lulumassa
|
venerdì 24 dicembre 2021
|
e'' stata la mano di federico
|
|
|
|
Come volevasi dimostrare. L'ideale viaggio autobiografico di Sorrentino è come al solito un saccheggio autoreferenziale. Si apre con Fellini (il traffico di Otto e 1/2, qui del tutto ingiustificato), si continua con Fellini (un arido pranzo di nozze, tutto il contrario del vitale finale di Amarcord) e si finisce con Fellini (i Vitelloni, Moraldo che lascia Rimini). In mezzo la Ranieri tabaccaiona ("Sportazione") e tante altre scopiazzature gratuite, superficiali, gelide. La lente del ricordo Felliniano - deformante ed evocativa, maschera/che/smaschera, rito eleusino di evocazione dionisiaca e in buona parte mortifera - qui diventa fighetteria edulcorata dalla citazione annacquata, comoda, attualizzata, mai graffiante, sempre "de relato".
[+]
Come volevasi dimostrare. L'ideale viaggio autobiografico di Sorrentino è come al solito un saccheggio autoreferenziale. Si apre con Fellini (il traffico di Otto e 1/2, qui del tutto ingiustificato), si continua con Fellini (un arido pranzo di nozze, tutto il contrario del vitale finale di Amarcord) e si finisce con Fellini (i Vitelloni, Moraldo che lascia Rimini). In mezzo la Ranieri tabaccaiona ("Sportazione") e tante altre scopiazzature gratuite, superficiali, gelide. La lente del ricordo Felliniano - deformante ed evocativa, maschera/che/smaschera, rito eleusino di evocazione dionisiaca e in buona parte mortifera - qui diventa fighetteria edulcorata dalla citazione annacquata, comoda, attualizzata, mai graffiante, sempre "de relato". Anche i tentativi di smuovere qualcosa, come le frasi del regista Capuano prima di finire in acqua come la maggior parte dei personaggi di questo film, non sono così amare come sembrano: hanno il retrogusto dolciastro della commiserazione narcisista. Artificiosa è pure la morte dei genitori, senza lutto, senza disperazione pur con tante urla, senza sincerità. E poi il finale, secondo me dirimente: Moraldo se ne andava da Rimini scappando, con la morte nel cuore. Abbandonava la sua terra come chi aveva perso tutto. Nei Vitelloni viviamo la sua dipartita come un vero strappo, una sconfitta, una morte appunto. Fellini al tempo dei Vitelloni non è ancora il regista icona del cinema mondiale che è diventato poi: il suo film è autobiografico come "i 400 colpi" lo è per Truffaut, qualcosa di necessario, di liberatorio, e cinematograficamente di assai rischioso. Il biografismo di Sorrentino, invece, oggi regista premio Oscar, è solo miserevole autocitazione, una storia che oggi sappiamo tutti come va a finire. la storia di uno che "vuole tutto" e che lo ottiene, a qualunque costo filmico. Alla fine questo non è il racconto di un dolore insanabile, almeno così non appare: è il racconto del proprio successo camuffato da tragedia familiare. Narcisismo ben occultato dietro ai soliti, ormai spompi, fellinismi anaffettivi. La frase di Maradona all'inizio, che sembra evocare una sostituzione del nome del calciatore con quello del regista, ne è muto, triste testimone.
[-]
[+] la scrittura
(di robert1948)
[ - ] la scrittura
[+] severo ma giusto
(di clavius)
[ - ] severo ma giusto
|
|
[+] lascia un commento a lulumassa »
[ - ] lascia un commento a lulumassa »
|
|
d'accordo? |
|
mauro.t
|
mercoledì 15 dicembre 2021
|
midcult travestito da fellini.
|
|
|
|
Sorrentino offre un omaggio alla sua città in un film autobiografico. E’ la Napoli degli anni ’80, quando arriva Maradona a muovere l’entusiasmo dei napoletani e a trascinarli in un riscatto che va oltre i confini del calcio. Il protagonista Fabietto guida lo spettatore tra i componenti della sua amata e particolare famiglia, e tra altri personaggi pittoreschi della Napoli di quegli anni. Ma la disgrazia arriva con la morte dei genitori per fuga di monossido di carbonio, che imporrà al protagonista di accelerare la sua crescita. Il saluto del “munaciello” alla stazione sottolinea l’amore del regista per la città e il suo folklore.
[+]
Sorrentino offre un omaggio alla sua città in un film autobiografico. E’ la Napoli degli anni ’80, quando arriva Maradona a muovere l’entusiasmo dei napoletani e a trascinarli in un riscatto che va oltre i confini del calcio. Il protagonista Fabietto guida lo spettatore tra i componenti della sua amata e particolare famiglia, e tra altri personaggi pittoreschi della Napoli di quegli anni. Ma la disgrazia arriva con la morte dei genitori per fuga di monossido di carbonio, che imporrà al protagonista di accelerare la sua crescita. Il saluto del “munaciello” alla stazione sottolinea l’amore del regista per la città e il suo folklore.
Ricalcando Fellini, Sorrentino introduce figure bizzarre, che però non raggiungono lo status di rappresentazione simbolica e quasi onirica che avevano nel cinema felliniano e rischiano di rimanere delle macchiette, come l’obesa Annarella e il suo pretendente storpio senza corde vocali, o la nonna sboccata che indossa la pelliccia anche d’estate. Il regista Capuana poi, al quale Fabio confessa nella parte finale la sua intenzione di fare film, è di una aggressività e di un turpiloquio imbarazzanti. Difficile vedere in lui un maestro.
Ma c’è di peggio quando si scade nello stereotipo delle differenze nord-sud, come avviene con l’altoatesina rigida e credulona che non digerisce lo scherzo (cattivo) della burlona mamma del protagonista, e insulta tutti i napoletani. Stereotipo è anche quello delle ragazze che trascorrono in bagno tempi esagerati: la sorella che esce dalla toilette solo alla fine del film sembra più un personaggio da barzelletta che un elemento funzionale.
La scena dell’anziana baronessa che inizia Fabietto al sesso è più vicina al cinema horror che a Fellini, a allo spettatore viene legittimo chiedersi se al ragazzo basti pensare alla bellissima e conturbante zia Patrizia per avere un’erezione con quelle carni cadenti.
In questo zoo di figure simpatiche ma un po’ finte, la comparsa a Capri di Kashoggi, l’uomo più ricco del mondo, con una escort, è puramente decorativa.
Sorrentino ci racconta un pezzo della sua vita, ma non riesce ad andare oltre la macchietta e il senso comune, cosa che un artista dovrebbe saper fare. Rimanere orfani è un trauma, ma l’amore per i genitori è un tema da italiano medio, è considerato da tutti ovvio. Sentirsi abbandonati dai genitori defunti è ovvio. Le cose interessanti da affrontare sono altre: il non detto, il rancore, ma nel film non ci sono. La rivelazione sconvolgente dell’esistenza di un fratello sconosciuto non ha seguito, cade subito.
A Fabietto non è stato permesso di vedere i corpi dei genitori e Sorrentino esaspera la reazione del ragazzo con l’intenzione di fare apparire incommensurabile il suo dolore, ma sembra così dimenticare la realtà recente del Covid e mancare di rispetto a tutti coloro che non hanno potuto vedere i loro parenti stretti dopo la morte e hanno accettato la situazione con dignità, senza distruggere la sala d’aspetto per la rabbia.
Sorrentino cerca di rendere interessante la sua storia usando lo stile di Fellini, ma questo film risulta un prodotto un po’ deludente di midcult, è cultura media che cerca di sembrare arte di alto livello.
“’A tieni ‘na cosa e dìcere?” gli chiede Capuana. No, Sorrentino non la teneva.
[-]
[+] parole inutili
(di cojep)
[ - ] parole inutili
[+] azzeccatissima recensione
(di carloalberto)
[ - ] azzeccatissima recensione
[+] bravo mauro
(di uppercut)
[ - ] bravo mauro
[+] quasi perfetta
(di claire)
[ - ] quasi perfetta
[+] prevenuto o incomprensione?
(di meuricof1)
[ - ] prevenuto o incomprensione?
[+] recensione obiettiva e che fa giustizia
(di lulumassa)
[ - ] recensione obiettiva e che fa giustizia
[+] interessante però...
(di paolo)
[ - ] interessante però...
|
|
[+] lascia un commento a mauro.t »
[ - ] lascia un commento a mauro.t »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
lunedì 21 febbraio 2022
|
autobiografia (in parte) immaginaria
|
|
|
|
È Stata la Mano di Dio è un’autobiografia (in parte) immaginaria.
Ovviamente, il riferimento calcistico del titolo è solo un pretesto per inquadrare con un’immagine di grande forza evocativa tanto un punto di svolta del film (e nella vita dell’autore) quanto l’essenza di una città antropologicamente altra. È infatti proprio questo, È Stata la Mano di Dio: una reinvenzione autobiografica di quando Sorrentino perse i genitori a 16 anni e un ritratto partecipato e lontano dallo stereotipo dello spirito di Napoli.
Il personaggio principale perde improvvisamente tutta la stabilità e la ricchezza emotiva che gli offriva la sua famiglia.
[+]
È Stata la Mano di Dio è un’autobiografia (in parte) immaginaria.
Ovviamente, il riferimento calcistico del titolo è solo un pretesto per inquadrare con un’immagine di grande forza evocativa tanto un punto di svolta del film (e nella vita dell’autore) quanto l’essenza di una città antropologicamente altra. È infatti proprio questo, È Stata la Mano di Dio: una reinvenzione autobiografica di quando Sorrentino perse i genitori a 16 anni e un ritratto partecipato e lontano dallo stereotipo dello spirito di Napoli.
Il personaggio principale perde improvvisamente tutta la stabilità e la ricchezza emotiva che gli offriva la sua famiglia.
Non è vittima delle proprie scelte ma anzi subisce suo malgrado il caso. Quello scioccante momento di rottura di un equilibrio rappresentato dalla morte dei genitori è, soprattutto, un amarissimo inizio. Anziché a una parabola discendente, prelude a un percorso ascendente; alla crescita, alla scoperta, alla realizzazione.
Al contempo, però, quello stesso evento catalizzatore è come un interruttore che improvvisamente accende la solitudine nella vita del protagonista. Una solitudine dalla quale, per quanto ne sappiamo, un giorno potrebbe felicemente fuggire. Ma, ipoteticamente, anche una solitudine che potrebbe intrappolarlo in un percorso di trasformazione; una strada che un giorno potrebbe farne uno di quei personaggi che da sempre Sorrentino mette al centro delle proprie opere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
signorbagheri
|
venerdì 18 marzo 2022
|
l''ultima volta
|
|
|
|
Non desta meraviglia il grosso enorme lampadario sul pavimento dell’arcaico salone surreale del palazzone fatiscente al centro di napoli mentre il sedicente sangennaro decaro tocca e qui dovremmo sorprenderci il sedere della ziaranieri malata di nervi sogno proibito dell’imberbe alter ego del regista e non stupisce tanto meno scandalizza la sequenza pseudo erotica horror con la nave scuola contessa paragonata al papa ma semmai disgusta e non commuove finanche la messa in scena della tragedia personale dell’autore nemmeno nella rievocazione realistica ed autobiografica della concitazione strillata del ragazzo al pronto soccorso e nonostante l’ottimo servillo e la dimenticata per troppo tempo dal cinema nostrano saponangelo si prodighino per fare del v
[+]
Non desta meraviglia il grosso enorme lampadario sul pavimento dell’arcaico salone surreale del palazzone fatiscente al centro di napoli mentre il sedicente sangennaro decaro tocca e qui dovremmo sorprenderci il sedere della ziaranieri malata di nervi sogno proibito dell’imberbe alter ego del regista e non stupisce tanto meno scandalizza la sequenza pseudo erotica horror con la nave scuola contessa paragonata al papa ma semmai disgusta e non commuove finanche la messa in scena della tragedia personale dell’autore nemmeno nella rievocazione realistica ed autobiografica della concitazione strillata del ragazzo al pronto soccorso e nonostante l’ottimo servillo e la dimenticata per troppo tempo dal cinema nostrano saponangelo si prodighino per fare del vero teatro con un copione capuanesco mutuato in gran parte dalla famiglia di achille tarallo più che felliniano in mano più di tanto non si poteva fare e così scivola via senza un perché tra lazzi e lacrime e qualche macchietta improvvisata di carpentieri gallo e musella che sono la cosa migliore del film che talvolta per ridondanza estetica ricorda gli spot dolcegabbaneschi del gozzo a mare con la nudità esposta tra l’imbarazzo generale soffermandosi sul mito calcistico religioso partenopeo per antonomasia con l’insistenza esasperata di chi non ha altro per la testa allora come ora o ricorrendo disperante alla rievocazione del maestro riminese per finire con la bonanima di daniele a rincorrere l’ultimo spettatore prima dell’abbandono della sala tirandogli la giacchetta con napul’è
ma come nemmeno adesso ti commuovi che rifaccio i vitelloni mentre vanno le note del tuo artista preferito e andando via giuro di non ricascarci più con sorrentino
[-]
[+] j.joice è resuscitato
(di robert1948)
[ - ] j.joice è resuscitato
|
|
[+] lascia un commento a signorbagheri »
[ - ] lascia un commento a signorbagheri »
|
|
d'accordo? |
|
yarince
|
lunedì 29 novembre 2021
|
un giorno tutto questo dolore gli è stato utile!
|
|
|
|
"Gli dei sono stati buoni, l'amore è stato bello e il dolore, il dolore è arrivato a vagonate".
Con questa consapevolezza, firmata Bukowsky, Sorrentino ci consegna il suo nuovo film autobiografico.
A 50 anni, dopo 20 dall'esordio con "L'uomo in più", uno dei suoi film più belli e sinceri, il regista torna a Napoli, nel suo ventre. E il film parte proprio con una bellissima alba sul mare che bagna la città e sul Vesuvio, acqua e fuoco, simboli del ventre materno.
Il film è stilisticamente bello, ogni dettaglio è curato, come Sorrentino ci ha abituato. Una carrellata di personaggi familiari, caricature ironiche, a volte disadattati e sofferenti, come la zia Patrizia, alla maniera Felliniana e di Tornatore, e la napoletanità, che è una filosofia di vita, diventano fucina di lavorazione immaginifica di un adolescente timido che ascolta, osserva e immagazzina.
[+]
"Gli dei sono stati buoni, l'amore è stato bello e il dolore, il dolore è arrivato a vagonate".
Con questa consapevolezza, firmata Bukowsky, Sorrentino ci consegna il suo nuovo film autobiografico.
A 50 anni, dopo 20 dall'esordio con "L'uomo in più", uno dei suoi film più belli e sinceri, il regista torna a Napoli, nel suo ventre. E il film parte proprio con una bellissima alba sul mare che bagna la città e sul Vesuvio, acqua e fuoco, simboli del ventre materno.
Il film è stilisticamente bello, ogni dettaglio è curato, come Sorrentino ci ha abituato. Una carrellata di personaggi familiari, caricature ironiche, a volte disadattati e sofferenti, come la zia Patrizia, alla maniera Felliniana e di Tornatore, e la napoletanità, che è una filosofia di vita, diventano fucina di lavorazione immaginifica di un adolescente timido che ascolta, osserva e immagazzina.
Una narrazione di formazione, il passaggio repentino da un'adolescenza, in un contesto borghese degli anni '80, alla maturità, il passaggio da una "Napule' mille culur" folkloristica ad una " realtà scadente" in cui Fabietto non si sente più di essere felice.
È stata la mano di Dio a salvarlo dall' incidente che ha visto coinvolti i genitori, ma è la stessa mano che lo spinge in mare e lo costringe a nuotare senza saperlo fare.
Credo che ci siano destini grandiosi e quello di Sorrentino è uno di questi: un giorno, tutto questo dolore gli è stato sicuramente utile.
Chapeau.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a yarince »
[ - ] lascia un commento a yarince »
|
|
d'accordo? |
|
moon in june
|
venerdì 6 maggio 2022
|
biografia di un immaginario autoriale
|
|
|
|
“È stata la mano di Dio” è un romanzo di formazione, uno spaccato di vita che ci racconta da dove arrivano le suggestioni, le visioni, l’immaginario di un autore. Perché quando un autore racconta davvero, racconta sempre un po’ anche di sé e per sé, in un gesto che vuol essere catartico, necessario, ma anche generoso e artificiosamente sincero. Quello che era necessario raccontare per Sorrentino, arrivato a questo punto del suo percorso, è da dove fosse partito tutto. Ne è nata una dichiarazione intima, un flusso di ricordi che si succedono liberi, e che vanno ad affrescare un diario colmo del folclore e della grande vitalità della città dell’infanzia, della formazione: Napoli.
[+]
“È stata la mano di Dio” è un romanzo di formazione, uno spaccato di vita che ci racconta da dove arrivano le suggestioni, le visioni, l’immaginario di un autore. Perché quando un autore racconta davvero, racconta sempre un po’ anche di sé e per sé, in un gesto che vuol essere catartico, necessario, ma anche generoso e artificiosamente sincero. Quello che era necessario raccontare per Sorrentino, arrivato a questo punto del suo percorso, è da dove fosse partito tutto. Ne è nata una dichiarazione intima, un flusso di ricordi che si succedono liberi, e che vanno ad affrescare un diario colmo del folclore e della grande vitalità della città dell’infanzia, della formazione: Napoli. Una città che nella propria dicotomia, sempre in bilico tra allegria e disperazione, è popolata da personaggi più che da persone. Figure variopinte, caratteristiche, macchiette, uomini e donne medie alla ricerca di un figlio, di un marito, di un riscatto, della verità. In questo scenario si muove Fabietto, il protagonista, un adolescente a cui piacerebbe “fare il cinema”, che passa i pomeriggi a guardare C’era una volta in America di Sergio Leone, appassionato del Napoli e di Maradona. Il tema del calcio accompagna tutto il film e ritorna con forza nell’espressione che il regista Antonio Capuano utilizza per rivolgersi a Fabietto: “non disunirti” gli dice. Un monito che rimanda al gergo calcistico e che significa “stai concentrato sul tuo obiettivo”. E qual è l’obiettivo di Fabietto? Forse, come Sorrentino fa dire alla vecchia baronessa, è semplicemente “guardare avanti”, o forse, come fa dire al fratello di Fabietto, è “godersi l’estate, l’amore, le canne, essere felice”, o forse, come fa dire ad Antonio Capuano, è “avere qualcosa da raccontare”, o forse ancora, come ci suggerisce il finale, è allontanarsi dal dolore, consci che lo scenario di quel dolore forgerà, nonostante tutto, la propria poetica, la propria urgenza espressiva.
“La vita, ora che la mia famiglia si è disintegrata, non mi piace più. Non mi piace più. Ne voglio un'altra, immaginaria, uguale a quella che tenevo prima. La realtà non mi piace più”. In queste frasi sono racchiuse la disperazione e la speranza del protagonista, un ragazzo degli anni Ottanta che si affaccia alla vita con il sogno di costruire per sé una nuova realtà, proiettata nel futuro ma “immaginaria”, come quella vissuta prima del grande dolore, della cesura che segna il prima e il dopo della sua vita, il passaggio alla vita adulta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a moon in june »
[ - ] lascia un commento a moon in june »
|
|
d'accordo? |
|
brunopepi
|
domenica 9 gennaio 2022
|
e quel treno dei desideri arrivò
|
|
|
|
E' STATA LA MANO DI DIO (2021)
Regia: Paolo Sorrentino
Italia - Biografico/Commedia/Drammatico
Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo
Nuovo lavoro del maestro, nuove aspettative, nuovi giudizi frutto di un pubblico oramai sempre più esigente nei confronti dell'acclamato regista.
Un cast di rilievo, di matrice napoletana che gira intorno al giovane e quasi esordiente comasco Filippo Scotti, e con una fotografia della bella Napoli, ritratta nella sua intimità e suggestività dal suo esemplare e genuino cittadino e sceneggiatore.
[+]
E' STATA LA MANO DI DIO (2021)
Regia: Paolo Sorrentino
Italia - Biografico/Commedia/Drammatico
Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo
Nuovo lavoro del maestro, nuove aspettative, nuovi giudizi frutto di un pubblico oramai sempre più esigente nei confronti dell'acclamato regista.
Un cast di rilievo, di matrice napoletana che gira intorno al giovane e quasi esordiente comasco Filippo Scotti, e con una fotografia della bella Napoli, ritratta nella sua intimità e suggestività dal suo esemplare e genuino cittadino e sceneggiatore.
Lasciandosi alle spalle le sequenze felliniane dei suoi ultimi film, Sorrentino tocca con mano (quella che metaforicamente e ambiguamente definirà la mano di Dio), come volendo accarezzare un realismo cinematografico esaltando i valori, le gioie, le incomprensioni e la grande unione del nucleo familiare.
Molti di noi si ritroveranno in quel rispetto e amore verso i propri cari, e molti di noi si rispecchieranno in qualche immagine della propria gioventù attraverso la sua narrazione.
Il film si snoda tra commedia e drammaticità, tra sorrisi e risate, tristezza e commozione, la gioventù che scade, un presente ingestibile e la vita che scorre via su dei binari, su quel treno verso Roma che chiuderà al protagonista definitivamente un sipario, per aprirne un altro in un palcoscenico diverso ma anelato, con la sua città alle spalle, magistralmente e realisticamente proposta e disegnata, al contrario di Fellini con la sua Rimini, in quella sua fantastica interpretazione di uno dei suoi capolavori, "Amarcord".
Il film riesce a coinvolgerci, a renderci protagonisti alla stregua di quel ragazzo, di come tutti siamo maturati e cambiati lontano da casa, a volte con timore di guardare, di analizzare, perché serve sempre del coraggio ad accettare cosa siamo e chi siamo, e perchè quella scissione è ardua e seria, e la nostalgia non deve mai prendere il sopravvento ma conviverci con serenità e affetto, altrimenti sono guai.
Voto 7.5
IG @bruandarts
[-]
|
|
[+] lascia un commento a brunopepi »
[ - ] lascia un commento a brunopepi »
|
|
d'accordo? |
|
frascop
|
giovedì 16 dicembre 2021
|
il mondo di paolè arriva al decimo film
|
|
|
|
Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto.
[+]
Quando ho scoperto, su Tele+, Sorrentino (1970) avevo la sua età di oggi e il suo film di esordio era Un uomo in più. Ho capito subito che era da tenere d’occhio e infatti tre anni dopo con Le conseguenze dell’amore mi dimostrò che avevo visto giusto. La sua personalità emerge meglio oggi con questo film in cui racconta il suo dramma familiare. Un altro regista ne avrebbe fatto la sua ossessione, avrebbe voluto far cinema solo per “dìcere al mondo” (raccontare al mondo) quel dramma, quella bella stagione adolescenziale spezzata dal destino. Invece Paolè diventato Paolo ha cominciato raccontando la storia di un ex calciatore, di un vecchio allenatore e di un ex cantante di successo. Erano tre soggetti che ha intrecciato in un solo film perchè non sapeva se avrebbe fatto il secondo. Dopo aver avuto successo in Italia Paolo poi si è messo in testa di farsi conoscere in America e colà i cineasti di culto (da Allen a Scorsese) compendiano il cinema italiano con l’arte di Fellini. Per cui gli è stato facile sviluppare la sua ammirazione nascosta (in quest’ ultimo film ne parla) e farla diventare la sua cifra, per cui oggi nel mondo è l’erede di Fellini. Con il riminese Paolo ha in comune due cose, il pensiero che la realtà sia triste e l’immaginario aiuta a vivere meglio; la curiosità per i tipi umani. Fellini ricostruiva la realtà in studio sino a mostrarci un mondo che assomigliava a quello reale ma in fondo era il suo; Sorrentino invece va in giro e guarda curioso le persone, con le sue cuffiette all’orecchio l’orecchino e i basettoni, perchè è rimasto un rocckettaro. La scena iniziale del film vale tutto il film che, come ormai tutta l’opera di Sorrentino, si dipana tra l’esigenza di svelarci qualcosa che pensa e quella altrettanto importante di portarci al cinema. Lui sa cosa vuole il pubblico e lo aggiunge a quello che gli interessa trattare (la serie sul Papa ne è una dimostrazione lunga). Un piccolo esempio. Negli ultimi due film ha dato la possibilità a due bellissime attrici, la Ferilli e la Ranieri, di recitare anche attraverso la bellezza del proprio corpo. Basta solo questo a noi italiani, che siamo sessuomani e ben rappresentati dai film di Pierino, per far la reclame ai film di Sorrentino, ormai adulto da esser diventato furbo e profondo, internazionale e pop, bello da vedere ma con una sola pecca: qualche scivolata di troppo nel fellinismo con i suoi mostri, tipo la “santa” caricatura di Madre Teresa ne La grande bellezza. Anche in questo ultimo film c’è qualche "mostro felliniano" e qualche animale di troppo (un pipistrello) ma c’è anche molta sincerità e misura, perchè, come ho detto, il fatto che non sia stato il suo primo film ma il decimo significa che il personaggio ha avuto bisogno di almeno trent’anni per “intrattenersi” con il suo dolore profondo e anche per parlare di Napoli e dei napoletani. Infatti la cosa più intelligente che ha fatto l’uomo è stata quella di non ascoltare i consigli del regista Capuano.
[-]
[+] elogio a sorrentino che nasconde un insulto.
(di mauro.t)
[ - ] elogio a sorrentino che nasconde un insulto.
|
|
[+] lascia un commento a frascop »
[ - ] lascia un commento a frascop »
|
|
d'accordo? |
|
marce84
|
lunedì 24 gennaio 2022
|
non ti disunire
|
|
|
|
Fabietto è un ragazzo schivo e introverso nella Napoli degli anni ’80. Il contesto in cui vive è vitale, verace e colorato ed è caratterizzato da una famiglia allargata e numerosa che comprende zii, cugini e vicini di casa. Il papà di Fabietto è un impiegato di banca sempre di buon umore e con la battuta pronta e qualche scheletro nell’armadio. La mamma è buona, affettuosa e amante degli scherzi. La sorella vive costantemente rinchiusa in bagno, mentre il fratello sogna di fare il cinema. In un microcosmo così vivo e così eterogeneo, Fabietto non ha progetti per il suo futuro e non sa che strada prendere. Gli unici sprazzi di felicità sono l’arrivo di Maradona al Napoli e gli sguardi a zia Patrizia, donna instabile psicologicamente e dalla bellezza prorompente.
[+]
Fabietto è un ragazzo schivo e introverso nella Napoli degli anni ’80. Il contesto in cui vive è vitale, verace e colorato ed è caratterizzato da una famiglia allargata e numerosa che comprende zii, cugini e vicini di casa. Il papà di Fabietto è un impiegato di banca sempre di buon umore e con la battuta pronta e qualche scheletro nell’armadio. La mamma è buona, affettuosa e amante degli scherzi. La sorella vive costantemente rinchiusa in bagno, mentre il fratello sogna di fare il cinema. In un microcosmo così vivo e così eterogeneo, Fabietto non ha progetti per il suo futuro e non sa che strada prendere. Gli unici sprazzi di felicità sono l’arrivo di Maradona al Napoli e gli sguardi a zia Patrizia, donna instabile psicologicamente e dalla bellezza prorompente.
Ma la vita è imprevedibile e una tragedia costringerà Fabietto a crescere più in fretta del previsto, a metterlo di fronte alle proprie responsabilità e a prendere consapevolezza di cosa vorrà fare da grande: o’ cinema.
Paolo Sorrentino costruisce un film fortemente autobiografico, si racconta con grande generosità e lucidità in modo quasi catartico, in una storia di formazione. Perché è da un grande dolore che nasce la voglia di fare cinema del protagonista, per sovrapporre una realtà triste e arida ad un’altra costruita ma più vera e appagante. Nel suo nuovo percorso Fabio incontrerà diversi personaggi che contribuiranno a tale crescita e lo accompagneranno nelle tappe della sua formazione e ad immaginare il futuro.
Le immagini, i silenzi, i ritmi, tutto ipnotizza lo spettatore e lo trasporta nello scorrere della vicenda, che è poi la vita, fatta di piccole gioie, dolori, sorrisi e delusioni. E’ difficile trovare un film che riesca a raccontare il dolore in questo modo: un dolore lacerante, straziante, ma che trasmette allo spettatore una gran voglia di vivere e di speranza, che è poi la stessa speranza nel futuro che ha Fabietto nel prendere quel treno per Roma. Quel treno che si ferma con i titoli di coda, ma che con la poetica canzone di Napul è in sottofondo, prosegue il suo cammino nella nostra mente. Così ci immaginiamo che quel treno continui a viaggiare, grazie alla poesia della musica in sottofondo. E ci ricorda che qualunque cosa accada di non disunirci mai.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a marce84 »
[ - ] lascia un commento a marce84 »
|
|
d'accordo? |
|
fidejabba
|
martedì 1 febbraio 2022
|
sorrentino apre le porte del suo cuore
|
|
|
|
Napoli. Metà anni 80. In una città che spera nell’arrivo di Maradona, l’adolescente Fabio, ragazzo introverso e solitario, vive una vita tutto sommato felice circondato da una famiglia numerosa dove spiccano figure eccentriche, delle vere caricature. In questo contesto apparentemente spensierato gli eventi portano il ragazzo a diventare improvvisamente uomo. Il passaggio si compie drammaticamente quando il giovane trova in se la forza per intraprendere un percorso, quello del cinema, che é forse in quel momento solo il germoglio di una passione potente ma ancora inespressa. Decisivo l'incontro con un cineasta, una figura severa, cattiva, ma che forse per primo percepisce il genio del ragazzo.
[+]
Napoli. Metà anni 80. In una città che spera nell’arrivo di Maradona, l’adolescente Fabio, ragazzo introverso e solitario, vive una vita tutto sommato felice circondato da una famiglia numerosa dove spiccano figure eccentriche, delle vere caricature. In questo contesto apparentemente spensierato gli eventi portano il ragazzo a diventare improvvisamente uomo. Il passaggio si compie drammaticamente quando il giovane trova in se la forza per intraprendere un percorso, quello del cinema, che é forse in quel momento solo il germoglio di una passione potente ma ancora inespressa. Decisivo l'incontro con un cineasta, una figura severa, cattiva, ma che forse per primo percepisce il genio del ragazzo.
Sorrentino celebra qui il suo personale pantheon dei ricordi della giovinezza: una Napoli quasi silente, distaccata, moderatamente chiassosa, lontana dagli stereotipi, ma anche tutto il corollario di personaggi, famigliari e non, costituito da macchiette di felliniana memoria, da una zia bella da impazzire, da un piccolo delinquente che è forse l'unico amico, da un fratello troppo debole per diventare uomo, e soprattutto da Maradona, potente e lontano, onnipotente come solo un Dio.
Bel film, grazie al regista per avere le porte del suo cuore, condividendo il dramma della sua gioventù in un modo leggiadro e potente, mai stucchevole e banale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fidejabba »
[ - ] lascia un commento a fidejabba »
|
|
d'accordo? |
|
|