paola di giuseppe
|
giovedì 28 gennaio 2010
|
dietro la maschera il vuoto?
|
|
|
|
Kurosawa torna al suo secolo di elezione, il ‘500.
Il clan dei Takeda assedia il castello di Noda.Shingen,il capo,lotta per l’unificazione del paese .
Colpito mentre ascolta il lamento di quel flauto che,gli hanno riferito, ogni sera arriva dal castello a ipnotizzare tutti gli uomini,Shingen dovrà essere sostituito per tre anni da un sosia (un Kagemusha)che inganni tutti.Un impero senza capo è destinato a rapida sconfitta e la successione è problema di ogni guida carismatica di un popolo.
Dunque questa è la volontà di Shingen,il suo cadavere sparisce sotto il naso delle spie nemiche (nel campo avverso circoleranno sempre sospetti su questa morte, ma ci vogliono prove,e il sosia è troppo bravo)
Un calco quasi perfetto è già pronto al castello,un ladruncolo condannato alla crocifissione a testa in giù, trovato al fiume dove avvengono le esecuzioni.
[+]
Kurosawa torna al suo secolo di elezione, il ‘500.
Il clan dei Takeda assedia il castello di Noda.Shingen,il capo,lotta per l’unificazione del paese .
Colpito mentre ascolta il lamento di quel flauto che,gli hanno riferito, ogni sera arriva dal castello a ipnotizzare tutti gli uomini,Shingen dovrà essere sostituito per tre anni da un sosia (un Kagemusha)che inganni tutti.Un impero senza capo è destinato a rapida sconfitta e la successione è problema di ogni guida carismatica di un popolo.
Dunque questa è la volontà di Shingen,il suo cadavere sparisce sotto il naso delle spie nemiche (nel campo avverso circoleranno sempre sospetti su questa morte, ma ci vogliono prove,e il sosia è troppo bravo)
Un calco quasi perfetto è già pronto al castello,un ladruncolo condannato alla crocifissione a testa in giù, trovato al fiume dove avvengono le esecuzioni.
Il film si apre con inquadratura fissa su Shengen,al centro fra il fratello e il Kagemusha,e il tema del doppio si pone da questo momento.
Al ladro (copia perfetta dentro la maschera dello sfarzoso kimono)che, con popolana spontaneità, grida il suo ultimo tentativo di autoaffermazione :“Io non ho rubato che un po' di soldi.. E mi chiamate criminale?...Ma se voi ne avete uccisi a migliaia, e saccheggiato intere regioni!Chi è più colpevole?Voi o io?”,l’imperturbabile “signore della guerra” risponde “Il mio dominio è costruito sui cadaveri,ma se io non ci fossi la strage sarebbe collettiva, senza regola».
Ponendo all’inizio la scena chiave per la lettura del film, Kurosawa dosa, in perfetto bilanciamento, la complessa varietà di temi che muove intorno a quello centrale.
L’architettura dell’opera è il prodotto del felice equilibrio fra le ragioni ideali e intellettuali alla base del plot e le scelte stilistiche,che curano fino al dettaglio l’apparato visivo,soprattutto nella spettacolarità epica delle masse in movimento (grande lezione fordiana) L’uso del colore dà volume al linguaggio di Kurosawa,arricchendo la sua tavolozza con un equilibrio cromatico degno della classica e vibrante compostezza dei nostri grandi del Rinascimento.
Ben indottrinato da Nobukado,attorniato da un consiglio di guerra che supporta il suo ruolo non facile, Kagemusha avrà sempre uno sguardo innocente sulle cose, pur calandosi nella parte al punto da convincere perfino sé stesso di essere l’altro.
Ma “un’ombra ha valore quando c’è il suo originale” dirà il gran dignitario di corte “quando l’originale è sparito la sua ombra dove va a finire?”
L’uomo può convivere con la sua maschera solo se le regole del gioco vengono rispettate e se la sovrapposizione è perfetta.
E’dunque possibile ingannare il nipotino,ma non il cavallo,che riconosce solo Shengen e disarciona, sprezzante, Kagemusha. La maschera ora è un guscio vuoto, inservibile, da scacciare a sassate con un obolo per il servizio prestato.
Ma Kurosawa non è Pirandello, e a Nobukado fa dire, parlando di Kagemusha “E' un gioco che costa dolore, credo che a volte debba sentirsi come rimesso in croce”.
L’ involucro del miserabile continuerà per pochi istanti a vivere di vita propria, e sullo spettrale campo dopo la battaglia si scaglierà,patetica marionetta, fino ad essere colpito e cadere nel lago Suwa.
Dall’alto,la macchina lo filma mentre galleggia in rotta di collisione con lo stendardo dei Takeda sconfitti.
Lui, il Kagemusha, ne aveva perfino imparato a memoria il motto stampigliato “rapidi come il vento, silenziosi come la foresta, fermi come la montagna”.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paola di giuseppe »
[ - ] lascia un commento a paola di giuseppe »
|
|
d'accordo? |
|
bastardisenzacinema
|
lunedì 16 marzo 2015
|
semplicemente kurosawa!
|
|
|
|
Kagemusha è un film del 1980 diretto dal maestro Akira Kurosawa.
Il film si ispira alle vicende che, nel Giappone cinquecentesco, vedono coinvolto il nobile Shingen Takeda.
Nel film di Kurosawa Takeda, interpretato da Tatsuya Nakadai, e doppiato da Marcello Tusco, è il patriarca di una delle più importanti famiglie nobiliari nipponiche.
Durante la guerra Shingen viene ferito a morte ma tuttavia, nei suoi ultimi istanti, esprime al fratello il desiderio di tenere nascosta la sua morte non solo ai nemici, ma anche ai parenti e agli alleati, onde evitare la disgregazione del casato.
A tal scopo viene assoldato un kagemusha, un sosia perfettamente identico al signore feudale ma anche capace di ingannare servi e parenti del defunto.
[+]
Kagemusha è un film del 1980 diretto dal maestro Akira Kurosawa.
Il film si ispira alle vicende che, nel Giappone cinquecentesco, vedono coinvolto il nobile Shingen Takeda.
Nel film di Kurosawa Takeda, interpretato da Tatsuya Nakadai, e doppiato da Marcello Tusco, è il patriarca di una delle più importanti famiglie nobiliari nipponiche.
Durante la guerra Shingen viene ferito a morte ma tuttavia, nei suoi ultimi istanti, esprime al fratello il desiderio di tenere nascosta la sua morte non solo ai nemici, ma anche ai parenti e agli alleati, onde evitare la disgregazione del casato.
A tal scopo viene assoldato un kagemusha, un sosia perfettamente identico al signore feudale ma anche capace di ingannare servi e parenti del defunto.
Il film seguirà le vicende di questo bizzarro e saggio sosia e del suo rapporto con il simbolo che contraddistingue la famiglia Takeda.
La linea narrativa del film è semplice e all'antefatto iniziale segue il rapido susseguirsi degli eventi che portano al tragico epilogo.
La regia di Kurosawa è magica nella sua essenzialità, la fotografia di Takao Saito mostra in tutta la magnificenza e la forza dei grandi paesaggi naturali quali i fiumi e i laghi ricchi di acque rese torbide dal sangue versato nelle battaglie, le vallate e le immense catene montuose, per non parlare dei tramonti, magnifici e suggestivi.
Il tutto crea una cornice ancestrale perfetta per l'ambientazione del dramma che andrà a coinvolgere i Takeda e il povero Kagemusha, ormai servo dell'ideale che ha smosso il suo animo.
Con questo film Kurosawa ci prende per mano e ci accompagna delicatamente all'interno del Giappone dell'epoca, narrandoci di nobili, avidi signori della guerra ed inconsapevoli eroi.
Lo spirito del film vi affascinerà.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a bastardisenzacinema »
[ - ] lascia un commento a bastardisenzacinema »
|
|
d'accordo? |
|
goruz
|
mercoledì 1 settembre 2010
|
cos'è un ombra senza il suo padrone?
|
|
|
|
Kurosawa qua non è certamente al livello di Rashomon o Dersu Uzala, ma Kagemusha resta comunque un gran film! Volgarmente (e scherzosamente) potremmo riassumerlo con il detto "dalle stalle alle stelle"... e ritorno. L'ex ladruncolo Kagemusha è un ombra, il sosia daimyo Shingen, e si trova a sostituirlo nel difficile compito, quando questi rimane vittima di un attentato, di arrestare una guerra in corso e riportare il clan alla pace; per farlo dovrà diventare Shingen, imparare a parlare e muoversi come lui per ingannare amici e nemici. L'immedesimazione sarà così forte che Kagemusha annullerà se stesso, schiaccerà la sua personalità a tal punto da diventare nulla quando verrà il momento per lui di essere messo da parte e di tornare sulla strada, pateticamente cercherà di vedere e abbracciare per l'ultima volta il nipote di Shingen, a cui vuole bene come se ne fosse realmente il nonno; e ormai ridotto a niente preferirà una onorevole morte sul campo di battaglia per il suo clan che condurre una vita che ormai non è più la sua.
[+]
Kurosawa qua non è certamente al livello di Rashomon o Dersu Uzala, ma Kagemusha resta comunque un gran film! Volgarmente (e scherzosamente) potremmo riassumerlo con il detto "dalle stalle alle stelle"... e ritorno. L'ex ladruncolo Kagemusha è un ombra, il sosia daimyo Shingen, e si trova a sostituirlo nel difficile compito, quando questi rimane vittima di un attentato, di arrestare una guerra in corso e riportare il clan alla pace; per farlo dovrà diventare Shingen, imparare a parlare e muoversi come lui per ingannare amici e nemici. L'immedesimazione sarà così forte che Kagemusha annullerà se stesso, schiaccerà la sua personalità a tal punto da diventare nulla quando verrà il momento per lui di essere messo da parte e di tornare sulla strada, pateticamente cercherà di vedere e abbracciare per l'ultima volta il nipote di Shingen, a cui vuole bene come se ne fosse realmente il nonno; e ormai ridotto a niente preferirà una onorevole morte sul campo di battaglia per il suo clan che condurre una vita che ormai non è più la sua. Consigliatissimo a tutti, nonostante la lunghezza, è comunque estremamente avvincente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a goruz »
[ - ] lascia un commento a goruz »
|
|
d'accordo? |
|
jacopo b98
|
domenica 31 maggio 2015
|
una tragica riflessione sul ruolo dell'attore
|
|
|
|
Nel giappone feudale, il daymio Shingen Takeda muore durante l’assedio a un castello nemico. Per impedire che i nemici, venuti a sapere della sua morte, approfittino del momento di debolezza del Clan Takeda, gli alti dignitari e in particolare il fratello (Yamazaki) di Shingen decidono di utilizzare un kagemusha: un sosia, un’ombra simile a Shingen in tutto e per tutto, che lo sostituisca temporaneamente (quella del kagemusha era una tecnica realmente usata all’epoca). Un ladro (Nakadai) scampato alla crocifissione prenderà dunque il ruolo di Shingen e riuscirà a divenirgli così uguale da ingannare amici e nemici. E quando verrà scoperto, nemmeno alla fine, riuscirà ad abbandonare un ruolo a cui si è adattato troppo bene.
[+]
Nel giappone feudale, il daymio Shingen Takeda muore durante l’assedio a un castello nemico. Per impedire che i nemici, venuti a sapere della sua morte, approfittino del momento di debolezza del Clan Takeda, gli alti dignitari e in particolare il fratello (Yamazaki) di Shingen decidono di utilizzare un kagemusha: un sosia, un’ombra simile a Shingen in tutto e per tutto, che lo sostituisca temporaneamente (quella del kagemusha era una tecnica realmente usata all’epoca). Un ladro (Nakadai) scampato alla crocifissione prenderà dunque il ruolo di Shingen e riuscirà a divenirgli così uguale da ingannare amici e nemici. E quando verrà scoperto, nemmeno alla fine, riuscirà ad abbandonare un ruolo a cui si è adattato troppo bene. Scritto dal regista con Masato Ide, è uno dei più grandi capolavori del “tardo Kurosawa”. Il regista riflette qui sul ruolo dell’attore, che di fatto il kegemusha, interprete superlativo, deve assumere. Il protagonista diviene paradigma di un’epoca e di un personaggio a suo modo unico: un attore che interpreta divinamente un personaggio di cui è innamorato, a tal punto da perdere sé stesso in Shingen (il ladro alla fine è snaturato di per sé, al punto da diventare lui stesso il vero re defunto), e da non esserne distinguibile. Amara parabola sull’identificazione, sui caduchi affetti che essa porta e porta via, sul rapporto tra generazioni (l’ignorante ladro è comunque un vecchio saggio che ripudia la guerra, sarà il giovane figlio del vero Shingen ad autodistruggere il clan Takeda, mandandolo a morte sul campo di battaglia, in nome del proprio orgoglio personale), e sull’illusione dell’identificazione assoluta (cosa che gli uomini non capiscono: è il cavallo di Shingen a riconoscere nel kagemusha un impostore). Ma oltre alla sua ricchezza tematica Kagemusha è anche l’assoluta celebrazione del cinema giapponese storico di Kurosawa: il lavoro visivo è incredibile; il regista lavora sulla composizione cromatica dell’immagine (fotografia di Takao Saitō), sull’armonia delle inquadrature (che molto deve, nelle scene statiche, al teatro Nō), sul binomio musica-immagine (superba la colonna sonora di Shinichiro Ikebe). E le scene di battaglia sono tra le più belle mai realizzate: grandi quadri in movimento, in cui ogni fotogramma pare una tela dipinta. Memorabili almeno il campo di battaglia finale e l’assalto notturno alle truppe di Shingen-Kagemusha. Un capolavoro da non perdere, summa del cinema di Kurosawa. Per lo meno gli appassionati lo devono vedere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a jacopo b98 »
[ - ] lascia un commento a jacopo b98 »
|
|
d'accordo? |
|
beefheart
|
martedì 13 febbraio 2007
|
avrebbe potuto essere ma...
|
|
|
|
Di apprezzabile c'è solo l'aspetto visivo in termini di fotografia, inquadrature, luci, colori (a volte addirittura surreali), costumi ed ambientazioni.
Per il resto mi è parso eccessivamente lungo, dilatato, un po caotico (soprattutto all'inizio) e approssimativo. Le scene di guerra sono solo accennate, gli scontri non si vedono mai e questo, senza dubbio, facilita molto il lavoro del regista che, oltre a non dover girare difficili scene di guerra con centinaia di comparse, non si deve preoccupare di utilizzare stunt man, addestratori di cavalli e quant'altro. Peccato però che i combattimenti tra clan rivali, di questo film costituiscano l'ossatura. La recitazione è quella tipica nipponica del periodo e, più ancora, del genere: particolarmente intensa e carica, a saturare di dramma un'atmosfera sempre solenne, tanto nei frangenti più particolari e domestici quanto in quelli più panoramici e corali.
[+]
Di apprezzabile c'è solo l'aspetto visivo in termini di fotografia, inquadrature, luci, colori (a volte addirittura surreali), costumi ed ambientazioni.
Per il resto mi è parso eccessivamente lungo, dilatato, un po caotico (soprattutto all'inizio) e approssimativo. Le scene di guerra sono solo accennate, gli scontri non si vedono mai e questo, senza dubbio, facilita molto il lavoro del regista che, oltre a non dover girare difficili scene di guerra con centinaia di comparse, non si deve preoccupare di utilizzare stunt man, addestratori di cavalli e quant'altro. Peccato però che i combattimenti tra clan rivali, di questo film costituiscano l'ossatura. La recitazione è quella tipica nipponica del periodo e, più ancora, del genere: particolarmente intensa e carica, a saturare di dramma un'atmosfera sempre solenne, tanto nei frangenti più particolari e domestici quanto in quelli più panoramici e corali. Il film risente di una trama, potenzialmente valida, ma forse non sviluppata a dovere, con un ritmo narrativo incerto che non rapisce completamente l'attenzione dello spettatore. E' per questo che, nonostante l'epico finale, ciò che ne deriva è la sensazione di un capolavoro solo sfiorato; qualcosa che avrebbe potuto essere ma, per poco, non lo è stato. Interessante la ricostruzione di alcuni particolari storico/sociali come la servile devozione riservata al principe del clan dai suoi vassalli e subalterni, per i quali risulta essere un'irrinunciabile guida terrena e spirituale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a beefheart »
[ - ] lascia un commento a beefheart »
|
|
d'accordo? |
|
|