un gran bel film, ma non è bello vederlo. (Ovviamente è solo il mio parere, che può anche valere meno di una cicca) Vale di più un film che è bello ma che non rivedresti mai dopo la prima volta, o un film che è bello e rivedresti cento volte per il puro piacere di vederlo? Verrebbe da dire che se un film è veramente bello è un'implicazione che lo si rivedrebbe cento volte. Ecco perché se io dovessi dare un voto a Bàària, sarebbe 6+.
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maryluu
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sabato 26 settembre 2009
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il costante ripetersi della storia dell'uomo 1
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Sono diversi gli aspetti che mi hanno affascinato molto.
Innanzitutto il reale e ben strutturato racconto delle varie epoche storiche.
Davanti ai nostri occhi scorrono in sequenza flash del periodo fascista, della seconda guerra mondiale, dello sbarco degli americani e la fine della guerra, l’avvento del comunismo e le dure lotte politiche, la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio del 1947, gli omicidi di vari esponenti del partito comunista, il periodo del 68, la protesta contro la guerra in Vietnam, gli anni 80.
E non solo, vediamo anche l’evoluzione della società, del cinema ( da quello muto “recitato” in sala a Fellini), della televisione ( Mina che canta “ Le mille bolle blu”).
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Sono diversi gli aspetti che mi hanno affascinato molto.
Innanzitutto il reale e ben strutturato racconto delle varie epoche storiche.
Davanti ai nostri occhi scorrono in sequenza flash del periodo fascista, della seconda guerra mondiale, dello sbarco degli americani e la fine della guerra, l’avvento del comunismo e le dure lotte politiche, la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio del 1947, gli omicidi di vari esponenti del partito comunista, il periodo del 68, la protesta contro la guerra in Vietnam, gli anni 80.
E non solo, vediamo anche l’evoluzione della società, del cinema ( da quello muto “recitato” in sala a Fellini), della televisione ( Mina che canta “ Le mille bolle blu”).
Tornatore ci lascia anche numerosi messaggi, da cogliere tra una sequenza e l’altra. Messaggi di vita, messaggi profondi e veri.
Quello centrale è proprio che la storia continua a ripetersi incessantemente e noi facciamo gli stessi errori di sempre, dimenticando un passato anche recente, che crediamo non ci appartenga più ma che è sempre vivo dietro ogni nostra azione.
Peppino guarda, dalla stessa altura, la città crescere durante tutta la sua vita. La guarda sognando delle riforme, sostenendo degli ideali che andranno via via a scontrarsi con la realtà.
Si renderà conto da solo che anche lui, come tutti gli uomini, sognava di abbracciare il mondo ma aveva le braccia troppo piccole per farlo.
E che proprio lui, volendo cambiare le cose, ha sbattuto la testa contro il muro, ma è la testa ad essersi rotta.
Tornatore ci fa vedere la vera politica, di ieri, di oggi, e purtroppo anche di domani. Fatta di uomini “ ciechi” e senza scrupoli, come l’assessore all’urbanistica, non vedente, che approva i suoi progetti solo dopo aver ricevuto apposita busta, senza sapere in concreto di cosa di tratta.
Ci fa capire che a “vincere” sono proprio gli uomini come l’amico di Peppino, traditori, che cambiano partito e idee solo per tornaconto personale e che proferiscono :” Sei troppo estremista per essere apprezzato”.
Ci mostra un mondo politico davvero vergognoso.
Ma lascia una speranza sul finale. Dopo uova rotte e serpenti neri, la mosca intrappolata nella trottola riesce a volare ed è viva.
La nostra Sicilia, costretta a restare rinchiusa per anni nella morsa soffocante di realtà senza tempo, tramandate fino ad oggi e ancora vive, può rivedere la luce e volare.
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angela diana di francesca
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martedì 29 settembre 2009
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un colpo di vento
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La prima parte è un colpo di vento,una fantasmagorica giostra,un caleidoscopio di suoni e immagini,un furioso sfogliare d’album in cui le storie si inseguono e si susseguono con stacchi e iati,sorrette da una musica che commenta e contrappunta,una musica onnipresente,quasi da film muto.Ed è un film,“Baarìa”,che non ha bisogno di molte parole.Le sue sono parole del quotidiano,sintetiche,asciutte,ellittiche ma dense di significati;non ci sono discorsi esistenziali,nemmeno quelli ispirati alla sorprendente filosofia degli umili come in NuovoCinemaParadiso,tutto è scandito sui ritmi e sui riti di una vita semplice,quasi primitiva,ma aperta ai sogni,alle utopie,ai sentimenti.E’un film dal sapore tribale,forte,teatrale e sanguigno,solo in apparenza facile,che colma un vuoto nella filmografia“siciliana”apportando un tassello essenziale per la conoscenza e la comprensione della realtà dell’Isola,fuori dalla prospettiva “nobiliare”del Gattopardo e dei Vicerè.
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La prima parte è un colpo di vento,una fantasmagorica giostra,un caleidoscopio di suoni e immagini,un furioso sfogliare d’album in cui le storie si inseguono e si susseguono con stacchi e iati,sorrette da una musica che commenta e contrappunta,una musica onnipresente,quasi da film muto.Ed è un film,“Baarìa”,che non ha bisogno di molte parole.Le sue sono parole del quotidiano,sintetiche,asciutte,ellittiche ma dense di significati;non ci sono discorsi esistenziali,nemmeno quelli ispirati alla sorprendente filosofia degli umili come in NuovoCinemaParadiso,tutto è scandito sui ritmi e sui riti di una vita semplice,quasi primitiva,ma aperta ai sogni,alle utopie,ai sentimenti.E’un film dal sapore tribale,forte,teatrale e sanguigno,solo in apparenza facile,che colma un vuoto nella filmografia“siciliana”apportando un tassello essenziale per la conoscenza e la comprensione della realtà dell’Isola,fuori dalla prospettiva “nobiliare”del Gattopardo e dei Vicerè.Oltre ai temi che ci si aspetta da un regista siciliano,in particolare quello della mafia,Tornatore rende protagonista un tema più volte sfiorato,la lotta per il riscatto sociale del Sud che fu in quegli anni patrimonio soprattutto del PCI,una pagina di storia che mescolando ingenuità,eroismi,integralismi,ha coinvolto gli ideali e le speranze di tanta parte del popolo italiano,e che è stata cancellata dalla memoria della nazione.
Giuseppe Tornatore ricostituisce nella dimensione filmica l’affresco della gente di Baarìa dipinto inutilmente dal giovane Guttuso nella volta della Chiesa.
Pur nella coralità della visione,alcune scene si evidenziano accendendo emozioni profonde:la piccola rivoluzione del ballo “misto” dove per la prima volta un uomo invita a ballare una ragazza,l’occupazione delle terre ripresa da L’uomo delle Stelle con effetto epico più sostenuto,il corteo a lutto per la strage di Portella,i saluti per i defunti affidati al moribondo,il vecchio padre tenuto in vita dalla forza del desiderio di rivedere il figlio,la delusione del militante Peppino di ritorno dall’URSS,affidata a un’unica frase e allo sguardo perso dell’attore Francesco Scianna.E Baarìa,metafora di una Sicilia da amare da lontano,sorpresa nella visione dall’alto che segna la presa di distanza e insieme l’abbraccio che nulla esclude,coordinate al cui incrocio si cela forse una risposta.Certo,il secondo tempo del film si sarebbe avvantaggiato di qualche taglio,la rutilante sarabanda iniziale si placa in una narrazione più tradizionale che indulge a qualche bozzetto toccante o divertente.Ma “Baarìa” si colloca a un livello indiscutibilmente alto.E’ un film “necessario”,delicato e violento,poetico e spiazzante,indispensabile per chi voglia accostarsi alla Sicilia.Se “la via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza”,Tornatore ha sicuramente compiuto in senso artistico il percorso indicato da Blake,regalandoci un’opera consapevole,commossa e matura.Con geniale contaminatio tutta siciliana,il realismo sfuma nell’onirico,nel fantastico,nel simbolo.Due bambini incrociano la loro corsa,una smagliatura del tempo confonde passato e futuro, l’elisir che il piccolo eroe,sia esso Peppino o Pietro, riporta dal suo viaggio è lo splendore di un gioiello ritrovato,la favola del fluire delle generazioni,la ventura di assistere,fermatasi l’iteratività di un gioco forse crudele,al miracolo sperato e inatteso,l’insopprimibile rivincita della vita.
A.D.Di Francesca
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angelo umana
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giovedì 23 settembre 2010
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polpettone
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E’ consentito criticare negativamente l’ultimo film, Baarìa, del sicilianissimo registra, mostro sacro della cinematografia, Giuseppe Tornatore? Proviamoci. Se un film si potesse definire logorroico …, ebbene, Baarìa lo è. E’ certamente prolisso, un’ opera omnia di tutti i ricordi di Tornatore, enciclopedico nel volervi contenere tutti i suoi fatti, che sono per lui certamente importanti ma, lo immaginate voi uno che vi attacca un sermone di ricordi suoi lungo due ore e mezza? A un certo punto gli direste di smetterla, ma siete in un cinema, avete pagato il biglietto per l’ ultimo film del maestro e confidate di trovarci “un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha” (da Vasco).
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E’ consentito criticare negativamente l’ultimo film, Baarìa, del sicilianissimo registra, mostro sacro della cinematografia, Giuseppe Tornatore? Proviamoci. Se un film si potesse definire logorroico …, ebbene, Baarìa lo è. E’ certamente prolisso, un’ opera omnia di tutti i ricordi di Tornatore, enciclopedico nel volervi contenere tutti i suoi fatti, che sono per lui certamente importanti ma, lo immaginate voi uno che vi attacca un sermone di ricordi suoi lungo due ore e mezza? A un certo punto gli direste di smetterla, ma siete in un cinema, avete pagato il biglietto per l’ ultimo film del maestro e confidate di trovarci “un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha” (da Vasco).
Insomma, il film si và a vedere perché la pubblicità, magari la sicilianità dello spettatore, le credenziali del regista, tante cose spingono a vederlo ma, appena immersi nella storia, anzi no, negli episodi, col religioso silenzio e la rispettosa attenzione dei cinefili (quelli che non sopportano rumori di popcorn sgranocchiati e lattine stappate), appena intravisti dei personaggi di cui ci si potrebbe innamorare, che potrebbero essere un po’ approfonditi, essi cambiano, lasciano la scena ad altre facce e fatti. La sicilianità dello spettatore può aver spinto a ritrovare un po’ della propria storia passata, di usanze ed avvenimenti siciliani ma, come detto, è il regista che si vuole raccontare, ne ha voce e autorevolezza, non è detto però che gli episodi rappresentati siano condivisi dallo spettatore, il quale resta fuori, a margine del caleidoscopio di immagini e suoni che si susseguono come “rolling stones”, pietre che rotolano e non si fermano, ubriacanti, come chi ama elucubrare senza verificare l’ interesse di chi ascolta.
C’ è nel film la polvere della Sicilia povera, le soperchierie dei potenti locali che l’ hanno ritardata e lasciata ancora più povera, ma si tratta di polvere e povertà in carta patinata, sa molto di fiction o telefilm, di saga artefatta, un bel prodotto preparato per venderlo bene, il produttore Medusa non ci stà certamente a perdere il denaro che vi ha speso; il tutto è impreziosito da attori noti nostrani che lo popolano, sprecati per un solo film, e dalla ricostruzione di Bagheria in Tunisia, elementi questi che giustificano la spesa di 25 milioni di euro, in ciò consiste la definizione di colossal.
Nel libro intervista che è cominciato a circolare con l’ uscita del film (“Baarìa, il film della mia vita”), Tornatore dice che avrebbe preferito girarlo a 60 anni, come riassunto di una vita, ma che gli uomini di Medusa ne sono stati attratti e così lui si è deciso ora: bello sarebbe pensare che gli artisti producessero le loro opere solo come e quando il loro “Estro” comanda! La volontà dei produttori è quella che ha spinto più il film dunque, mentre Tornatore stesso ammette che aveva pronti altri soggetti, che per fede attendiamo alla prova; sarà il marketing del produttore che lo ha portato ad essere candidato all’ Oscar 2010 come miglior film straniero, forte anche del precedente Oscar a Nuovo Cinema Paradiso, con buona pace di chi ha visto gli altri film italiani candidati allo stesso premio e che considera di maggior valore (notevolissimi Fortapasc, Vincere e Si può fare). Chissà, forse non è il marketing che fa vincere gli Oscar, o i Leoni, le Palme e gli Orsi.
Una parola circola nelle sale, a volte, riguardo ai film di Tornatore, irrispettosa ma, “vox populi …”, la parola è “polpettone”; il regista tende a dilagare, per il desiderio di dirci tutto e non farci immaginare niente, ma il cinema è anche sogno, immaginazione, il non detto che racconta. Pare che se l’ edizione originale di Nuovo Cinema Paradiso non fosse stata un po’ sfrondata gli americani non l’ avrebbero voluto. Non resta che apprezzare di più film con storie apparentemente minuscole, quasi personali, ma che si inseriscono in fatti storici ed epoche meglio descritti: “I cento passi” o “La meglio gioventù” di Giordana e “Nuovo Mondo” di Amelio.
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paolo schipani
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venerdì 4 dicembre 2009
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baarìa di giuseppe tornatore (italia,francia,2009)
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Corre il piccolo Peppino. E la sua trottola gira. Una corsa sfrenata verso il futuro, sulla linea del tempo su cui corre anche il suo piccolo paese nella provincia di Palermo: Bagheria. Corre Baarìa (Italia, Francia, 2009, 150’). Il bambino poi con un salto si alza in volo: sorvola il paese e lo osserva dall’alto.
Giuseppe Tornatore usa la forza del cinema per dare un’immagine ai suoi ricordi. Attraverso la metafora della corsa e del volo onirico del bambino, il regista riavvolge il nastro della memoria accampagnando lo spettatore in questo personale “amarcord”.
Il cinema permette di correre, girare, volare, sognare, ricordare. Tornatore lo sa, e trasporta anche noi, inizialmente, in questo vortice: miscela tra storia e magia.
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Corre il piccolo Peppino. E la sua trottola gira. Una corsa sfrenata verso il futuro, sulla linea del tempo su cui corre anche il suo piccolo paese nella provincia di Palermo: Bagheria. Corre Baarìa (Italia, Francia, 2009, 150’). Il bambino poi con un salto si alza in volo: sorvola il paese e lo osserva dall’alto.
Giuseppe Tornatore usa la forza del cinema per dare un’immagine ai suoi ricordi. Attraverso la metafora della corsa e del volo onirico del bambino, il regista riavvolge il nastro della memoria accampagnando lo spettatore in questo personale “amarcord”.
Il cinema permette di correre, girare, volare, sognare, ricordare. Tornatore lo sa, e trasporta anche noi, inizialmente, in questo vortice: miscela tra storia e magia.
Poi, quando i ricordi cominciano a svilupparsi cronologicamente, veniamo sommersi da una serie di immagini che si susseguono inesorabili. È quasi come sfogliare un album di fotografie che ripercorrono la storia intima del regista. Dal cinema alla fotografia. Miriadi di foto dai colori forti "quasiplasticheunadietrol’altraincalzanti" senza pausa dagli anni venti fino agli anni ottanta. Simile a un discorso senza virgole.
La colonna sonora di Ennio Morricone è, come di consuetudine, avvincente ed emozionante. Benché, accompagnata al ritmo delle immagini assuma anch’essa quella velocità che non le consente di essere “virgola” all’interno della narrazione.
Chiarisco: non è un film brutto quello di Tornatore. Soltanto corre. Mentre nella corsa iniziale del bambino anche noi in platea corriamo con lui, nel proseguio del film ci sentiamo fermi. Baarìa corre. Noi no. Noi siamo immobili, un po’ estranei durante il passaggio di questo treno: vediamo tanto ma “sentiamo” poco.
Ovviamente il “vedere tanto” consente di assaporare le molte esperienze vissute dal regista-Peppino Torrenuova (Francesco Scianna) nel corso degli anni: la vita contadina, il fascismo, la guerra, l’adesione al partito comunista, la storia d’amore con Mannina (Margareth Madè), per citarne alcuni. C`è tanta storia in Baarìa. Così come c’era tanta storia in Amarcord di Federico Fellini; ma Fellini amava essere “un gran bugiardo” e, quindi, alla storia aggiungeva sempre una bella dose di cinema.
Nel film di Tornatore troviamo lampi di cinema qua e là, perché «il cinema è bello», dice Peppino al piccolo figlio spaventato dal buio della sala cinematografica. Proprio il cinema aiuta a distinguere il passare degli anni: l’adulto Peppino porta il figlio a vedere Uno sguardo dal ponte di Sidney Lumet del 1962 e, in seguito, mentre si salutano alla stazione prima della partenza del figlio (ormai cresciuto), è più volte inquadrata la locandina di Tre fratelli di Francesco Rosi del 1981.
Ma è in conclusione che Tornatore non può fare a meno della Settima Arte, quando riprende i panni del “deus” e decide di far incontrare passato e presente, realtà e finzione. Il piccolo Peppino sta ancora correndo; la trottola sta ancora girando. Noi, come all’inizio, riprendiamo a sognare.
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jos_d
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sabato 26 settembre 2009
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un nuovo omaggio di tornatore alla sua sicilia
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Dopo il premio Oscar “Nuovo Cinema Paradiso” (1988), il documentario “Lo schermo a tre punte” (1998) e “Malena” (2000), Giuseppe Tornatore, regista siciliano di Bagheria (PA), omaggia nuovamente la sua terra natale con un film appassionato che ripercorre, attraverso la storia di vita del suo protagonista, l’attivista politico Peppino Torrenuova (interpretato dall’emergente Francesco Scaccia), le grandi battaglie e trasformazioni politico-sociali che hanno caratterizzato alcuni decenni di storia italiana e siciliana in particolare: dal rigore del regime fascista alla tragica esperienza della guerra (giugno 1940-settembre 1943), dalle rivendicazioni separatiste dell’immediato dopoguerra alla nascita della Repubblica attraverso le prime elezioni politiche a suffraggio universale (2 giugno 1946), dalla stragge di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) alla grande occupazione contadina dei latifondi corleonesi (autunno-inverno 1949-’50).
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Dopo il premio Oscar “Nuovo Cinema Paradiso” (1988), il documentario “Lo schermo a tre punte” (1998) e “Malena” (2000), Giuseppe Tornatore, regista siciliano di Bagheria (PA), omaggia nuovamente la sua terra natale con un film appassionato che ripercorre, attraverso la storia di vita del suo protagonista, l’attivista politico Peppino Torrenuova (interpretato dall’emergente Francesco Scaccia), le grandi battaglie e trasformazioni politico-sociali che hanno caratterizzato alcuni decenni di storia italiana e siciliana in particolare: dal rigore del regime fascista alla tragica esperienza della guerra (giugno 1940-settembre 1943), dalle rivendicazioni separatiste dell’immediato dopoguerra alla nascita della Repubblica attraverso le prime elezioni politiche a suffraggio universale (2 giugno 1946), dalla stragge di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) alla grande occupazione contadina dei latifondi corleonesi (autunno-inverno 1949-’50).
La durata della pellicola -oltre due ore e mezza- è decisamente impegnativa, ma il rischio di annoiarsi è azzerato da un lato dall’ormai proverbiale coinvolgimento emotivo che caratterizza tutti i lavori di Tornatore, e dall’altro dalla partecipazione di un foltissimo cast, composto sia da star di fama internazionale quali Michele Placido, Raul Bova e la madrilena Angela Molina, ma soprattutto dai più simpatici attori siciliani, quali Nino Frassica, Aldo Baglio, Giuseppe Fiorello, Salvatore Ficarra e Valentino Picone.
In conclusione, si tratta di un film assolutamente coerente con la produzione precedente di Tornatore e che quindi non aggiunge molto di nuovo rispetto ad essa, ma che rappresenta comunque un’ulteriore prova delle eccezionali doti espressive di un regista che si delinea sempre più come uno dei massimi esponenti, se non il più grande in assoluto, del panorama cinematografico italiano contemporaneo
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maryluu
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sabato 26 settembre 2009
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il costante ripetersi della storia dell'uomo 0
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Tornatore torna a narrare la sua Sicilia, dopo ben 21 anni dal suo celebre “ Nuovo Cinema Paradiso”, e lo fa in modo poetico ma anche estremamente reale.
“ A BAARIA la vita si dipana in poche centinaia di metri ma, ripercorrendole avanti e indietro, puoi imparare ciò che il mondo non saprà insegnarti”.
Dalle stesse parole del grande regista si scorge la profondità e il forte significato di questo “ Kolossal” costato ben 20 milioni di euro, nato soprattutto per far “ ricordare” e non solo per “ intrattenere”, unico scopo a cui il cinema italiano recentemente, purtroppo, ci aveva abituato.
Tornatore ci racconta addirittura un secolo di vita, con continuità dal 1930 al 1980, e con un inizio e una fine dedicati rispettivamente al 1910 e ai nostri giorni.
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Tornatore torna a narrare la sua Sicilia, dopo ben 21 anni dal suo celebre “ Nuovo Cinema Paradiso”, e lo fa in modo poetico ma anche estremamente reale.
“ A BAARIA la vita si dipana in poche centinaia di metri ma, ripercorrendole avanti e indietro, puoi imparare ciò che il mondo non saprà insegnarti”.
Dalle stesse parole del grande regista si scorge la profondità e il forte significato di questo “ Kolossal” costato ben 20 milioni di euro, nato soprattutto per far “ ricordare” e non solo per “ intrattenere”, unico scopo a cui il cinema italiano recentemente, purtroppo, ci aveva abituato.
Tornatore ci racconta addirittura un secolo di vita, con continuità dal 1930 al 1980, e con un inizio e una fine dedicati rispettivamente al 1910 e ai nostri giorni.
Un secolo fatto, come tutte le epoche storiche, di luci e ombre, di contraddizioni e verità non assolute.
Alla trama storica si intreccia la trama “emozionale” fatta di tantissime microstorie che si inseriscono in quella principale di Peppino (Francesco Scianna), un siciliano che si scontra con l’illusione della politica , e Mannina ( Margareth Madè) , la sua splendida moglie.
Il regista stesso sottolinea che si tratta di una sorta di opera corale e che ogni personaggio è un mondo a se stante, che si fonde nella maxistoria generale, e per questo è importantissimo. Talora anche più degli attori principali.
Non a caso tra i 197 attori secondari e le ben 35.000 comparse , spiccano nomi famosissimi quali:
“ Monica Bellucci”, “ Raul Bova”, “ Michele Placido”, “ Vincenzo Salemme”, “Beppe Fiorello”, “ Ficarra e Picone”, “ Giorgio Faletti”, “ Nino Frassica”, “ Leo Gullotta”, “ Laura Chiatti”, Nicole Grimaudo” e molti altri ancora, che rendono il complesso della storia davvero unico e sublime.
Il film infatti non narra una storia, ma “ la storia”, la nostra storia in quanto uomini.
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[+] molto bene
(di andrea d)
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[+] grazie andrea
(di maryluu)
[ - ] grazie andrea
[+] direi dal 1930 ad oggi ed oltre
(di karmovies)
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[+] si hai ragione: è davvero attualissimo
(di maryluu)
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[+] d'accordissimo con marilù!
(di evalove)
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