teresa trivellin
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martedì 2 maggio 2006
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"umano, troppo umano"
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Il vero acme dell’imminente tragedia della contessa Serpieri è tutta in quel “Sì, Franz, resta!”.
Perdutamente innamorata, bovaristicamente catturata dal vitalismo giovanile e dalla ipocrita poesia del fascinoso ufficiale austriaco che con cinico opportunismo declama versi di Heine, Livia consuma in una Venezia morente e tragica, l’ultima speranza di vita vera, di passione, al di là delle convenzioni ipocrite e delle maschere sociali.
Simpatizza per i patrioti che stanno preparando la guerra all’Austria; protegge il cugino romanticamente pronto all’eroismo risorgimentale, ma finisce, per dubitare di quegli ideali che non compendiano il suo amore: un drammatico dilemma in cui la “ragione soggiace al talento” spalancandole le porte dell’Inferno.
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Il vero acme dell’imminente tragedia della contessa Serpieri è tutta in quel “Sì, Franz, resta!”.
Perdutamente innamorata, bovaristicamente catturata dal vitalismo giovanile e dalla ipocrita poesia del fascinoso ufficiale austriaco che con cinico opportunismo declama versi di Heine, Livia consuma in una Venezia morente e tragica, l’ultima speranza di vita vera, di passione, al di là delle convenzioni ipocrite e delle maschere sociali.
Simpatizza per i patrioti che stanno preparando la guerra all’Austria; protegge il cugino romanticamente pronto all’eroismo risorgimentale, ma finisce, per dubitare di quegli ideali che non compendiano il suo amore: un drammatico dilemma in cui la “ragione soggiace al talento” spalancandole le porte dell’Inferno.
Mahler, spregiudicato, narciso, a tratti capace di interessanti sprazzi di lucido realismo disincantato, sfrutta l’amore della donna per denaro, per essere tanto poco eroicamente riformato e, senza pietà, deformando disgustosamente le sue maniere gentili in avidità, con quasi disperato senso di autoannientamento, umilia la donna “non più giovane” che “non si fa pagare” ma “paga” per averlo, preparando così, forse consapevolmente la sua fine.
Dopo le attese fatali, l’angoscia, l’illusione, Livia, di fronte all’amara verità, un tempo solo temuta, dell’amore mai ricambiato, denuncia Franz che verrà fucilato.
Splendidi gli ambienti, interni ed esterni: Venezia, umida, marcia, sontuosa e cadente, notturna e mortifera; La Fenice, le dimore signorili, eleganza antica. La campagna veronese prima della battaglia: alacre e laboriosa, luminosa e carica di speranze, contadini, morbidi granai, placide, inconsapevoli residenze aristocratiche … finestre aperte, tendaggi bianchi, paesaggi segantiniani...
Poi il sangue: soldati in marcia verso il sacrificio tra i covoni e la natura sacra, dorata, che non vorrebbe macchiarsi di quel giovane sangue.
Un mondo passato che sparisce e un mondo nuovo “che non è più per noi”, grida Franz.
Fotografia d’arte che sconfina nella pittura: Hayez, i macchiaioli, Segantini, Fattori, Pellizza da Volpedo.
Musica e colori intensi, forti, carichi e pesanti, incombenti.
Rosso e nero. Sempre più nero fino alla trasformazione dei veli eleganti di Livia nelle gramaglie di un lutto assoluto per la tragica fine delle speranze e delle illusioni.
E tanta metafora della recente storia d’Italia: di un altro “piede straniero sopra il cuore”, di altri bruti attratti da “galloni, mostrine e bande” che con ferocia, brutale violenza, cinico disprezzo di uomini e cose hanno seminato il terrore nelle nostre terre, nella follia di un’altra guerra.
Altri uomini, ancora lontani dalle loro famiglie…
Ma sempre gli stessi.
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il cinefilo
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domenica 5 dicembre 2010
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senso
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Ispirandosi al racconto scritto da Camillo Boito nel 1883(chiamato proprio"senso")il regista Luchino Visconti e la sceneggiatrice Suso Cecchi D'amico riescono a coniugare sapientemente tra loro tre elementi:la vicenda storica(si parla della battaglia tra gli italiani e gli austriaci),l'omaggio agli ideali del patriottismo(non solo italiano)e il romanticismo letterario di cui si sono fatti"narratori"alcuni dei più importanti autori della storia del 19°secolo.
L'intensa vena sentimentale di cui è pervasa una grossa parte del film potrebbe,se inquadrata sotto una diversa ottica,anche infastidire ma è comunque ineccepibile(sotto ogni aspetto)la sua"mescolanza tecnica"con alcuni valori come la patria e l'italianità.
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Ispirandosi al racconto scritto da Camillo Boito nel 1883(chiamato proprio"senso")il regista Luchino Visconti e la sceneggiatrice Suso Cecchi D'amico riescono a coniugare sapientemente tra loro tre elementi:la vicenda storica(si parla della battaglia tra gli italiani e gli austriaci),l'omaggio agli ideali del patriottismo(non solo italiano)e il romanticismo letterario di cui si sono fatti"narratori"alcuni dei più importanti autori della storia del 19°secolo.
L'intensa vena sentimentale di cui è pervasa una grossa parte del film potrebbe,se inquadrata sotto una diversa ottica,anche infastidire ma è comunque ineccepibile(sotto ogni aspetto)la sua"mescolanza tecnica"con alcuni valori come la patria e l'italianità.
La vicenda di una donna che si abbandona completamente alla passione rinnegando i suoi stessi principi salvo poi scoprire una verità ripugnante a proposito del suo"amore proibito"(un ufficiale austriaco)è l'epicentro narrativo che permette alla storia di muoversi garantendogli gran parte della sua notevole forza espressiva.
L'amore e l'ossessione travalicano ogni questione circa la durezza della realtà che avvolge i protagonisti fino a sfociare in un dramma tanto inaspettato e terribile quanto,probabilmente,anche meritato.
La figura di Alida Valli(veramente molto bella)e quella di Farley Granger sembrano"calzare a pennello"con i rispettivi ruoli che sono stati pensati per loro e in cui sono riusciti a infondere quel fascino e quell'amore per la recitazione che a stento si riesce a trovare in moltissimi film attuali.
La scenografia è bellissima ed elegante(rende pienamente onore alla verità storica),i costumi sono accuratissimi e l'intera sequenza iniziale ambientata all'interno di un teatro(in cui emerge con chiarezza la conflittualità tra gli italiani e gli austriaci)è affascinante nella sua maestosità.
Personalmente non riesco a decidermi quale aspetto del film ho apprezzato maggiormente:se a livello interpretativo,a livello estetico o a quello ideologico ma è un dubbio che scompare dai miei pensieri ogni volta che ripenso all'opera nel suo complesso...sublime.
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luigi chierico
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giovedì 15 maggio 2014
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unico
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L’ottimo regista Luchino Visconti,vanto del nostro Cinema.nelle sue numerose regie ha rivolto la sua attenzione al ceto nobile, dirigendo almeno tre film,ambientati nella Storia o nel periodo del nostro Risorgimento,che hanno segnato la storia del nostro cinema,per la cronaca:
Nel 1954 “Senso” che si svolge nel 1866 durante la seconda guerra d’indipendenza
Nel 1963 “Il Gattopardo” che si svolge nel 1860 dopo La spedizione dei Mille
Nel 1973 “Ludwig” che si svolge nel 1864 quando Ludwig sali al trono di Baviera.
Accanto alla modesta gente di “Bellissima”,“La terra trema”,“Ossessione”,“Rocco e i suoi fratelli” presenta il marchese Umberto Ussoni, la contessa Livia Serpieri,don Fabrizio il principe di Salina ed il regnante Ludwig,con tutto il lusso e lo sfarzo dei loro palazzi e vestiti.
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L’ottimo regista Luchino Visconti,vanto del nostro Cinema.nelle sue numerose regie ha rivolto la sua attenzione al ceto nobile, dirigendo almeno tre film,ambientati nella Storia o nel periodo del nostro Risorgimento,che hanno segnato la storia del nostro cinema,per la cronaca:
Nel 1954 “Senso” che si svolge nel 1866 durante la seconda guerra d’indipendenza
Nel 1963 “Il Gattopardo” che si svolge nel 1860 dopo La spedizione dei Mille
Nel 1973 “Ludwig” che si svolge nel 1864 quando Ludwig sali al trono di Baviera.
Accanto alla modesta gente di “Bellissima”,“La terra trema”,“Ossessione”,“Rocco e i suoi fratelli” presenta il marchese Umberto Ussoni, la contessa Livia Serpieri,don Fabrizio il principe di Salina ed il regnante Ludwig,con tutto il lusso e lo sfarzo dei loro palazzi e vestiti.
Senso è bellissimo ma anche tanto amaro e triste nella sua agghiacciante vicenda.
Ottimi tutti gli attori e le centinaia di comparse,la fotografia,l’ambientazione;pregevoli la ricostruzione storica,i costumi e divise;eccezionale l’aria del Trovatore “Di quella pira l’orrendo fuoco”,a cui farà eco a gran voce“Viva l’Italia”gridato da tutto il l pubblico italiano,cantata nello sfarzo del teatro della Fenice nell’incantevole Venezia.
Sovrasta su tutto la bellezza ed il fascino maschile e femminile dei personaggi attorno ai quali si svolge l’intera vicenda. Alida Valli, nelle vesti della contessa Livia Sampieri,splendida come non mai, vera rappresentante della bellezza italiana,è ad una delle sue migliori interpretazioni;Farley Granger(il tenente Franz Mahler)tanto perfido quanto bravo nel sostenere una parte che per la vicenda si rivela odiosa:il sempre bravo Massimo Girotti,è l’uomo d’onore nella parte del marchese Roberto Ussoni, cugino di Livia. Mentre si svolge una guerra storica che mette a repentaglio tante vite umane dell’Italia e dell’Austria,che richiede onore,sacrificio, rinuncia, dedizione ed amore per la propria Patria, ben altra passione travolge Livia e Franz, una contessa italiana con un tenente austriaco.Vedendo il film coinvolgente quanto sconvolgente vien da chiedersi legittimamente: fu vero amore? Non direi,l’amor con amor si paga,non col danaro.Per una infatuazione,corrisposta con l’inganno,la nobile Livia, mette a repentaglio i patrioti della sua Terra e suo cugino. pronto a sfidare anche la sorte e l’avversario. Lei bella, nobile ed italiana,si gioca reputazione ed onestà, tutto per un bellimbusto ufficialetto austriaco,ma non troppo, visto che per la sua Patria è un disertore,un codardo,un vigliacco,mentre,per la contessa Livia,è un egoista,un farabutto, un bugiardo e profittatore.L’immagine della contessa ne viene infangata ma ne viene infangata anche la divisa austriaca dalle belle mostrine, tutto questo avrà fatto piacere a tanti ma non a tutti.Franz profetizzerà:”Un intero mondo sparirà,quello a cui tu ed io apparteniamo”.
Il tenentucolo è anche uno sporco traditore nel senso che tradisce insieme alla divisa anche la nobile Livia:,con una giovane prostituta:”non sono il tuo romantico eroe,sono un delatore”.Ancora per la cronaca aggiungo che la prostituta fu interpretata nel 1954 da Marcella Mariani,eletta miss Italia l’anno precedente,nel 1953,morì tragicamente in un incidente aereo l’anno dopo,nel 1955,a solo 19 anni.Alla brava e bella Marcella un grato ricordo;nella sua parte,di traviata borghese,è più candida ed onesta della nobile contessa Livia allorché,per scusare Franz,le dice:”non badargli è ubriaco”.chibar22@libero.it
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samanta
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domenica 17 novembre 2019
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un pregevole affresco pittorico
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Il film ambientato nel 1866 al tempo della terza guerra d'indipendenza quando malgrado la sconfitta a Custoza dell'esercito e a Lissa della flotta l'Austria diede il Veneto all'Italia perche sconfitta dalla Prussia nostra alleata. Il film soffre la retorica risorgimentalista, che era stata ulteriormente "pompata" dal fascismo, nel caso l'invenzione che il popolo veneto in armi era pronto a sollevarsi contro l'Impero, in realtà l'unione era un sentimento presente in settori della nobiltà e della borghesia, a Lissa gran parte dei marinai austiaci era veneta!
La trama ambientata a Venezia, concerne la bella e affascinante contessa Livia Serpieri sposata con un uomo ricco e anziano, che con il cugino Roberto (Massimo Girotti) partecipa al movimento clandestino patriottico, incontra il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger) per chiedere un intevento a favore del cugino arrestato, si innamora passionalmente e pazzamente dell'ufficiale con cui passa giornate intere e notti.
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Il film ambientato nel 1866 al tempo della terza guerra d'indipendenza quando malgrado la sconfitta a Custoza dell'esercito e a Lissa della flotta l'Austria diede il Veneto all'Italia perche sconfitta dalla Prussia nostra alleata. Il film soffre la retorica risorgimentalista, che era stata ulteriormente "pompata" dal fascismo, nel caso l'invenzione che il popolo veneto in armi era pronto a sollevarsi contro l'Impero, in realtà l'unione era un sentimento presente in settori della nobiltà e della borghesia, a Lissa gran parte dei marinai austiaci era veneta!
La trama ambientata a Venezia, concerne la bella e affascinante contessa Livia Serpieri sposata con un uomo ricco e anziano, che con il cugino Roberto (Massimo Girotti) partecipa al movimento clandestino patriottico, incontra il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger) per chiedere un intevento a favore del cugino arrestato, si innamora passionalmente e pazzamente dell'ufficiale con cui passa giornate intere e notti. Franz è un pusillamine che vive alle spalle di donne ricche e barando al gioco, inganna Livia sottraendole con l'inganno una grossa somma di denaro destinata agli insorti e diserta dall'esercito perchè ha paura. La vendetta della contessa sarà terribile, lo rintraccia e dopo un incontro violento, lo denuncia al comando austriaco che lo farà fucilare come disertore.
E' il primo film a colori di Luchino Visconti, e presenta aspetti che vedremo nelle pellicole successive, ad esempio una certa lentezza, si svolge su uno sfondo retorico che non corrisponde al reale: il Risorgimento non fu un movimento di massa, questa concezione è stata superata dalla storiografia, già Gramsci criticò questo mito, quanto alla storia raccontata appare come un melodramma. Ottima l'ambientazione scenografica con particolari un pò barocchi molto accurati, barocchismo che Visconti accentuerà nei film successivi, le immagini spesso sono pittoriche, ad esempio la scena nella quale i bersaglieri durante la battaglia escono da dietro i covoni di grano in cui si erano nascosti . sembra un quadro di Giovanni Fattori o di uno dei "macchiaioli", suggestiva la scena iniziale con un piano sequenza all'interno del teatro "La Fenice" in cui si rappresenta il Trovatore.
In complesso un film datato, con la recitazione di Alida Valle di alto livello (donna allegra e affascinante, poi passionale e infine vendicatrice impazzita), mentre quella di Farley Granger attore mediocre (unico suo film decoroso è L'altro uomo) è penosa, senza considerare che la parte non è nelle sue corde, certo è altra cosa Burt Lancaster quando interpreta il principe di Salina.
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annalinagrasso
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lunedì 16 agosto 2010
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dramma aristocratico di stampo letterario.
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Ispirato al racconto di Camillo Boito, Visconti vuole rappresentare la crisi politica ed ideologica durante la Terza Guerra D’Indipendenza (la sconfitta dell’esercito italiano a Custoza) attraverso la storia d’amore dei due protagonisti: la contessa Livia Serpieri (Alida Valli) e il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger), che all’epoca suscitò varie reazione, molte di critica e di censura. Un’opera sontuosa di stampo manzoniano ,ogni personaggio ha una connotazione sociale e storica, immerso in un magniloquente melodramma tipicamente italiano dall’estetica perfetta sulle note verdiane e sulle sinfonie di Bruckner . Visconti è stato forse il meno italiano tra i registi,capace di combinare nei suoi film, il suo amore per la lirica , la pittura specialmente quella dei Macchiaioli e la letteratura e la narrativa ottocentesca uniti alla cura per la recitazione, le inquadrature , la rappresentazione del paesaggio e dei sentimenti dei protagonisti che si fondono e confondono con la storia.
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Ispirato al racconto di Camillo Boito, Visconti vuole rappresentare la crisi politica ed ideologica durante la Terza Guerra D’Indipendenza (la sconfitta dell’esercito italiano a Custoza) attraverso la storia d’amore dei due protagonisti: la contessa Livia Serpieri (Alida Valli) e il tenente austriaco Franz Mahler (Farley Granger), che all’epoca suscitò varie reazione, molte di critica e di censura. Un’opera sontuosa di stampo manzoniano ,ogni personaggio ha una connotazione sociale e storica, immerso in un magniloquente melodramma tipicamente italiano dall’estetica perfetta sulle note verdiane e sulle sinfonie di Bruckner . Visconti è stato forse il meno italiano tra i registi,capace di combinare nei suoi film, il suo amore per la lirica , la pittura specialmente quella dei Macchiaioli e la letteratura e la narrativa ottocentesca uniti alla cura per la recitazione, le inquadrature , la rappresentazione del paesaggio e dei sentimenti dei protagonisti che si fondono e confondono con la storia. Cosi il legame malsano tra la contessa Livia e il tenente sembra contenere in sé tutta la decadenza di una società, di un regno, dei valori etici, il romanticismo cinico di Mahler riflette il degrado di una nazione. Slegata dallo sfondo storico, la storia tra Livia e Franz sembra uno dei classici della letteratura e del cinema: la bella aristocratica (Alida Valli era davvero nobile cosi come Visconti) che perde follemente la testa per un uomo piu’ giovane e bello, ma cinico, calcolatore, approfittatore, sta con Livia solo per denaro che gli serve per corrompere i medici e farsi esonerare dal servizio militare. C’è da chiedersi come una donna possa innamorarsi di un uomo cosi vile, freddo, crudele,egoista,abile nel ribaltare i propositi di livia di lasciarlo e dimenticarlo per sempre,facendo pressione psicologica su di lei e sulle sue certezze, presto cancellate, illudendola, mentendole sull’amore che prova per lei. Dal canto suo, Livia è sempre sincera, pronta ad aiutarlo,(ricorda la protagonista del film di Truffaut "Adele H") a sacrificare tutto, compreso il suo matrimonio con Roberto Ussoni(Massimo Girotti), suo cugino e uno dei capi del movimento rivoluzionario,la causa della liberazione nazionale, per quel bel ragazzo meschino e bugiardo..O forse c’è da chiedersi chi sia il piu’ perverso in questa storia: Il tenente che pur non amando una donna, si serve del suo amore per avere favori in cambio,oppure livia stessa, ostinata probabilmente nel voler cambiare per amore quell’uomo,e nello sperare prima o poi che venga ricambiata; o forse ancora è proprio quel clima di degrado ad influenzare la condotta esistenziale dei protagonisti? Poco importa dal momento che la bella contessa strapperà il velo di Maya che le aveva impedito di vedere realmente fino a quel momento, denunciando e facendo fucilare il suo ex amato disertore, gesto che le provocherà tanto dolore e disperazione quanto ero stato vero il suo amore. Un dramma di amore e morte, temi piu’ volte trattati da visconti, (specialmente in “La morte a Venezia)sviluppati all’interno di una perfetta conciliazione tra criticismo storico, estetismo e razionalismo; bellissima la fotografica e pregevole la scenografia. Senso segna la prima collaborazione tra il regista e la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico.Sicuramente una delle opere piu’ riuscite di Visconti .
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alfiosquillaci
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martedì 4 ottobre 2016
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emozioni e passamaneria nel cinema di visconti
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Intravisti oggi in tivù (Raimovie, 12:15) alcuni passaggi di “Senso” di Luchino Visconti, uno dei film del regista aristocratico milanese da me più amati e stravisti. Visione di alto rango melodrammatico della storia intesa come plot (un amore di una dama italiana per un ufficiale austriaco, questo il coraggioso intreccio di una delle novelle più belle di Camillo Boito, del 1883, da cui è tratta la pellicola) e sontuosa trattazione, dal punto di vista stilistico, visivo-cinematografico della Storia con le sue scene perfettamente ricostruite a dare l’air du temps di un’epoca estinta e che solo la lanterna magica del cinema-cinema poteva riportare in vita.
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Intravisti oggi in tivù (Raimovie, 12:15) alcuni passaggi di “Senso” di Luchino Visconti, uno dei film del regista aristocratico milanese da me più amati e stravisti. Visione di alto rango melodrammatico della storia intesa come plot (un amore di una dama italiana per un ufficiale austriaco, questo il coraggioso intreccio di una delle novelle più belle di Camillo Boito, del 1883, da cui è tratta la pellicola) e sontuosa trattazione, dal punto di vista stilistico, visivo-cinematografico della Storia con le sue scene perfettamente ricostruite a dare l’air du temps di un’epoca estinta e che solo la lanterna magica del cinema-cinema poteva riportare in vita. Oggi che migliaia di scene romanzesche e cinematografiche ci sono sfilate davanti (si potrebbe dire che abbiamo visto più immagini mediate che immediate, abbiamo più “visto” che “vissuto”) questo straordinario miracolo compiuto dal cinema ci lascia freddi e impassibili come pesci sul banco della pescheria, perché sazi in fondo. Siamo come degli aristocratici che ne hanno viste “di ogni”, giunti oramai a un livello di sibaritismo amorfo in cui le emozioni rimbalzano sulla corazza della nostra sensibilità indurita dalla sazietà.
Ma quando ancora la pelle della nostra sensibilità era tenera e ricettiva, quando si era piccoli e bastava la proiezione in cinemascope delle prime scene di un film in technicolor ci sentivamo come il “primo uomo” (nozione/immagine di Camus) alla vista del mondo al suo sorgere, ancora edenico e incantato.
Il perfido Arbasino (lui sì un sibarita delle zone alte dello spirito, ma sempre insaziabile) con molta cattiveria critica in “Ritratti italiani” tacciava Visconti e Giulio Einaudi di essere «gli ultimi autentici valvassini italiani. Gli ultimi capaci di conservare con tutto l’aplomb necessario un istituto feudale ormai sputtanato e scomparso», un valvassino, Visconti, che subordinava la Poesia alla Passamaneria per via dell’abbondare di tendaggi, di interni sontuosamente arredati, di crinoline e di vesti struscianti. Questo il passo che merita di essere ripreso per intero tanto è bello anche se non lo condividi e fai no con la testa, epperò diomio come lo scrive bene:
===Visconti tutto solo voltava le spalle al presente e creava spettacoli di straordinaria bellezza formale scegliendo opalines («comuniste»?) e studiando accordi di colore sempre più squisiti per épater a colpi di «sophistication» parigina d’anteguerra un pubblico in gran parte ignaro degli ultimi decenni della storia del teatro europeo. Nello stesso tempo gli accadeva perciò di dare origine alla scuola cinematografica più perfetta e funesta degli anni recenti: quella che invece re-inventare criticamente un’epoca o suggerire un’atmosfera con un’invenzione «fatta di niente » (alla Bérard) o con un solo oggetto significativamente scelto (alla Brecht dopotutto), si accanisce nel pedante rifacimento archeologico-sartoriale di intere località, nella ricerca di cassepanche o di caffettiere «d’epoca» ai marchés aux pouces, nella subordinazione sistematica della Poesia alla Passamaneria.===
Invero il miglior Visconti si trova proprio nelle pellicole come “Senso” in cui la trattazione alto-borghese o aristocratica, supremamente stylish dello specifico filmico gli consentiva un voltaggio espressivo alto-mimetico più consentaneo all’aristocratico fin de race che egli era. “Senso”, “Il Gattopardo”, “La caduta degli dei”, “Morte a Venezia”, “Ludwig”, “Gruppo di famiglia in un interno”, “L’innocente”, ovvero la trattazione narrativo-filmica dell’upper class, era il suo vero mondo etico-estetico. Nel caso in ispecie, a quale economia di mezzi narrativi doveva, secondo Arbasino, ricorrere Visconti nella ricostruzione cinematografica di Milano sotto gli austriaci? Un solo oggetto significativamente scelto alla Brecht? Cioè una sciabola qua, un kepì da soldato invasore lì, disposti allusivamente e significativamente? Visconti invece si avvale di tutto il corredo visivo fornito dalle testimonianze storiche, vuole ricostruire sensuosamente un tempo e un’atmsfera, tale che se Alida Valli e Farley Granger si devono baciare lo faranno à la maniere del “Bacio” di Hayez, plasticamente e pittoricamente. Dov’è l’errore?
Di contro, il Visconti nazionale e popolare che si salva è solo quello di “Ossessione” (per via della materia erotica: un Massimo Girotti e una Clara Calamai strepitosi) più che per il ritratto di un ambiente sociale che pure ha la sua malia con la Bassa miracolosamente restituita nei suoi umori terragni, mentre “La terra trema” e “Rocco e i suoi fratelli” furono un pedaggio pagato all’intellighenzia di sinistra, allora egemone, e senza il quale Visconti sarebbe rimasto allo scoperto, come, nei decenni seguenti, un De Gregori senza l’appoggio tacito del Politburo comunista e del popolo di sinistra.
Le punzecchiature delle “opalines comuniste” di Arbasino trovano una facile spiegazione che necessita di una chiosa aggiuntiva. Ad “Ossessione” aveva collaborato come sceneggiatore l’intellettuale comunista allora più organico sulla piazza come Mario Alicata, ma per “La terra trema” – una versione cinematografica dei “Malavoglia” di Verga – il pedaggio pagato al realismo socialista fu eccessivo e grottesco. Visconti nell’ultima scena lancia il giovane ‘Ntoni, come una specie di sindacalista dei poveri pescatori, a capo della ribellione, della rivolta. Quanto di più estraneo allo spirito e alla lettera di Verga, al suo fatalismo greco-siculo, sotto il cui carico egli piegava i suoi “umili”, chiudendoli in un universo mentale ove essi accettano sempre la propria condizione “ex ananchaia tyche” (Euripide, “Medea”) ossia “per fatale necessità”, termini usati letteralmente da Verga nell’ultima novella di “Novelle rusticane”, “Di là del mare”. Descrivendo il paesaggio, ossia le quinte dove si svolgeva la sua “tragedia greca” campestre, lo definisce testualmente: “Sfinge misteriosa, che rappresentava i fantasmi passeggieri, con un carattere di necessità fatale“. (Tema quello della necessità fatale peraltro molto vivo presso il popolino siciliano stesso quando afferma davanti al male, alla malattia, alla morte il fatidico e tautologico “iera ristinu“, “era destino”, “era destinato”, abbassando il capo e stringendosi nelle spalle, annegando nel fatalismo più cupo e tautologico tutto il ruotare del cielo e della terra, e il vivere e morire quaggiù).
18 settembre 2016
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luca scial�
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lunedì 11 marzo 2013
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in guerra e in amore tutto è concesso
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Venezia, metà '800. In un'Italia assoggettata all'Austria che sta insorgendo, una contessa veneta s'invaghisce per un ufficiale austriaco. La donna si trasforma così da attivista nazionalista a marionetta nelle mani del suo amante. Ma il loro amore è reso impossibile dalle vicende politiche e belliche, tanto che lui è costretto a corrompere dei medici per farsi riformare e farsi trasferire a Verona. Una scelta che non aiuterà certo la loro situazione. Anzi...
Visconti traspone un racconto di Camillo Boito. Una storia d'amore raccontata ora con delicatezza, ora con durezza. Che appassiona, grazie a una sapienta ricostruzione del contesto storico e alla bravura dei due attori protagonisti: Alida Valli e Farley Granger.
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greatsteven
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martedì 25 settembre 2018
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raffinatezza d'artigianato per un bell'adattamento
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SENSO (IT, 1954) diretto da LUCHINO VISCONTI. Interpretato da ALIDA VALLI, FARLEY GRANGER, MASSIMO GIROTTI, HEINZ MOOG, RINA MORELLI, SERGIO FANTONI, CHRISTIAN MARQUAND, TINO BIANCHI
Venezia, 1866. Il Veneto non è ancora annesso al neonato Regno d’Italia e le truppe austriache sono di stanza nel capoluogo di regione per combattere i patrioti che tentano di respingerli, e con Garibaldi che ha appena ottenuto successi militari nei territori limitrofi le cose lasciano ben sperare per gli italiani. Alla vigilia della decisiva battaglia di Custoza, dopo una rappresentazione teatrale alla Fenice, un gentiluomo italiano, il marchese Roberto Ussoni, provoca una lite con un ufficiale austriaco, il tenente Franz Mahler, e sembra prospettarsi un duello all’ultimo sangue imminente.
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SENSO (IT, 1954) diretto da LUCHINO VISCONTI. Interpretato da ALIDA VALLI, FARLEY GRANGER, MASSIMO GIROTTI, HEINZ MOOG, RINA MORELLI, SERGIO FANTONI, CHRISTIAN MARQUAND, TINO BIANCHI
Venezia, 1866. Il Veneto non è ancora annesso al neonato Regno d’Italia e le truppe austriache sono di stanza nel capoluogo di regione per combattere i patrioti che tentano di respingerli, e con Garibaldi che ha appena ottenuto successi militari nei territori limitrofi le cose lasciano ben sperare per gli italiani. Alla vigilia della decisiva battaglia di Custoza, dopo una rappresentazione teatrale alla Fenice, un gentiluomo italiano, il marchese Roberto Ussoni, provoca una lite con un ufficiale austriaco, il tenente Franz Mahler, e sembra prospettarsi un duello all’ultimo sangue imminente. È solo grazie all’intervento del conte Serpieri che il peggio viene scongiurato, e il marchese pensa di tornarsene a casa tranquillo, ma poco dopo viene mandato in esilio. Una patrizia veneta, la moglie del conte, Livia Serpieri, viene blandita da Mahler e, la sera stessa dell’incidente, passeggia con lui per le calle della metropoli lagunare, e poco a poco se ne infatua. Credendosene ricambiata, gli promette eterno amore e di tornare a trovarlo anche quando il suo esercito, che è ormai sulla via della disfatta, si allontanerà dall’Italia, e lui finge di contraccambiare il suo amore per i suoi meschini interessi. Trascorrono alcuni mesi e Livia si reca nell’appartamento dove alloggiano i commilitoni di Franz e chiede sue notizie, ma poi lo rincontra nella sua villa di nascosto e, travolta dalla passione, gli consegna il denaro destinato ai patrioti italici. Poco dopo Franz viene richiamato alle armi a Verona, dove si combatte una battaglia determinante per l’esito della guerra, la quale, come previsto, favorisce i padroni di casa e scaccia definitivamente gli usurpatori. Livia si reca anch’ella a Verona per rintracciare l’uomo amato, ma scopre che ha speso i soldi da lei donatigli in donne e alcol, e la deride per la sua dabbenaggine. Scoperto l’inganno e sconvolta dal tradimento, e saputo pure che fu proprio Franz a denunciare Roberto Ussoni alla polizia, la nobildonna porta la lettera scritta di proprio pugno da Franz al suo ufficiale superiore, prova schiacciante della sua delazione e diserzione e dunque meritevole della condanna a morte. Livia si allontana rimettendosi il velo nero sul volto mentre Franz, scamiciato, viene condotto davanti al plotone d’esecuzione e fucilato dai suoi medesimi compagni d’armi. C’era il rischio di cadere in un accademismo scolastico che avrebbe appesantito le sequenze trasformandole in didascalie da noioso film storico atto semplicemente a rievocare un evento del passato ornandolo di qualche blandizia disdicevole. E invece Visconti ha preferito, trionfando moralmente e sul piano stilistico, dare un sapore di originalità al suo pezzo di bravura lungo due ore che racconta la storia di un uomo e una donna di differenti nazionalità e opposti sentimenti, ma uniti entrambi da un sentimento appena appena tangibile che però li unisce come due legami covalenti: la fugacità. Nel rendere al meglio l’evoluzione della loro travagliata relazione che comincia coi toni di un innamoramento unilaterale e finisce con le cadenze di un dramma amoroso che abbraccia appieno la tragedia nella sua versione più lacrimevole, il regista ha avuto man forte non solo dalla co-sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, ma anche dai romanzieri e drammaturghi sia nostrani che stranieri che vi collaborarono, fra cui Carlo Alaniello, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi, Tennessee Williams e Paul Bowles. Col montaggio superbo di Mario Serandrei, la macchina talora immota e talora frenetica dell’efficiente Giuseppe Rotunno e il commento musicale di Anton Bruckner con la sua sinfonia n°7 in Mi maggiore, il capolavoro di Visconti assume a pieno titolo l’aspetto di un ritratto di ampio respiro dell’Italia post-risorgimentale che raccoglie ancora uno per volta i brandelli che le mancano per completare l’unione geografica, ricerca una sua identità culturale e passa attraverso le storie di personaggi solo in superficie anonimi per descrivere una vicenda che ha dell’epico nel senso maggiormente catartico del termine. Le interpretazioni di A. Valli e F. Granger (lei controllata e passionale al tempo stesso, lui più commisurato a seconda del momento scenico, ma entrambi egualmente eccellenti) rappresentano un tocco di classe che nemmeno con B. Lancaster, A. Delon e C. Cardinale Visconti raggiungerà con Il Gattopardo (1963), sempre incentrato sul tema del Risorgimento italiano e come Senso tratto da un testo letterario (il film in questione parte da un racconto di Camillo Boito, mentre quello che gli venne dietro nove anni dopo ha, com’è noto, quale fonte il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa). Girotti intinge al tempo stesso con eleganza e sfacciataggine un individuo ambiguo che, dietro i tratti gentili di un comportamento superficiale, nasconde una volontà di ferro ma anche un istinto inconsapevole e purtroppo autodistruttivo. Sublime il colore della Technicolor. Funziona inoltre la scelta intelligente di dare la precedenza alle sequenze calme rispetto a quelle belliche, con l’idea però di far risultare queste ultime più incisive proprio perché compaiono nella seconda metà della pellicola e per via del fatto che non insistono su una violenza fine a sé stessa, ma assolvono con do viziosità e piacere il loro compito istruttivo.
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