giorgio
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sabato 5 aprile 2008
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finalmente un film serio sul lavoro
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TUTTA LA VITA DAVANTI
Era da molto tempo che non uscivo dal cinema, dopo aver visto un film italiano, soddisfatto! Certo, qualche volta avevo apprezzato la buona volontà di voler affrontare il mondo del lavoro ( La signorinaeffe o Giorni e nuvole) ma, avevo sempre e solo gradito l’impegno e qualche volta neanche quello (Lezioni di cioccolata). Poi, l’esaltazione di Caos Calmo da parte della critica, quando dal cinema ero uscito, per usare un eufemismo arrabbiato, mi aveva fatto pensare che non sarei più riuscito a vedere un film buono e serio girato da un italiano.
Poi ecco: Tutta la Vita Davanti. Non sto parlando di un capolavoro, ma sicuramente di un film serio, coraggioso, divertente e, perché no, anche commovente.
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TUTTA LA VITA DAVANTI
Era da molto tempo che non uscivo dal cinema, dopo aver visto un film italiano, soddisfatto! Certo, qualche volta avevo apprezzato la buona volontà di voler affrontare il mondo del lavoro ( La signorinaeffe o Giorni e nuvole) ma, avevo sempre e solo gradito l’impegno e qualche volta neanche quello (Lezioni di cioccolata). Poi, l’esaltazione di Caos Calmo da parte della critica, quando dal cinema ero uscito, per usare un eufemismo arrabbiato, mi aveva fatto pensare che non sarei più riuscito a vedere un film buono e serio girato da un italiano.
Poi ecco: Tutta la Vita Davanti. Non sto parlando di un capolavoro, ma sicuramente di un film serio, coraggioso, divertente e, perché no, anche commovente. Un film che riesce a parlare del mondo del lavoro giovanile, si perché ormai in Italia esistono due tipi di lavoratori: i garantiti e i precari. I primi sono per la maggior parte anziani che hanno mantenuto i diritti acquisiti e gli altri i giovani che entrano, senza avere santi in paradiso, nel mondo del lavoro. Il film al di là dell’aspetto divertente, da commedia all’italiana, è estremamente amaro. Questa massa di giovani ai quali viene imposto non solo di dare il loro tempo, per pochi euro, ma anche di autoconvincersi che quella sia la loro possibilità di affermazione nel mondo, è, non solo triste ma, estremamente drammatico.
La classe dirigente, che vive lautamente, alle spalle di questa massa di poveri sfruttati è delineata con tratti precisi. Gente rapace e senza scrupoli, che non crea altro che ricchezza per se stessi. E nessuno si illuda che stiamo parlando del call center ma, del mondo del lavoro in generale. I giovani di buona famiglia, la nuova classe dirigente, i giovani con dietro una famiglia che aiuta, come la protagonista e coloro che sono soli, i disperati! Una società dove per quattro ore di lavoro alienante si guadagnano 400 euro al mese ma, con una “marchetta” si intascano 500 euro è una società corrotta e marcia, dove si è perso di vista la redistribuzione del reddito. Ma il film va oltre e con coraggio, in quanto riesce ad essere, nonostante la figura cialtronesca ma in fin dei conti simpatica del sindacalista, spietato con quello che è oggi il “potere sindacale”. Un potere tutto ripiegato su se stesso che non è più di nessun aiuto, anzi è spesso controproducente e non sempre in buona fede, per i lavoratori, ma che ha prodotto Presidenti della Camera e del Senato, pur rimanendo il Paese con il più alto indice di infortuni sul lavoro.
E poi la parte finale, che non è un lieto fine ma, è toccante! Il parallelo, tra la ragazza che forse non è un genio ma, sicuramente è onesta (non è una contraddizione vedi il film) e generosa, e la vecchietta, che ha perduto la nipote suicida, depressa perché non trovava lavoro ma, che crede ancora nelle persone e alla solidarietà, e nel mezzo la bambina (interprete bravissima) e la protagonista intelligente e sensibile, possiamo vedere un piccolo barlume per cercare di riportare il mondo, o almeno provarci, a una dimensione umana.
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david
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domenica 30 marzo 2008
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grande commedia all'italiana!
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Ottimo film questa pellicola di Paolo Virzì, giunta nelle sale dopo il film in costume, poco fortunato al botteghino, "N, io e Napoleone".
Virzì ritrova la commedia sociale contemporanea e filma probabilmente il suo capolavoro! La storia di Marta, giovane laureata con lode in filosofia perduta in un mondo popolato da venditori fuori di testa, call center più reali del reale, capi terrificanti, ci mostra il mondo odierno con tutti i suoi difetti! Il cast è eccezionale: bravissima Isabella Ragonese al suo secondo film, la sua naturalezza illumina tutta la pellicola, accanto a lei uno strepitoso Elio Germano, una mai così brava Micaela Ramazzotti, Sabrina Ferilli rigenerata dal cinema e un bravo Massimo Ghini.
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Ottimo film questa pellicola di Paolo Virzì, giunta nelle sale dopo il film in costume, poco fortunato al botteghino, "N, io e Napoleone".
Virzì ritrova la commedia sociale contemporanea e filma probabilmente il suo capolavoro! La storia di Marta, giovane laureata con lode in filosofia perduta in un mondo popolato da venditori fuori di testa, call center più reali del reale, capi terrificanti, ci mostra il mondo odierno con tutti i suoi difetti! Il cast è eccezionale: bravissima Isabella Ragonese al suo secondo film, la sua naturalezza illumina tutta la pellicola, accanto a lei uno strepitoso Elio Germano, una mai così brava Micaela Ramazzotti, Sabrina Ferilli rigenerata dal cinema e un bravo Massimo Ghini. Senza ovviamente dimenticare il sindacalista interpretato da un sempre bravo Valerio Mastandrea. Ma tutti gli attori del film sono in parte! La commedia scorre leggera ma infiamma gli animi, film così ce ne vorrebbero tutti i giorni! Ottima sceneggiatura e ottima regia, bravo Virzì!!!
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(di snaporaz)
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(di zadigx)
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annarita
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martedì 1 aprile 2008
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il mondo del precariato secondo virzì
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Dopo il deludente "N - Io e Napoleone" Virzì torna al grande cinema con un film tanto divertente quanto amaro. Il film è godibile, per nulla pesante, ben recitato da tutto il cast, compresa la sorprendente Isabella Ragonese. Comico, a tratti surreale, ma purtroppo assolutamente realistico nel dipingere un mondo dove sono troppe le incertezze lavorative per i giovani che si affacciano al lavoro dopo la laurea. Virzì regala un piccolo gioiello che fa ridere, commuovere (bellissima la scena in cui Marta immagina la madre viva che balla con lei) e soprattutto fa pensare, lasciando allo spettatore qualcosa in più di qualche ora di semplice svago. Un applauso personale ad uno strepitoso Massimo Ghini, moderno "caporale" baldanzoso, ricco di fragilità nel privato, un attore che sicuramente merita di essere utilizzato di più nel cinema italiano.
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marì
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domenica 30 marzo 2008
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mostra con ironia e disincanto l'italia di oggi
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Con un cast ricchissimo, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini, e una protagonista, Isabella Ragonese, semi sconosciuta ma decisamente brava, Virzì ha centrato perfettamente l’obiettivo. Tutta la vita davanti, liberamente ispirato dal libro “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia, è una satira ferocissima del mondo del lavoro attuale, nel quale Marta, una ragazza appena laureata in filosofia con lode e abbraccio accademico, non trova spazio. E così, dopo aver presentato decine e decine di curriculum in tutte le case editrici specializzate in filosofia e con una marea di porte chiuse alle spalle, non le rimane che fare la baby-sitter e lavorare in un call-center. Affascinante il mondo dei call-center guardato con gli occhi di una neolaureata, che si ritrova a lavorare in un posto molto simile a un coloratissimo villaggio vacanze, tra messaggini motivazionali, canzoncine, balletti e riunioni con premi ed eliminazioni, stile Grande Fratello.
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Con un cast ricchissimo, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini, e una protagonista, Isabella Ragonese, semi sconosciuta ma decisamente brava, Virzì ha centrato perfettamente l’obiettivo. Tutta la vita davanti, liberamente ispirato dal libro “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia, è una satira ferocissima del mondo del lavoro attuale, nel quale Marta, una ragazza appena laureata in filosofia con lode e abbraccio accademico, non trova spazio. E così, dopo aver presentato decine e decine di curriculum in tutte le case editrici specializzate in filosofia e con una marea di porte chiuse alle spalle, non le rimane che fare la baby-sitter e lavorare in un call-center. Affascinante il mondo dei call-center guardato con gli occhi di una neolaureata, che si ritrova a lavorare in un posto molto simile a un coloratissimo villaggio vacanze, tra messaggini motivazionali, canzoncine, balletti e riunioni con premi ed eliminazioni, stile Grande Fratello. Ma, dietro la facciata sorridente e “motivata”, si nascondono venditori costretti ad autoconvincersi di essere i numero uno e che, per mantenere il posto di lavoro, vendono il robottino a tutta la famiglia, dietro a una energica capo reparto si nasconde una donna fragile e sola e dietro a ogni ragazza storie difficilissime, come quella di Sonia, una bellissima ragazza madre, interpretata da Micaela Ramazzotti. In questo straziante quadretto solo un simpatico sindacalista non ha ancora smesso di sognare di poter cambiare le cose, in un’ Italia dove tutto sembra condannare i lavoratori a un’ esistenza precaria.
Virzì racconta, con ironia, sensibilità e disincanto, una situazione a noi anche troppo famigliare ed è per questo che le battute lasciano poco spazio al sorriso e molto all’amarezza e a un’unica certezza: quella di avere ancora tutta la vita davanti, nella speranza che basti.
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luis
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domenica 30 marzo 2008
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psicodramma aziendale
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E' un buon film, bravi gli attori, discreta la sceneggiatura e la regia. E' una feroce rappresentazione della vita all'interno di un certo tipo di aziende, del raggiungimento degli obiettivi ad ogni costo, della pochezza della vita di chi crede di contare qualcosa, e, in questo contesto critico, stona la santificazione ingiustificata, ma comprensibile per motivi di narrazione del film, dell'organizzazione sindacale (CGIL) forse un po' troppo distratta nei confronti dei cosiddetti lavoratori atipici. Ma se si guarda bene, il film vuole rappresentare il disagio sociale e una critica al modello di sviluppo dell'Italia della seconda repubblica, che ha mutuato, in maniera del tutto personale e scorretta, modelli di carattere produttivistico liberistico, da far impallidire i modelli tayloristici ampiamente contestati negli anni 50 e 60, senza valutarne gli effetti deleteri, soprattutto dal punto di vista sociale.
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E' un buon film, bravi gli attori, discreta la sceneggiatura e la regia. E' una feroce rappresentazione della vita all'interno di un certo tipo di aziende, del raggiungimento degli obiettivi ad ogni costo, della pochezza della vita di chi crede di contare qualcosa, e, in questo contesto critico, stona la santificazione ingiustificata, ma comprensibile per motivi di narrazione del film, dell'organizzazione sindacale (CGIL) forse un po' troppo distratta nei confronti dei cosiddetti lavoratori atipici. Ma se si guarda bene, il film vuole rappresentare il disagio sociale e una critica al modello di sviluppo dell'Italia della seconda repubblica, che ha mutuato, in maniera del tutto personale e scorretta, modelli di carattere produttivistico liberistico, da far impallidire i modelli tayloristici ampiamente contestati negli anni 50 e 60, senza valutarne gli effetti deleteri, soprattutto dal punto di vista sociale. Se i film devono far riflettere, spero che questo sia visto da chi ha la possibilità di incidere sulla legislazione e sui meccanismi di negoziazione contrattuale, per modificare meccanismi troppo severi e penalizzanti per le giovani generazioni. Aggiungerei, concludendo, che la Ferilli é perfetta nella parte che interpreta
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darjus
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sabato 3 maggio 2008
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virzì in forma altmaniana
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Ampi spazi di una periferia metropolitana, uomini che ballano e cantano, autobus impazziti, scale mobili in eterno movimento, auricolari e scrivanie fantascientifiche, corsi a premi e lotte intestine, menzogne, sogni di plastica e miserie reali: è questo il desolante paesaggio della modernità nella società del dio Denaro, dove l'imperatore Profitto comanda senza pietà, usando l'inganno, la paura e la disperazione come leggi inflessibili cui inginocchiarsi. Questo è il mondo del lavoro in Italia nel nuovo millennio, questo è il panorama che ci mostra un ispiratissimo Virzì, colorando di un surrealismo grottesco il suo lucido affresco sul miserabile mondo dei call-center. Con un piglio quasi Altmaniano il regista livornese si spinge oltre la mera denuncia dello sfruttamento dei precari, descrivendo una realtà a tutto tondo, dove perdono tutti, ricchi e poveri, bravi e incapaci, forti e deboli, e in cui il "mors tua vita mea" trionfa (quasi) sempre sull'amore e sul rispetto.
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Ampi spazi di una periferia metropolitana, uomini che ballano e cantano, autobus impazziti, scale mobili in eterno movimento, auricolari e scrivanie fantascientifiche, corsi a premi e lotte intestine, menzogne, sogni di plastica e miserie reali: è questo il desolante paesaggio della modernità nella società del dio Denaro, dove l'imperatore Profitto comanda senza pietà, usando l'inganno, la paura e la disperazione come leggi inflessibili cui inginocchiarsi. Questo è il mondo del lavoro in Italia nel nuovo millennio, questo è il panorama che ci mostra un ispiratissimo Virzì, colorando di un surrealismo grottesco il suo lucido affresco sul miserabile mondo dei call-center. Con un piglio quasi Altmaniano il regista livornese si spinge oltre la mera denuncia dello sfruttamento dei precari, descrivendo una realtà a tutto tondo, dove perdono tutti, ricchi e poveri, bravi e incapaci, forti e deboli, e in cui il "mors tua vita mea" trionfa (quasi) sempre sull'amore e sul rispetto. A mantenere viva la nostra speranza una splendida Ragonese, forte e incantevole, saggia e fragile, un «iceberg colorato», pieno di dolcezza e vitalità. Bravi anche gli altri attori, in una coralità che appassiona e non stona quasi mai, perdendosi solo in qualche macchietta e qualche evitabile caduta tragico-grottesca. ***½
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allstars
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sabato 21 maggio 2011
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un film reale ma un filino "sopra le righe"!
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La prima cosa che ho notato di questo film è stata la bravura e l'enfasi di Micaela Ramazzotti, per me aveva una parte complicat, ma l'ha eseguita in modo F A V O L O S O!Seconda cosa ok la precarietà ma la "vita lavorativa" all'interno del CallCenter mi è parsa un filino esagerata come rappresentazione!Cmq tutto sommato un bel lavoro, agli attori semi esordienti tanto di cappello!
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andrea
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lunedì 31 marzo 2008
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virzi’ consacra la commedia nostrana
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Il film “Tutta la vita davanti” di Virzì è un interessante e coinvolgente melodramma che, ambientato in un gigantesco call center alla periferia di Roma, riflette sull’ormai dilagante fenomeno del lavoro precario. Il call center ne è l’epicentro-simbolo che investe e violenta le vite delle lavoratrici e dei lavoratori. Le immagini surreali e caricaturali si succedono in una serie di scene dinamiche e vorticose che attirano lo spettatore in questo magico mondo telematico-profittuale ma parimenti destano sgomento per l’abbrutimento e il cinismo verso cui degrada il mondo del lavoro.Le abitudini, i comportamenti, il linguaggio dei personaggi sono i principali segni di un’identità smarrita e fagocitata da rituali di gruppo mostruosamente grotteschi e tribali.
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Il film “Tutta la vita davanti” di Virzì è un interessante e coinvolgente melodramma che, ambientato in un gigantesco call center alla periferia di Roma, riflette sull’ormai dilagante fenomeno del lavoro precario. Il call center ne è l’epicentro-simbolo che investe e violenta le vite delle lavoratrici e dei lavoratori. Le immagini surreali e caricaturali si succedono in una serie di scene dinamiche e vorticose che attirano lo spettatore in questo magico mondo telematico-profittuale ma parimenti destano sgomento per l’abbrutimento e il cinismo verso cui degrada il mondo del lavoro.Le abitudini, i comportamenti, il linguaggio dei personaggi sono i principali segni di un’identità smarrita e fagocitata da rituali di gruppo mostruosamente grotteschi e tribali. Emerge un inquietante mutamento antropologico che è conseguenza della pericolosa deriva di un’etica del lavoro ormai da rifondare o da riscoprire. Il regista adotta una tecnica narrativa scevra da pesanti analisi didascaliche e riesce a trattare un tema così drammatico privilegiando soltanto la quotidianità e la spontaneità dei personaggi portatori di vizi e virtù. Non mancano spunti ironici ed esilaranti. Virzì si è ispirato alla grande e indimenticata commedia dei Risi e dei Monicelli che con quella incisiva e mordace leggerezza ha segnato profondamente la storia del nostro cinema. Il film convice anche per la fresca e fruibile sceneggiatura nonché per la notevole capacità degli attori: Isabella Ragonese, studentessa di filosofia, laurea cum laude, timida ma non ingenua, determinata ma non aggressiva, disillusa di fronte al sindacalista Mastrandrea che cerca di proporsi sempre con generosità, nostalgia e un po’ di opportunismo; la fragile e commovente Micaela Ramazzotti, autentica rivelazione del film; l’insuperabile Elio Germano guerriero e vittima dei call center; eppoi Sabrina Ferilli e Massimo Ghini capi cinici e frustrati senza alcuna speranza di redenzione. Sono loro il quinto stato di Virzì.
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muttley72
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sabato 22 dicembre 2012
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ottimo film sulla crisi del lavoro. da vedere!
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Devo dire, per correttezza, che in genere non amo i film "buonisti", nè quelli stile Salvatores (per capirci), ma questo film di Virzì (che mi sta antipatico, senza un motivo) rappresenta un' ottima denuncia su cosa ormai riservi ai giovani (salvo fortunate eccezioni) da ormai più di 10-15 anni in Italia il "mercato del lavoro".
Il triste ambiente dei "call-center" (....in cui io ho lavorato) unisce sia persone poco istruite, sia brillanti laureati e nel film di questo ambiente si mettono in luce tutti i lati più abietti: la corsa per il risultato a tutti i costi nel'ambiente lavorativo, la "sola" data ai clienti, il cinismo e tante altre cose.
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Devo dire, per correttezza, che in genere non amo i film "buonisti", nè quelli stile Salvatores (per capirci), ma questo film di Virzì (che mi sta antipatico, senza un motivo) rappresenta un' ottima denuncia su cosa ormai riservi ai giovani (salvo fortunate eccezioni) da ormai più di 10-15 anni in Italia il "mercato del lavoro".
Il triste ambiente dei "call-center" (....in cui io ho lavorato) unisce sia persone poco istruite, sia brillanti laureati e nel film di questo ambiente si mettono in luce tutti i lati più abietti: la corsa per il risultato a tutti i costi nel'ambiente lavorativo, la "sola" data ai clienti, il cinismo e tante altre cose. Persino i gestori del "call center" (che ostentano sicumera e tiranneggiano i dipendenti) sono a loro volta patetiche vittime del "sistema".
Il film talvolta ricorre ad uno stile narrativo sopra le righe (quasi caricaturale) e unisce risvolti dalla comicità involontaria a fatti tragici. Per me è questo è un gran film-denuncia creato con uno stile quasi surreale e per questo mai noioso o prolisso: il tragico è che quello che si vede nel film è proprio la realtà (o parte della realtà) nei veri "call-center".
Ottimi tutti gli attori protagonisti: persino la Ferilli qui riesce qui ad immedesimarsi in un ruolo che sembra perfetto per lei e che forse è una delle sue migliori interpretazioni di sempre (o una delle poche che ricorderò oltre naturalmente alla sua bellezza)..
Film eccezionale e da vedere assolutamente: merita le 4 stelle piene.
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antonello villani
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venerdì 18 aprile 2008
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i call center in un ritratto ferocissimo
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Amarissimo Virzì nel fotografare quelle macchine infernali chiamate call center e capaci di portare all’esaurimento migliaia di giovani in cerca del sospirato lavoro. Succede a Marta, ragazza laureata cum laude in filosofia, con un libro nel cassetto ed un fidanzato partito come ricercatore per gli States dopo aver abbandonato uno stipendio da 300 euro mensili ed un lavoretto part time come dog sitter. Co.Co.Co li chiamano, la flessibilità esige sacrifici, dolore e sangue ma il compromesso sembra l’unica via d’uscita ad uno stato di perenne disoccupazione che costringe ragazze madri al mestiere più vecchio del mondo. Imbonitori questi manager che rincorrono le tre “s” sfruttando la debolezza di giovani senza arte né parte, mentre gli inni aziendali che scandiscono le ore sfiorano il patetico con balletti inneggianti al pensare positivo.
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Amarissimo Virzì nel fotografare quelle macchine infernali chiamate call center e capaci di portare all’esaurimento migliaia di giovani in cerca del sospirato lavoro. Succede a Marta, ragazza laureata cum laude in filosofia, con un libro nel cassetto ed un fidanzato partito come ricercatore per gli States dopo aver abbandonato uno stipendio da 300 euro mensili ed un lavoretto part time come dog sitter. Co.Co.Co li chiamano, la flessibilità esige sacrifici, dolore e sangue ma il compromesso sembra l’unica via d’uscita ad uno stato di perenne disoccupazione che costringe ragazze madri al mestiere più vecchio del mondo. Imbonitori questi manager che rincorrono le tre “s” sfruttando la debolezza di giovani senza arte né parte, mentre gli inni aziendali che scandiscono le ore sfiorano il patetico con balletti inneggianti al pensare positivo. Sabrina Ferilli, capo ufficio che sogna un futuro con il direttore, deve vedersela con un moderno Don Chisciotte impersonato da Valerio Mastrandrea; Micaela Ramazzotti è la bella svampita con figlia a carico; Isabella Ragonese è l’ingenua filosofa delusa da tutto e da tutti che si barcamena tra mariti fedifraghi e donne frustrate. Virzì resta sopra le righe, talvolta scivola nei luoghi comuni, eppure il suo film è cattivo quanto basta. Peccato veniale, perché “Tutta la vita davanti” ha il merito di denunciare una realta’ sommersa che non puo’ piu’ essere ignorata.
Antonello Villani
(Salerno)
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