chriss
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giovedì 22 luglio 2010
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non sono d' accordo...
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" Meritavano di morire e spero brucino all' inferno...L' America è un muro e tu stai dall' altra parte...Tutta la mia vita è in mani bianche. Ma come fa un poveraccio di nero ad avere un processo giusto col nemico seduto sui banchi di giudici e giuria?" Tonia, figlia di Carl Lee, ha solo dieci anni quando viene stuprata da due balordi nel Mississipi. Il padre, un operaio, decide di farsi giustizia da solo: si arma di fucile ed uccide a sangue freddo i due malcapitati. Jack Brigance, avvocato del posto, coadiuvato dal suo gruppo di amici, decide di difendere il vendicativo Carl Lee. Riuscirà, soltanto alla fine, a spuntarla dopo un' interminabile arringa rivolto alla giuria.
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" Meritavano di morire e spero brucino all' inferno...L' America è un muro e tu stai dall' altra parte...Tutta la mia vita è in mani bianche. Ma come fa un poveraccio di nero ad avere un processo giusto col nemico seduto sui banchi di giudici e giuria?" Tonia, figlia di Carl Lee, ha solo dieci anni quando viene stuprata da due balordi nel Mississipi. Il padre, un operaio, decide di farsi giustizia da solo: si arma di fucile ed uccide a sangue freddo i due malcapitati. Jack Brigance, avvocato del posto, coadiuvato dal suo gruppo di amici, decide di difendere il vendicativo Carl Lee. Riuscirà, soltanto alla fine, a spuntarla dopo un' interminabile arringa rivolto alla giuria. Nel mezzo del film si svilupperà molta tensione a causa di due faide contrapposte. Da una parte il Ku-Kux-Klan che chiede giustizia per i due bianchi brutalmente assassinati, dall' altra le associazioni dei neri che vanno in difesa di Carl Lee. Per placare il caos dei manifestanti ci si mette di mezzo pure l' Esercito, oltre che la polizia. Tutto questo mentre la vita di Brigance va in pezzi. Minacciato dal K-K-Klan, ( gli brucia pure la casa ), per il fatto che difende un uomo di colore, decide di allontanare moglie e figlia. Il resto è da vedere. Insomma, davvero tanta carne al fuoco in questo film. Qualcuno, su MyMovies, lo ha definito subdolo. Mi viene da ridere... Io non mi trovo per nulla d' accordo. Anzitutto gli attori recitano benino, specie Matthew McConaughey, che, all' epoca, fu una vera rivelazione. Tutto il resto del cast è di prim' ordine. La Bullock, K.Spacey e S.Jackson, in fondo, tengono duro. La trama è molto avvincente: si resta in ansia fino alla fine del film. Insomma, qui non si ha la minima idea di come andrà a finire. I temi toccati sono altissimi: stupro, vendetta personale, pena di morte. Che altro? Io ho dato personalmente tre stelle, tenendomi basso. Forse meriterebbe di più, ma non sono molto appassionato di films su giurati, giuria ed avvocati in bella mostra di sé. Comunque sia è un buon film, molto lineare, non ha buchi o pause durante lo svolgimento. Ho visto di peggio in giro. Credetemi sulla parola allora! Questo è un film da vedere e non buttare nel secchio come qualcuno vorrebbe...Alla prossima da Chriss...
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filippo catani
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giovedì 24 maggio 2012
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film intenso e molto denso
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Nel Mississipi due bianchi violentano una bimba di colore. Il padre della bimba decide di farsi giustizia da solo e li uccide mentre si stanno recando in tribunale. Un giovane avvocato cercherà di difenderlo mentre in città tornerà a farsi sentire la terribile voce del Klan. Tratto da un'opera di John Grisham.
Il film è molto lungo e cerca di sviluppare diverse tematiche e in certe occasioni la pellicola sembra quasi subire il colpo ma però riesce bene a reagire. In primo luogo grazie alla bravura di un cast decisamente ben assortito in cui fra tutti svetta il bravissimo Spacey nel ruolo del procuratore. D'altra parte si butta un'occhiata alla terribile situazione che si viveva fino a pochi anni fa nel profondo sud degli USA dove la parità raziale era solo un'utopia.
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Nel Mississipi due bianchi violentano una bimba di colore. Il padre della bimba decide di farsi giustizia da solo e li uccide mentre si stanno recando in tribunale. Un giovane avvocato cercherà di difenderlo mentre in città tornerà a farsi sentire la terribile voce del Klan. Tratto da un'opera di John Grisham.
Il film è molto lungo e cerca di sviluppare diverse tematiche e in certe occasioni la pellicola sembra quasi subire il colpo ma però riesce bene a reagire. In primo luogo grazie alla bravura di un cast decisamente ben assortito in cui fra tutti svetta il bravissimo Spacey nel ruolo del procuratore. D'altra parte si butta un'occhiata alla terribile situazione che si viveva fino a pochi anni fa nel profondo sud degli USA dove la parità raziale era solo un'utopia. E poi il grande tema se sia o meno lecito farsi giustizia da soli o lasciare (come è giusto che sia) che sia la giustizia a fare il suo corso. Detto questo il film (e anche il libro) non vogliono per nulla essere un inno a chi davanti a tragedie inenarrabili decida di farsi giustizia da solo e chi sostiene il contrario forse non ha ben capito il film.
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luigi chierico
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sabato 1 agosto 2015
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discutibile
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sostituisce precedente,
Ancora una volta Hollywood ci propone un coraggioso film sul razzismo che ha sconvolto l’America nel passato, forse fino a Martin Luther King, ucciso pochi anni dopo John Fitzgerald Kennedy, intorno ad appena mezzo secolo scorso.
Sono proprio tanti i film ed altri ancora ce ne saranno dopo “12 anni schiavo” a trattare questo secolare tema del razzismo.
Il film è condotto benissimo con una eccellente squadra di attori, imputati, accusatori e difensori, giudice e giurati. Un film lungo che però non stanca, sebbene spazi poco fuori dall’aula in cui si svolge il processo. In questo si deve difendere un negro reo confesso di aver deliberatamente ucciso due bianchi. A difendere Carl Lee Hailey, un ottimo Samuel L.
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sostituisce precedente,
Ancora una volta Hollywood ci propone un coraggioso film sul razzismo che ha sconvolto l’America nel passato, forse fino a Martin Luther King, ucciso pochi anni dopo John Fitzgerald Kennedy, intorno ad appena mezzo secolo scorso.
Sono proprio tanti i film ed altri ancora ce ne saranno dopo “12 anni schiavo” a trattare questo secolare tema del razzismo.
Il film è condotto benissimo con una eccellente squadra di attori, imputati, accusatori e difensori, giudice e giurati. Un film lungo che però non stanca, sebbene spazi poco fuori dall’aula in cui si svolge il processo. In questo si deve difendere un negro reo confesso di aver deliberatamente ucciso due bianchi. A difendere Carl Lee Hailey, un ottimo Samuel L. Jackson, c’è un giovanissimo avvocato Jake Brigance, interpretato dall’altrettanto ottimo Matthew McConaughey, il terzo uomo all’accusa, sotto il nome di Rufus Buckley,è Kevin Spacey, sempre all’altezza del suo ruolo. Carl non solo non nega e non può negare l’evidenza, ma non vuole neanche usufruire della semi infermità mentale. A rendere ancora più difficile il compito della difesa c’è che l’avvocato Jake Brigance è un bianco. In un ambiente di Ku Klux Klan, dove il razzismo è esasperato al punto che alla base del delitto commesso da Carl Lee Hailey c’è proprio un terribile episodio di due bianchi contro una minore di colore,un negro non può che essere condannato a furor di popolo. E’ una lotta impari tra il giovane avvocato e l’intera città, l’aiuta una giovane collega Ellen Roark, la cui parte a mio avviso è giustificata solo per la presenza nel ruolo della nota Sandra Bullock che in questo film è perdente rispetto alla dolcezza di Ashley Judd nel ruolo di Carla Brigance, moglie di Jake.
Anche i testimoni chiamati a riferire sulle reali capacità dell’imputato di distinguere il bene dal male non aiutano,anzi naufragano lasciando la difesa in disarmo. Sarà un anziano collega, che non può più esercitare, ad incoraggiare Jake a non abbandonare il cliente, a non arrendersi e a difendere l’indifendibile,l’ attore è il bravissimo Donald Sutherlan, sempre molto misurato nei ruoli di non protagonista. Lo scopo del film è sostenere la necessità di avvalersi della pena di morte come condanna degli omicidi allo scopo di evitare che l’offeso si faccia giustizia da sé, come si è visto in tanti altri film, per es. “Il giustiziere della notte”. Un dilemma amletico che l’avvocato scioglierà con una difesa assolutamente eccezionale. Un’arringa che è un racconto analitico, dettagliato e scrupoloso di come si sono svolti i fatti che hanno dato origine ai due omicidi,una descrizione veramente da rabbrividire, atroce,non è una narrazione ma una fotografia d’una crudeltà e di un verismo che non si è mai sentita. I giurati sono chiamati ad ascoltare ad occhi chiusi,in questa maniera non si può distinguere il bianco dal nero, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto,viene fuori il sentimento e l’odio di fronte all’incertezza di vedere andare assolti due criminali che non hanno avuto pietà. Carl Lee Hailey accusa il suo difensore di essere anche lui un bianco e che quindi lo che vede come un negro, alla pari degli altri. Si domanda se giammai consentirà a sua figlia di giocare con la sua di pelle nera. Ma è veramente il colore della pelle, che differenza le razze, a distinguere i buoni dai cattivi? Il film positivo dà una risposta che è e deve essere la risposta di ieri,di oggi e di domani. chibar22@libero.it
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luigi chierico
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sabato 1 agosto 2015
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discutibile
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Ancora una volta Holliwood ci propone un coraggioso film sul razzismo che ha sconvolto l’America nel passato, forse fino a Martin Luther King ucciso pochi anni dopo John Fitzgerald Kennedy, intorno ad appena mezzo secolo scorso.
Sono proprio tanti i film ed altri ancora ce ne saranno dopo “12 anni schiavo”.
Il film è condotto benissimo con una eccellente squadra di attori, imputati, accusatori e difensori, giudice e giurati. Un film lungo che però non stanca sebbene spazi poco fuori dall’aula in cui si svolge il processo. In questo si deve difendere un negro reo confesso di aver deliberatamente ucciso due bianchi. A difendere Carl Lee Hailey, un ottimo Samuel L. Jackson, c’è un giovanissimo avvocato Jake Brigance, interpretato dall’altrettanto ottimo Matthew McConaughey, il terzo uomo all’accusa, sotto il nome di Rufus Buckley, c’è Kevin Spacey, sempre all’altezza del suo ruolo.
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Ancora una volta Holliwood ci propone un coraggioso film sul razzismo che ha sconvolto l’America nel passato, forse fino a Martin Luther King ucciso pochi anni dopo John Fitzgerald Kennedy, intorno ad appena mezzo secolo scorso.
Sono proprio tanti i film ed altri ancora ce ne saranno dopo “12 anni schiavo”.
Il film è condotto benissimo con una eccellente squadra di attori, imputati, accusatori e difensori, giudice e giurati. Un film lungo che però non stanca sebbene spazi poco fuori dall’aula in cui si svolge il processo. In questo si deve difendere un negro reo confesso di aver deliberatamente ucciso due bianchi. A difendere Carl Lee Hailey, un ottimo Samuel L. Jackson, c’è un giovanissimo avvocato Jake Brigance, interpretato dall’altrettanto ottimo Matthew McConaughey, il terzo uomo all’accusa, sotto il nome di Rufus Buckley, c’è Kevin Spacey, sempre all’altezza del suo ruolo. Carl non solo non nega e non può negare l’evidenza, ma non vuole neanche usufruire della semi infermità mentale. A rendere ancora più difficile il compito della difesa c’è che l’avvocato Jake Brigance è un bianco. In un ambiente di Ku Klux Klan, dove il razzismo è esasperato al punto che alla base del delitto commesso da Carl Lee Hailey c’è proprio un terribile episodio di due bianchi contro una minore di colore,un negro non può che essere condannato a furor di popolo.. E’ una lotta impari tra il giovane avvocato e l’intera città, l’aiuta una giovane collega Ellen Roark, la cui parte a mio avviso è giustificata solo per la presenza nel ruolo della nota Sandra Bullock che in questo film è perdente rispetto alla dolcezza di Ashley Judd nel ruolo di Carla Brigance, moglie di Jake.
Anche i testimoni chiamati a riferire sulle reali capacità dell’imputato di distinguere il bene dal male non aiutano,anzi naufragano lasciando la difesa in disarmo. Sarà un anziano collega che non può più esercitare ad incoraggiare Jake a non abbandonare il cliente, a non arrendersi per difendere l’indifendibile,l’ attore è il bravissimo Donald Sutherlan sempre molto misurato nei ruoli di non protagonista. Lo scopo del film è sostenere la necessità di avvalersi della pena di morte come condanna degli omicidi allo scopo di evitare che l’offeso si faccia giustizia da sé, come si è visto in tanti altri film, per es. “Il giustiziere della notte”. Un dilemma amletico che l’avvocato scioglierà con una difesa assolutamente eccezionale. Un racconto analitico, dettagliato e scrupoloso di come si sono svolti i fatti che hanno dato origine ai due omicidi,una descrizione veramente da rabbrividire, atroce,non è una narrazione ma una fotografia d’una crudeltà e di un verismo che non si è mai sentita. I giurati sono chiamati ad ascoltare ad occhi chiusi,in questa maniera non si può distinguere il bianco dal nero, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto. Carl Lee Hailey chiede al suo difensore accusandolo di essere anche lui un bianco e come tale non potrà mai lo vede non vederlo come un negro con la cui figlia giammai giocherà la sua di pelle bianca. Ma è veramente il colore della pelle che differenza le razze a distinguerli come ii buoni dai cattivi? Il film positivo dà una risposta che è e deve essere la risposta di ieri,di oggi e di domani. chibar22@libero.it
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r.a.f.
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giovedì 19 settembre 2019
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meritavano di morire?
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Emozionante legal thriller tratto dall’ennesimo capolavoro di Grisham. In una piccola cittadina del Mississippi due balordi bianchi rapiscono e stuprano una bambina di colore, dopo averla legata e presa a sassate. La bimba sopravvive ma rimane irrimediabilmente compromessa nel fisico, oltre che umiliata e ferita psicologicamente. Quando il padre si rende conto che non potrà avere giustizia, e che i due balordi la faranno franca in quanto bianchi, imbraccia il fucile e li ammazza senza pensarci due volte. Ne segue un processo che dividerà l’intero paese, e metterà a dura prova anche l’avvocato (bianco) che difende l’accusato. Sarà uno scontro senza esclusione di colpi, che coinvolgerà chiunque prenda le difese dell’imputato a qualunque titolo, travolgendo la famiglia, gli amici e i collaboratori dell’avvocato al punto da fargli mettere in discussione tutte le sue certezze.
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Emozionante legal thriller tratto dall’ennesimo capolavoro di Grisham. In una piccola cittadina del Mississippi due balordi bianchi rapiscono e stuprano una bambina di colore, dopo averla legata e presa a sassate. La bimba sopravvive ma rimane irrimediabilmente compromessa nel fisico, oltre che umiliata e ferita psicologicamente. Quando il padre si rende conto che non potrà avere giustizia, e che i due balordi la faranno franca in quanto bianchi, imbraccia il fucile e li ammazza senza pensarci due volte. Ne segue un processo che dividerà l’intero paese, e metterà a dura prova anche l’avvocato (bianco) che difende l’accusato. Sarà uno scontro senza esclusione di colpi, che coinvolgerà chiunque prenda le difese dell’imputato a qualunque titolo, travolgendo la famiglia, gli amici e i collaboratori dell’avvocato al punto da fargli mettere in discussione tutte le sue certezze. Il film coinvolge profondamente, ponendo alla coscienza dello spettatore una serie di quesiti etici di non facile soluzione, ma la domanda fondamentale è se sia ammissibile farsi giustizia da sé. La risposta più ovvia sarebbe negativa, ma il film ci porta inevitabilmente ad un’altra conclusione. Pericolosa, certo, ma dannatamente umana. Perché alla fine del processo, il cui risultato appare incerto fino all’ultimo, e dopo un’arringa difensiva da far tremare i polsi, si avrà la sensazione liberatoria che giustizia sia stata fatta, sia pure a caro prezzo. Uno dei migliori legal thriller degli ultimi anni, sostenuto dall’ottima recitazione dei protagonisti, tutti meravigliosamente in parte: dalla Bullock, che interpreta una giovane avvocatessa alle prime armi, deliziosamente ingenua e idealista, ad un sempre signorile Donald Sutherland, nella parte di un avvocato esperto ma con problemi di alcool; dal giovane Kiefer Sutherland, qui nell’ennesimo ruolo da cattivo che più cattivo non si può, fino a Samuel Jackson, padre disperato e umiliato per cui è impossibile non parteggiare. Il procuratore che sostiene l’accusa è un arrogante e presuntuoso Kevin Spacey, mai così antipatico, ma su tutti spicca un McConaughey in stato di grazia, sempre più simile, nel fisico come nella recitazione, al Paul Newman degli anni d’oro: si dice che la scena della sua arringa finale sia stata girata tutta d’un fiato, per non interromperne il ritmo, e che, alla fine, tutta la troupe sia scoppiata in un fragoroso applauso. Meritatissimo.
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figliounico
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mercoledì 13 dicembre 2023
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il diritto di uccidere
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Tratto dall’omonimo primo romanzo di John Grisham del 1988, A time to kill, ispirato probabilmente dalla sua stessa attività di avvocato, il film è un legal thriller del ’96 diretto da Joel Schumacher e con un cast stellare che coniuga, sarebbe meglio dire confonde sapientemente, due temi centrali e a tutt’oggi ancora attuali nella vita sociale del Paese a stelle e strisce ossia il razzismo e la pena di morte. E’ incredibile come Grisham riesca funambolescamente a compiacere sia il lettore di sinistra, con l’ovvia condanna del suprematismo bianco, rappresentato nel profondo sud degli anni ottanta dagli incappucciati del Ku Klux Klan, sia quello più destrorso e conservatore, con la meno scontata giustificazione della legittima difesa, come nemmeno la lega in Italia potrebbe osare mai sperare ovvero come esercizio arbitrario delle proprie ragioni portato alle estreme conseguenze.
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Tratto dall’omonimo primo romanzo di John Grisham del 1988, A time to kill, ispirato probabilmente dalla sua stessa attività di avvocato, il film è un legal thriller del ’96 diretto da Joel Schumacher e con un cast stellare che coniuga, sarebbe meglio dire confonde sapientemente, due temi centrali e a tutt’oggi ancora attuali nella vita sociale del Paese a stelle e strisce ossia il razzismo e la pena di morte. E’ incredibile come Grisham riesca funambolescamente a compiacere sia il lettore di sinistra, con l’ovvia condanna del suprematismo bianco, rappresentato nel profondo sud degli anni ottanta dagli incappucciati del Ku Klux Klan, sia quello più destrorso e conservatore, con la meno scontata giustificazione della legittima difesa, come nemmeno la lega in Italia potrebbe osare mai sperare ovvero come esercizio arbitrario delle proprie ragioni portato alle estreme conseguenze. Nel plot, infatti, c’è, a fianco della lotta per ottenere un giusto giudizio per l’imputato di colore non viziato da pregiudizi razziali, la difesa a spada tratta, sia giuridica che etica e sentimentale, nell’appassionata arringa finale di Matthew McConaughey, del diritto del suo cliente afroamericano, Samuel Jackson, di uccidere e quindi irrogare privatamente la pena di morte ai due criminali che hanno stuprato la figlioletta di dieci anni senza scontare nemmeno un giorno di carcere. Opinabile per quanto riguarda i contenuti per lo meno per la loro incoerenza sospetta, il film è tuttavia da vedere per il cast stratosferico.
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