luca scial�
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lunedì 11 febbraio 2013
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l'illusione del cinema
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Roma, dopoguerra. Maddalena vive col marito e la figlioletta in un basso, sognando una vita migliore. Saputo che il regista Blasetti cerca una piccola attrice sui 7 anni decide di far partecipare la figlia, anche se ha solo 4 anni. In fondo, anche per coronare attraverso lei un suo sogno nel cassetto: quello di fare cinema. Ma il mondo dello spettacolo è molto diverso da come si aspettava, fatto di opportunisti, cinismo e soprattutto illusioni. E lei ha dignità da vendere...
Sguardo severo di Luchino Visconti sul cinema, di cui critica l'apparenza di essere una fabbrica di sogni da pagare a caro prezzo. Tramite la straordinaria bravura della Magnani, il regista incarna nella protagonista i sogni di una donna semplice, proletaria, tutti scaraventati su una figlia indifesa.
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Roma, dopoguerra. Maddalena vive col marito e la figlioletta in un basso, sognando una vita migliore. Saputo che il regista Blasetti cerca una piccola attrice sui 7 anni decide di far partecipare la figlia, anche se ha solo 4 anni. In fondo, anche per coronare attraverso lei un suo sogno nel cassetto: quello di fare cinema. Ma il mondo dello spettacolo è molto diverso da come si aspettava, fatto di opportunisti, cinismo e soprattutto illusioni. E lei ha dignità da vendere...
Sguardo severo di Luchino Visconti sul cinema, di cui critica l'apparenza di essere una fabbrica di sogni da pagare a caro prezzo. Tramite la straordinaria bravura della Magnani, il regista incarna nella protagonista i sogni di una donna semplice, proletaria, tutti scaraventati su una figlia indifesa. Ma ha dignità da vendere, e non li baratta neanche per tutti quei soldi offertigli.
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video-r
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sabato 8 marzo 2014
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la vera bellezza
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A Cinecittà cercano una bambina che reciti da protagonista nel film “Oggi domani mai” e, in occasione di questo concorso, gli studi vengono assaliti da una folla di aspiranti attrici con madri a seguito; tra queste troviamo Maddalena Cecconi (una formidabile Anna Magnani, in un ruolo che sembra anticipare il successivo “Mamma Roma”), convinta che la figlia Maria possegga le doti necessarie per poter lavorare nello spettacolo. La competizione è però spietata e la donna si ritrova ben presto a ricorrere a figure che, più che favorire il successo della piccola, approfittano della situazione per trarne un tornaconto personale: assistiamo quindi alle bizzarre, quanto non richieste, lezioni di recitazione di tale Tilde Speranzoni e alle sfacciate avance di Alberto Annovazzi (un assistente di regia interpretato da un affascinante Walter Chiari) il quale, pur fallendo nel proprio intento, riesce però ad ottenere denaro sufficiente per comprarsi una lambretta.
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A Cinecittà cercano una bambina che reciti da protagonista nel film “Oggi domani mai” e, in occasione di questo concorso, gli studi vengono assaliti da una folla di aspiranti attrici con madri a seguito; tra queste troviamo Maddalena Cecconi (una formidabile Anna Magnani, in un ruolo che sembra anticipare il successivo “Mamma Roma”), convinta che la figlia Maria possegga le doti necessarie per poter lavorare nello spettacolo. La competizione è però spietata e la donna si ritrova ben presto a ricorrere a figure che, più che favorire il successo della piccola, approfittano della situazione per trarne un tornaconto personale: assistiamo quindi alle bizzarre, quanto non richieste, lezioni di recitazione di tale Tilde Speranzoni e alle sfacciate avance di Alberto Annovazzi (un assistente di regia interpretato da un affascinante Walter Chiari) il quale, pur fallendo nel proprio intento, riesce però ad ottenere denaro sufficiente per comprarsi una lambretta. Lo stesso ragazzo si dimostra così succube del consumismo ormai dilagante, fenomeno che abbaglia soprattutto coloro che, avendo alle spalle una vita di stenti, desiderano emergere e dimostrare di meritare qualcosa. Se però tutti bramano ricchezza e notorietà, nessuno sembra più disposto a faticare per raggiungerle: il talento e la dedizione diventano qualcosa da irridere, doti inutili cui preferire clientele e raccomandazioni, talvolta inefficaci pure quelle. Non saranno infatti spintarelle ad aiutare Maria nei suoi provini, dato che alla fine verrà scelta dal regista Alessandro Blasetti solamente per gli effetti comici della sua inesperienza. Maddalena non ha però dato alla luce sua figlia perché diventi lo zimbello del pubblico e, nonostante l'offerta di un lucroso contratto, preferisce continuare a guadagnarsi da vivere facendo punture a domicilio; grazie anche al ritrovato sostegno del marito Spartaco, è disposta ad accettare ogni tipo di sacrificio pur di non svendere il solo tesoro che hanno, la dignità loro e della loro bambina. Una bambina bellissima.
Nella pellicola, frutto di un inconsueto sodalizio tra Visconti e Zavattini, l'esuberanza stilistica del regista e il sentimentalismo dello sceneggiatore si stemperano a vicenda, dando vita a una narrazione perfettamente equilibrata. Ciò che importa ad entrambi non è tanto la storia quanto la realtà che vi si cela dietro; la loro obiettività è tale da non risparmiare nemmeno il loro stesso ambiente, quell'universo incantevole e incantatore che è il cinema, ormai ridotto a fabbricare non più sogni ma meri bisogni. Al fatato mondo dello star system Visconti oppone la forza stessa della realtà, un'operazione che verrà eseguita anche dal regista Matteo Garrone nel suo recente “Reality”. I tempi però sono mutati, e non in meglio: se prima l'evasione consisteva nel fantasticare avventure nel Far West e amori impossibili, adesso la pressione mediatica è diventata tale da impedire di distinguere la realtà dalla finzione. La realtà ha superato la fantasia?
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figliounico
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lunedì 24 ottobre 2022
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la retorica dei buoni sentimenti
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Il romanticismo zavattiniano, che distingueva bene sogno e realtà, frainteso da Visconti, che, sebbene utilizzi lo stile neorealista, racconta, attraverso la metafora del mondo del cinema, una favola per il popolino finto ingenuo dell’italietta degli anni ’50, che, già vittima dei miti d’oltreoceano esportati da Hollywood, in procinto d’essere fagocitata totalmente dall’industria americana della celluloide, si asserraglia nel fortino illusorio dei buoni sentimenti presunti atavici, per scoprire infine che la corruzione non ha risparmiato nessuno, tranne il buon Blasetti, rappresentante d’un altro tempo, forse nostalgicamente rimpianto. Al di là della interpretazione della Magnani, il film, legato ad una polemica superata, risulta ostico per l’audio in presa diretta che rende incomprensibili quasi tutti i dialoghi e noioso in alcune scene osannate invece dai critici, come quella del corteggiamento di Chiari alla Magnani, diavolo tentatore che insidia l’innocente popolana.
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Il romanticismo zavattiniano, che distingueva bene sogno e realtà, frainteso da Visconti, che, sebbene utilizzi lo stile neorealista, racconta, attraverso la metafora del mondo del cinema, una favola per il popolino finto ingenuo dell’italietta degli anni ’50, che, già vittima dei miti d’oltreoceano esportati da Hollywood, in procinto d’essere fagocitata totalmente dall’industria americana della celluloide, si asserraglia nel fortino illusorio dei buoni sentimenti presunti atavici, per scoprire infine che la corruzione non ha risparmiato nessuno, tranne il buon Blasetti, rappresentante d’un altro tempo, forse nostalgicamente rimpianto. Al di là della interpretazione della Magnani, il film, legato ad una polemica superata, risulta ostico per l’audio in presa diretta che rende incomprensibili quasi tutti i dialoghi e noioso in alcune scene osannate invece dai critici, come quella del corteggiamento di Chiari alla Magnani, diavolo tentatore che insidia l’innocente popolana. Altra metafora del mondo moderno importato che travia i sani costumi italici. Il finale è l’esaltazione retorica di una castità popolare mai esistita, mito che ha il suo riscontro speculare proprio negli eroi positivi dei western che si proiettano sotto casa della protagonista e che nelle buone intenzioni di Visconti dovrebbero rappresentare le sirene incantatrici del modernismo che avanza ed al quale occorrerebbe opporre un secco rifiuto. Ma quel finale, idealistico ed inverosimile, stride col realismo della storia e lo rende ridicolmente inguardabile.
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stefano capasso
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giovedì 29 dicembre 2022
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una fabbrica dei sogni lontana dalla realtà
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Maddalena Cecconi, donna della povera borgata romana sogna di far entrare la piccola figlia Maria nel cinema. L’occasione si presenta quando il regista Blasetti indice un concorso per scegliere una bambina per il suo nuovo film. A Cinecittà, entra in confidenza con un giovane, Annovazzi, che fa parte della cerchia del regista, che le promette in cambio di denaro, e magari qualche favore sessuale, di aiutare la piccola a superare il provino. Maddalena rifiuta le avances e consegna al giovane tutti i suoi risparmi, ma il provino si rivela un disastro e dell’aiuto promesso, ovviamente, non c’è traccia.
Luchino Visconti in uno dei suoi capolavori, rivolge le sue attenzioni alla gente comune, quella che oltre a sognare di fare qualche soldo, spera di poter contare qualcosa nella società del tempo, così radicale nei suoi estremi.
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Maddalena Cecconi, donna della povera borgata romana sogna di far entrare la piccola figlia Maria nel cinema. L’occasione si presenta quando il regista Blasetti indice un concorso per scegliere una bambina per il suo nuovo film. A Cinecittà, entra in confidenza con un giovane, Annovazzi, che fa parte della cerchia del regista, che le promette in cambio di denaro, e magari qualche favore sessuale, di aiutare la piccola a superare il provino. Maddalena rifiuta le avances e consegna al giovane tutti i suoi risparmi, ma il provino si rivela un disastro e dell’aiuto promesso, ovviamente, non c’è traccia.
Luchino Visconti in uno dei suoi capolavori, rivolge le sue attenzioni alla gente comune, quella che oltre a sognare di fare qualche soldo, spera di poter contare qualcosa nella società del tempo, così radicale nei suoi estremi. Il cinema sembra promettere gloria e denaro, in particolare quello neorealista allarga quest’illusione a chiunque, salvo poi rivelarsi, proprio nelle parole della montatrice ex attrice, esattamente solo un’illusione. Ma è questa fabbrica dei sogni che sembra essere completamente distaccata dalla realtà del quotidiano, con i suoi personaggi privi di etica e sensibilità che hanno come unico scopo il prodotto finale con gli introiti e la fama che ne deriva.
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il cinefilo
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domenica 6 marzo 2011
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il club delle megere di luchino visconti
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Maddalena Cecconi vuole che la sua piccola figlia abbia un futuro nella cinematografia e perciò la trascina,letteralmente,a Cinecittà per il provino al cospetto di Alessandro Blasetti...è questa la trama di quello che,a mio giudizio,è uno dei peggiori film in assoluto del periodo neorealista e ,fino ad oggi,la più colossale delusione cinematografica della mia modesta esistenza.
L'obiettivo del regista L.Visconti e di cesare Zavattini(autore del soggetto)avrebbe dovuto essere quello di attaccare frontalmente i falsi miti del cinema e di coloro,i produttori,che fanno parte di quel mondo...e l'obiettivo sarebbe senz'altro nobilissimo.
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Maddalena Cecconi vuole che la sua piccola figlia abbia un futuro nella cinematografia e perciò la trascina,letteralmente,a Cinecittà per il provino al cospetto di Alessandro Blasetti...è questa la trama di quello che,a mio giudizio,è uno dei peggiori film in assoluto del periodo neorealista e ,fino ad oggi,la più colossale delusione cinematografica della mia modesta esistenza.
L'obiettivo del regista L.Visconti e di cesare Zavattini(autore del soggetto)avrebbe dovuto essere quello di attaccare frontalmente i falsi miti del cinema e di coloro,i produttori,che fanno parte di quel mondo...e l'obiettivo sarebbe senz'altro nobilissimo...peccato per Visconti che,all'epoca e in tema di"falsi miti",egli non poteva avere il disonore di visionare quell'immondezzaio che oggi si chiama"televisione"e al cui confronto la presunta spietatezza di BELLISSIMA appare oggi come il delicatissimo cinguettio di un passerotto...peccato che il film non sia buono nemmeno in tal senso.
Mi aspettavo un operazione intensa e coinvolgente e per i primi cinque minuti di titoli di testa con,sullo sfondo,un orchestra all'completo ero ben disposto a crederci...poi mi sono dovuto ricredere dal momento in cui è ufficialmente entrata in scena Anna Magnani(che comunque era presente anche all'interno dell'orchestra)con la figlioletta...la bravura dell'attrice è innegabile ma vederla imprigionata in questo ruolo da madre perennemente isterica e deficiente che pur di vedere spiattellata la sua bambina sul grande schermo mi ha fatto una curiosa impressione...e poco c'è mancato che mi catapultassi all'indietro dalle risate per la completa imbecillità dell'immagine.
Il severo monito Viscontiano all'industria del cinema"made in Italy"sprofonda sotto un obbrobriosa e demenziale carrellata di stupide megere(nel vero senso della parola)che sembrano rappresentare,una per una,l'esatto opposto di quello che oggi ci viene propinato dalle televisioni,in maniera altrettanto ignobile e diseducativa,come l'immaginario della"donna sexy"e,peggio ancora,"donna oggetto".
La vicenda affonda a più riprese nel ridicolo involontario...così come quella stupida marmaglia di madri,zie e nonne alias le orripilanti megere che affollano gli studi di Cinecittà nella speranza di gettare le loro bambine in pasto all'avidità dei produttori e che qui,come fenomeno,non viene nemmeno spiegata bene e tutto a vantaggio di una Magnani arroccatasi nel suo apoplettico isterismo materno di bassa lega teso,per oltre novanta minuti di fila,solamente al futuro recitativo della bimba e rivisto adesso un personaggio simile fa soltanto ridere ancora prima di incutere pietà per la sua demenziale esistenza.
Si potrà legittimamente ribattere:"è una povera lavoratrice proletaria che desidera soltanto che la figlia abbia un futuro migliore e bisogna avere comprensione"e il ragionamento non farebbe una grinza se non fosse che la messa in scena appare talmente,sebbene velatamente,grottesca da rasentare l'insopportabilità.
Insopportabile come il personaggio di Walter Chiari,un povero smidollato...insopportabile come il piagnisteo finale della Magnani commovente e credibile quanto può esserlo Federico Moccia che tenta di riscrivere la divina commedia di Dante Alighieri...e,verso la fine,Visconti vorrebbe rendere evidente e palpabile la crudeltà etica del film con le apparizioni del regista(il regista Blasetti,nel ruolo di se stesso,è stato uno dei principali cineasti del ventennio fascista)e degni compari che,agli strilli piagnucolosi della piccola Cecconi nel provino,reagiscono con una sonora e interminabile risata sotto gli occhi attoniti dell'isterica protagonista.
In questa sequenza il regista vuol dire"guardate quanto sono spietati e crudeli questi alfieri immorali di Cinecittà"e la scena avrebbe potuto anche essere molto efficace se non fosse stato per i primi devastanti 90 minuti in cui l'unica cosa che mi sono dovuto sorbire è stata una sfilata di stupide mamme decerebrate e l'intera sequenza in cui W.Chiari tenta di abbordare la Magnani vicino al fiume di spaventosa inutilità.
Il vero cinema di questo grandissimo regista non ha nulla a che vedere con questo emerito club delle megere dove gli strilli pagliacceschi dello scontro tra Maddalena e Spartaco Cecconi simboleggiano la frenetica inutilità di questa falsa pietra miliare del nostro cinema.
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il cinefilo
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lunedì 25 luglio 2011
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un vero girotondo di miseria e pochezza mentale
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Sono passati solamente otto anni da OSSESSIONE(il film che,nel 1943,avviò la grande stagione del neorealismo italiano)ma già mi pare che Visconti,con questo suo film del 1951,abbia smarrito completamente ogni possibile forma di estro ed eleganza formale precedentemente concepiti ed esibiti al più alto livello(il primo capolavoro citato e LA TERRA TREMA del 1948) stroncati bruscamente da quel fenomeno che io garbatamente definisco:"implosione apoplettica di ogni raffinatezza".
Anna Magnani alias la matrona delle stupide megere(almeno per tre quarti di film e per capire meglio conviene leggere la mia prima recensione)è riuscita,almeno su BELLISSIMA,a disintegrare la propria credibilità artistica in nome di una sceneggiatura fatalmente in sovrappeso di almeno 25 kili di imbecillità totale e limpidissima ciarlataneria francamente oltre misura.
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Sono passati solamente otto anni da OSSESSIONE(il film che,nel 1943,avviò la grande stagione del neorealismo italiano)ma già mi pare che Visconti,con questo suo film del 1951,abbia smarrito completamente ogni possibile forma di estro ed eleganza formale precedentemente concepiti ed esibiti al più alto livello(il primo capolavoro citato e LA TERRA TREMA del 1948) stroncati bruscamente da quel fenomeno che io garbatamente definisco:"implosione apoplettica di ogni raffinatezza".
Anna Magnani alias la matrona delle stupide megere(almeno per tre quarti di film e per capire meglio conviene leggere la mia prima recensione)è riuscita,almeno su BELLISSIMA,a disintegrare la propria credibilità artistica in nome di una sceneggiatura fatalmente in sovrappeso di almeno 25 kili di imbecillità totale e limpidissima ciarlataneria francamente oltre misura.
Il carisma di Anna(assai poderoso nei dialoghi anch'essi involontariamente deficienti che ho dovuto subire),poi,è direttamente proporzionale alla"stupidità"che si respira in ogni dove durante la disgraziata durata di 109 minuti...un eternità se passata a sopportare,a spezzoni alterni,strilli infantili e le pietose scenate(di cui ho già ampiamente discusso nella mia recensione precedente)da parte della fu Magnani che,muovendosi sul set con l'identica grazia di un tapiro sull'orlo della fossa dei serpenti,non tenta nemmeno lontanamente di approdare a quel pudico decoro interpretativo così interessante e così diffuso durante il fu neorealismo riducendosi invece a berciare scemenze quasi in ogni momento che gli è stato reso doveroso esporre con tanta scempiaggine esponendone la sotterranea vergognosa superficialità.
Quel che in altre precedenti"meraviglie"di Visconti(le opere citate diverse righe addietro)era fascino allo stato puro qui è,invece,un concentrato di putridume finto-realista dalle becere ed immonde esalazioni...una bufala messa in piedi dal regista nell'errata convinzione di fare dell'arte ove di culturale non c'è una beata fava.
Con BELLISSIMA mi sono trovato di fronte a niente di meno che un"orchestra di befane"cui mancano solamente le scope per poter volare nei cieli sopra cinecittà insieme alle loro povere figliolette.
Difficile stabilire,in ultima analisi,chi sia il maggiore"compositore-responsabile"di questa orchestra pestilenziale...se lo stesso Luchino oppure,in maggiore misura,gli altri corresponsabili di questo dubbio reato filmico contronatura quali la fu Suso Cecchi D'Amico,Francesco Rosi o l'autore del soggetto ovvero tale Cesare Zavattini la cui cosmica carriera,a quanto pare,non poteva non inciampare in qualche bruttissimo passo falso...ma ritengo che tutti si siano macchiati in eguale misura di cotale disgrazia e perciò mi astengo da ulteriori commenti sugli autori.
Fortunatamente il grande cineasta nostrano è riuscito,nel 1960,a riguadagnarsi la dovuta gloria con il mitico ROCCO E I SUOI FRATELLI e che cancellerà via dai brutti pensieri(almeno della mia testa mentre su quella generalmente collettiva non mi azzardo a esprimermi)il tragicomico ricordo di BELLISSIMA.
Cosa,dunque,è più esteticamente ripugnante,almeno per la media di quegli anni,di una orripilante"cricca di befane"che tendono ad ammassarsi come animali in una stanza in nome della futura gloria delle loro innocenti mocciose?e in cui ogni lontana parvenza di decoro è,pultroppo,uno stracco ricordo parassitario che non trova più posto ne in cielo ne in terra?ecco il grande problema,dunque.
Maddalena Cecconi(quasi l'alter ego,sull'orlo che separa la quasi normalità dal completo rincoglionimento,della Magnani),pare,non ha altri motivi per campare su questa terra se non quello di"coronare"lo"splendore"di sua figlia sul grande schermo...in base a ciò è pressochè evidente(per il sottoscritto)la grettezza ironica del tutto il cui unico merito merito poteva essere quello d'aver anticipato,al suo tempo,l'attuale fogna mediatica subculturale ...peccato che tale nota di merito crolli a fronte delle sue imperdonabili e colossali note di demerito...le quali fuoriescono a ogni angolo stritolando BELLISSIMA sotto una micidiale"incudine"di nefasta potenza...tale da tramortire l'originaria concezione del neorealismo di Visconti e ridurlo in potere di tutto quello che,moralmente e nei costumi,c'era di peggio nell'Italia dei primi anni cinquanta.
Tale catastrofe è stata possibile a causa della completa incapacità del buon Luchino(ammetto che,scritto così,sembra più che altro la marca di un alcolico)di riuscire a compiere una qualche minima"innovazione"nel campo dello studio della realtà di quegli anni...che,come pensatore del cinema italiano,erano,tra gli altri,i suoi anni.
CONCLUSIONE:aggiungo,definitivamente,che si tratta di un prodotto scadente a cui non ha giovato un immeritato successo presso la critica dei bei tempi andati...che,oggi come a quel tempo,non solo si è fatta beatamente abbindolare dal viso piagnone e ridicolo della Magnani ma ha anche consacrato(una volta per tutte,oserei aggiungere)il"prototipo"dell'idiozia mascherata da arte accecando i suddetti critici di ieri e di oggi e oscurandogli la possibilità di vederlo per quello che,in realtà,era,è tuttora,e sempre sarà:una PAGLIACCIATA.
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(di arthur29)
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