riccardo
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giovedì 16 giugno 2005
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bello
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Uscito dal cinema ero ancora incerto sul decidere se il film mi fosse piaciuto o meno, questo perchè in alcuni momenti pensavo che la pellicola fosse dedicata principalmente ad un pubblico infantile poi invece mi tornava in mente un film dark con la sua atmosfera cupa e la storia assolutamente sgradevole arricchita però dalla bavura del "trasformista" Carrey che dona al film comicità di rara bellezza accompagnata da gag gradevoli: questo contrasto "chiaro-scuro" dato dalla triste storia degli orfani Baudelaire e dalla simpatia-perfidia delle persone che li circondano e dall'asprezza degli ambienti mi ha colpito soltanto dopo aver visto il film e mi ha fatto riflettere su quanto le fiabe (molto simili a quelle di Andersen)possano ancora colpire il pubblico sia adulto sia infantile.
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c-claudia
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venerdì 8 gennaio 2010
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un elegante compromesso tra lacrime e risate
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I rintocchi secchi e decisi dei tasti della macchina da scrivere dell’ombrata e misteriosa figura di Lemony Snicket, conditi dai suo pensieri trasformati in parole dalla voce di Jude Law (nell’originale, s’intende), raccontano una fiaba maligna e sfortunata, una storia che Daniel Handler, questo è il vero nome dell’autore della saga Una serie di sfortunati eventi, ma fortunatissima in fatto di commercio (55 milioni di copie, più o meno), attinge direttamente dalla sua sfera biografica.
Brad Silberling, il giovane regista che più di una volta è andato a curiosare tra gli anfratti del soprannaturale, con Casper, e poi La Città degli Angeli, riporta sullo schermo i primi tre volumi della saga in una macabra, divertente commedia dal sapore aspramente sconsolante.
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I rintocchi secchi e decisi dei tasti della macchina da scrivere dell’ombrata e misteriosa figura di Lemony Snicket, conditi dai suo pensieri trasformati in parole dalla voce di Jude Law (nell’originale, s’intende), raccontano una fiaba maligna e sfortunata, una storia che Daniel Handler, questo è il vero nome dell’autore della saga Una serie di sfortunati eventi, ma fortunatissima in fatto di commercio (55 milioni di copie, più o meno), attinge direttamente dalla sua sfera biografica.
Brad Silberling, il giovane regista che più di una volta è andato a curiosare tra gli anfratti del soprannaturale, con Casper, e poi La Città degli Angeli, riporta sullo schermo i primi tre volumi della saga in una macabra, divertente commedia dal sapore aspramente sconsolante. Commedia, per modo dire, dato che inizia male e finisce ancora peggio.
Violet, Klaus e Sunny Baudelaire sono tre ragazzini dall’intelligenza vivacissima e dall’educazione squisita, impossibile non restarne conquistati. Un incendio improvviso li priva dei genitori, e data la loro giovane età, li riempie di un tutore. Jim Carrey, tanto spassoso quanto ampolloso, troppo “macchiettato” e divertente per far paura, veste i molteplici panni del Conte Olaf, un sadico e diabolico attore che vive in una catapecchia e agogna soltanto al cospicuo patrimonio dei fratelli. Senza mezzi termini, la spregevolezza dell’emaciato, imbruttito e invecchiato Jim Carrey porta a tentati omicidi e a svariati travestimenti nel desiderio di sottrarre i Baudelaire agli strampalati nuovi tutori che, al contrario degli ingegnosi bambini, usciranno di scena in comica e decisamente horror tragedia.
Il tutto è arricchito da una miriade di personalissimi e carismatici personaggi, dal flaccido e innocuo volto di Timothy Spall alla quieta e stravagante aura emanata da Billy Connolly (uno zio tanto affettuoso con i ragazzini quanto con i serpenti), passando per un prezioso barlume di Dustin Hoffman quale critico del pessimo teatro condotto da Olaf, fino a raggiungere lo spannung con quella che quasi ruba il primato di divertimento a Jim Carrey, ovvero quella ipocondrica, ansiosa, maniaca e innaturalmente fobica zia Josephine, uno spasso totale nella bellezza tutta sua di Merilyn Streep.
Troppo terrena per le atmosfere delicatissime e astratte di Tim Burton (lui e il suo messaggero preferito tra la sua mente e la gente, Johnny Depp, dovevano inizialmente vestire le divise di regista e Conte Olaf), una pregevole e misurata dose di humor nero pennella tra ambientazioni steampunk e nuvolose la fiaba/vita dei Baudelaire senza lieto fine, o, più semplicemente, senza fine alcuno. Il girotondo continua, la gloria è vana, il cattivo ancora una volta riesce ad avere la meglio, ma la gioia esiste. E’ il legame saldo e gentile dei tre fratelli il vero nucleo dell’intera storia, la loro complicità e interdipendenza, la loro fiducia e il loro ottimismo a tratti incredibile. Una storia che possiede, quasi senza rendersene conto, un messaggio pedagogico che andrebbe trasportato allo spesso sconsolato e auto-annerito mondo degli adulti.
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fedson
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mercoledì 20 febbraio 2013
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dark comedy sopra le righe!
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Quello che doveva essere un ambizioso progetto di Tim Burton, si è trasformato in un film ben riuscito sotto la regia di Brad Silberling. Questa curiosa e spassosa dark comedy vede la sua nascita dall'omonimo libro, che racchiude magicamente le avventure (gli sfortunati eventi, per l'appunto) degli orfani Baudelaire, tre ragazzini dotati di capacità fuori dal normale, intenti a scappare dalle grinfie dell'eccentrico Conte Olaf (Jim Carrey) che vuole impossessarsi della loro eredità a tutti i costi, travestendosi addirittura da altri personaggi strambi quanto lui, se necessario. La pellicola include tematiche e personaggi interessanti e funzionali. Ogni personaggio ha il suo significato e la sua interpretazione: la giovane Violet, abile inventrice, rappresenta la creatività che risiede in ogni ragazzo della sua età; il maschio, Klaus, giovane lettore in grado di ricordare tutto ciò che legge, incarna la curiosità di ogni suo coetaneo che si rispetti; e la più piccola, Sunny, che morde ogni cosa che trova, è fonte della conoscenza e voglia di conoscere che ogni infante scaturisce.
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Quello che doveva essere un ambizioso progetto di Tim Burton, si è trasformato in un film ben riuscito sotto la regia di Brad Silberling. Questa curiosa e spassosa dark comedy vede la sua nascita dall'omonimo libro, che racchiude magicamente le avventure (gli sfortunati eventi, per l'appunto) degli orfani Baudelaire, tre ragazzini dotati di capacità fuori dal normale, intenti a scappare dalle grinfie dell'eccentrico Conte Olaf (Jim Carrey) che vuole impossessarsi della loro eredità a tutti i costi, travestendosi addirittura da altri personaggi strambi quanto lui, se necessario. La pellicola include tematiche e personaggi interessanti e funzionali. Ogni personaggio ha il suo significato e la sua interpretazione: la giovane Violet, abile inventrice, rappresenta la creatività che risiede in ogni ragazzo della sua età; il maschio, Klaus, giovane lettore in grado di ricordare tutto ciò che legge, incarna la curiosità di ogni suo coetaneo che si rispetti; e la più piccola, Sunny, che morde ogni cosa che trova, è fonte della conoscenza e voglia di conoscere che ogni infante scaturisce. E poi c'è il macabro, ma geniale, Conte Olaf, figura di una società intenta solo a pensare ai propri profitti (economici soprattutto) e che, per questo, può rappresentare un pericolo per i i giovani. Tuttavia, i personaggi dei giovani sono anche segno di menti brillanti e creative che vivono e si contrastano in una società che non è loro, che non gli appartiene e che mai gli apparterrà; ma rappresentano quella sorta di maturità e quel modo di vedere adolescenziale, entrambi attinenti all'immaginazione dei ragazzi, che gli permettono di distinguersi totalmente dal mondo degli adulti, quest'ultimo ignaro dei problemi che corre il mondo infantile (di fatto, non c'è un adulto che ascolti o che segua i consigli e le indicazioni dei giovani orfani; inoltre, "i grandi" vengono disegnati con una mente molto più infantile di quella dei ragazzi). Personaggi al di là dell'assurdo, paesaggi e scenografie curate e studiate nel dettaglio, un'incalzante colonna sonora (di Thomas Newman) da capogiro, Jim Carrey che veste ben tre personaggi dando libero sfogo alla sua mimica sopra le righe (aiutato da un trucco che lo rende quasi irriconoscibile), tre giovani menti alle prese con la disastrosa sfortuna che li perseguita; il tutto decorato da uno stile steampunk a dir poco perfetto per questa storia che vi sorprenderà e vi farà apprezzare questo film nella sua semplicità. Adatto a qualsiasi genere di pubblico, anche letterario, perché no.
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francesco bristot
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lunedì 4 aprile 2005
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tim burton docet
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Una divertente commedia surreale, tratta dalla serie di romanzi per ragazzi di “Lemony Snicket” da poco edita anche in Italia.
Di fortissimo impatto visivo (splendide scenografie e costumi, non a caso nominate all’Oscar), la pellicola palesa in alcuni momenti la longa manus del produttore Barry Sonnenfeld, già regista de “La famiglia Addams” e del suo sequel, due titoli che con il black humor tipicamente anglosassone di questo film hanno non poco in comune. Quella che però si sente ancor più è l’influenza non dichiarata di una certa estetica tipica delle pellicole di Tim Burton, benché col tempo divenuta parte dell’immaginario collettivo. Alcune soluzioni narrative, alcuni piccoli particolari, alcune atmosfere sono tipici di Burton: valga per tutti il finale, dapprima con la nevicata candida in contrasto col grigiore della città (“Edward mani di forbice”, “Batman il ritorno”, “Sleepy Hollow”) e poi con l’auto che s’infila in una macchia di alberi che pare uscita direttamente dalla locandina di “Big Fish”.
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Una divertente commedia surreale, tratta dalla serie di romanzi per ragazzi di “Lemony Snicket” da poco edita anche in Italia.
Di fortissimo impatto visivo (splendide scenografie e costumi, non a caso nominate all’Oscar), la pellicola palesa in alcuni momenti la longa manus del produttore Barry Sonnenfeld, già regista de “La famiglia Addams” e del suo sequel, due titoli che con il black humor tipicamente anglosassone di questo film hanno non poco in comune. Quella che però si sente ancor più è l’influenza non dichiarata di una certa estetica tipica delle pellicole di Tim Burton, benché col tempo divenuta parte dell’immaginario collettivo. Alcune soluzioni narrative, alcuni piccoli particolari, alcune atmosfere sono tipici di Burton: valga per tutti il finale, dapprima con la nevicata candida in contrasto col grigiore della città (“Edward mani di forbice”, “Batman il ritorno”, “Sleepy Hollow”) e poi con l’auto che s’infila in una macchia di alberi che pare uscita direttamente dalla locandina di “Big Fish”.
Riguardo al cast, gran mattatore è ovviamente un Jim Carrey in gran forma, gigione scatenato forse in alcuni momenti fin troppo sopra le righe. Espressivi e simpatici i ragazzi, capaci di non farsi rubare troppo la scena. Interventi anche da parte di Meryl Streep, Dustin Hoffman e Jude Law.
Come quasi ogni pellicola per ragazzi, anche questo film è attento a veicolare alcuni messaggi pedagogici, ma lo fa col tocco felice di una certa autoironia e con una dosata leggerezza durante passaggi che in altre mani sarebbero potuti risultare patetici. Nel complesso riesce quindi a farsi vedere con gradevole trasporto da un pubblico di tutte le età, e anzi la frecciatina finale lanciata dal Conte Olaf suona come critica proprio nei confronti di quegli adulti che si rifiutano di dare ascolto ai bambini.
Da non perdere infine i titoli di coda, omaggio a Méliès, riccamente illustrati e molto suggestivi.
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[+] guarda che ho il tuo stesso cognome!
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aristoteles
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lunedì 25 gennaio 2016
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favola dark
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Una fiaba dark per bambini che può tranquillamente piacere anche ai più grandi.
Il pregio maggiore di questo prodotto è sicuramente la fotografia,aiutata da un Cast di alto livello.
Oltre ad attori bravissimi come Carrey e la Streep,Violet Claus e la piccola Sunny spadroneggiano nei cuori dello spettatore.
La storia si fa seguire volentieri ed anche se si entra più volte nel surreale, non si scade mai nel ridicolo.
La famiglia Baudelaire incanta tutti ,grandi e piccini, nelle quasi due ore di narrazione e va bene così,forse se il regista avesse "romanzato" un po di meno il prodotto,il risultao finale sarebbe potuto essere ancora migliore.
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Una fiaba dark per bambini che può tranquillamente piacere anche ai più grandi.
Il pregio maggiore di questo prodotto è sicuramente la fotografia,aiutata da un Cast di alto livello.
Oltre ad attori bravissimi come Carrey e la Streep,Violet Claus e la piccola Sunny spadroneggiano nei cuori dello spettatore.
La storia si fa seguire volentieri ed anche se si entra più volte nel surreale, non si scade mai nel ridicolo.
La famiglia Baudelaire incanta tutti ,grandi e piccini, nelle quasi due ore di narrazione e va bene così,forse se il regista avesse "romanzato" un po di meno il prodotto,il risultao finale sarebbe potuto essere ancora migliore.
Tuttavia si sorride,ci si intristice e ci si appassiona alla vita sfortunata di tre giovani orfani immersi in una valanga di avventure e peripezie al cardiopalma.
Tutto molto ben confenzionato,se cercate il capolavoro assoluto ed una storia di maggior spessore,dovreste rivolgervi altrove.
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peppe97
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venerdì 25 febbraio 2011
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una pellicola "storica-ironica"
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Il contesto storico-sociale appare molto chiaro e ben definito,e così avviene anche per la trama e per gli aspetti dei vari personaggi;anche se i veri protagonisti sono i fratelli orfani,che,pur non avendo tanta esperienza nel campo cinematografico,riescono a recitare come si deve,e a "scampare" dalle varie disgrazie sfiorate loro subite,da parte del "Conte olaf".Forse avrebbe ottenuto più successo se le varie scene,avrebbero rispettato un ordine più cronologico,ma anche più "lento".Nulla toglie il consiglio di visione del suddetto film,ovviamente!
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fabrizio marcolongo
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domenica 27 marzo 2005
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le favole per ricchi sono serene.
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Tutte le storie si poggiano su assiomi che si danno per scontati e che costruiscono la serenita’ dei lettori/spettatori.
Nella realta’ umana no. Non c’e’ nulla di scontato.
E nessuno e’ al sicuro!
Così la storia di Violet, Klaus, e Sunny da’ per scontato che la fratellanza sia un valore che travalica ogni altra emozione ed e’ piu’ forte. Nella realtà può non essere così.
Il Disturbo Istrionico di personalità del Conte Olaf, che cela la struttura proteiforme e camaleontica della personalità multipla, non trova in nessuno dei fratelli orfani un alleato, il che è veramente disumano e la storia non e’ credibile! Ma proseguendo in questa favola triste per bambini ricchi, c’è posto per la depressione ansiosa interpretata egregiamente da Meryl Streep, e per il disturbo narcisistico di personalità di Montgomery Montgomery e per la sua difficile considerazione dell’outing gay (una vita no limits nell’erpetologia).
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Tutte le storie si poggiano su assiomi che si danno per scontati e che costruiscono la serenita’ dei lettori/spettatori.
Nella realta’ umana no. Non c’e’ nulla di scontato.
E nessuno e’ al sicuro!
Così la storia di Violet, Klaus, e Sunny da’ per scontato che la fratellanza sia un valore che travalica ogni altra emozione ed e’ piu’ forte. Nella realtà può non essere così.
Il Disturbo Istrionico di personalità del Conte Olaf, che cela la struttura proteiforme e camaleontica della personalità multipla, non trova in nessuno dei fratelli orfani un alleato, il che è veramente disumano e la storia non e’ credibile! Ma proseguendo in questa favola triste per bambini ricchi, c’è posto per la depressione ansiosa interpretata egregiamente da Meryl Streep, e per il disturbo narcisistico di personalità di Montgomery Montgomery e per la sua difficile considerazione dell’outing gay (una vita no limits nell’erpetologia).
In tutti i casi queste figure sono presenti nella realtà e possono essere contattabili in qualsiasi ambulatorio di qualsiasi pediatra, con la differenza che molto spesso queste persone non sanno di essere come il Conte Olaf, o Montgomery o Josephine.
Alcuni zii, i fratelli o presunti tali dei genitori, hanno sempre qualcosa di patologico, di non considerato nel loro cuore. E’ questa non considerazione e non rispetto verso le loro problematiche genera altre non considerazioni, questa volta nei loro nipoti o presunti tali in questo club del binocolo, un club che vorrebbe guardare lontano, guardare quasi intergenerazionalmente, di padre in figlio, via, via, fino alla radice del problema.
Il problema radicale è nel simbolo. Un occhio che brucia ed uccide. E’ l’invidia. L’invidia dei non amati è una brutta bestia, cova per anni nel cuore cupo, sovrastato da paesaggi simili a quelli di questo film, denso di livore e rancore.
L’invidia degli zii diseredati, costretti in povertà.
Così è piu’ semplice. Ed il finale nel film come nella vita non e’ mai sereno.
www.marcolongofabrizio.it
www.moviemotions.com
E' bello quello che viene raccontato quasi alla fine del film, ... il gran finale che non può essere "lieto".
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[+] bravo!
(di signorina felicita)
[ - ] bravo!
[+] ma che cosa vuoi dire ?
(di vix)
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(di wow)
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[+] ma hai 60 anni!?
(di stellina)
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[+] 6 1 grande
(di secret friend)
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fred70
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martedì 29 marzo 2005
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scenografia, fotografia attori famosi
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Non manca proprio niente a Lemony Snicket's. E la magia? dov'e' la magia?
Per fare un bel film non se ne puo' fare a meno! Lemony Snicket's e' un film di buona manifattura ma non riesce a coinvolgere lo spettatore risultando lento e noioso. Forse perche' e' un film senza protagonisti (i 3 orfanelli non hanno una personalita' ma servono solo da spalla a Jim Carrey), o semplicemente perche' le magie non sempre riescono.
[+] bidibi bodibi....e un altra che non ricordo...
(di andrea)
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[+] vero
(di laurenzio)
[ - ] vero
[+] guarda che è bibidi bobidi bu!
(di stellina)
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[+] weeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
(di puffettina94)
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