noia1
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lunedì 1 settembre 2014
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una metafora come poche.
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Un lottatore di wrestling costretto dagli eventi a rifarsi una vita, non sarà facile.
Intenso dall’inizio alla fine trasudando ogni sensazione quasi che chi recita si rivolgesse a noi che ce ne stiamo fuori da tutto, la telecamera è sporca perché non è la qualità il mezzo che il regista sfrutta per trasmettere il messaggio bensì un realismo altrettanto sporco, sofferto.
Un uomo al capolinea che non ha altro che aspettare la sua fine ma a cui la vita dà un’inaspettata e insperata seconda possibilità, quella di rifarsi una vita d’accapo, una vita vera fuori dal ring, la possibilità di mettersi alla prova come uomo reale costringendolo a fare i conti con sé stesso, con ciò che ha costruito fino a quel momento.
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Un lottatore di wrestling costretto dagli eventi a rifarsi una vita, non sarà facile.
Intenso dall’inizio alla fine trasudando ogni sensazione quasi che chi recita si rivolgesse a noi che ce ne stiamo fuori da tutto, la telecamera è sporca perché non è la qualità il mezzo che il regista sfrutta per trasmettere il messaggio bensì un realismo altrettanto sporco, sofferto.
Un uomo al capolinea che non ha altro che aspettare la sua fine ma a cui la vita dà un’inaspettata e insperata seconda possibilità, quella di rifarsi una vita d’accapo, una vita vera fuori dal ring, la possibilità di mettersi alla prova come uomo reale costringendolo a fare i conti con sé stesso, con ciò che ha costruito fino a quel momento.
Sul ring tutti lo amano, fino alla fine vince adorato da quei pochi che ancora lo seguono ed è proprio a quel momento che si renderà conto di non avere altro dalla vita, che è un fallito, che tanto varrebbe morire sul ring perché dalla vita non ne ha mai tirato fuori nulla di buono.
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dandy
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venerdì 31 gennaio 2014
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un incontro con la rivincita
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Aronofsky gira un film per certi versi simile a "Rocky Balboa",ma con diverse tematiche e sviluppi.A parte parlare di uno sport che al cinema si vede poco o nulla(ma basandosi più su avvenimenti privati)si limita a girare in modo discreto.Tratteggia una corretta e storia di autodistruzione in nome di un disperato desiderio di farsi nuovamente amare dal pubblico.E qui sta l'idea vincente:dopo anni di tentativi falliti(e decine di pellicole imbarazzanti)Mickey Rourke torna finalmente alla ribalta con un personaggio(offerto inizialmente a Nicolas Cage) che sembra quasi un dono del cielo,praticamente perfetto per lui.Attore in completo declino,bolso e con il viso ridotto una maschera gonfia(frutto di incidenti durante la passata carriera sul ring e di disastrose operazioni di chirurgia plastica),un tempo uno degli attori più intensi e belli di Hollywood,Rourke si cala nel ruolo con intensità lancinante,che ha commosso tutti ma è stata ingiustamente trascurata dagli Oscar(solo una nomination;poi a vincere fu Sean Penn con "milk")e premiata solamente col Leone d'oro a Venezia.
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Aronofsky gira un film per certi versi simile a "Rocky Balboa",ma con diverse tematiche e sviluppi.A parte parlare di uno sport che al cinema si vede poco o nulla(ma basandosi più su avvenimenti privati)si limita a girare in modo discreto.Tratteggia una corretta e storia di autodistruzione in nome di un disperato desiderio di farsi nuovamente amare dal pubblico.E qui sta l'idea vincente:dopo anni di tentativi falliti(e decine di pellicole imbarazzanti)Mickey Rourke torna finalmente alla ribalta con un personaggio(offerto inizialmente a Nicolas Cage) che sembra quasi un dono del cielo,praticamente perfetto per lui.Attore in completo declino,bolso e con il viso ridotto una maschera gonfia(frutto di incidenti durante la passata carriera sul ring e di disastrose operazioni di chirurgia plastica),un tempo uno degli attori più intensi e belli di Hollywood,Rourke si cala nel ruolo con intensità lancinante,che ha commosso tutti ma è stata ingiustamente trascurata dagli Oscar(solo una nomination;poi a vincere fu Sean Penn con "milk")e premiata solamente col Leone d'oro a Venezia.Ben reso lo squallore quotidiano della vita di Randy(sia la meccanica brutalità degli incontri sia i secondi lavori),ma anche quello della spogliarellista Cassidy(oramai non più giovanissima e in difficoltà coi clienti)molto ben interpretato dalla Tomei.La svolta pessimista è buona,ma poteva essere migliore.Commoventi il primo dialogo vero tra Randy e sua figlia,quasi un'autocritica allo stesso Rourke("Sono un vecchio pezzo di carne maciullata...")e 'ultima sfida.Lo sceneggiatore Robert Siegel è uno dei fan che chiede l'autografo a Rourke).Per i fan dell'attore è imperdibile.Il film che gli ha ridato la voglia di recitare.
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willyfilmwhatcher
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mercoledì 11 settembre 2013
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che noia!
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Una sceneggiatura noiosa e poco soddisfacente, cioè ogni cosa che viene messa in ballo nel film non viene completata.. e il finale poi.. Cioè , il film non è male ma non credo che qualcuno se ne ricordi tra 1 mese o 2.. insomma c'è di meglio!
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giuseppesilvestri
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martedì 27 agosto 2013
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il wrestler
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Un uomo che vive per gli altri, tradendo se stesso e la sua stessa vita per intrattenere il pubblico, per fare l'unica cosa che sa fare bene, e l'ha fatto per così tanto tempo da aver perduto tutto, compresa la sua vita stessa!
Un uomo abbandonato e rinnegato da tutti, anche dal suo stesso corpo ormai non più giovane come un tempo.
Il Wrestler! E per quanto non abbia raccontato una storia vera, il regista Darren Aronofsky ha fatto centro, raccontando una storia verosimile, reale nella sua finzione e che probabilmente qualcuno dello spettacolo avrà già vissuto nel suo piccolo, un mondo in cui non esiste vita privata, in cui ci si annulla completamente solo per l'approvazione degli altri, per la gloria!
Un film impeccabile e strappalacrime, un piccolo capolavoro che non ha di certo sbancato i botteghini ma che a mio parere meriterebbe un posto nella top 100 dei migliori film della storia.
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johseph
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mercoledì 3 luglio 2013
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uno dei film più belli degli ultimi 10 anni
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Nessuna sbavatura, dramamtico ma non da funerale. Mickey Rourke in gran spolvero. Assolutamente da vedere.
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jacopo b98
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venerdì 21 giugno 2013
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la rinascita di randy e mickey.
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Randy –The Ram – Robinson (Rourke) negli anni ’80 è una leggenda del wrestling, vent’anni dopo è un uomo solo e sconsolato con problemi di cuore che lavora in un supermercato. Pur di riscattarsi socialmente, anche agli occhi della figlia (Wood) che lo odia, decide di tornare sul ring rischiando la vita e sacrificando l’amore nascente tra lui e una spogliarellista (Tomei). Quando si chiude l’ultimo fotogramma di The Wrestler, l’opus n. 4 di Aronofsky, si pone una domanda: ma chi è il vero autore di questo film, il suo regista o il suo protagonista? Il film è infatti incentrato soprattutto sul personaggio di Mickey Rourke che fa del film il suo riscatto personale: chi è il protagonista del film? Randy Robinson/The Ram o lo stesso Rourke, da anni dato per un attore finito, distrutto dalla chirurgia plastica e dalle droghe.
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Randy –The Ram – Robinson (Rourke) negli anni ’80 è una leggenda del wrestling, vent’anni dopo è un uomo solo e sconsolato con problemi di cuore che lavora in un supermercato. Pur di riscattarsi socialmente, anche agli occhi della figlia (Wood) che lo odia, decide di tornare sul ring rischiando la vita e sacrificando l’amore nascente tra lui e una spogliarellista (Tomei). Quando si chiude l’ultimo fotogramma di The Wrestler, l’opus n. 4 di Aronofsky, si pone una domanda: ma chi è il vero autore di questo film, il suo regista o il suo protagonista? Il film è infatti incentrato soprattutto sul personaggio di Mickey Rourke che fa del film il suo riscatto personale: chi è il protagonista del film? Randy Robinson/The Ram o lo stesso Rourke, da anni dato per un attore finito, distrutto dalla chirurgia plastica e dalle droghe. E così da un eroe ne nascono due: il wrestler che ha il coraggio di tornare in campo e l’attore che ha il coraggio di raccontare la sua storia. Quando, prima dello scontro finale con Ayatollah, Randy fa il suo discorso finale e dice: “Mi avevano dato per spacciato…” a rinascere non è solo il personaggio, bensì anche e soprattutto il suo interprete che, con un’interpretazione assolutamente magistrale tocca l’eterno e costruisce un film su se stesso. Notevoli anche le altre due interpreti principali, la Tomei, vecchia (ma non poi così tanto) stella rinata dopo anni e la Wood, giovane in ascesa. Aronofsky di suo mette una regia fatta di lunghi piani sequenza con macchina a spalla e bracca il suo inarrivabile protagonista fino al gran finale di rinascita. Presentato a Venezia in concorso vinse il Leone d’Oro al miglior film. BAFTA e Golden Globe al miglior attore quando agli Oscar fu preferito il meno estremo (e convincente) Sean Penn di Milk.
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no_data
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mercoledì 20 marzo 2013
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un film bellissimo....
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semplicemente un capolavoro....
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mystic
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sabato 2 marzo 2013
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un dramma perfetto dal primo all'ultimo fotogramma
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“Al mondo non gliene frega un [omissis] di me, […] questo è il mio mondo” dice, regalando quest’ultima dedica al mondo del wrestling, Rourke, alias The Ram, verso la tragica fine del film: una scena che sigilla definitivamente una prova esemplare del suo talento in quello che ha definito "il miglior film che abbia mai girato".
Robin Ramzinski, per i fan The Ram, è diventato una star del wrestling alla fine degli anni '80, dopo la storica sfida in cui ha battuto Ayatollah.
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“Al mondo non gliene frega un [omissis] di me, […] questo è il mio mondo” dice, regalando quest’ultima dedica al mondo del wrestling, Rourke, alias The Ram, verso la tragica fine del film: una scena che sigilla definitivamente una prova esemplare del suo talento in quello che ha definito "il miglior film che abbia mai girato".
Robin Ramzinski, per i fan The Ram, è diventato una star del wrestling alla fine degli anni '80, dopo la storica sfida in cui ha battuto Ayatollah. Ma ora, invecchiato e solo, continua a tirare avanti con il combattimento il fine settimana omaggiando il poco pubblico rimastogli. Tuttavia, costretto a lasciare il ring per problemi cardiaci, cerca nuovi stimoli tentando di instaurare e recuperare rapporti, ma la figlia (Evan Rachel Wood) lo odia e la spogliarellista (Marisa Tomei) con cui vuole rifarsi una vita è decisamente troppo impegnata a lavoro. Inutile dire che l’eroe non si arrenderà.
Al di là di ogni speculazione, questo film afferma deliberatamente che la vita sportiva ha la stessa importanza della vita reale e, benché gli sviluppi della storia non siano scontati, ci sono momenti capaci di spezzare il cuore: The Ram e gli altri vecchi atleti si rendono conto solo gradualmente che sono oramai vecchie carcasse lasciate a marcire dalla società e dal tempo (e i ragazzini di oggi preferiscono di gran lunga distrarsi con un sano videogioco di Call of Duty). Tra l'altro i pochi amanti del pro wrestling che ancora sognano un loro autografo non hanno meno di 40 anni. Dall’heavy metal di Bruce Springsteen emerge un senso di rabbia e frustrazione, mai tradotto in ripensamento, che il regista preferisce incitare con uno sviluppo narrativo evidentemente pessimista. Scena dopo scena, Aronofsky preferisce riprendere il protagonista di schiena, mentre un’instancabile cinepresa cerca di coglierne i pensieri e le emozioni, abbandonando i canoni estetici tradizionali e immergendo lo spettatore nel dissacrante ambiente del wrestling, pervaso da uno sconvolgente e violento autolesionismo.
E’ proprio quando il film sembra sfociare irrimediabilmente nel sentimentale che Aronofsky non delude. Rourke si spara graffette in fronte con la sparapunti per mantenersi al top, mentre il regista non sembra conoscere le tecniche del non-visto quando si tratta di dare alla celluloide alcune delle immagini più forti del nuovo millennio. Ma del resto il wrestling è finzione (il wrestler è a metà tra una star dello spettacolo e un atleta vero e proprio), esattamente come il cinema.
Chi non lo ha ancora visto non ci crederà, ma su un terreno simile a quello battuto da altri importanti registi negli ultimi anni (Eastwood in Million Dollar Baby, Russell in The Fighter, Howard in Cinderella Man e l’elenco potrebbe continuare) Aronofsky trionfa con uno smackdown. Al suo primo round. Un trionfo oscuro e indimenticabile, perfetto dal primo all’ultimo fotogramma.
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fedson
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martedì 19 febbraio 2013
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rourke nell'interpretazione della sua vita
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Storia di un wrestler ben organizzata e portata avanti e il regista ce lo mostra tramite una regia che sembra invadente dal punto di vista del protagonista, la maggior parte delle volte preso di spalle come se lui stesso non volesse mostrarsi al pubblico per via del suo carattere chiuso. Mickey Rourke s’immedesima perfettamente nel ruolo, dando prova del suo sottovalutato talento nelle arti drammatiche, specie in un ruolo che ha a che fare anche con la famiglia nonostante una vita fatta di soli “successi di serie B” nel mondo del wrestling e “successi di serie F” nel mondo dell’amore e della famiglia. Uso di droghe, un rapporto con una figlia che ormai ripudia il proprio padre, wrestling, tecniche finte quanto dolore, il tentativo di riscattarsi completamente dopo una vita di “assenza personale nel mondo reale”, sono gli ingredienti di questo film ben scritto e diretto, ma soprattutto magistralmente interpretato in quanto solo Rourke poteva dare vita ad un personaggio così introverso e afflitto dalla propria persona, grazie anche ad un fisico ormai stanco dei continui sforzi (morali e fisici) causati dalla costante presenza dell’elemento della lotta (anche se sembra che le stesse ferite fisiche del protagonista sono causate più da agenti esterni a quel mondo, come se ogni giorno di sua assenza nella vita vera gli portasse una ferita e un danno in più, fisico e morale che sia).
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Storia di un wrestler ben organizzata e portata avanti e il regista ce lo mostra tramite una regia che sembra invadente dal punto di vista del protagonista, la maggior parte delle volte preso di spalle come se lui stesso non volesse mostrarsi al pubblico per via del suo carattere chiuso. Mickey Rourke s’immedesima perfettamente nel ruolo, dando prova del suo sottovalutato talento nelle arti drammatiche, specie in un ruolo che ha a che fare anche con la famiglia nonostante una vita fatta di soli “successi di serie B” nel mondo del wrestling e “successi di serie F” nel mondo dell’amore e della famiglia. Uso di droghe, un rapporto con una figlia che ormai ripudia il proprio padre, wrestling, tecniche finte quanto dolore, il tentativo di riscattarsi completamente dopo una vita di “assenza personale nel mondo reale”, sono gli ingredienti di questo film ben scritto e diretto, ma soprattutto magistralmente interpretato in quanto solo Rourke poteva dare vita ad un personaggio così introverso e afflitto dalla propria persona, grazie anche ad un fisico ormai stanco dei continui sforzi (morali e fisici) causati dalla costante presenza dell’elemento della lotta (anche se sembra che le stesse ferite fisiche del protagonista sono causate più da agenti esterni a quel mondo, come se ogni giorno di sua assenza nella vita vera gli portasse una ferita e un danno in più, fisico e morale che sia). Si parla di un eroe ormai all’apice della sua carriera, di una persona che prima era un “qualcuno” ma che adesso è costretta ad allenare ragazzi-prova nelle palestre più scadenti del luogo, di un wrestler segnato dalla delusione e dal completo fallimento, e una persona come Rourke, avvolta dai fallimenti fino a qualche anno fa, è a dir poco azzeccata e perfetta in questa parte di tutto rispetto nei confronti della sua carriera. Non male la canzone finale di Bruce Springsteen, scritta appositamente per il film.
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frankieboy
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lunedì 11 febbraio 2013
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non vedo un perdente
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E chi non riesce a vedere che il film non è la storia di un perdente ma di un uomo che vince giorno dopo giorno,
restando, fino alla morte, integro e dalla parte di se stesso ? Tracciando giorno dopo giorno una sua linea, non
tra chi vince e chi perde, ma tra chi ha un cuore e chi non ha un cuore ? E chi non si accorge che questa linea non
è un ente geometrico ma una cicatrice che corre lungo la sua carne ? Sarà chi non può guardare alla propria morte
se non paragonandola a un tonfo sul ring, anzichè a un "volo d'angelo" sul ring ? Se dunque, durante le notti
d'inverno, un pezzo di carne maciullata può scongelarsi il sangue dentro un furgone non perchè sta bevendo una
birra, ma perchè lo ha tappezzato di foto che lo ritraggono in pose da combattimento, di cosa sarà mai fatto il suo
sangue ? E cosa risponderemo a chi parla di nostalgia del passato e dice : "occorre andare avanti" ? Ben poco
se poi quel qualcuno arriva al giorno del suo domani senza stupore, e anzi, ha la certezza di ritrovarsi dietro un
bancone,muovendosi non certo come un leone dentro una gabbia, ma come un Robin da etichetta che serve una
vecchietta.
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E chi non riesce a vedere che il film non è la storia di un perdente ma di un uomo che vince giorno dopo giorno,
restando, fino alla morte, integro e dalla parte di se stesso ? Tracciando giorno dopo giorno una sua linea, non
tra chi vince e chi perde, ma tra chi ha un cuore e chi non ha un cuore ? E chi non si accorge che questa linea non
è un ente geometrico ma una cicatrice che corre lungo la sua carne ? Sarà chi non può guardare alla propria morte
se non paragonandola a un tonfo sul ring, anzichè a un "volo d'angelo" sul ring ? Se dunque, durante le notti
d'inverno, un pezzo di carne maciullata può scongelarsi il sangue dentro un furgone non perchè sta bevendo una
birra, ma perchè lo ha tappezzato di foto che lo ritraggono in pose da combattimento, di cosa sarà mai fatto il suo
sangue ? E cosa risponderemo a chi parla di nostalgia del passato e dice : "occorre andare avanti" ? Ben poco
se poi quel qualcuno arriva al giorno del suo domani senza stupore, e anzi, ha la certezza di ritrovarsi dietro un
bancone,muovendosi non certo come un leone dentro una gabbia, ma come un Robin da etichetta che serve una
vecchietta..., una vecchietta che la tira lunga sul peso esatto della macedonia... Forse la verità è che nessun
intellettuale in grado di far battute sugli "uomini in calzamaglia" ha abbastanza amore da dare, e allora sì occorre
stare scrupolosamente attenti alle scatole di tonno e pomodoro da archiviare per non sentirsi vuoti , e non si deve
smettere di litigare con una partner lesbica per sentirsi vivi, e neanche smettere di strusciarsi attorno a una palo
(ma solo provvisoriamente) ricordando che si hanno grandi progetti in mente..., progetti che richiedono il calcolo
esatto della distanza a cui va tenuto l'amore.
Libertà è provarci e non riuscirci, avere nostalgia ma continuare a rincorrere l'amore fino a farsi male, fino a ritrovarlo
in quello che sei : Randy the Ram, "l'uomo in calzamaglia", l'uomo dai muscoli ipertrofici e con la chioma da Sansone.
Si badi, non una mistificazione, perchè non è aderendo nei fatti, ma nel cuore, che la forza dei simboli messi in gioco
assume valore. Solo gli intellettuali "non sanno" Randy the Ram non è un supereroe, i suoi fans sanno che cade
e continua a rialzarsi, che il suo cuore è spaccato in più parti, che era disposto a morire per credere in un sogno.
Vincenti o perdenti ? Spartizione sfigata. Cominciamo a porci la domanda : "Cosa, nella nostra vita, possiamo restituire
a Dio come sogno ?".
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