michele
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domenica 22 aprile 2007
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la legge e la sua importanza
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Sicilia, fine anni 40: un giovane magistrato di Palermo (Massimo Girotti) viene inviato come pretore in un paese dell’entroterra siciliano e, per amore della giustizia e della legalità, si trova costretto a combattere contro varie ingiustizie sociali. Il suo zelo lo porterà a scontrarsi contro un notabile, il barone Lo Vasto (interpretato da Camillo Mastrocinque) e contro la mafia, rappresentata dal massaro Turi Passalacqua (Charles Vanel) e dai suoi uomini. Tutto ciò contornato da una realtà omertosa che non favorisce il suo lavoro. Solo contro tutti, appoggiato unicamente dal maresciallo della locale Stazione Carabinieri (Saro Urzì) e dal giovane Paolino (Piero Sabella), condurrà fino alla fine la sua battaglia che consiste non solo nell’applicare la legge ma anche nell’insegnarne il valore.
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Sicilia, fine anni 40: un giovane magistrato di Palermo (Massimo Girotti) viene inviato come pretore in un paese dell’entroterra siciliano e, per amore della giustizia e della legalità, si trova costretto a combattere contro varie ingiustizie sociali. Il suo zelo lo porterà a scontrarsi contro un notabile, il barone Lo Vasto (interpretato da Camillo Mastrocinque) e contro la mafia, rappresentata dal massaro Turi Passalacqua (Charles Vanel) e dai suoi uomini. Tutto ciò contornato da una realtà omertosa che non favorisce il suo lavoro. Solo contro tutti, appoggiato unicamente dal maresciallo della locale Stazione Carabinieri (Saro Urzì) e dal giovane Paolino (Piero Sabella), condurrà fino alla fine la sua battaglia che consiste non solo nell’applicare la legge ma anche nell’insegnarne il valore.
“In nome della legge” è un film ricco di tensioni ideali che è legato ad un epoca passata. Eppure ancora oggi coinvolge lo spettatore perché rappresenta un accorato appello alla legalità e alla giustizia sociale.
E’un film, questo, legato alle speranze e all’entusiasmo per la Costituzione appena approvata. Profondamente laico, poiché di riferimenti alla Chiesa non ce ne sono. Nel paese il parroco e il suo mondo sembrano completamente assenti, non solo visivamente ma anche nei discorsi della gente.. La chiesa e le sue campane vengono utilizzate solo alla fine per richiamare tutti i paesani a un discorso del pretore che è allo stesso tempo condanna per ciò che stato e monito per quel che sarà. In questa scena finale, sebbene non sia evidente, c’è la sensazione che il magistrato si sostituisca, anzi, debba sostituirsi a una Chiesa assente, venuta meno alla missione ad essa assegnatagli.. Eppure questo modo di rappresentare le cose, opinabile, falsa un pò l'effettiva realtà dei tempi che invece vedeva il parroco partecipe attivo della realtà e delle vicissitudini di ogni paese.
Un discorso particolare va fatto per come viene rappresentata la mafia. Quella mafia vecchia, rurale, finita da decenni, che aveva a suo modo un codice di comportamento, sebbene distorto. Traspare nei dialoghi una condanna implacabile da parte del giudice ma anche la buona fede, o almeno qualcosa di simile, da parte del capomafia locale. La mafia è necessaria perché lo Stato è assente e inefficiente, essa si è imposta come giudice e pacificatrice sociale, sebbene gli effetti della sua gestione siano devastanti per tutti. Lo stesso Charles Vanel non suscita avversione allo spettatore ma appare e si dichiara come un vecchio che crede nei suoi valori e li applica in buona fede. E’ questa, a mio parere, un’ambiguità che smorza il duro atto di condanna contenuto nell’opera.
La sceneggiatura si commenta dai nomi di chi ha contribuito a realizzarla (Monicelli, Germi, Fellini e Mangione).La fotografia di Barboni riesce a trasmettere l’idea di una Sicilia tragicamente abbandonata nella miseria e nell’arretratezza. Le musiche di Rustichelli, mescolando elementi western e nostrani, si adattano perfettamente all’atmosfera avventurosa e solenne del film.
In sintesi è un capolavoro che consiglio a tutti per la sua carica civica, etica e morale nonchè per l’intensità ed il fascino con cui vengono raffigurati idee, luoghi e persone. Da vedere assolutamente almeno una volta.
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gianleo67
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giovedì 24 maggio 2012
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spaghetti western made in sicily
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Giovane e integerrimo pretore palermitano viene inviato in un piccolo e desolato villaggio dell'entroterra per sostituire il dimissionario e pavido collega. Dovrà ristabilire la Legge e l'ordine contro lo strapotere della Mafia e del Signorotto locale. Finale a sorpresa. Curioso western di ambientazione sicula che ricalca fedelmente i classici del genere declinandone gli stereotipi secondo una singolare sensibilità oleografica. Sulle lande desolate e brulle di una terra di frontiera, ritroviamo banditi che assaltano la 'diligenza' d'un povero carretto siciliano (abigeato), il treno sbuffante che scarica l'ombroso eroe di turno, i groppuscoli stanziali di taciturni autoctoni che si accalcano per le vie di un misero villaggio, il viscido e corrotto signore locale, la banda organizzata dello spietato ranchero che governa con la legge del più forte, la rivolta di peones affamati e finanche il classico saloon-tabaccheria dove si serve l'Anice (stellato) al posto dello Wishey (sic!).
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Giovane e integerrimo pretore palermitano viene inviato in un piccolo e desolato villaggio dell'entroterra per sostituire il dimissionario e pavido collega. Dovrà ristabilire la Legge e l'ordine contro lo strapotere della Mafia e del Signorotto locale. Finale a sorpresa. Curioso western di ambientazione sicula che ricalca fedelmente i classici del genere declinandone gli stereotipi secondo una singolare sensibilità oleografica. Sulle lande desolate e brulle di una terra di frontiera, ritroviamo banditi che assaltano la 'diligenza' d'un povero carretto siciliano (abigeato), il treno sbuffante che scarica l'ombroso eroe di turno, i groppuscoli stanziali di taciturni autoctoni che si accalcano per le vie di un misero villaggio, il viscido e corrotto signore locale, la banda organizzata dello spietato ranchero che governa con la legge del più forte, la rivolta di peones affamati e finanche il classico saloon-tabaccheria dove si serve l'Anice (stellato) al posto dello Wishey (sic!). E' indubbio che la naturale cornice scenografica si presti perfettamente (con la sua topografia desolata,la vegetazione alloctona di fichi d'india e agave, le architetture residuali della dominazione spagnola) a ricreare il classico villaggio tex-mex così consono al cinema di genere.Tuttavia è anche e soprattutto lo sviluppo dell'intreccio principale che richiama fedelmente il soggetto classico dello scontro di potere tra i foresti paladini della Legge e i protervi rappresentanti di una giustizia sommaria 'amministrata' secondo un consolidato codice d'onore.
La prova di Germi tuttavia appare viziata da una evidente ingenuità antropologica e da accenti retorici e moraleggianti che ne penalizzano la credibilità come attendibile documento di costume. Restano comunque degne di nota le scelte stilistiche che richiamano i grandi spazi della frontiera (campi lunghi e lunghissimi) e la violenza dialettica tra i protagonisti (con tagli in primo piano e l'uso accorto del contro campo), nonchè una fotografia capace ora di accendere l'abbacinante sole del meriggio, ora di proiettare le ombrosità romantiche sul giardino notturno eletto come classica cornice per un rendez-vous di in amore proibito.Interessante è pure la sottotrama romantica ordita sullo sviluppo principale (sceneggiatura firmata tra gli altri da Monicelli e Fellini) e il simpatico macchiettismo delle figure di contorno (uno spassoso Turi Pandolfini).
Massimo Girotti ha l'ombrosità affascinante di un nostrano Tyron Power e Charles Vanel il grugno beffardo di un marsigliese in trasferta. Da antologia la scena finale dell'arresto di Messana.Pittoresco.
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lunedì 4 agosto 2014
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il coraggio di un giovane pretore
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Primo film di spessore di un giovane Pietro Germi, all'epoca 45enne, coadiuvato nella sceneggiatura da due futuri grandi registi: Mario Monicelli e Federcio Fellini. Il film risente sia di una certa influenza western, sia di una certà ingenuita del regista (e degli altri che hanno scritto la sceneggiatura), sia del fatto che il fenomeno Mafia era allora ancora a un primo stadio di consocenza e iniziava a diventare un fattore di rilievo. Ciò è evidente soprattutto nel finale, quando la Mafia collabora con la legge e viene mostrata come qualcosa di ragionevole. Ma sappiamo poi come è andata a finire. Ma ha anche tanti meriti, come quello di aver parlato per primo di tematiche quali la corruzione e l'omertà, di cui il cinema si occuperà con insistenza solo negli anni '60.
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Primo film di spessore di un giovane Pietro Germi, all'epoca 45enne, coadiuvato nella sceneggiatura da due futuri grandi registi: Mario Monicelli e Federcio Fellini. Il film risente sia di una certa influenza western, sia di una certà ingenuita del regista (e degli altri che hanno scritto la sceneggiatura), sia del fatto che il fenomeno Mafia era allora ancora a un primo stadio di consocenza e iniziava a diventare un fattore di rilievo. Ciò è evidente soprattutto nel finale, quando la Mafia collabora con la legge e viene mostrata come qualcosa di ragionevole. Ma sappiamo poi come è andata a finire. Ma ha anche tanti meriti, come quello di aver parlato per primo di tematiche quali la corruzione e l'omertà, di cui il cinema si occuperà con insistenza solo negli anni '60. Vinse tre nastri d'argento.
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Giovane e integerrimo pretore palermitano viene inviato in un piccolo e desolato villaggio dell'entroterra per sostituire il dimissionario e pavido collega. Dovrà ristabilire la Legge e l'ordine contro lo strapotere della Mafia e del Signorotto locale. Finale a sorpresa. Curioso western di ambientazione sicula che ricalca fedelmente i classici del genere declinandone gli stereotipi secondo una singolare sensibilità oleografica. Sulle lande desolate e brulle di una terra di frontiera, ritroviamo banditi che assaltano la 'diligenza' d'un povero carretto siciliano (abigeato), il treno sbuffante che scarica l'ombroso eroe di turno, i groppuscoli stanziali di taciturni autoctoni che si accalcano per le vie di un misero villaggio, il viscido e corrotto signore locale, la banda organizzata dello spietato ranchero che governa con la legge del più forte, la rivolta di peones affamati e finanche il classico saloon-tabaccheria dove si serve l'Anice(stellato) al posto dello Wishey (sic!).
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Giovane e integerrimo pretore palermitano viene inviato in un piccolo e desolato villaggio dell'entroterra per sostituire il dimissionario e pavido collega. Dovrà ristabilire la Legge e l'ordine contro lo strapotere della Mafia e del Signorotto locale. Finale a sorpresa. Curioso western di ambientazione sicula che ricalca fedelmente i classici del genere declinandone gli stereotipi secondo una singolare sensibilità oleografica. Sulle lande desolate e brulle di una terra di frontiera, ritroviamo banditi che assaltano la 'diligenza' d'un povero carretto siciliano (abigeato), il treno sbuffante che scarica l'ombroso eroe di turno, i groppuscoli stanziali di taciturni autoctoni che si accalcano per le vie di un misero villaggio, il viscido e corrotto signore locale, la banda organizzata dello spietato ranchero che governa con la legge del più forte, la rivolta di peones affamati e finanche il classico saloon-tabaccheria dove si serve l'Anice(stellato) al posto dello Wishey (sic!). E' indubbio che la naturale cornice scenografica si presti perfettamente (con la sua topografia desolata,la vegetazione alloctona di fichi d'india e agave, le architetture residuali della dominazione spagnola) a ricreare il classico villaggio tex-mex così consono al cinema di genere.Tuttavia è anche e soprattutto lo sviluppo dell'intreccio principale che richiama fedelmente il soggetto classico dello scontro di potere tra i foresti paladini della Legge e i protervi rappresentanti di una giustizia sommaria 'amministrata' secondo un consolidato codice d'onore.La prova di Germi tuttavia appare viziata da una evidente ingenuità antropologica e da accenti retorici e moraleggianti che ne penalizzano la credibilità come attendibile documento di costume. Restano comunque degne di nota le scelte stilistiche che richiamano i grandi spazi della frontiera (campi lunghi e lunghissimi) e la violenza
dialettica tra i protagonisti (con tagli in primo piano e l'uso accorto del contro campo), nonchè una fotografia capace ora di accendere l'abbacinante sole del meriggio, ora di proiettare le ombrosità romantiche sul giardino notturno eletto come classica cornice per un rendez-vous di in amore proibito.Interessante è pure la sottotrama romantica ordita sullo sviluppo principale (sceneggiatura firmata tra gli altri da Monicelli e Fellini) e il simpatico macchiettismo delle figure di contorno (uno spassoso Turi Pandolfini). Massimo Girotti ha l'ombrosità affascinante di un nostrano Tyron Power e Charles Vanel il grugno beffardo di un marsigliese in trasferta. Da antologia la scena finale dell'arresto di Messana.Pittoresco.
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