pellicola74
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martedì 11 ottobre 2022
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ottocento?
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Buongiorno, nella sua recensione fa riferimento "alle scene di finzione, ambientate durante i primi dell'Ottocento". In realtà il periodo mi sembra inequivocabilmente il Novecento, e non soltanto rappresentato nelle sue prime decadi, ma anche molto più in là, fino agli anni Settanta. Qualche esempio: l'aspetto dei telefoni pubblici, i modelli delle automobili, l'affrancatura sui plichi rispediti al mittente...
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ennio
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giovedì 30 dicembre 2021
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esperimento confusionario, solo marinelli regge
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Se si voleva riprendere il Martin Eden Londoniano, perchè non ambientarlo direttamente ai nostri giorni? Era così complicato trovare un'assonanza tra le lotte sindacali ed operaie di inizio Novecento e quelle odierne contro la finanza globale? Trasportare Martin Eden negli anni '70 mi ha suscitato un'impressione ridicola, oltre che slegata dal contesto fatto di attori giovani e realtà antica. I capibastone sindacali negli anni '70 al massimo cercavano di far approvare leggi che permettessero di fare lo sciopero al venerdì così c'era il weekend più lungo per andare al mare.
Del film poi non sono piaciuti i continui flashback dei decenni passati, fotografie di realtà che cambiano ma che non aggiungono nulla alla vicenda cinematografica se non di spezzettare continuamente il ritmo.
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Se si voleva riprendere il Martin Eden Londoniano, perchè non ambientarlo direttamente ai nostri giorni? Era così complicato trovare un'assonanza tra le lotte sindacali ed operaie di inizio Novecento e quelle odierne contro la finanza globale? Trasportare Martin Eden negli anni '70 mi ha suscitato un'impressione ridicola, oltre che slegata dal contesto fatto di attori giovani e realtà antica. I capibastone sindacali negli anni '70 al massimo cercavano di far approvare leggi che permettessero di fare lo sciopero al venerdì così c'era il weekend più lungo per andare al mare.
Del film poi non sono piaciuti i continui flashback dei decenni passati, fotografie di realtà che cambiano ma che non aggiungono nulla alla vicenda cinematografica se non di spezzettare continuamente il ritmo. Andavano bene per un documentario sociale.
Detto ciò, Marinelli rimane a mio avviso il miglior attore drammatico italiano e ha retto alla grande anche questo ruolo. Perchè ambientarlo a Napoli poi, con un protagonista romano e con le lotte sindacali che hanno calcato piazze ben diverse?
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luca scialo
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venerdì 17 settembre 2021
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trasposizione originale di un romanzo di jack london
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Pietro Marcello è un regista che spazia tra la trasposizione visionaria della realtà alla documentaristica con una notevole disinvoltura. Nella sua filmografia spesso compaiono pellicole dedicate agli ultimi ed è un buon mix di tutto ciò questo Martin Eden, originale trasposizione di Jack London. Ambientata in una Napoli della prima metà del '900, dove un marinaio si innamora della sorella di un ragazzo che ha salvato da un pestaggio e per mettersi al pari della sua cultura e ceto sociale, cerca di istruirsi. Lo fa da autodidatta con risultati sorprendenti, diventando anche un notevole scrittore. Tuttavia, a questa evoluzione sociale purtroppo per Martin non fa seguito l'evoluzione dello spirito.
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Pietro Marcello è un regista che spazia tra la trasposizione visionaria della realtà alla documentaristica con una notevole disinvoltura. Nella sua filmografia spesso compaiono pellicole dedicate agli ultimi ed è un buon mix di tutto ciò questo Martin Eden, originale trasposizione di Jack London. Ambientata in una Napoli della prima metà del '900, dove un marinaio si innamora della sorella di un ragazzo che ha salvato da un pestaggio e per mettersi al pari della sua cultura e ceto sociale, cerca di istruirsi. Lo fa da autodidatta con risultati sorprendenti, diventando anche un notevole scrittore. Tuttavia, a questa evoluzione sociale purtroppo per Martin non fa seguito l'evoluzione dello spirito. Rimasto ancorato alle sue umili origini, che lo tormentano e come una zavorra, non gli permettono di elevarsi. Destrutturandolo fino ad un presunto tragico epilogo. Ottima l'interpretazione Luca Marinelli, tra i più interessanti attori della sua generazione, capace di immedesimarsi con notevole disinvoltura in tutti i personaggi che gli vengono affidati. La pellicola a tratti sembra perdere qualche colpo e non è forse coinvolgente in tutto come la storia meriterebbe. Da apprezzare comunque lo sforzo registico, il notevole montaggio con tanto di collaborazione dell'istituto Luce e la fotografia di una Napoli che negli ultimi anni è diventata una Hollywood a cielo aperto. Col vantaggio di essere naturale e genuina, a differenza dell'artefatto mondo americano.
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saokekelle
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martedì 13 aprile 2021
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jack london rivisto in una napoli senza tempo
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Considero Martin Eden uno di più appassionanti romanzi che abbia mai letto e Jack London un fantastico scrittore. Questa trasposizione del soggetto in una Napoli in cui si passa dall'Ottocento ai giorni nostri senza che la trama ne risenta, mi ha convinto molto. Bella la fotografia con correzioni di colori molto azzeccate e le scenografie. Attori e attrici sempre misurati e la figura di Martin che si erge insieme ai comprimari, Russ, Elena, Margherita, Nino, Bernardo. Traspare la disperazione del conflitto esistenziale tra l'energia dell'individuo e i limiti che la società gli pone; tra l'amore per una donna di diversa estrazione sociale e il rifiuto di ogni compromesso.
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Considero Martin Eden uno di più appassionanti romanzi che abbia mai letto e Jack London un fantastico scrittore. Questa trasposizione del soggetto in una Napoli in cui si passa dall'Ottocento ai giorni nostri senza che la trama ne risenta, mi ha convinto molto. Bella la fotografia con correzioni di colori molto azzeccate e le scenografie. Attori e attrici sempre misurati e la figura di Martin che si erge insieme ai comprimari, Russ, Elena, Margherita, Nino, Bernardo. Traspare la disperazione del conflitto esistenziale tra l'energia dell'individuo e i limiti che la società gli pone; tra l'amore per una donna di diversa estrazione sociale e il rifiuto di ogni compromesso. La sua figura è sempre dolente, combattiva, piena di una energia interiore che non lo ferma dinanzi agli ostacoli. Fantastico Martin Eden, a Napoli.
Regia innovativa con una collocazione temporale molto diluita che non stanca mai; con immagini potenti che colpiscono lo spettatore. Film coinvolgente e ben riuscito.
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alessandro camaiti
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lunedì 8 marzo 2021
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“il mondo è dunque più forte di me”
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Martin Eden.
Martin Eden, marinaio di umili origini, si innamora di Elena, una ricca e dolce ragazza aristocratica; dotato di un talento naturale per la scrittura, capisce che solo con lo studio e il sacrificio potrà al contempo realizzare appieno le proprie doti e conquistare l’amata, colmando l’abisso sociale e culturale che li divide.
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Martin Eden.
Martin Eden, marinaio di umili origini, si innamora di Elena, una ricca e dolce ragazza aristocratica; dotato di un talento naturale per la scrittura, capisce che solo con lo studio e il sacrificio potrà al contempo realizzare appieno le proprie doti e conquistare l’amata, colmando l’abisso sociale e culturale che li divide. Il suo interesse per la cultura, la letteratura e la filosofia è autentico, senza secondi fini e lontano da considerazioni utilitaristiche; ma la tenacia con cui cercherà di realizzare e realizzerà le proprie aspirazioni letterarie si scontrerà duramente con la consapevolezza che, una volta raggiunto il successo, per conservarlo dovrà necessariamente cedere a quel mondo borghese fatto di mera apparenza, ipocrisia e vanità, dovendo rinunciare a qualcosa per lui imprescindibile: l’autenticità dei sentimenti. Non incline al compromesso (contrariamente al proprio editore che, di fronte delle difficoltà della vita, “sceglie la vita”), nell’animo di Martin si realizza un corto circuito che lo porterà, inevitabilmente e coerentemente, al suicidio. La stessa Elena, che prima lo
lascia per poi ricercarlo solo dopo che sarà diventato famoso, verrà cacciata via in malo modo da Martin: anche lei, un tempo amata alla follia, rappresenta l’ultima delle sue delusioni, in quanto del tutto incapace di liberarsi dai condizionamenti familiari e totalmente inserita in quel ristretto mondo falso e convenzionale.
Solo ed ormai completamente svuotato di sentimenti ed incapace, per scelta cosciente, di adagiarsi nei comodi panni dello scrittore borghese di successo ma totalmente inaridito nell’animo, il suicidio è quasi una scelta obbligata, epilogo assolutamente coerente con il proprio stile di vita... nuotando dalla riva verso il largo di quello stesso mare dove era nato e cresciuto, una sorta di “ventre materno” ove ritornare per conservare quell’incontaminata purezza che lo ha sempre contraddistinto.... verso una morte sicuramente preferibile rispetto ad una “non vita” terrena che lo dilaniava quotidianamente e di cui ormai era diventato prigioniero.
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great steven
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venerdì 5 febbraio 2021
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lo scrittore s''oppone al capitale e al collettivo
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MARTIN EDEN (IT/FR, 2019) diretto da PIETRO MARCELLO. Con LUCA MARINELLI, JESSICA CRESSY, CARLO CECCHI, VINCENZO NEMOLATO, MARCO LEONARDI, DENISE SARDISCO, CARMEN POMMELLA, AUTILIA RANIERI, ELISABETTA VALGOI, PIETRO RAGUSA, GIUSTINIANO ALPI, GAETANO BRUNO, MAURIZIO DONADONI, ANIELLO ARENA ● Grazie al provvidenziale salvataggio da un pestaggio del giovane Arturo, rampollo di una famiglia benestante della borghesia industriale italiana degli anni ’60, il marinaio Martin Eden viene accolto in casa degli Orsini e lega sentimentalmente con la sorella maggiore di Arturo, la raffinata e dolce Elena Orsini. Desideroso di ampliare la propria cultura per poter proseguire la sua relazione con la giovane donna, Martin comincia a leggere sempre più libri e rafforza in modo notevole la sua istruzione, conquistando un prezioso bagaglio da autodidatta.
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MARTIN EDEN (IT/FR, 2019) diretto da PIETRO MARCELLO. Con LUCA MARINELLI, JESSICA CRESSY, CARLO CECCHI, VINCENZO NEMOLATO, MARCO LEONARDI, DENISE SARDISCO, CARMEN POMMELLA, AUTILIA RANIERI, ELISABETTA VALGOI, PIETRO RAGUSA, GIUSTINIANO ALPI, GAETANO BRUNO, MAURIZIO DONADONI, ANIELLO ARENA ● Grazie al provvidenziale salvataggio da un pestaggio del giovane Arturo, rampollo di una famiglia benestante della borghesia industriale italiana degli anni ’60, il marinaio Martin Eden viene accolto in casa degli Orsini e lega sentimentalmente con la sorella maggiore di Arturo, la raffinata e dolce Elena Orsini. Desideroso di ampliare la propria cultura per poter proseguire la sua relazione con la giovane donna, Martin comincia a leggere sempre più libri e rafforza in modo notevole la sua istruzione, conquistando un prezioso bagaglio da autodidatta. In breve decide di diventare uno scrittore, ma la via verso l’affermazione letteraria è tutt’altro che facile, senonché Martin, ad una festa in casa Orsini, fa la conoscenza del bizzarro intellettuale socialista Russ Brissenden, il che gli consente di comprendere più a fondo cosa non funziona nella sua scrittura. Finalmente, dopo numerosi manoscritti rispediti al mittente, Martin riesce a far pubblicare i suoi racconti: da lì potrebbe costruire pian piano una vita serena e felice al fianco di Elena, ma il proliferare rapido dei primi movimenti politici di massa e la protesta degli operai contro lo sfruttamento dei padroni faranno sorgere nell’emergente scrittore un richiamo alle proprie umili origini, che ora Martin, col successo ottenuto in campo letterario, pensa di star tradendo. Ormai trasformatosi in un mito vivente che però non rinnega la sua identità di proletario individualista, Martin crea un enorme vuoto intorno a sé e, mentre i movimenti socialisti minano la sicurezza dello Stato nel biennio rosso, lui si accorge di aver perso senza rimedio tutte le persone che gli volevano bene. Film complesso e interessantissimo, con plurime sfaccettature e dai significati che si compenetrano fra loro, liberamente ispirato all’omonimo romanzo (1909) di Jack London, l’opera di P. Marcello dimostra di saper funzionare a pieno vapore anche in un contesto contraddittorio e sanguigno come il panorama politico italiano di cinquant’anni fa. Il merito va soprattutto alla delineazione psicologica e caratteriale di un protagonista che, avendo fatto propria la cultura come solo il più accanito dei self made men saprebbe fare, la pone al centro del proprio pensiero reclamandone la legittimità, l’inalienabilità, la capacità di evolversi e migliorare e quella di essere alla base di ogni civiltà. Il personaggio Martin Eden scrive di tutto, dai romanzi ai racconti, dalle poesie ai saggi, e lo scrive con l’intenzione di far presente al suo pubblico – che prima lo disprezza e dopo inizia con ritrosia ad ammirarlo – l’impossibilità per un autore letterario di auto-classificarsi in un sistema già troppo pieno di preconcetti: infatti, se Martin Eden rifugge con evidenza il socialismo, mostra con ancor maggiore evidenza di odiare il capitalismo, e la sua innata generosità, una generosità addirittura feroce e difficile da controllare, lo porta da una parte a regalare denaro ai bisognosi che d’altro canto non pretendono simili doni e dall’altra a sperperare la propria maturità in un’autodistruzione senza speranza, sulla falsariga del defunto Russ Brissenden (un efficace C. Cecchi), anch’egli socialista deluso amareggiato dalla ricchezza crescente dei potenti. Ma il film rappresenta anche un inno a coloro che scelgono di intraprendere una strada impegnativa e lottano contro tutte le difficoltà esterne e interne per raggiungere un obiettivo non semplice, con le conseguenze del caso, fra cui non ultima la perdita di un’identità originaria. Marcello punta il dito in modo sottile ma mordace contro l’ignoranza compiaciuta del nostro Paese, dilagante nella classe dirigente e probabilmente la principale causa del malfunzionamento del sistema politico, mettendo tuttavia subito in chiaro come, ai tempi del socialismo italiano post-sessantottesco, ci fossero ancora personalità impegnate a cui le primarie necessità interessavano più di ogni altra cosa, disposti a combattere e a mettere a rischio la propria incolumità pur di ottenerle; nella realtà nostrana di oggi, l’apatia imperante e la dispersione culturale non consentono più tali scenari, e non ci sarebbe posto per un novello Martin Eden. Una pellicola potente, affiatata, determinante per la cinematografia italica degli anni 2010, che racchiude in sé il senso vigente in un’epoca per raccontarne una successiva in cui le cose sono drasticamente peggiorate. Bravissimi tutti gli attori, in testa un L. Marinelli superbo e inimitabile, vincitore della Coppa Volpi a Venezia 2019. David di Donatello al regista e a Maurizio Brucci per la migliore sceneggiatura non originale. La fotografia di Alessandro Abate – dal tocco elegantissimo e sognante – ritrae i paesaggi di Napoli, Santa Maria la Fossa e Torre Annunziata alternando colori moderni ad una poetica filigrana che sembra far tornare indietro nel tempo per merito della sua efficienza cromatica. Inserito dal New York Times nella lista dei 10 migliori film del 2020.
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wolvie
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domenica 19 luglio 2020
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jack london è italiano
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Liberamente tratto dal romanzo di Jack London del 1909, ne rimarca i tratti salienti del libro, ambientandolo in una Italia partenopea.
Il modello registico sviluppa tecniche diversificate: una prima parte intervallata da immagini di repertorio (artefatte o reali?), che indugiano su una ricercata necessità di neorealismo documentaristico per immagini (alquanto didascalico ad onor del vero), narrazione cinematografica classica, dove primeggia un Marinelli (oramai maestro dialettale), primi piani su sfondo neutro con monologhi esplicativi più o meno riusciti.
Nella seconda parte abbiamo il piacere di rivedere un Carlo Cecchi folgorante che sembra riproporci un gigionismo, che sembra venire direttamente, dopo anni da " Morte di un Matematico Napoletano".
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Liberamente tratto dal romanzo di Jack London del 1909, ne rimarca i tratti salienti del libro, ambientandolo in una Italia partenopea.
Il modello registico sviluppa tecniche diversificate: una prima parte intervallata da immagini di repertorio (artefatte o reali?), che indugiano su una ricercata necessità di neorealismo documentaristico per immagini (alquanto didascalico ad onor del vero), narrazione cinematografica classica, dove primeggia un Marinelli (oramai maestro dialettale), primi piani su sfondo neutro con monologhi esplicativi più o meno riusciti.
Nella seconda parte abbiamo il piacere di rivedere un Carlo Cecchi folgorante che sembra riproporci un gigionismo, che sembra venire direttamente, dopo anni da " Morte di un Matematico Napoletano".
Opera che divide questo "Martin Eden" italiota, che comunque resta importante nel panorama asfittico del cinema italiano pre e post covid 19. Forse non volendolo consciamente, il film s inserisce di diritto nel classico genere storico sociale italiano ( quelli che ci facevano vedere a scuola una volta: Rosi e Vancini docet!).
Il potenziale della lotta sociale e della rivalsa, tramite la cultura, è ben narrato e partecipato, anche se l ultima parte del film è la più debole, dove il tormento dello scrittore di successo viene sviscerato per quadri che non hanno troppa resa: il duello, la conferenza all' università, il nuotare finale verso il tramonto.
Film affascinante che ha il coraggio di misurarsi con il Mito (Jack London), senza rincorrere la retorica narrativa della materia, ma cercando una via personale che porti l individualismo (il film stesso) all' interno di un contesto sociale (La sala cinematografica e i festival) per ottenere il riscontro desiderato.
Ma il successo sarà sempre effimero, senza L' amore
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isa daniele
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domenica 28 giugno 2020
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luca marinelli aggiusta di sale ogni film
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Ho visto il film per Luca Marinelli, essendone un'appassionata seguace, pellicola per pellicola. Per cui, non posso che crogiolarmi nelle lusinghe per questo giovane attore straordinario e potente, che afferra e affetta il pubblico scena per scena ad ogni sguardo, lucido o allucinato, che lega il pubblico allo schermo per due ore e quattro minuti. Mi ha particolarmente stupito (ancora una volta) la versatilità linguistica dell'attore che, con naturalezza, adotta qui un convincente vernacolo partenopeo (come in "Tutti i santi giorni", invece, esibiva un perfetto toscano). Nonostante l'estasi marinelliana, però, il film mi ha lasciato, a tratti, perplessa, poiché non riuscivo a comprendere bene l'ambientazione storica in cui le vicende erano collocate (ci sono numerosi riferimenti a cultura e società primonovecentesche, ma anche alcuni elementi di modernità che con quell'epoca cozzano, come le televisioni), nonostante, dopo una veloce ricerca, ho riconnesso il tempo del film a quello del romanzo (pubblicato a puntate tra il 1908/9).
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Ho visto il film per Luca Marinelli, essendone un'appassionata seguace, pellicola per pellicola. Per cui, non posso che crogiolarmi nelle lusinghe per questo giovane attore straordinario e potente, che afferra e affetta il pubblico scena per scena ad ogni sguardo, lucido o allucinato, che lega il pubblico allo schermo per due ore e quattro minuti. Mi ha particolarmente stupito (ancora una volta) la versatilità linguistica dell'attore che, con naturalezza, adotta qui un convincente vernacolo partenopeo (come in "Tutti i santi giorni", invece, esibiva un perfetto toscano). Nonostante l'estasi marinelliana, però, il film mi ha lasciato, a tratti, perplessa, poiché non riuscivo a comprendere bene l'ambientazione storica in cui le vicende erano collocate (ci sono numerosi riferimenti a cultura e società primonovecentesche, ma anche alcuni elementi di modernità che con quell'epoca cozzano, come le televisioni), nonostante, dopo una veloce ricerca, ho riconnesso il tempo del film a quello del romanzo (pubblicato a puntate tra il 1908/9). Inoltre, mi sembra che ci sia una frattura inconciliabile tra la prima e la seconda metà del film, che ci presenta un protagonista che è quasi la riscrittura grottesca e tristemente dissacrata del personaggio nel "primo tempo". Mi viene in mente però, che la mancanza di una vera e propria esplicitazione dei nessi che dovrebbero cucire gli episodi in una trama coerente, possa essere frutto di una particolare concezione poetica del regista, quasi di tipo tozziano, che non punti a dispiegare linearmente l'accadere dei fatti, ma che si limiti a un tratteggio espressionista e ravvicinato, talmente tanto da risultare distorto, di un "qualsiasi misterioso atto nostro", che sia un ricordo, un sogno o una fatica del personaggio. Per cui, film promosso, anche se difficile.
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felicity
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lunedì 22 giugno 2020
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dramma della solitudine, un poema per immagini
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Pietro Marcello, in questo film imperfetto, conferma tutto il buono che già sappiamo sul suo modo ambizioso di fare cinema, che insegue la verità della realtà, ma ha anche una vocazione lirica, incarnata in immagini evocative. Senza per questo venir meno alla narrazione puntuale delle gioie e dei tormenti di Martin Eden, che non possiamo non amare, nel suo ardore di conoscere, amare, arrivare, nel suo talento che finisce per smarrire il senso della propria arte.
Il modo più sciocco per guardare questo film, è quello di tenere in controluce il romanzo, con la sua formidabile complessità: perché allora si noteranno soprattutto le svolte affrettate, la sintesi obbligata e perentoria, il salto spiazzante fra l'alba della speranza e l'inizio della fine.
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Pietro Marcello, in questo film imperfetto, conferma tutto il buono che già sappiamo sul suo modo ambizioso di fare cinema, che insegue la verità della realtà, ma ha anche una vocazione lirica, incarnata in immagini evocative. Senza per questo venir meno alla narrazione puntuale delle gioie e dei tormenti di Martin Eden, che non possiamo non amare, nel suo ardore di conoscere, amare, arrivare, nel suo talento che finisce per smarrire il senso della propria arte.
Il modo più sciocco per guardare questo film, è quello di tenere in controluce il romanzo, con la sua formidabile complessità: perché allora si noteranno soprattutto le svolte affrettate, la sintesi obbligata e perentoria, il salto spiazzante fra l'alba della speranza e l'inizio della fine.
Mentre la sua forza sta proprio nella libertà che si prende, nella capacità di raccontare un dramma personale che ha risonanze universali, nelle sfumature di un romanzo che è anche un caleidoscopio della memoria e un poema per immagini.
Fra inserti d’archivio e numerosi rimandi a influenze cinematografico-letterarie, Martin Eden ripropone il consueto stile lirico del suo autore e le sue ambizioni, maniere, ingenuità, ma anche tutta la sua forza, e lo mette al servizio di una storia disperata.
Facendo coincidere i tormenti dell’uomo con le angosce del secolo, il film sottolinea il grido d’aiuto dell'individuo tormentato da un bisogno di appartenenza a tutti i costi, ad un luogo, ad un tempo, ad una classe sociale, politica o culturale.
Se non ci si arrende a sottostare alle regole del gioco che ci sono state assegnate in partenza, specie se si nasce poveri, proletari e senza cultura, il diploma di appartenenza ad una casta sognata può essere conseguito unicamente tramite un gesto di accettazione, concesso dagli altri, ma questa accettazione per Martin non arriverà mai.
Martin Eden rimane un marinaio perso nel secolo, che approda fiero ad ogni porto, ma nessuno di questi è casa sua.
Martin Eden è il dramma della solitudine, dello spendere un’esistenza a combattere per spezzare il giogo del determinismo sociale e non farcela, e non trovare mai, neppure alla fine, il proprio posto nel mondo.
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enzo70
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domenica 17 maggio 2020
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originale trasposizione del libro di jack london
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Il Martin Eden di Jack London viene trasposto dai bassifondi di Oackland ai vicoli di Napoli, ma l’effetto è un grande omaggio alla versione originale. Luca Marinelli è bravissimo nell’interpretare la storia del marinaio che diventa un letterato ricercato in tutto il mondo. Dopo un percorso pieno di insidie; Martin non ha studiato, non ha mai letto, viene spinto ai libri dall’amore. E poi animato da una infinità curiosità che gli consente di aprirsi alle pagine dei libri che divorerà con occhi nuovi. Le sue prime opere sono respinte dagli editori, così come venivano respinte quelle di Jack London. Ma il successo investirà un uomo nuovo, diverso da quello che apriva gli occhi al mondo della cultura con l’incanto di un bambino.
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Il Martin Eden di Jack London viene trasposto dai bassifondi di Oackland ai vicoli di Napoli, ma l’effetto è un grande omaggio alla versione originale. Luca Marinelli è bravissimo nell’interpretare la storia del marinaio che diventa un letterato ricercato in tutto il mondo. Dopo un percorso pieno di insidie; Martin non ha studiato, non ha mai letto, viene spinto ai libri dall’amore. E poi animato da una infinità curiosità che gli consente di aprirsi alle pagine dei libri che divorerà con occhi nuovi. Le sue prime opere sono respinte dagli editori, così come venivano respinte quelle di Jack London. Ma il successo investirà un uomo nuovo, diverso da quello che apriva gli occhi al mondo della cultura con l’incanto di un bambino. Saranno proprio le letture a rendere Martin un uomo irridente, arrogante, che vede nei circoli culturali che lo iniziano a corteggiare le bare della conoscenza. E il suo approccio individualista alla cura dell’uomo lo rende poco gradito alla cultura prevalente dell’epoca, ispirata ad un socialismo reale. Grande Marinelli, ma un plauso anche alla capacità di Pietro Marcello di rendere al meglio questa storia.
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