enzo
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lunedì 1 marzo 2021
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sei sicuro di aver visto il film?
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Filippo Catani non ha visto il film e aicuramente non ha letto il libro. Carlo Levi non viene mandato ad Eboli in Campania, ma ad Aliano (chamato Gagliano dall'autore) in Lucania. Il riferimento del titolo ad Eboli è solo per indicare che a sud di quel paese finiva la società civile, o almeno così usavano dire gli abitanti di Aliano.
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iuriv
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domenica 18 ottobre 2015
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grande storia, grande fatica.
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Tratto dal romanzo autobiografico di Carlo Levi, questo film narra l'esperienza dello scrittore al confino presso un piccolo paese dell'Italia meridionale in piena epoca fascista. Rosi ricostruisce la capacità dell'uomo di empatizzare con la popolazione locale, dimenticata da tutti, fino a diventare un riferimento per la piccola comunità povera e contadina.
Cristo Si E' fermato a Eboli è un'opera che è stata costruita per essere un capolavoro. La scelta del soggetto, la decisione di affidare l'operazione a uno dei grandi registi del cinema di denuncia, il cast che ha per protagonista Volontè e il grosso budget messo a disposizione dalla produzione italo-francese, stanno a dimostrare questo.
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Tratto dal romanzo autobiografico di Carlo Levi, questo film narra l'esperienza dello scrittore al confino presso un piccolo paese dell'Italia meridionale in piena epoca fascista. Rosi ricostruisce la capacità dell'uomo di empatizzare con la popolazione locale, dimenticata da tutti, fino a diventare un riferimento per la piccola comunità povera e contadina.
Cristo Si E' fermato a Eboli è un'opera che è stata costruita per essere un capolavoro. La scelta del soggetto, la decisione di affidare l'operazione a uno dei grandi registi del cinema di denuncia, il cast che ha per protagonista Volontè e il grosso budget messo a disposizione dalla produzione italo-francese, stanno a dimostrare questo.
Rosi ripaga la fiducia regalando scene difficili da dimenticare, grazie alle quali restituisce allo spettatore il senso di smarrimento della popolazione alle prese con i problemi di una terra scontrosa, mentre, dagli altoparlanti del podestà, Mussolini annuncia la conquista del famigerato posto al sole. Sono tematiche importanti e potenti, che Rosi mette sul piatto con la giusta tempistica, aiutato dal solito Volontè in formato gigante che regala recitazione.
Ma voler costruire un film ambizioso prima ancora di mettere mano alla telecamera ha le sue contro indicazioni. Ogni inquadratura dev'essere un quadro, i dialoghi devono essere spessi, più letterari o filosofici che cinematografici, il minutaggio deve essere considerevole. A fare le spese di queste scelte stilistiche è la scorrevolezza del racconto, che procede a piccoli passi, spesso rallentando molto durante il suo srotolamento. E' il classico dilemma: quanto conta il fattore intrattenimento in un film? Tutto? Tanto? Poco? Niente?
Quale che sia la risposta a questa domanda, rimane il fatto che questa è una pellicola ostica da affrontare, che chiede molto al suo spettatore e che lo ripaga solo in parte con la sua magnifica grandezza stilistica.
Sicuramente un'opera importante, ma da affrontare con lo spirito giusto, ben consapevoli che la visione potrebbe costare fatica.
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luca scial�
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mercoledì 1 aprile 2015
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un angolo dimenticato del nascente impero fascista
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Il duo Francesco Rosi-Gian Maria Volontè traspone egregiamente il libro omonimo autobiografico di Carlo Levi sulla sua esperienza al confino in un paesino vicino Eboli. L'uomo è un pittore e medico non praticante, il quale, dopo un'iniziale difficoltà a integrarsi conosce meglio la gente del posto. Le loro credenze e superstizioni antiche, le loro bassezze, i loro pregi come grandi lavoratori. Paradossalmente quell'esperienza, anzichè farlo ricredere sulle proprie idee anti-fasciste, finirà per consolidarle. Perchè si renderà conto ancora di più quanto il regime fascista sia propagandistico, se non buffo e retorico. In quel periodo si fregiava infatti del titolo di Impero, con la conquista dell'Etiopia contro un esercito arretrato e quasi inerme.
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Il duo Francesco Rosi-Gian Maria Volontè traspone egregiamente il libro omonimo autobiografico di Carlo Levi sulla sua esperienza al confino in un paesino vicino Eboli. L'uomo è un pittore e medico non praticante, il quale, dopo un'iniziale difficoltà a integrarsi conosce meglio la gente del posto. Le loro credenze e superstizioni antiche, le loro bassezze, i loro pregi come grandi lavoratori. Paradossalmente quell'esperienza, anzichè farlo ricredere sulle proprie idee anti-fasciste, finirà per consolidarle. Perchè si renderà conto ancora di più quanto il regime fascista sia propagandistico, se non buffo e retorico. In quel periodo si fregiava infatti del titolo di Impero, con la conquista dell'Etiopia contro un esercito arretrato e quasi inerme. Mentre in quell'angolo del Paese non c'era neppure un medico.
Di quel ricordo gli resteranno tanti quadri, che osserva sempre con affetto. Pitture che rieccheggiano nella sua mente quei paesaggi così contrastanti e selvaggi, ma anche quei volti così sofferenti e marcati. Di un popolo contadino rimasto intoccato dalle vicende della storia nel corso dei secoli.
Strepitoso, manco a dirlo, Volontè nei panni di Levi. Stupenda la fotografia dei paesaggi agresti.
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ralphscott
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sabato 1 settembre 2012
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come poteva uscirne un film non eccelso?
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Da uno dei cinque migliori registi del cinema italiano,coadiuvato da artigiani di valore assoluto alla fotografia e al montaggio,con il più intenso attore nostrano ed un testo molto bello (ricordo dei tempi della scuola dell'obbligo)come fonte di ispirazione,poteva scaturire forse un film trascurabile? E puntualmente Rosi ci regala un altro dei sui saggi di bravura. Aggiungerei che la Papas è ipnotica come di suo solito,e Bonacelli perfetto nella parte del borghese ambizioso e codino. Paesaggi poetici,che mi ricordano il viaggio di ritorno dalla Puglia fatto qualche anno fa'. L'ultima tappa fu Matera,ma già la vista di quelle colline così uniche attorno alla provincia lucana sarebbe valsa i mille e più chilometri di viaggio.
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Da uno dei cinque migliori registi del cinema italiano,coadiuvato da artigiani di valore assoluto alla fotografia e al montaggio,con il più intenso attore nostrano ed un testo molto bello (ricordo dei tempi della scuola dell'obbligo)come fonte di ispirazione,poteva scaturire forse un film trascurabile? E puntualmente Rosi ci regala un altro dei sui saggi di bravura. Aggiungerei che la Papas è ipnotica come di suo solito,e Bonacelli perfetto nella parte del borghese ambizioso e codino. Paesaggi poetici,che mi ricordano il viaggio di ritorno dalla Puglia fatto qualche anno fa'. L'ultima tappa fu Matera,ma già la vista di quelle colline così uniche attorno alla provincia lucana sarebbe valsa i mille e più chilometri di viaggio.
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mikonos
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sabato 1 settembre 2012
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cristo non ha mai lasciato aliano - eboli
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A volte mi domando con quanta facilità vengano assegnati premi importanti come i nastri d'argento, il david di donatello, il leone o pardo d'oro o la candidatura all'oscar, a film che non lo meritano, ma non è questo il caso, anzi, meritava di più. "Cristo si è fermato a Eboli" di F.Rosi (dal romanzo autobiografico di Carlo Levi) è un capolavoro. Dalla fotografia quasi "fiamminga" per colori e perfezione della realtà dell'epoca in quel della Lucania sotto il regime fascista (1935/1936), trasporta chi osserva in un viaggio nel passato della nostra cultura contadina, senza cadere mai nel didattico, con pennellate di rara poesia e bellezza, in un affresco storico di uno dei periodi più bui della nostra storia.
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A volte mi domando con quanta facilità vengano assegnati premi importanti come i nastri d'argento, il david di donatello, il leone o pardo d'oro o la candidatura all'oscar, a film che non lo meritano, ma non è questo il caso, anzi, meritava di più. "Cristo si è fermato a Eboli" di F.Rosi (dal romanzo autobiografico di Carlo Levi) è un capolavoro. Dalla fotografia quasi "fiamminga" per colori e perfezione della realtà dell'epoca in quel della Lucania sotto il regime fascista (1935/1936), trasporta chi osserva in un viaggio nel passato della nostra cultura contadina, senza cadere mai nel didattico, con pennellate di rara poesia e bellezza, in un affresco storico di uno dei periodi più bui della nostra storia. L'Italia del Duce sta per entrare in guerra contro l'Abissinia, da Roma arrivano ordini astrusi per chi deve combattere con le dure regole della terra. La storia si svolge in un piccolo paese abbandonato e distaccato dal resto del mondo, dove un torinese viene mandato al confine (Carlo Levi) . Quest'uomo, con la curiosità e la grazie dell'artista, come insegnante,intellettuale, medico, scrittore e pittore, riesce ad avvicinare una cultura a lui "marziana" non la condanna e non la giudica, ma l'assimila sforzandosi di capirla per trovare un canale di comunicazione con la gente del posto, conquistandosi la loro fiducia un poco alla volta, insegnerà ai bambini, curerà i malati cercando di migliorarne la vita senza evitare di dispensare lezioni di vita anche al Podestà del paese o al parroco dello stesso. Il pensiero e il libero ragionamento nel comunicare è il sale della vita, culla della civiltà. Gian Maria Volontè nei panni di Carlo Levi, da ancora una volta prova della sua magistrale bravura come uomo che interpreta un altro grande uomo. Consiglio vivamente la visione del film e la lettura del romanzo, ringraziando Rosi per aver realizzato uno dei migliori film o documenti della sua carriera.
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filippo catani
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martedì 27 marzo 2012
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cristo non ha portato redenzione in queste terre
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A metà degli anni '30 un distinto medico viene catturato dalla polizia fascista a Torino e spedito a Eboli in confino. Quì si troverà alle prese con una terribile realtà fatta di miserie, povertà e superstizione. Ma nel corso del tempo avrà modo di apprezzare meglio la realtà contadina che in tutta la sua povertà e semplicità fa da controaltare all'appena proclamata nascita dell'impero italiano a seguito della guerra in Abissinia.
Splendida trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Carlo Levi che vive della magnifica interpretazione di Gian Maria Volontè. L'attore interpreta un uomo che non ha mai praticato la professione medica ma che si è sempre sentito più attirato dalla letteratura ma soprattutto dalla pittura sua vera e grande passione.
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A metà degli anni '30 un distinto medico viene catturato dalla polizia fascista a Torino e spedito a Eboli in confino. Quì si troverà alle prese con una terribile realtà fatta di miserie, povertà e superstizione. Ma nel corso del tempo avrà modo di apprezzare meglio la realtà contadina che in tutta la sua povertà e semplicità fa da controaltare all'appena proclamata nascita dell'impero italiano a seguito della guerra in Abissinia.
Splendida trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Carlo Levi che vive della magnifica interpretazione di Gian Maria Volontè. L'attore interpreta un uomo che non ha mai praticato la professione medica ma che si è sempre sentito più attirato dalla letteratura ma soprattutto dalla pittura sua vera e grande passione. Inizialmente sconvolto dalla terribile povertà e indigenza che trova in paese insieme alle incredibili superstizioni contadine, l'uomo piano piano cercherà di integrarsi all'interno della comunità cercando di rispettare il grottesco confino che gli impedisce di andare oltre il cimitero. Ed ecco sfilare uno dopo l'altro vari personaggi: coloro che hanno cercato fortuna in America ma sono dovuti ritornare, un parroco acculturato ma con il vizio di bere, un proprietario terriero con amicizie in alto, il comandante dei carabinieri che si dice essersi arricchito alle spalle dei contadini. E infine il podestà che insegna a scuola e crede ciecamente nella causa fascista (memorabile il dialogo in merito a una lettera scritta dal dottore e che il podestà voleva censurare). Ed è così che giovani contadini partiranno per la conquista dell'Abissinia perchè come si fa notare amaramente alla fine non hanno altro da fare se non vivere per sempre in povertà. Sarà così che i discorsi di Mussolini, specie quello della proclamazione dell'impero, finiscono per rimbombare nelle campagne brulle e finiscono per rivelare la loro tragica ironia. Perchè spendere soldi in guerre invece che cercare di migliorare le condizioni del paese? Purtroppo l'unica consolazione era appunto questo mito della patria dove Marconi era addirittura riuscito ad inventare un raggio capace di distruggere tutte le navi che si fossero avvicinate all'Italia. Davvero un film imperdibile.
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gariuolo
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domenica 19 giugno 2011
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precisazione al commento "il paese di esilio..."
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Ciao Neonagida,
leggo solo ora il tuo commento di risposta. In realtà, riferendomi alla città di Eboli, indicavo un punto di confine virtuale che simboleggiava la fine della civiltà "moderna", oltre la quale iniziava quella contadina. Tra l'altro la Stazione di Pisticci faceva parte all'epoca del prolungamento delle ferrovie appulo lucane (ultimato agli inizi degli anni '30). Non sono sicuro che il Levi sia arrivato alla stazione di Pisticci. Non ricordo di averlo letto nel libro. Per precisazione, alle prime pagine il Levi scrive:
"...Ma la frase ha un senso molto più profondo (riferendosi al titolo), che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale.
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Ciao Neonagida,
leggo solo ora il tuo commento di risposta. In realtà, riferendomi alla città di Eboli, indicavo un punto di confine virtuale che simboleggiava la fine della civiltà "moderna", oltre la quale iniziava quella contadina. Tra l'altro la Stazione di Pisticci faceva parte all'epoca del prolungamento delle ferrovie appulo lucane (ultimato agli inizi degli anni '30). Non sono sicuro che il Levi sia arrivato alla stazione di Pisticci. Non ricordo di averlo letto nel libro. Per precisazione, alle prime pagine il Levi scrive:
"...Ma la frase ha un senso molto più profondo (riferendosi al titolo), che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli,dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania (...)".
E per l'arrivo ad Aliano recita: "...Sono arrivato a Gagliano in un pomeriggio d'agosto, portato in una piccola automobile sgangherata. Avevo le mani impedite, ed ero accompagnato da due robusti rappresentanti dello Stato, dalla bande rosse ai pantaloni e dalle facce inespressive." (Scrive che veniva da Grassano, portato via da lì).
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giofredo'
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venerdì 19 giugno 2009
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correzoine su " cristo si è fermato a eboli"
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Non ho riscontrato, a mio parere, grande discrepanza tra il libro di Levi e la direzione di F.Rosi. Forse, come ben si sà, è molto difficile comprimere un libro in 80,120,200 o piu' minuti, per cui ritengo, che una delle imprese piu' ardue, prima del fatidico ciack,è rendere il libro piu' vicino che mai sia alla genialita' dello scrittore sia all'interpretazione aleborata e "costruita" del regista e della trouppe; e mi ripeto non è sempre un'impresa facile. Buon libro e bravo Rosi.
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giofredo'
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giovedì 18 giugno 2009
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ho letto il libro, e , o visto e rivisto il film
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Non ho riscontrato, a mio parere, grande discrepanza tra il libro di Levi e la direzione di F.Rosi.
Forse, come ben si sà, è molto difficile comprimere un libro in 80,120,200 o piu' minuti, per cui ritengo, che una delle imprese piu' ardue, prima del fatidico ciack,è rendere il libro piu' vicino che mai alla genialita' dello scrittore; e mi ripeto non è sempre un'impresa facile.
Buon libro e bravo Rosi.
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ziogiafo
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sabato 15 novembre 2008
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il grande cinema di francesco rosi...
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ziogiafo - Cristo si è fermato a Eboli, Italia 1979 - Un viaggio nel mondo dei contadini del sud… in epoca di regime fascista nel 1935, in quelle terre lontane dove il tempo pare che si sia fermato, dove la vita scorre lenta e il progresso della società civile non riesce ad arrivare. Natura predominante, paesaggi incantevoli, ma anche tanta desolazione in questi luoghi dell’entroterra Lucana, quasi da giustificare la triste affermazione dell’autore nel titolare questo famoso romanzo autobiografico da cui prende spunto il soggetto del film. Lo scrittore-protagonista è Carlo Levi (Gian Maria Volontè), il regista è uno dei più grandi maestri del cinema: Francesco Rosi. Carlo Levi, medico mancato, condannato al confino per le sue attività antifasciste, giunge in Basilicata, e dopo essere sceso dal treno alla stazione di Eboli - limite ultimo della società pseudo-civile - prosegue all’interno della regione, prima in corriera e poi in macchina, per arrivare a Gagliano (nome inventato per il film), meta del suo soggiorno forzato.
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ziogiafo - Cristo si è fermato a Eboli, Italia 1979 - Un viaggio nel mondo dei contadini del sud… in epoca di regime fascista nel 1935, in quelle terre lontane dove il tempo pare che si sia fermato, dove la vita scorre lenta e il progresso della società civile non riesce ad arrivare. Natura predominante, paesaggi incantevoli, ma anche tanta desolazione in questi luoghi dell’entroterra Lucana, quasi da giustificare la triste affermazione dell’autore nel titolare questo famoso romanzo autobiografico da cui prende spunto il soggetto del film. Lo scrittore-protagonista è Carlo Levi (Gian Maria Volontè), il regista è uno dei più grandi maestri del cinema: Francesco Rosi. Carlo Levi, medico mancato, condannato al confino per le sue attività antifasciste, giunge in Basilicata, e dopo essere sceso dal treno alla stazione di Eboli - limite ultimo della società pseudo-civile - prosegue all’interno della regione, prima in corriera e poi in macchina, per arrivare a Gagliano (nome inventato per il film), meta del suo soggiorno forzato. Il dottor Carlo Levi, raffinato intellettuale, si trova di fronte ad un contesto di vita a dir poco imbarazzante per la sua cultura, lui che proviene dalla tecnologica Torino fa fatica ad allinearsi a questo mondo emarginato dall’Italia moderna. Tuttavia rimane affascinato dagli usi e costumi di questo popolo di contadini, da cui attinge l’antico «sapere». Spesso, “don Carlo” si concederà delle lunghe passeggiate per meglio riflettere ed entrare a contatto diretto con le bellezze della natura di questo posto e con le abitudini arcaiche dei suoi abitanti, che vivono ancora vincolati ad un vecchio codice di superstizioni e credenze popolari. La mano esperta del grande Francesco Rosi si sofferma in maniera suggestiva con delle stupende carrellate sui volti «pieni di storia» di questa gente, completando le sequenze con delle panoramiche “silenziose”, lasciando spazio alla «voce» della natura e al fruscio del vento sui maestosi paesaggi di questa meravigliosa terra ancora incontaminata, che risveglierà lo spirito artistico di Carlo Levi. Purtroppo il medico-scrittore-pittore deve fare i conti con le restrizioni che gli vengono imposte dal podestà di Gagliano che lo tiene sotto controllo, limitando i suoi spostamenti e vagliando severamente la sua corrispondenza che il più delle volte viene bloccata. Nei panni di Carlo Levi un eccezionale Gian Maria Volonté, un gigante del cinema italiano, probabilmente l’attore preferito di Francesco Rosi con il quale il grande regista napoletano aveva già girato importanti film. Una straordinaria Irene Papas che interpreta Giulia, l’ambigua donna di servizio di Carlo Levi. «Cristo si è fermato a Eboli» è un film toccante che affronta la complessa problematica della civiltà contadina meridionale, vittima storica della cattiva politica, è un film che probabilmente appare lento nelle sue sequenze ma che fa riflettere in maniera intensa… grazie al singolare stile narrativo del regista partenopeo che è stato sempre un maestro nel riportare sul grande schermo forti tematiche sociali. Belle le musiche, stupenda la fotografia, meritatissimo il «David di Donatello» per il film e la regia.
Il grande cinema di Francesco Rosi
Cordialmente, ziogiafo
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