francesco zennaro
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martedì 16 ottobre 2007
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il cosmo in un film
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La grandezza del film sta nel "Far pensare" lo spettatore.
Pensare alla ricchezza del genere umano, che non è data dal denaro o dai possedimenti materiali, bensì da ciò che l'Uomo coltiva dentro di sè. Al termine del film, felice di aver speso tutto ciò che di materiale possedeva pur di liberare la propria passione creativa almeno un'ultima volta, la Chef Babette pronuncia la celebre frase "Un artista non è mai povero".
Pensare alla grandezza dell'umiltà, intimamente legata a Babette. Dote rara e preziosa. Babette apprende da chi ne sa molto meno di lei, senza ostentare la propria grandezza ma, al contrario, tacendola.
Pensare al piacere che, nella sua forma migliore, va accolto come un dono divino.
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La grandezza del film sta nel "Far pensare" lo spettatore.
Pensare alla ricchezza del genere umano, che non è data dal denaro o dai possedimenti materiali, bensì da ciò che l'Uomo coltiva dentro di sè. Al termine del film, felice di aver speso tutto ciò che di materiale possedeva pur di liberare la propria passione creativa almeno un'ultima volta, la Chef Babette pronuncia la celebre frase "Un artista non è mai povero".
Pensare alla grandezza dell'umiltà, intimamente legata a Babette. Dote rara e preziosa. Babette apprende da chi ne sa molto meno di lei, senza ostentare la propria grandezza ma, al contrario, tacendola.
Pensare al piacere che, nella sua forma migliore, va accolto come un dono divino.
L'Amore (di una delle figlie del Decano innamorata), l'Arte (nel film rappresentata dal canto dell'altra figlia, sulle note del Don Giovanni di Mozart), il Cibo (inteso come piacere fisico ma anche come espressione artistica), passano da volgari fonti di peccato condannate da improbabili dottrine religiose (impersonate dal Decano), a piaceri donati all'Uomo per contemplare la bellezza del cosmo.
Pensare anche al Principio Antropico,il quale sostiene che l'Universo è in grado di contemplare se stesso. E così anche l'arte di Babette esiste e si concretizza solo nel momento in cui c'è qualcuno in grado di apprezzarla. Le varie pietanze e i relativi vini (la Natura da contemplare) vengono magistralmente apprezzate e spiegate agli altri commensali dal Generale dell'esercito (quella parte del Genere Umano che contempla e apprezza).
La figura del Generale è - come si vede - una figura chiave. Necessaria affinchè un Universo altrimenti inconsapevole di se stesso, diventi autocosciente.
Pensare a Babette che comunica con il Generale, attraverso un mezzo fisico (il cibo) e che, in questo gioco amoroso a distanza tra i due (che mai si sono visti, nè mai si vedranno) a goderne i vantaggi sono anche gli altri commensali, tra i quali torna a regnare la pace e la fratellanza.
Pensare alla conclusione del film, quando tutti se ne tornano a casa più ricchi (dentro), dopo aver ringraziato le padrone di casa (che non hanno merito alcuno se non l'ospitalità).
Ma nessuno (conclusione magistrale!), nemmeno il Generale, si degna (prima di uscire) di conoscere/salutare/ringraziare la divina Babette.
Nulla di nuovo sotto il sole.
Pensare a quanti godono del Creato (il cibo di Babette) senza ringraziare Dio (Babette)
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(di susannalbano)
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(di iuravit)
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nicolas bilchi
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domenica 25 settembre 2011
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il pranzo di babette.
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Il pranzo di Babette è un film importante a livello storico perchè, vincendo l'Oscar al miglior film straniero nel 1988, servì ad imporre sulla scena internazionale il regista danese Gabriel Axel, rimasto per anni confinato entro i limiti della sua nazione. L'opera racconta in generale la vita di due sorelle di famiglia puritana, Martina e Philippa (nomi non casuali), di un cantante d'opera e di un gendarme innamorato di loro, e di una cuoca francese, Babette appunto, costretta ad emigrare dopo la caduta della Comune parigina; la prima parte del film funge da antefatto e ci dà una serie di informazioni significative sui personaggi che verranno riprese in seguito ed utilizzate per sviluppare un'ampia e sfaccettata riflessione di fondo, la seconda invece si sofferma appunto sul pranzo da cui deriva il titolo e che Babette, avendo vinto 10000 franchi alla lotteria francese, decide di indire in onore del centenario della nascita del padre di Martina e Philippa (ormai anziane) per ringraziarle dell'ospitalità e dell'aiuto offertele per tanti anni.
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Il pranzo di Babette è un film importante a livello storico perchè, vincendo l'Oscar al miglior film straniero nel 1988, servì ad imporre sulla scena internazionale il regista danese Gabriel Axel, rimasto per anni confinato entro i limiti della sua nazione. L'opera racconta in generale la vita di due sorelle di famiglia puritana, Martina e Philippa (nomi non casuali), di un cantante d'opera e di un gendarme innamorato di loro, e di una cuoca francese, Babette appunto, costretta ad emigrare dopo la caduta della Comune parigina; la prima parte del film funge da antefatto e ci dà una serie di informazioni significative sui personaggi che verranno riprese in seguito ed utilizzate per sviluppare un'ampia e sfaccettata riflessione di fondo, la seconda invece si sofferma appunto sul pranzo da cui deriva il titolo e che Babette, avendo vinto 10000 franchi alla lotteria francese, decide di indire in onore del centenario della nascita del padre di Martina e Philippa (ormai anziane) per ringraziarle dell'ospitalità e dell'aiuto offertele per tanti anni. Axel raccoglie il testimone prestigiosissimo di riportare in auge in tutto il mondo il cinema danese, e così va ad occupare quel posto di prim'ordine rimasto vuoto per vent'anni appertenente a Carl Theodor Dreyer. Per Axel questo è un onore ma anche un pesantissimo onore; non è dato a tutti reggere il confronto con un maestro del cinema quale fu Dreyer, ed Axel sa di doversi fare carico di un fardello assia scomodo con cui dovrà confrontarsi. Con Il pranzo di Babette non raggiungiamo i livelli di Dies Irae e Ordet, ma ciò non va considerato come un'offesa, considerando il livello dei termini di paragone. Si tratta comunque di un film estremamente interessante e senza dubbio ben fatto, che ha il buon gusto di ispirarsi sotto vari aspetti allo stile sia di Dreyer che di un altro maestro nordico, Ingmar Bergman sia nella scelta degli attori che nell'atmosfera che viene creata, ma comunque conservando una sua orgogliosa individualità. Axel realizza un'opera intimista ed ermetica, che lascia volutamente adito a molteplici e diverse interpretazioni; questo perchè il vero obiettivo del film sta nel suscitare l'emozione nello spettatore, non nell'affrontare una specifica riflessione teoretica. Il realismo vivido e al contempo aggrazziato delle immagini, i volti non belli, proprio come quelli di Bergman, ma trasudanti di una così straziante umanità, la musica leggiadra e quasi angelica, tutto contribuisce a creare un sistema volto a stimolare il pubblico producendo una continua serie di moti dell'animo tuttavia regolati da un criterio di vaghezza ed impercettibilità che rifugge qualsiasi tipo di violenza romantico-decadentistica. Il pranzo, che occupa buona metà dell'intero film, si carica di profondi significati, divenendo momento non tanto simbolico, quanto allegorico. Nel senso che il regista non rigetta l'esistenza fisica dell'evento che mostra a vantaggio del messaggio da esso veicolato (anzi, è proprio tale fisicità che assicura della sua validità empirica), e da esso fa fuoriuscire una serie di "umori" ed immagini cariche di valori nascosti. Il concetto più bello è dato senza dubbio dal contrasto tra da una parte la fisicità del banchetto, la sua energia sensuale, e dall'altra l'atteggiamento quasi ascetico che i commensali vorrebbero assumere; è una lotta per resistere alle tentazioni della carne, per sfuggire alle malie del demonio... almeno questo è quello che traspare dall'incubo di Martina, ma l'ironia sottesa alla scena è quasi palpabile. Alla fine comunque i degustatori non possono che cedere ai piaceri della tavola, e scoprono che il loro ferreo spiritualismo non è altro che un'eccesso di simil-fanatismo: il vino ha alleviato l'umore, il cibo ha saziato i bisogni e ora tutti i contrasti della congregazione sono risolti. Alla fine tutti escono all'aria aperta, e in un girotondo di felliniano sapore proclamano, nel silenzio delle voci umani ma con l'impeto della musica che eleva verso il trascendente, l'incredibile, soverchiante bellezza della vita. Questa commovente morale trova la sua espressione più compiuta nella figura del generale innamorato, che a suo tempo rinunciò alla fanciulla per seguire la carriera; ormai vecchio, egli non ha comunque rimpianti nonostante dica di aver "pranzato ogni giorno insieme a lei" per tutti quegli anni; ogni scelta, anche se fa soffrire, conduce l'uomo ad una crescita interiore, e comunque ogni sofferenza individuale si fa misera ed infine scompare se confrontata alla maestosità del creato. L'unica pecca del film è forse una certa freddezza narrativa, che non permette allo spettatore di godere immediatamente di tutta la profondità dell'opera; soltanto dopo aver gustato e digerito questo "pranzo" si capisce come Axel sia arrivato a pizzicare le più profonde corde dell'animo. Vien da chiedersi se c'è una ragione per cui solo i registi del nord Europa (escludendo Kurosawa) abbiano raggiunto livelli di umanesimo così sorprendenti.
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[+] lui c''era
(di ambrogio)
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leandro gualtieri
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sabato 15 dicembre 2012
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l'esperienza culinaria di un artista
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Deliziosa esperienza culinaria creata dalle eccezionali mani dell'artista Babette Hersant, che nello svolgimento della pellicola regala ai personaggi e agli spettatori del film, un'indimenticabile lezione di Grazia e di Umanità, esempio di azione (o meglio Regalo!) alquanto raro nei nostri giorni odierni dove avidità ed egoismo ne sono vincitori ahimè. Lo spirito viene saziato da tutti i particolari, i finissimi dettagli e dai saporitissimi colori utilizzati della tavolozza creativa della chef Babette: Animo introverso e solitario pieno di gentilezza e bontà per l'amor altrui; nobili sentimenti celati da un'apparente freddezza e distacco verso gli altri. Nessuno dei 12 commensali dimenticherà mai questo viaggio/opera d'arte nel profondo dell'animo dove "rettitudine e felicità" regneranno, regalando le emozioni che l'Arte ha il potere di donare.
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Deliziosa esperienza culinaria creata dalle eccezionali mani dell'artista Babette Hersant, che nello svolgimento della pellicola regala ai personaggi e agli spettatori del film, un'indimenticabile lezione di Grazia e di Umanità, esempio di azione (o meglio Regalo!) alquanto raro nei nostri giorni odierni dove avidità ed egoismo ne sono vincitori ahimè. Lo spirito viene saziato da tutti i particolari, i finissimi dettagli e dai saporitissimi colori utilizzati della tavolozza creativa della chef Babette: Animo introverso e solitario pieno di gentilezza e bontà per l'amor altrui; nobili sentimenti celati da un'apparente freddezza e distacco verso gli altri. Nessuno dei 12 commensali dimenticherà mai questo viaggio/opera d'arte nel profondo dell'animo dove "rettitudine e felicità" regneranno, regalando le emozioni che l'Arte ha il potere di donare. L'Arte che allevia dalla vita senza alleviare dal vivere.
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luigi chierico
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martedì 8 luglio 2014
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sublime
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SECONDA PARTE
Dopo cena ci si vuole bene senza rancori e si danza sotto un cielo notturno tenendosi tutti per mano in un circolo, figura geometrica per eccellenza, una mano tiene l’altra, come dire “amiamoci l’un l’altro”. Babette ha sacrificato al pranzo l’intera sua vincita a ringraziamento delle due sorelle che l’hanno ospitata ed ai dettami del loro padre, non è rimasta povera, sebbene senza soldi, perché, come lei dice:”Un artista non è mai povero”. Questo l’augurio rivoltole da una delle sorelle, da Philippa, ma per entrambe:“Babette questa non è la fine. In Paradiso voi sarete la grande artista che Dio attendeva che foste e dove incontrerete gli angeli”.
La tavola riccamente imbandita con 12 candele, tante quante sono le persone attorno al tavolo, rimangono accese sinché, andati via tutti, nella stanza buia, mentre fuori nevica, la fiamma dell’ultima candela si spegne.
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SECONDA PARTE
Dopo cena ci si vuole bene senza rancori e si danza sotto un cielo notturno tenendosi tutti per mano in un circolo, figura geometrica per eccellenza, una mano tiene l’altra, come dire “amiamoci l’un l’altro”. Babette ha sacrificato al pranzo l’intera sua vincita a ringraziamento delle due sorelle che l’hanno ospitata ed ai dettami del loro padre, non è rimasta povera, sebbene senza soldi, perché, come lei dice:”Un artista non è mai povero”. Questo l’augurio rivoltole da una delle sorelle, da Philippa, ma per entrambe:“Babette questa non è la fine. In Paradiso voi sarete la grande artista che Dio attendeva che foste e dove incontrerete gli angeli”.
La tavola riccamente imbandita con 12 candele, tante quante sono le persone attorno al tavolo, rimangono accese sinché, andati via tutti, nella stanza buia, mentre fuori nevica, la fiamma dell’ultima candela si spegne. Il film è finito, tutto torna come prima ma con gli animi e lo spirito rinnovati e tanta luce dentro. Un ritrovarsi in tanta cordialità ed amicizia. In un periodo in cui in tutto il mondo si insegna a cucinare e a parlare di diete, che strana contraddizione,questo film si impone su qualunque altro, vedi il recente bel film”La cuoca del presidente” del 2013. E’ la cucina ed il mondo di un secolo e mezzo fa, con quei fornelli, con quel fuoco,con quel pentolame,con un macinacaffè a mano, con le lastre di ghiaccio,quando la gente viaggia in calesse o su carretti. Gli attori sono tutti bravissimi i loro sguardi, i loro volti parlano e trasmettono pensieri e sentimenti. Non c’è un solo fotogramma inutile, tutti, dico proprio tutti, sono degni di attenzione. La preparazione prestigiosa delle vivande è curata religiosamente, con cura minuziosa e scrupolosa, ma con la semplicità e la grandezza d’animo di un impareggiabile Babette,cuoca bravissima e donna soave. La loro dettagliata descrizione non serve in questa sede, va vista con lo stesso piacere con cui la pietanza va gustata. Non mancano i tartufi, d’obbligo nella raffinata cucina francese. Bellissima la ricostruzione ambientale e costumi, la fotografia povera per un villaggio sperduto in una lontana Danimarca della fine del XIX secolo, ottimi la musica e il canto che accompagnano alla fine della cena il coro degli invitati; la musica è presente anche in alcuni momenti solenni. Il pianoforte, suonato dalle abili mani di Philippa, interrompe la malinconica solitudine in cui vivono le tre donne.
Oscar per il miglior film straniero,una minuziosa e scrupolosa analisi di diversi stati d’animo che esplode nella preparazione di un pranzo mitico che al tempo stesso è sì compiacimento, ma soprattutto un atto di gratitudine e d’amore, un sacrificio, una rinuncia. Gesto sublime per un film sublime.
chibar22@libero.it
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luigi chierico
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lunedì 14 luglio 2014
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vedi sublime
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prima parte.Mi appresto ad esprimere, con doveroso rispetto, il mio pensiero e le mie sensazioni su questo film assolutamente sublime. Lo spazio è troppo modesto per riempire quanto vorrei scrivere. La trama nella sua semplicità si presta ad una ricca e complessa analisi. Il luogo in cui si svolge la modesta vicenda, ma anche il sontuoso pranzo, è un piccolo centro urbano in Danimarca, verso la fine del 1800. Tre donne costituiscono il fulcro attorno a cui l’intera comunità vive e si affida anche per tenere vivi i ricordi e le consuetudini, ma soprattutto la Fede. Martina e Philippa, due nubili figlie di un defunto Pastore luterano, di cui tramandano principi morali e carità verso il prossimo, magnificamente interpretate rispettivamente da Brigitte Federspiel e da Bodil Kjer.
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prima parte.Mi appresto ad esprimere, con doveroso rispetto, il mio pensiero e le mie sensazioni su questo film assolutamente sublime. Lo spazio è troppo modesto per riempire quanto vorrei scrivere. La trama nella sua semplicità si presta ad una ricca e complessa analisi. Il luogo in cui si svolge la modesta vicenda, ma anche il sontuoso pranzo, è un piccolo centro urbano in Danimarca, verso la fine del 1800. Tre donne costituiscono il fulcro attorno a cui l’intera comunità vive e si affida anche per tenere vivi i ricordi e le consuetudini, ma soprattutto la Fede. Martina e Philippa, due nubili figlie di un defunto Pastore luterano, di cui tramandano principi morali e carità verso il prossimo, magnificamente interpretate rispettivamente da Brigitte Federspiel e da Bodil Kjer.
La loro vita è stata totalmente dedicata al rispetto della volontà paterna, non c’è stato spazio per corteggiamenti ed amori. La terza figura femminile è Babette Hersant (Stephane Audran), una francese rifugiatasi in Danimarca ed ospitata dalle due sorelle, su lettera di raccomandazione di un vecchio spasimante di Philippa, Achille Papin. Sebbene titubanti di ricevere in casa una sconosciuta francese,forse anche cattolica, le due sorelle ospitano Babette che invece si inserisce facilmente nella conduzione di vita di Martina e Philippa accettando di compiere anch’essa la loro missione per tenere vivo il ricordo del padre: prendersi cura del prossimo e dei poveri.
Per il compleanno del defunto Pastore le due sorelle ricevono le 10 persone più eminenti della comunità per ricordare il loro Pastore. Babette, che ha vinto 10.000 franchi, chiede di poter offrire lei un pranzo che deciderà e cucinerà personalmente. Superate le perplessità delle due sorelle dinanzi alla novità, ne riceve il consenso. Spenderà l’intera somma per preparare un pranzo luculliano,pantagruelico con stoviglie e picchieri di gran lusso per tutte le portate,accompagnate da pregiati vini e champagne, tutto appositamente scelto ed ordinato da lei. Il pranzo è servito. Nessuno degli commensali ha mai provato niente del genere, se non il generale Lowen che racconta del famoso Café Anglais di Parigi, dove cucinava uno chef donna che riusciva a trasformare un banchetto «in una avventura amorosa», in un’ opera d’arte, concludendo, e vale la pena riportare tutte le sue parole:”Misericordia e verità si sono incontrate, amici miei, rettitudine e felicità debbono baciarsi, nella nostra umana debolezza e miopia crediamo di dover scegliere la nostra strada in vita e tremiamo per il rischio che quindi corriamo. Abbiamo paura. Ma no. La nostra scelta non è importante, viene il giorno in cui apriamo i nostri occhi e vediamo e capiamo che la grazia di Dio è infinita. Dobbiamo solo attenderla con fiducia e accoglierla con riconoscenza, Dio non pone condizioni, non preferisce uno di noi, piuttosto di un altro. Ciò che abbiamo scelto ci viene dato e allo stesso tempo ciò che abbiamo rifiutato ci viene accordato”. Infatti a fine cena riaffiorano ricordi e nostalgia, amori e rimpianti ed il generale Women, sempre innamorato di Martina le dirà:” Ho trascorso con voi ogni giorno della mia vita. Ditemi che sapete anche che io sarò ancora con voi ogni giorno che m'è dato da vivere. Ogni ora siederò a pranzare con voi: non con il mio corpo, che non ha importanza, ma con il mio spirito. Perché stasera ho imparato, mia cara, che in questo nostro splendido mondo ogni cosa è possibile”.
Segue seconda parte
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howlingfantod
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giovedì 18 settembre 2014
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raffinata favola nordica
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Atmosfere Bergmaniane per una “Grande abbuffata nordica”, quindi grande abbuffata trattenuta, repressa grigio-scura e spirituale. In un lontano villaggio chiuso al mondo e al colore come una comunità monastica psicopatologica, irrompe Babette, una sorta di perturbante, il perturbante della luce, la cuoca in esilio, che porta la sua grazia e la gioia terrena, nella fattispecie del cibo, ma potrebbe essere il sesso, l’arte come Babette stessa suggerisce a far da tramite fra il mondo terreno e il mondo celeste che lì celeste non è. La cappa pesante e grigia del pietismo in un villaggio della Danimarca, la negazione del corpo e dell’amore terreno,(la mancata storia di amore di una vita fra Filippa e il generale).
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Atmosfere Bergmaniane per una “Grande abbuffata nordica”, quindi grande abbuffata trattenuta, repressa grigio-scura e spirituale. In un lontano villaggio chiuso al mondo e al colore come una comunità monastica psicopatologica, irrompe Babette, una sorta di perturbante, il perturbante della luce, la cuoca in esilio, che porta la sua grazia e la gioia terrena, nella fattispecie del cibo, ma potrebbe essere il sesso, l’arte come Babette stessa suggerisce a far da tramite fra il mondo terreno e il mondo celeste che lì celeste non è. La cappa pesante e grigia del pietismo in un villaggio della Danimarca, la negazione del corpo e dell’amore terreno,(la mancata storia di amore di una vita fra Filippa e il generale). Il centro gravitazionale del film è il pranzo che Babette appronta come ospite della casa-villaggio che la ospita, tutto si svolge in sua attesa e sua “consequentia”. I colori si riscaldano e si fanno finanche vivaci al piccolo sermone da tavola del generale(rettitudine e felicità si sono incontrati) lui esemplificazione stessa di qualcosa di terreno fatto a gloria di Dio come nella tradizione della Chiesa riformata, (forse il suo stesso essere combattente, per una causa, forse un crociato proprio) il benchè raffinatissimo pranzo e arte culinaria francese sopraffina che da sola varrebbe il valore di un racconto, a gloria di quel Dio che non vuole essere solo negazione come tutti i volti scavati con la morte che sembra fare capolino degli ottuagenari comparse e protagonisti del pranzo nella loro fissa immobilità da ritratti di pittura fiamminga vorrebbero far credere. Una favola, un apologo morale ben narrato, con le lentezze di un cinema che facciamo fatica a riconoscere, una fotografia attenta e minuziosa per un piccolo capolavoro dal romanzo di Karen Blixen, da leggere e da vedere.
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mondolariano
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venerdì 8 aprile 2011
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ritmi lenti per gusti raffinati
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E’ sempre difficile dare corpo alle idee. Un film costruito sulle sensazioni e sulla muta recitazione può essere un abisso di noia. Ma non nel caso di questo ricco pranzo in salsa olandese, meglio definibile come “cena”.
Il rumore degli oggetti che scandiscono i ritmi lenti di un passato ormai remoto; le nordiche terre imbevute di misticismo luterano; la severa sobrietà che fa tutt’uno con la natura circostante; l’opulenza del pranzo che stride in seno a tanta povertà ma che viene considerato come un dono della gratitudine e delle capacità creative della protagonista; il senso del nuovo che alla fine vincerà la rigida legge dei vecchi decani. Tutto questo effonde nell’aria un profumo di capolavoro non meno delle spezie che condiscono il banchetto.
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E’ sempre difficile dare corpo alle idee. Un film costruito sulle sensazioni e sulla muta recitazione può essere un abisso di noia. Ma non nel caso di questo ricco pranzo in salsa olandese, meglio definibile come “cena”.
Il rumore degli oggetti che scandiscono i ritmi lenti di un passato ormai remoto; le nordiche terre imbevute di misticismo luterano; la severa sobrietà che fa tutt’uno con la natura circostante; l’opulenza del pranzo che stride in seno a tanta povertà ma che viene considerato come un dono della gratitudine e delle capacità creative della protagonista; il senso del nuovo che alla fine vincerà la rigida legge dei vecchi decani. Tutto questo effonde nell’aria un profumo di capolavoro non meno delle spezie che condiscono il banchetto. C’è anche un’allusione ecologista che evidenzia la crudeltà nei confronti degli animali, specie quando il generale assaggia la testa del povero uccellino (particolare fin troppo ricercato).
Più che viste, le scene vanno “sentite”, con tutto il loro tintinnare di piatti e di cristalli, di parole sospirate e di stati d’animo confusi. Un film tendenzialmente femminile, di gusto raffinato e per anime gentili. Anche per appassionati di cucina.
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[+] ...qualcosina di più.....
(di lapele33)
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ricknopelisullalingua
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mercoledì 17 gennaio 2018
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storia di una corazzata potiomkin in danimarca
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Questo film ha qualcosa di buono, oltre ai cari momenti in cui non è una sorta di musical. Per il resto il film porta a tanti spunti e riflessioni riguardo al rapporto tra religione e cibo. In particolare come la vita, con anche il fatidico atto di mangiare è un altro spezzone di vita quotidiana che la religione ha saputo e sa controllare come un despota, manipolando le menti delle genti. Per il resto il continuo cantare e cantare, preghiere e preghiere, per poi finire con il mastodontico cenacolo che anch'esso non finisce mai. Un'altra problematica è legata al messaggio continuo del film che lega a filo stretto con la visione stretta della comunità, in particolare del rapporto padre figli uomini, con un padre che indottrina le figlie tanto bene, però, per tutto il film sembra che questa cosa sia invalicabile, che le azioni dele pastorelle e i loro amici siano giuste e quanto il resto sia sbagliato, come viene fatto intravedere dalle manine della 2a rottura di scatole dell'intero film, il cantante francese.
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Questo film ha qualcosa di buono, oltre ai cari momenti in cui non è una sorta di musical. Per il resto il film porta a tanti spunti e riflessioni riguardo al rapporto tra religione e cibo. In particolare come la vita, con anche il fatidico atto di mangiare è un altro spezzone di vita quotidiana che la religione ha saputo e sa controllare come un despota, manipolando le menti delle genti. Per il resto il continuo cantare e cantare, preghiere e preghiere, per poi finire con il mastodontico cenacolo che anch'esso non finisce mai. Un'altra problematica è legata al messaggio continuo del film che lega a filo stretto con la visione stretta della comunità, in particolare del rapporto padre figli uomini, con un padre che indottrina le figlie tanto bene, però, per tutto il film sembra che questa cosa sia invalicabile, che le azioni dele pastorelle e i loro amici siano giuste e quanto il resto sia sbagliato, come viene fatto intravedere dalle manine della 2a rottura di scatole dell'intero film, il cantante francese. Ma improvvisamente, con sogni satanici conseguenti la cara babette si evolve a furor di soldi, rivolta le carte in tavola in tutti i sensi e fa tutto ciò che non avrebbe mai fatto nessuno in quella sorta di puricomunità, spendere soldi e far mangiare per sapore e non per sopravvivenza. ma attenzione, se pensate che il pranzo di sera faccia un buon effetto ai presenti, l'allegoricità morale in realtà da ragione a le due sorelle "perche babette spende tutti i suoi soldi per goduria e rimane senza nulla e quindi è giusto che le sorelle pastorelle continuino a fustigare se stesse e tutti gli altri moralmente. Cosa ti rimane di questo film? Tanta tanta religione, tanta ma tanta approvazione di uno stile di vita tale(solo quando la pastorella sogna prima del pranzo e quando ci sono i discorsini tra membri sembra ridicolizzare tanta fermezza di queste regole) ma anche una rappresentazione pseudo realistica, perchè al tempo probabilmente funzionava così. Lasciando da parte i tecnicismi religiosi, gli spunti positivi di questo film finiscono per morire grazie alle già citate tempistiche, scene che si potevano evitare tipo alcune del generale, continue e continue inquadrature a foto e statuette.
SE SEI REALISTA PER CRITICARE è BENE MA TU CARO FILM SEMBRA CHE TI PIACCIA SOLO RACCONTARE E FAR ADDORMENTARE TUTTI UNO SULL'ALTRO SUL DIVANO. Ridatemi queste due ore per favore
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