michele
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giovedì 24 gennaio 2008
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da vedere e rivedere.
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Chi conosce il percorso di Ridley Scott riconosce la firma dell'autore di Blade Runner e Black Rain tra le strade della metropoli in cui i due protagonisti complessi si muovono e s'incontrano. L'asciutezza della messa in scena, in confronto a regie precedenti di Scott, ricorda in parte il percorso di Michael Mann nei suoi ultimi due film, anche se Scott è meno "notturno" rispetto alla visione del creatore di "Miami Vice". Lucas è il capitalismo nuovo, il progresso, quel tipo di progresso spregiudicato e vittorioso detestato dalle lobby conservatrici: e non c'è "incoerenza" nel suo personaggio diviso tra il rispetto totale per la famiglia e la violenza, è a suo modo integerrimo. Come, nelle mille contraddizioni, lo è il personaggio di Crowe.
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Chi conosce il percorso di Ridley Scott riconosce la firma dell'autore di Blade Runner e Black Rain tra le strade della metropoli in cui i due protagonisti complessi si muovono e s'incontrano. L'asciutezza della messa in scena, in confronto a regie precedenti di Scott, ricorda in parte il percorso di Michael Mann nei suoi ultimi due film, anche se Scott è meno "notturno" rispetto alla visione del creatore di "Miami Vice". Lucas è il capitalismo nuovo, il progresso, quel tipo di progresso spregiudicato e vittorioso detestato dalle lobby conservatrici: e non c'è "incoerenza" nel suo personaggio diviso tra il rispetto totale per la famiglia e la violenza, è a suo modo integerrimo. Come, nelle mille contraddizioni, lo è il personaggio di Crowe. E qui ritorna la tematica di molte pellicole altre pellicole di Scott (da "Il Gladiatore" a "Le crociate" fino a "1492"): la difficile, insopportabile possibilità di rimanere "puri" in un mondo che non riconosce più possibile questo valore. In "American gangster" il tema è sviscerato volutamente con più sobrietà rispetto ai precedenti, e Scott fa salva l'oggettività della narrazione, non schierandosi, ma raccontando - con un messa in scena che ricorda "Casinò" di Scorsese - senza fronzoli una storia necessaria di uomini che, ancora, come sempre nei suoi film, tentano di difendersi e sopravvivere, più che inserirsi.
Da urlo il montaggio di Scalia e la fotografia (desaturata) di Savides, mentre Washington è un perfetto cattivo laconico e apparentemente contradditorio; Crowe dimostra l'amore di lavorare per Scott, tanto da non essere minimamente affezzionato alla sua immagine di divo. E non dimentichiamo che il regista inglese è un maestro nella direzione d'attori.
Grandissimo film, tra i migliori nel genere. Pochi registi al mondo avrebbero potuto fare di meglio, forse nessuno.
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[+] gran bel film...ma...
(di francesco)
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sasha
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lunedì 4 febbraio 2008
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finalmente!
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Finalmente un film sui gangster dove non si vedono i soliti stereotipi, niente mafiosi italiani sempre sudati e in sovrappeso, niente sparatorie che durano almeno 10 minuti insomma la violenza non è mai gratuita e quella che si vede non disturba più di tanto perchè lo spettatore capisce che è necessaria (l'unica scena che non mi è piaciuta è l'uccisione del cane) alla storia. Ho trovato Denzel Washington perfetto nel ruolo di gangster intelligente e raffinato, non scende mai nella volgarità e non lo fa neanche il personaggio di Russel Crowe. Forse è questo il merito di Scott, raccontare una storia dura e cruda come il diffondersi della droga senza cadere nella volgarità e nella violenza gratuita.
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Finalmente un film sui gangster dove non si vedono i soliti stereotipi, niente mafiosi italiani sempre sudati e in sovrappeso, niente sparatorie che durano almeno 10 minuti insomma la violenza non è mai gratuita e quella che si vede non disturba più di tanto perchè lo spettatore capisce che è necessaria (l'unica scena che non mi è piaciuta è l'uccisione del cane) alla storia. Ho trovato Denzel Washington perfetto nel ruolo di gangster intelligente e raffinato, non scende mai nella volgarità e non lo fa neanche il personaggio di Russel Crowe. Forse è questo il merito di Scott, raccontare una storia dura e cruda come il diffondersi della droga senza cadere nella volgarità e nella violenza gratuita. E poi finalmente una storia diversa, originale e incredibilmente vera e non frutto di qualche sceneggiatore geniale. Ultimamente non c'è molta originalità al cinema, o si fanno remake (ho letto che stanno preparando quello degli "Uccelli")o ci si rassegna ai soliti film che, nonostante abbiamo titoli diversi, sono sempre tutti uguali.
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[+] non l''ho finito di guardare.
(di serpina)
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darjus
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domenica 25 novembre 2007
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il ritorno di ridley scott
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L’America: coacervo di pulsioni e compulsioni, spinte contrastanti e fenomeni indistinti, regno della mescolanza, di razze, di idee, di opinioni, di contrasti. Luogo di ambiguità e contraddizioni, in cui il razzismo al contrario e una guerra ingiusta, in un Paese lontano e sovrano, favoriscono un nero ambizioso, scaltro e dal cervello fino, ma dagli intenti poco nobili. E in cui i principi, anche quando elevati, possono sempre essere comprati. Con qualche rara eccezione. Una nuova e vecchia sfida, raccontata con stile classico e compatto, tra una guardia e un ladro, tra un bianco e un nero, inevitabilmente destinati a sfumare nel grigio, che, strano a dirsi, può nascondere tutti i colori dell’iride.
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L’America: coacervo di pulsioni e compulsioni, spinte contrastanti e fenomeni indistinti, regno della mescolanza, di razze, di idee, di opinioni, di contrasti. Luogo di ambiguità e contraddizioni, in cui il razzismo al contrario e una guerra ingiusta, in un Paese lontano e sovrano, favoriscono un nero ambizioso, scaltro e dal cervello fino, ma dagli intenti poco nobili. E in cui i principi, anche quando elevati, possono sempre essere comprati. Con qualche rara eccezione. Una nuova e vecchia sfida, raccontata con stile classico e compatto, tra una guardia e un ladro, tra un bianco e un nero, inevitabilmente destinati a sfumare nel grigio, che, strano a dirsi, può nascondere tutti i colori dell’iride. Scott recupera una storia vera, una storia d’America, che assomiglia a tante altre, ma che ha una sua potenza morale, un suo codice etico e dell’onore. Una storia di onestà e di ossessione. Di abilità e di cinismo. Il regista inglese mette in scena una pellicola classicheggiante, ben confezionata e avvincente e che non sposa una tesi definita, e, grazie ad un cast in gran forma, ritorna sulla retta via del cinema mainstream di alto livello. Una segnalazione speciale è dedicata alla conversazione tra Dominic Cattaneo, boss di origine britannica, e Frankie Lucas, che sta monopolizzando il mercato di eroina importando dal sud-est asiatico a prezzi stracciati (peraltro sfruttando gli aerei che tornano dalla guerra in Vietnam): prestate attenzione, c’è una raffinata critica alla delocalizzazione, malattia infettiva e ammorbante da cui è afflitta la globalizzazione. ***
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antonio benforte
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lunedì 28 gennaio 2008
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un gangster movie per palati facili
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American Gangster è un bel film, in fondo.
È la storia di Frank Lucas (Denzel Washington), giovane boss di Harlem che tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta monopolizzò il commercio di eroina a New York, bypassando gli intermediari e procurandosi la droga direttamente dal Vietnam, attraverso una serie di militari corrotti. Mentre scala rapidamente la vetta del narcotraffico americano, Richie Roberts (Russel Crowe), poliziotto integerrimo in un mare di poliziotti corrotti, si mette sulle sue tracce.
Sullo sfondo, la guerra del Vietnam, gli scontri razziali, la povertà del Bronx e di Harlem e la bella faccia della New York degli anni Settanta, quella più lucida e patinata.
Non ci sono grandi sbavature da parte del regista.
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American Gangster è un bel film, in fondo.
È la storia di Frank Lucas (Denzel Washington), giovane boss di Harlem che tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta monopolizzò il commercio di eroina a New York, bypassando gli intermediari e procurandosi la droga direttamente dal Vietnam, attraverso una serie di militari corrotti. Mentre scala rapidamente la vetta del narcotraffico americano, Richie Roberts (Russel Crowe), poliziotto integerrimo in un mare di poliziotti corrotti, si mette sulle sue tracce.
Sullo sfondo, la guerra del Vietnam, gli scontri razziali, la povertà del Bronx e di Harlem e la bella faccia della New York degli anni Settanta, quella più lucida e patinata.
Non ci sono grandi sbavature da parte del regista. Che però in queste storie di mafia e gangster non si muove a suo agio come Martin Scorsese, è evidente. E quindi pur regalando attimi di ottimo cinema, ogni tanto perde i colpi, sfilaccia un po’ troppo la storia, non approfondisce i caratteri di alcune importanti figure di contorno e viene riportato in carreggiata solo dalla ineccepibile interpretazione di Denzel Washington e da quella un po’ appesantita – ma sempre apprezzabile – di Russel Crowe.
Film lungo, forse troppo, ma non ci si annoia in sala. Le due figure sono ben tratteggiate e si contrappongono tra di loro quasi in maniera perfetta. Da una parte il boss di colore, dall’altro il poliziotto bianco. Da una parte il cattivo che ama la famiglia e si circonda di persone fidate, dall’altra l’uomo solo con una propria etica. Da una parte l’uomo sposato con una donna bellissima, dall’altra quello prossimo al divorzio, che cambia una donna al giorno ed è sul punto di perdere l’affidamento del figlio piccolo. Da una parte l’eleganza, dall’altra la rudezza.
Tra i due, è quasi un paradosso, si preferisce quasi sempre il gangster. Nonostante sia il re della droga, nonostante la sua Blu Magic (il nome dato alla sua eroina purissima) e nonostante il suo ruolo da cattivo. Impossibile non parteggiare per Denzel, sfido chiunque in sala.
Ci è piaciuto, comunque, American Gangster. E’ un film che appassiona e coinvolge, uno spettacolo che sa come non far addormentare lo spettatore. Però quando esci dalla sala ci pensi: pensi a tutti i gangster movie che l’hanno preceduto, e ti rendi conto che c’è qualcosa che non torna. Un prodotto lineare, elegante, ben congegnato: da sufficienza piena. Eppure, se paragonato a Scarface, a the Goodfellas o semplicemente a Carlito’s Way, non regge il confronto, nemmeno per un secondo.
Non resta nient’altro da fare, allora: non pensarci affatto, ricordare Alien, Duellanti e Blade Runner, e godersi comunque un buon film americano.
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[+] condivido in pieno (soprattutto il titolo)
(di giovanni caporali)
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[+] concordo pienamente
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[+] purtroppo c'è stato "gli intoccabili"
(di marco mattioni)
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greg2
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lunedì 8 novembre 2010
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denzel + russell: che spettacolo
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Ridley Scott, dopo il gladiatore, sforna un'altro capolavoro. American gangster è un film tratto da una storia vera che ci narra la vita di Frank Lucas, il più grande criminale mafioso di Harlem. Storia sceneggiata magnificamente, coinvolgente e recitata da due mostri del cinema che si sono calati ottimamente nella parte. Denzel Washngton, in particolare, non sbaglia mai film. I 180 minuti della versone integrale non si sentono neanche un po perchè il film è talmente scorrevole e ben fatto che non ci si annoia mai.
Grandissimo film, grandissima storia, grandissomo regista e grandissomo cast. In una parola sola: GUARDATELO!
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lilli
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domenica 17 febbraio 2008
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il bene, il male ed il peggiore dei mali
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Siamo a New York nel 1968. Russel Crowe è Richie, un poliziotto che studia “Legge” perché vorrebbe vederla applicata e tiene fede al suo senso di onestà sempre, anche se questa sua attitudine implica la rinuncia ad appropriarsi di denaro non suo, e lo rende consapevole che una tale scelta lo farà apparire sciocco e, cosa ancor più grave, diventare l’ “oggetto” del disprezzo dei colleghi.Richie è il"bene", è “le regole” ma è anche un uomo comune, con i suoi difetti, le sue debolezze, le sue"sconfitte". La passione per le belle donne e le continue assenze lo hanno portato ad essere un pessimo marito ed un padre poco attento. Denzel Washington è Frank, lo spietato gangster di Harlem: si è fatto una “posizione” commerciando eroina purissima a prezzi vantaggiosi, per stringere un patto gli basta dire “Sei un amico” e per uccidere con fredda determinazione degli avversari da quattro soldi, una pistola.
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Siamo a New York nel 1968. Russel Crowe è Richie, un poliziotto che studia “Legge” perché vorrebbe vederla applicata e tiene fede al suo senso di onestà sempre, anche se questa sua attitudine implica la rinuncia ad appropriarsi di denaro non suo, e lo rende consapevole che una tale scelta lo farà apparire sciocco e, cosa ancor più grave, diventare l’ “oggetto” del disprezzo dei colleghi.Richie è il"bene", è “le regole” ma è anche un uomo comune, con i suoi difetti, le sue debolezze, le sue"sconfitte". La passione per le belle donne e le continue assenze lo hanno portato ad essere un pessimo marito ed un padre poco attento. Denzel Washington è Frank, lo spietato gangster di Harlem: si è fatto una “posizione” commerciando eroina purissima a prezzi vantaggiosi, per stringere un patto gli basta dire “Sei un amico” e per uccidere con fredda determinazione degli avversari da quattro soldi, una pistola. Tuttavia Frank è anche il figlio ed il marito più adorabile e devoto del mondo. Frank è il “male”, è “le sue regole”.“A causa” di un cappotto di cincillà che lo renderà “il più chiassoso della stanza” (e quindi il più debole), per Frank comincerà a profilarsi l’inizio della fine…Il “bene” metterà in gabbia il “cincillà” (il “male”) e insieme lotteranno contro il peggiore dei mali: il “male” travestito da “bene”, la corruzione. Ottima l’interpretazione dei due attori (non riesco ancora a stabilire quale dei due mi sia piaciuto di più..chissà perché!):sebbene nel film girino pochissime scene insieme, esse sono tutte memorabili. Una su tutte, quella della “cattura” di Frank.Un faccia a faccia intenso quello tra Richie e Frank che sembra quasi un “duello” ma pacifico, immobile e silenzioso, col “mondo” che si ferma per conferire solennità all’evento, alla “caduta del Re”. Un grandioso film, una grandiosa ricostruzione degli Usa di fine anni‘60-inizio’70. I capelli cotonati dei neri, gli abiti “d’epoca” di Richie, le automobili. E sullo sfondo i drammi della droga e della guerra in Vietnam, dei drogati che si accasciano su un piatto doccia e dei soldati che tornano a casa dentro una bara. Coinvolgente dall’inizio alla fine.
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giulio brillarelli
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domenica 18 gennaio 2009
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quando l’eroina si tagliava col soul
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Le polemiche che hanno preceduto l'uscita di “American Gangster”, riguardanti la figura del “cattivo” Frank Lucas (Denzel Washington) trasfigurato sul grande schermo in una sorta di eroe da prendere a modello, non erano immotivate: a confronto col poliziotto che gli dà la caccia, Richie Roberts (Russell Crowe), Lucas stravince. Chi non vorrebbe sfoggiare il suo sardonico sorriso e il suo sangue freddo, quando nella caffetteria in cui sta facendo colazione la concorrenza cialtrona e spaccona viene a reclamare il suo “venti per cento”? Chi non vorrebbe avere il suo spirito d'intraprendenza, la sua determinazione negli affari (seppur sporchissimi come quelli della droga)? Chi non vorrebbe incazzarsi come lui, scagliando via il primo bicchiere a portata di mano con la stessa affascinante bestialità? Frank Lucas diventa il prototipo del self-made man, dell'uomo americano che, partendo dal nulla, arriva a costruire un impero dal potere accentratissimo.
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Le polemiche che hanno preceduto l'uscita di “American Gangster”, riguardanti la figura del “cattivo” Frank Lucas (Denzel Washington) trasfigurato sul grande schermo in una sorta di eroe da prendere a modello, non erano immotivate: a confronto col poliziotto che gli dà la caccia, Richie Roberts (Russell Crowe), Lucas stravince. Chi non vorrebbe sfoggiare il suo sardonico sorriso e il suo sangue freddo, quando nella caffetteria in cui sta facendo colazione la concorrenza cialtrona e spaccona viene a reclamare il suo “venti per cento”? Chi non vorrebbe avere il suo spirito d'intraprendenza, la sua determinazione negli affari (seppur sporchissimi come quelli della droga)? Chi non vorrebbe incazzarsi come lui, scagliando via il primo bicchiere a portata di mano con la stessa affascinante bestialità? Frank Lucas diventa il prototipo del self-made man, dell'uomo americano che, partendo dal nulla, arriva a costruire un impero dal potere accentratissimo. Viceversa, il poliziotto Richie Roberts sotto molti aspetti è un fallito, un “giusto” che pur di stare dalla parte della legge finisce per ritrovarsi tutti contro. Ma c'è una cosa, in fondo, che accomuna i due protagonisti: la solitudine. Quella di Roberts è più manifesta: viene emarginato dagli altri poliziotti perché è uno dei pochi onesti in circolazione, perde la famiglia, perde il suo collega che si è lasciato inquinare dall'eroina nel corpo e nell'anima, come tanti disperati che affollano le strade. Frank Lucas, invece, ha sempre qualcuno intorno, ma in fondo è solo in mezzo al mucchio. - - - Ridley Scott dà alla luce un film paragonabile per certi aspetti a “Quei bravi ragazzi” o “Casinò” di Martin Scorsese (alcune esplosioni di violenza di Lucas non possono non ricordare quelle dei personaggi di Joe Pesci), giocando spesso su toni e ritmi che conferiscono agli anni '70 il sapore epico e un po' nostalgico di un'epoca che è passata e che non tornerà più. Questi sono gli anni '70, baby, sono gli anni della guerra in Vietnam, superbasettoni e capelli lunghi, gli anni di Cassius Clay e della musica soul, la musica nera. Non a caso nella colonna sonora del film fanno la loro comparsa due dei brani più celebri del genere. “Green Onions” è semplicemente usata come sottofondo diegetico nel night vietnamita, intelligente allusione alla colonizzazione culturale, anche involontaria, che l'America ha sempre portato avanti con film e canzoni prima ancora che affidandosi alle pallottole e alle bombe. Sulle note del grande successo “Hold on, I'm comin' ” scritto nel 1966 da Isaac Hayes e David Porter per il duo Sam&Dave, Ridley Scott costruisce invece uno dei passaggi più significativi ed efficaci di “American Gangster”, quella sequenza a episodi che mostra le varie fasi del taglio e dello spaccio della “blue magic” per le strade di Harlem, con un frequente ricorso al ralenti che sembra voler immortalare una perversa età dell'oro in cui ci si bucava persino sulle scale di casa, con i neonati in braccio. - - - Non è la prima volta che lo sceneggiatore Steven Zaillian ci racconta un pezzetto di storia americana: suo nel 2002 lo script di “Gangs of New York”, in cui Martin Scorsese affrescava una Grande Mela, e per estensione un'America, violenta allora come (anzi, più di) oggi. Da “Gangs of New York” ad “American Gangster”: nell'un caso e nell'altro, la città di New York rimane il teatro e l'incarnazione di un'American Dream il cui volto oscuro sa indignare, terrorizzare, affascinare.
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tony montana
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lunedì 18 ottobre 2010
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un buon poliziesco eccellentemente diretto
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Il boss del crimine Frank Lucas governa il narcotraffico di Harlem, guidato da un rigoroso codice etico e secondo le dure e spietate leggi della strada. Quando l’incorruttibile Richie Roberts, decide di far crollare il suo impero multimilionario, i destini dei due uomini si intrecceranno in un incontro-scontro leggendario.
Anni 70. Il Vietnam dove infuria la guerra non è il solo paese dove si affrontano dure lotte. Anche la Grande Mela, la città di New York è divisa in due fronti: da una parte i poliziotti corrotti e i gangster, dall’altra i poliziotti purosangue di Roberts, disposti a sacrificare la vita per sgominare uno dei maggiori traffici della storia americana.
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Il boss del crimine Frank Lucas governa il narcotraffico di Harlem, guidato da un rigoroso codice etico e secondo le dure e spietate leggi della strada. Quando l’incorruttibile Richie Roberts, decide di far crollare il suo impero multimilionario, i destini dei due uomini si intrecceranno in un incontro-scontro leggendario.
Anni 70. Il Vietnam dove infuria la guerra non è il solo paese dove si affrontano dure lotte. Anche la Grande Mela, la città di New York è divisa in due fronti: da una parte i poliziotti corrotti e i gangster, dall’altra i poliziotti purosangue di Roberts, disposti a sacrificare la vita per sgominare uno dei maggiori traffici della storia americana. Questa è la trama del film 2008 dell’acclamato regista Ridley Scott che ha firmato otto anni prima la regia del Gladiatore, sempre con Crowe, nelle vesti di protagonista. Questa volta il buon Russell divide lo schermo con l’altrettanto bravo Denzel Washington, che assieme danno vita ad un vivido duo, che fa scintille, nel vero senso della parola. Scott dirige con maestria due fra i più grandi attori dei nostri tempi in un gangster movie che fonde hard-boiled a raffinato dramma dando vita alla cruda trasposizione del più grande scontro gangster-polizia degli ultimi quarant’anni. Ovviamente non è uno di quei capolavori che ha scritto la storia del cinema, ma certamente è un gangster movie che possiamo mettere fra i migliori del genere anche se il confronto con Il Padrino non regge. La regia è pressoché buona ( strepitoso l’inseguimento finale nella casa popolare ) e adatta benissimo lo script di Steven Zaillan, anche se non raggiunge gli stessi, elevati picchi raggiunti da Il Gladiatore. La fotografia riesce a ricostruire il clima dell’epoca, anche se non si respira molto un’atmosfera anni 70. Gli interpreti buoni, Denzel Washington recita da dio nella parte del mafioso raffinato e allo stesso tempo brutale, raggiungendo gli stessi picchi che ha raggiunto Marlon Brando. Russell Crowe è bravo come al solito, e recita benissimo ( capigliatura e brutto doppiaggio a parte ), però non ha lo stesso fascino di altre sue interpretazioni. Josh Brolin è una rivelazione. L’azione è concentrata nella parte finale del film mentre nel resto della pellicola si approfondisce lo sviluppo dei personaggi e della trama, tutto sommato, diretta benissimo. Ottimo poliziesco, un po’ lungo ma la lunghezza è perdonabile visto che il film è tratto da una storia vera. La trama coinvolge e affascina, quindi le quasi tre ore di pellicola, non si sentono.
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andyflash77
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sabato 28 luglio 2012
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una grande regia per un affresco della mala usa
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Ridley Scottdirige un gangster movie crudo e spietato dall'incredibile coerenza e solidità che accompagna il film durante l'intera notevole durata di due ore e quaranta minuti.
American Gangsternon lascia spazio alla scena ad effetto, non si poggia sull'intrattenimento facile, non lesina di deprecare lo spietato gangster che spaccia e uccide rovinando migliaia di famiglie condannandole alla dipendenza dalla droga pesante, attacca duramente la feroce corruzione che attanaglia la polizia nella città di New York alla fine degli Anni Sessanta, mette in cattiva luce il poliziotto integerrimo che persegue la giustizia a tutti i costi ma che rimane agli occhi dello spettatore un vizioso strafottente incapace di essere un marito degno e che non ambisce ad essere un buon padre disinteressandosi della felicità e del futuro del proprio bambino.
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Ridley Scottdirige un gangster movie crudo e spietato dall'incredibile coerenza e solidità che accompagna il film durante l'intera notevole durata di due ore e quaranta minuti.
American Gangsternon lascia spazio alla scena ad effetto, non si poggia sull'intrattenimento facile, non lesina di deprecare lo spietato gangster che spaccia e uccide rovinando migliaia di famiglie condannandole alla dipendenza dalla droga pesante, attacca duramente la feroce corruzione che attanaglia la polizia nella città di New York alla fine degli Anni Sessanta, mette in cattiva luce il poliziotto integerrimo che persegue la giustizia a tutti i costi ma che rimane agli occhi dello spettatore un vizioso strafottente incapace di essere un marito degno e che non ambisce ad essere un buon padre disinteressandosi della felicità e del futuro del proprio bambino.
Ridley Scott si pone interamente al servizio della storia, splendidamente scritta da Steve Zaillian, regalandoci una narrazione assolutamente verosimile, pura e ed emozionante, ogni scena, ogni personaggio viene sottolineato nella giusta misura: il grande regista ci offre un racconto appassionante in continuo crescendo, avvolto in ambientazioni coinvolgenti che ci permettono di tuffarci in una splendida rappresentazione d'epoca sostenuta dalla fotografia di Harris Savides.
La famiglia è al centro della pellicola: la fiducia, la comunione ed il patto di sangue che legano la famiglia afroamericana capeggiata dal gangster Frank Lucas intenta a gestire la lucrosa e sanguinaria attività d'impresa dell'eroina purissima, le rivali famiglie mafiose che vengono tagliate fuori pagando il caro prezzo del progresso e dei nuovi orizzonti della criminalità organizzata, la vasta e corrotta famiglia del corpo di polizia di New York indegna e becera addirittura per tre quarti del suo organico, la famiglia di Richie Roberts mandata allo sbando da un cattivo marito e padre assente.
American Gangster non rinuncia a colpevolizzare e demonizzare, non osanna i protagonisti, ambisce al realismo e alla verosimiglianza e non offre il fianco alla spettacolarizzazione: la guerra del Vietnam stava costando all'America un prezzo spaventoso in termini di vite umane e finanziamenti, la terribile piaga della tossicodipendenza era in forte ascesa e mieteva sempre più schiavi e vittime, la corruzione era diffusa a macchia d'olio e una classe privilegiata ed intoccabile di uomini bianchi reggeva i fili di giudici, avvocati e poliziotti newyorkesi agendo indisturbata con ingente profitto di tutti coloro che contavano.
Denzel Washingtone Russell Crowe si confermano in assoluto tra i più smaglianti attori in circolazione: il primo porta sul grande schermo in maniera brillante un bad guy maestoso, gangster e capo famiglia spietato che mette al primo posto gli affari e la sacra unione e coesione della famiglia, uomo dagli intoccabili principi che persegue la sua sfrenata ambizione abbattendo ogni ostacolo alla ricchezza e al potere; Russell Crowe riesce ancora una volta a cambiar volto in maniera sorprendente, sveste i magnifici panni di Ben Wade in Quel Treno per Yuma ed indossa quelli del detective Richie Roberts, dando vita con maestria ad un poliziotto dalla rara onestà ma allo stesso tempo uomo di famiglia scorretto e traditore, superficiale ed eterno assente, dimostrandosi ancora una volta tra i migliori, se non il miglior attore che abbia calcato gli schermi cinematografici negli ultimi dieci anni, personaggio scomodo ed irrequieto che non si è mai inchinato allo show business e alle beghe politiche di Hollywood.
American Gangster ricerca e trova il suo culmine nel primo incontrofaccia a faccia tra Frank Lucas e Richie Roberts, momento dai toni solenni, scena magistrale che sugella una straordinaria conclusione anticipata rispetto alla fine del film che giungerà venti minuti dopo, il gangster impassibile ed il detective visbilmente commosso ed eccitato finalmente si confrontano regalandoci una sequenza cinematografica da applausi.
La conclusione del film che ne segue è decisamente didascalica e riassuntiva seppur arricchita dal confronto a tavolino tra il gangster alla sbarra ed il poliziotto avvocato, Ridley Scott non manca di offrirci una seconda conclusione confezionata su misura per Frank Lucas, sentito omaggio al suo American Gangster vivido, appassionato ed emozionante.
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antonello villani
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lunedì 18 febbraio 2008
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due mattatori per un film vecchia maniera
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Ascesa e caduta del più grande spacciatore di New York. Siamo alla fine degli anni ’60 e la droga sembra essere l’unica via di fuga per tanti disperati cresciuti all’ombra di padrini che si spartiscono il mercato dell’eroina. Frank Lucas (Denzel Washington) è un gangster di colore che ha preso il comando di Harlem seguendo poche regole: onestà negli affari, precisione nei pagamenti, eliminazione dei nemici. Richie Roberts (Russell Crowe) è un detective tutto di un pezzo che ha alle spalle un matrimonio fallito ed una promozione alla sezione narcotici. Vite che s’incrociano nonostante viaggino su binari separati, perché il traffico coinvolge troppi soldi e persino i militari di stanza in Vietnam oltre ad un gran numero di poliziotti corrotti.
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Ascesa e caduta del più grande spacciatore di New York. Siamo alla fine degli anni ’60 e la droga sembra essere l’unica via di fuga per tanti disperati cresciuti all’ombra di padrini che si spartiscono il mercato dell’eroina. Frank Lucas (Denzel Washington) è un gangster di colore che ha preso il comando di Harlem seguendo poche regole: onestà negli affari, precisione nei pagamenti, eliminazione dei nemici. Richie Roberts (Russell Crowe) è un detective tutto di un pezzo che ha alle spalle un matrimonio fallito ed una promozione alla sezione narcotici. Vite che s’incrociano nonostante viaggino su binari separati, perché il traffico coinvolge troppi soldi e persino i militari di stanza in Vietnam oltre ad un gran numero di poliziotti corrotti. Ridley Scott dirige in maniera impeccabile un film che restituisce l’atmosfera di una città mai caduta così in basso, infestata di drogati e presa d’assalto dai criminali. La mafia si piega allo spirito imprenditoriale di un “brother” abile nell’ungere i funzionari di Stato, mentre tra le forze armate scoppia lo scandalo della tossicodipendenza e la sporca guerra arriva finalmente al suo epilogo. Colonna sonora che è un omaggio alla black music, due attori fin troppo ispirati che si ritrovano in un faccia a faccia da Oscar, fotografia che conserva intatta la memoria di un’epoca, “American Gangster” e’ un capolavoro che regala due ore e mezza di grandi emozioni.
Antonello Villani
(Salerno)
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