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Ultimo aggiornamento giovedì 27 giugno 2019
La serie conta sulla brillante interpretazione di T. Schilling nel ruolo di Piper, finita in prigione per aver svolto il ruolo di corriere della droga per la sua compagna. La serie ha ottenuto 6 candidature a Golden Globes, 1 candidatura agli Emmy Awards, 8 candidature e vinto 5 SAG Awards, 2 candidature a Writers Guild Awards, La serie è stato premiato a AFI Awards,
CONSIGLIATO N.D.
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In questa serie creata dall'ideatrice di Weeds, una newyorkese benestante finisce in un penitenziario femminile a causa di un vecchio crimine.
Una serie che rimane fedele a se stessa nello stile e nello spirito anche nell'ultimo saluto
Recensione
di Andrea Fornasiero
Piper è uscita di prigione alla fine della scorsa stagione, ma la sua amata Alex è rimasta dentro, così rimane da vedere se il loro amore reggerà alla distanza. Nel mentre la direzione del carcere di massima sicurezza passa di mano e vengono avviate una serie di timide riforme, che però hanno un discreto successo e coinvolgono anche l'ex direttore Caputo. Ma questi se la vede anche con un nuovo problema: una guardia con cui aveva lavorato alcuni anni prima, ispirata dal movimento #metoo, inizia a parlare di come lui l'avesse molestata. Il vecchio carcere di Litchfield viene poi trasformato in un centro di detenzione per gli immigrati clandestini, diretto con un polso durissimo dal militaresco Litvack.
Orange Is the New Black si conclude con questa settima stagione ma non rinuncia a rinnovarsi e a guardare all'attualità scottante delle politiche migratorie dell'America di Trump.
Ancora più che in passato ha valore di giustapposizione la vicenda di Piper, che qui attraversa le difficoltà da ex detenuta obbligata alla sobrietà, al lavoro sottopagato e pure pagare per i controlli cui è forzatamente sottoposta, ma che comunque può contare su una rete di supporto famigliare benestante. Senza bisogno di didascalici discorsi, basta il chiarissimo contrasto tra le sua storia e quelle delle altre detenute - che se la devono vedere con la povertà, con il crimine come unica risorsa o ancora peggio con il grottesco sistema penitenziario per gli immigrati clandestini - a illustrare come la questione razziale sia tutt'altro che superata e anzi si faccia ancora più grave che in passato. Anche la vicenda di Taystee, condannata per un crimine che non ha commesso mentre la guardia (bianca) che aveva sparato per errore a un collega l'ha fatta franca, è eloquente sulla giustizia americana e le distinzioni che fa in base al colore della pelle e alla ricchezza del conto corrente. Se per qualcuno ci sarà una sorta di lieto fine, per molte detenute invece c'è proprio poco per cui essere allegre, per esempio Red, donne forte e pragmatica per eccellenza delle prime stagioni, subirà gravi conseguenze psicologiche per il periodo trascorso in isolamento.
E non andrà meglio alle detenute uscite di galera ma finite tra le grinfie di chi dà la caccia agli immigrati clandestini, carcerate in un regime speciale che gli impedisce di avere contatti con l'esterno, che ostacola il loro ricorso agli avvocati e che non concede permessi per alcun motivo, nemmeno i più urgenti con motivazione sanitaria o legale. Un vero e proprio incubo, lontanissimo dalla relativa allegria con cui la serie sette anni fa raccontava un carcere di minima sicurezza. Un sistema che oltretutto genera profitto e come tale vince ogni tenue tentativo di riforma che qualche illuminato possa voler tentare dall'interno. Tanto che la serie stessa si conclude con una chiamata all'azione rivolta agli spettatori: il lancio del Poussey Washington Fund, intitolato all'amato personaggio la cui morte nella quarta stagione aveva scatenato la rivolta delle detenute. Si tratta di un'iniziativa per finanziare gruppi legali dedicati alla riforma della giustizia penale, alla protezione dei diritti degli immigrati e al combattere la carcerazione di massa. Nobilissimi quindi gli intenti, cui si aggiunge anche la questione del trattamento della malattia mentale in carcere, ma la serie mostra pure una certa fatica. Il formato del resto è oggigiorno un po' fuori tempo massimo, con una stagione da ben 13 episodi tutti di un'ora almeno di durata. Certo i personaggi sono numerosi e questo aiuta creare un senso di ricchezza narrativa e di varietà, ma la messa in scena è ancora piuttosto basilare, la fotografia è poco contrastata e a ravvivare il montaggio ci sono quasi solo le numerose canzoni in colonna sonora. Se questo non farà vincere alla serie nuovi spettatori dovrebbe comunque accontentare i fan, che a tale stile negli anni sono stati abituati e ne apprezzeranno la riconoscibilità, oltre ad alcuni ritorni nel cast per un ultimo nostalgico saluto. Sono per lo più concentrati nell'ultimo episodio, e in particolare nella sequenza finale, ma qualche gloria delle passate edizioni si fa vedere in anticipo, come per esempio Laverne Cox, attrice simbolo della serie che con il suo personaggio è stata tra le prime ad affrontare la tematica trans in Tv. Orange Is the New Black rimane fedele fino in fondo a se stessa nello stile e nello spirito, che ci saluta ancora indomito e militante.
OITNB 6, ancora più ironia, impegno e... follia
Recensione di Andrea Fornasiero
Al termine della quinta stagione, interamente dedicata ai tre giorni della rivolta dentro il carcere femminile e federale di Litchfield, le forze dell'ordine hanno finalmente fatto irruzione per riprendere il controllo e una decina di donne tra le protagoniste si è preparata all'arresto, tenendosi tutte per mano e superando i vari steccati etnici e di affiliazione a bande diverse. Prima di farlo avevano però liberato il loro prigioniero, il corpulento agente Piscatella, colpevole di aver ucciso più o meno accidentalmente Poussey nella stagione precedente, scatenando la rivolta delle detenute.
"Credo che la prossima stagione sarà un nuovo mondo. Ripensavo a quando nella prima annata a volte si ballava nella caffetteria e ci si nascondeva a far sesso nei ripostigli: quei giorni sono finiti. Da dove siamo rimasti ci aspetta una Orange Is the New Black molto molto più cupa e spaventosa. So che Jenji sa sempre trovare lo humor in tutte le cose, quindi non lo perderemo del tutto, ma queste donne saranno meno al sicuro, sarà un cambiamento drastico".
Selenis Leyva
La liberazione di Piscatella ha avuto un esito tragico, perché gli agenti che hanno fatto irruzione nel carcere hanno finito per sparargli per errore, uccidendolo in una sorta di giustizia poetica. All'inizio di questa nuova stagione scopriremo che stanno però cercando di insabbiare l'incidente addossando la colpa della sua morte a una delle detenute, che sono ora in buona parte rinchiuse in un carcere di massima sicurezza, in celle separate, nella speranza di farle crollare e fare di loro i capri espiatori.
I detective non sanno però che Suzanne (alias Crazy Eyes) e Black Cindy erano nascoste e hanno ascoltato gli agenti mentre manipolavano la scena del crimine per addossare la colpa alle detenute. D'altra parte Suzanne si ritrova inizialmente senza le proprie medicine e quindi inizia a vedere allucinazioni e fatica a mettere in ordine le sue memorie, mentre Black Cindy non sembra per ora avere intenzione di dire la verità e cerca di escogitare un piano più complesso per venirne fuori. Da sola o insieme alle altre rimane tutto da scoprire.
"Credo che la serie abbia avuto un grande impatto nella discussione pubblica sulla riforma del sistema carcerario. Orange Is the New Black ha aperto gli occhi agli spettatori mostrando che non si possono dimenticare le persone in carcere, perché sono madri, amiche e figlie, hanno le loro storie personali. Personalmente, non avendo parenti o amici in carcere, non era una cosa a cui pensavo e la serie mi ha di certo sensibilizzato sul tema. Questa nuova stagione poi è molto politica e mostra persone al potere che cercano di usarlo ingiustamente, per dividere. Saremo capaci di unirci e superare le nostre differenze?" Selenis Leyva Le altre detenute affrontano poi diversi problemi, per esempio Red si ritrova in cella con una carcerata violenta e sadica che non ha paura di lei, mentre Piper è angosciata dal non sapere dove si trovi Alex, che è stata arrestata insieme a lei ma che ora non si trova nella stessa ala del nuovo carcere e di cui nessuno pare sapere o volerle dire nulla. Infine fuori Pennsatucky, che era evasa nella stagione precedente, è ora in viaggio con Charlie e Lee Dixon (che però ignora lei sia nel bagagliaio della loro auto), inoltre il direttore di Litchfield Joe Caputo deve venire a patti con quello che è successo e decidere come ripartire. La scorsa annata aveva segnato un'accoglienza meno favorevole del solito da parte della critica, del resto la ideatrice e showrunner Jenji Kohan ha spiegato che il successo aveva dato a molti sceneggiatori la possibilità di lanciare i propri progetti personali e quindi di lasciare la serie. Erano state così aggiunte diverse nuove leve nella writers' room, ma Kohan per prima non è stata entusiasta del risultato e tra gli sceneggiatori della quinta stagione solo due sono stati confermati per la sesta. "È una gran cosa essere in una serie e non essere la sola ragazza nera. Partecipare a uno show dove ci sono cinque o sei donne di colore che hanno un ruolo regolare, dove non dobbiamo combattere tra noi per quell'unico ruolo di rappresentanza, è grandioso". Danielle Brooks Il nuovo contesto della serie sembra aver ridotto un poco il cast, con alcuni personaggi che faranno probabilmente piccoli apparizioni e altri che potrebbero essere del tutto usciti di scena. Di certo la ritrovata compattezza della serie nel carcere di massima sicurezza, così come la maggior tensione e i personaggi nuovi da scoprire tra le guardie e i detective, fanno di questa sesta annata una vera e propria ripartenza. In ogni caso non si tratta di un esperimento spericolato e tutto sarà sotto controllo: la serie ha una direzione chiara, tanto da essere già stata rinnovata mesi fa fino alla settima stagione, che probabilmente sarà anche quella conclusiva. Nelle sue memorie, Kerman racconta il suo anno trascorso al Dipartimento Federale di Correzione di Danbury, una struttura simile a quella dove Martha Stewart scontò la sua pena per insider trading. Nella serie, Kohan reinventa Danbury, chiamandola Litchfield e immaginandola come una prigione femminile di minima sicurezza, popolata da una serie di personaggi unici nel loro genere. Quando racconta le sue storie, l'autrice Jenji Kohan non ha alcun timore di sparare a zero su razza, sessualità, genere o classe sociale, spesso concentrando tutto in una volta sola. I suoi interessi risiedono là dove la luce incontra l'oscurità, creando un mondo drammatico che non disdegna momenti di leggerezza e che si concilia perfettamente con la sensibilità della Kerman. Tutti i personaggi vengono presentati senza filtri all'interno di un universo non politicamente corretto, rivelando le scomode verità sulla natura umana. Così, pur intrisa di ironia e comicità, Orange is the New Black si pone domande profonde su ciò che siamo: siamo le scelte che abbiamo compiuto in passato o siamo la vita che stiamo costruendo adesso? E se fossimo entrambe le cose? Jenji Kohan sapeva che la chiave di tutta la serie era trovare la perfetta Piper, il "pesce" novellino di Lichtfield (una detenuta novizia). Stavamo cercando una ragazza alla mano che potesse essere messa in prigione e con la quale il pubblico potesse immedesimarsi dicendo 'Potrei essere io' o 'Conosco quella ragazza'. Taylor è una donna interessante in un involucro bellissimo e immacolato - ma ti sorprende sempre. Jenji Kohan Taylor Schilling è arrivata all'attenzione di Kohan attraverso il suo casting team. Secondo Kohan, Schilling è arrivata e ha fatto "un'audizione incredibile".
Recensione di a cura della redazione
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A causa di una vecchia relazione con una trafficante di droga, Piper passa da una vita agiata a New York al carcere, dove è costretta a indossare un'uniforme arancione.ti attacca completamente al televisore non ti staccheresti mai perche' ti coinvolge completamente