steffa
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venerdì 16 febbraio 2024
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sbilanciato
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uno dei film più belli mai realizzati di questo genere con uno dei finali più brutti in assoluto, un vero peccato, capolavoro sfumato
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fabio
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giovedì 21 febbraio 2019
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un grido di libertà
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Inspirato da 1984 Orwelliano il capolavoro del talento visionario di Gilliam rappresenta una satira potente contro lo stato assolutista e accentratore. La burocrazia ottusa e folle. Un mondo cupo e disumano. La scoperta dell'amore capace di trasformare il mite protagonista: da ingranaggio del sistema a combattente per la libertà.
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greatsteven
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lunedì 8 ottobre 2018
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rivisitazione dello strapotere orwelliano.
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BRAZIL (UK/USA, 1985) diretto da TERRY GILLIAM. Interpretato da JONATHAN PRYCE, ROBERT DE NIRO, KIM GREIST, IAN HOLM, BOB HOSKINS, MICHAEL PALIN, IAN RICHARDSON
Liberamente ispirato a 1984 di George Orwell e diretto da un membro dei Monty Python, il film che porta l’omonimo titolo della canzone degli anni 1940 assurta a simbolo di evasione, è una bislacca e straripante metafora contro i totalitarismi a favore di ogni forma di libertà. Sceglie come suo portavoce il burocrate sognatore Samuel Lowry, addetto dapprima ad un anonimo Archivio e poi promosso al Ministero del Recupero Informazioni grazie ad una raccomandazione della madre (indefessa amante della chirurgia plastica) in un paese geograficamente indefinibile e non collocabile in un determinato spazio temporale dominato dallo schiacciante potere della burocrazia, dove gruppi di terroristi seminano paura e distruzione innescando esplosioni per reagire all’oppressione.
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BRAZIL (UK/USA, 1985) diretto da TERRY GILLIAM. Interpretato da JONATHAN PRYCE, ROBERT DE NIRO, KIM GREIST, IAN HOLM, BOB HOSKINS, MICHAEL PALIN, IAN RICHARDSON
Liberamente ispirato a 1984 di George Orwell e diretto da un membro dei Monty Python, il film che porta l’omonimo titolo della canzone degli anni 1940 assurta a simbolo di evasione, è una bislacca e straripante metafora contro i totalitarismi a favore di ogni forma di libertà. Sceglie come suo portavoce il burocrate sognatore Samuel Lowry, addetto dapprima ad un anonimo Archivio e poi promosso al Ministero del Recupero Informazioni grazie ad una raccomandazione della madre (indefessa amante della chirurgia plastica) in un paese geograficamente indefinibile e non collocabile in un determinato spazio temporale dominato dallo schiacciante potere della burocrazia, dove gruppi di terroristi seminano paura e distruzione innescando esplosioni per reagire all’oppressione. In seguito ad imprevisti e bizzarri incontri (un curioso idraulico che si dichiara contrario al sistema riparando in modo abusivo le condutture delle case, Harry Tuttle), Samuel si scopre vocazioni di oppositore e un desiderio irrefrenabile di cambiare la propria condizione di umile e inconsapevole ingranaggio sottomesso, ma, nonostante venga reso innocuo nella realtà dei fatti, quantomeno nelle sue meravigliose visioni oniriche riuscirà a salvarsi. All’origine c’è lo scarafaggio che, passando sul computer di un ufficio, fa sbagliare la lettera iniziale di un cognome e dunque scatena tutta la sequela di guai che vedono protagonista involuto il povero e stralunato funzionario summenzionato. Col contributo di Tom Stoppard, Gilliam, malgrado il rischio non scongiurato dell’accumulo di effetti speciali debordanti e l’azione non sempre congegnata secondo le esigenze della materia narrativa, ha imbastito un capolavoro con questa farsa assordante dalle cadenze di incessante black comedy che, oltre ad Orwell, mescola pure Walter Mitty e Franz Kafka con rimandi cinematografici a Potëmkin, Blade Runner, Casablanca e Stranamore. La ricchezza di invenzioni divertenti, il fantasioso lusso scenografico e gli spunti parodistici e satirici sulle storture burocratiche sono al servizio dei personaggi, disegnati a tutto tondo da un cast di attori in magnifica forma, fra cui un Pryce che se la squaglia di corridoio in corridoio a perdifiato ogniqualvolta si presenta un inevitabile pericolo, un De Niro che compare solo in tre scene ma dà del suo meglio interpretando il riparatore che si aggancia ai fili tra un tetto e l’altro, un Hoskins tecnico della Central Service che tenta con costanza di mettere i bastoni fra le ruote al protagonista col suo collega balbuziente e pappa-e-ciccia, un Holm pacato e maestoso e una Griest che veste i panni della ribelle Jill Layton con un fervore recitativo tale da far supporre un impegno di preparazione considerevole. L’opera consiste nell’essenziale in una visualizzazione da incubo surrealista di un futuro solo in superficie perfetto in cui la tecnologia spadroneggia incontrastata, e chiunque è sorvegliato giorno e notte da un’agenzia segreta del Governo che impedisce all’amore di interferire con l’efficienza. Il senso di squallore psicologico che pervade gli animi di questi agghiaccianti manipolatori che si auto-asserviscono a una lista implicita di comandamenti inviolabili va a braccetto col pessimismo cosmico che permea un finto viaggio d’iniziazione che comincia sotto le sembianze di un rito enigmatico e termina in una sala di tortura immischiando nella rete anche l’amo ingannevole del tradimento. L’unica consolazione è osservare gli splendidi voli onirici del carattere principale che salva la sua amata (che poi scopre esistere dal vero come fascinosa donna del mistero impiegata in un cantiere edile) da improbabili mostri pietrosi e mefistofeliche megere dalla pelle decadente e tifare insieme a lui (e per lui) per l’uomo baffuto (De Niro in un ruolo del tutto insolito per le sue corde abituali) in tuta blu in continuo movimento sotterraneo, salvo poi rimanere vittimizzato dalle sue medesime tragiche illusioni romantiche. Questa inconsueta storia energizzante combina umorismo mordace e cronaca pungente in un memorabile sguardo ad un domani la cui ignobiltà è al tempo stesso squisita e destabilizzante. Inciampa in altri due difetti quando prevede una durata che eccede troppo i tempi di un film-commedia fantascientifico canonico (pur non essendolo, o meglio, assumendosene addosso la responsabilità di rivoluzionare il genere) e nel mettere troppa carne al fuoco col pericolo per lo spettatore di non comprendere nulla se non segue, scena dopo scena, l’evoluzione di una vicenda che mette il turbo già a partire dal quinto o sesto minuto di proiezione. Va comunque ampiamente valorizzato come mezzo di propaganda anti-politica a dispetto delle istituzioni dittatoriali, della tecnocrazia imperante, di una classe dirigente che pretende di avere dappertutto le mani in pasta e di una magistratura tecnicamente inesistente che punisce falsi colpevoli condannandoli a pene terrificanti per sommosse che mirino – sempre nell’ottica paranoica di chi governa – a sovvertire le sovrastrutture su cui si basa l’intero funzionamento. Non si autocompiace mai di sé, pur azzardando un gran tono di autoironia. Critiche anche sul versante contemporaneo (i negozi di moda, i ringiovanimenti in sala chirurgica, i funerali che assomigliano più a cerimonie fastose, le invadenze dei servizi di aggiustamento), giammai magniloquenti, anzi, eccellenti perché vanno ad integrare quelle indirizzate alla futuribile epoca distopica.
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tonino1961
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domenica 15 novembre 2015
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didattico
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meraviglioso nel 1986 , ora da far vedere alle scuole superiori
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flatout
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mercoledì 21 ottobre 2015
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da qualche parte nel 20° secolo
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Liberamente tratto dal romanzo di Orwell '1984' il film è una caricatura di un mondo 'perfetto' in cui l'essere umano punta ad una perfezione sia fisica che lavorativa e strutturale attraverso un sistema solo all'apparenza funzionale. Come si vede ad inizio film vediamo che questa politica di controllo e bidimensionalizzazione dell'essere umano è in realtà molto flebile: basta uno scarafaggio per far saltare tutta la logica perfezionista. Una perfezione che non permette sbagli. L'uomo di 'Brazil' viene satirizzato come 'stupido' (i due addetti ai tubi del gas) e cattivo, senza un sostanziale animo (l'amico torturatore del protagonista). Si scoprirà invece che questa società è corruttibilissima non solo dal lato formale ma anche dal lato morale: la fantasia umana e i loro sentimenti non si possono manipolare a proprio piacimento, come si noterà dagli attacchi terroristici, molta gente si ribellerà al sistema, in un modo o nell'altro (vedi anche il personaggio di DeNiro, spirito libero, incorruttibile dalle leggi del partito, e che, non a caso 'riempirà di merda il partito per sberleffo), cosa che a Sam non sfuggirà e che aiuta a scoprire un lato di se sconosciuto, un potere da ribelle e, soprattutto, un corpo materiale, a differenza della madre, o, più in particolare dell'amica che si disfa e si distrugge per l'eccessiva chirurgia plastica, come l'autodistruzione a cui va incontro l'umanità.
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Liberamente tratto dal romanzo di Orwell '1984' il film è una caricatura di un mondo 'perfetto' in cui l'essere umano punta ad una perfezione sia fisica che lavorativa e strutturale attraverso un sistema solo all'apparenza funzionale. Come si vede ad inizio film vediamo che questa politica di controllo e bidimensionalizzazione dell'essere umano è in realtà molto flebile: basta uno scarafaggio per far saltare tutta la logica perfezionista. Una perfezione che non permette sbagli. L'uomo di 'Brazil' viene satirizzato come 'stupido' (i due addetti ai tubi del gas) e cattivo, senza un sostanziale animo (l'amico torturatore del protagonista). Si scoprirà invece che questa società è corruttibilissima non solo dal lato formale ma anche dal lato morale: la fantasia umana e i loro sentimenti non si possono manipolare a proprio piacimento, come si noterà dagli attacchi terroristici, molta gente si ribellerà al sistema, in un modo o nell'altro (vedi anche il personaggio di DeNiro, spirito libero, incorruttibile dalle leggi del partito, e che, non a caso 'riempirà di merda il partito per sberleffo), cosa che a Sam non sfuggirà e che aiuta a scoprire un lato di se sconosciuto, un potere da ribelle e, soprattutto, un corpo materiale, a differenza della madre, o, più in particolare dell'amica che si disfa e si distrugge per l'eccessiva chirurgia plastica, come l'autodistruzione a cui va incontro l'umanità. Sam è in continuo contrasto con la politica, ma, come la sua fidanzata, non riesce mai a ribellarsi davvero, ma si nota il particolare sogno di libertà che è fondamentale per vivere (cosa che tra l'altro si denota in ogni singolo individuo, con la visione del film senza capo a controllare, un capo sempre dedito al lavoro ma incapace. Anche la natura è una finzione: una strada tra pannelli che ne creano una riproduzione, cosa quanto mai vera.
Ce ne sarebbero ancora di cose da dire, ma al momento mi fermo qui, svisceratelo ancora un pò voi.
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davidino.k.b.
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lunedì 22 giugno 2015
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burocrazia e dittatura
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film grandissimo, cult fantapolitico
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howlingfantod
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sabato 6 giugno 2015
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da orwell un pre-matrix
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Titolo del tutto controcorrente e spiazzante rispetto al contenuto del film, l’unica sua tracciabilità sta nel famoso motivetto classico che accompagna il film in alcune fasi e anche sui titoli di coda. Spiazzante perché al suo gioioso ritmo si dipana nell’opera del genio visionario Gilliam, uno scenario futuristico (e/o futuribile?) pieno di concessioni al surreale, allo splatter anche in alcune scene e che si interseca in una complessa trama di un eroe, in lotta contro un sistema dal suo interno, una specie di Matrix ante-litteram. Il sistema è quello di una tirannica organizzazione burocratica, tipicamente statuale ed in particolare un suo dipartimento”il recupero delle informazioni” altrettanto tipica la sua denominazione, come i backup dei computer, già allora evidenziati come i deus ex machina del nostro universo.
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Titolo del tutto controcorrente e spiazzante rispetto al contenuto del film, l’unica sua tracciabilità sta nel famoso motivetto classico che accompagna il film in alcune fasi e anche sui titoli di coda. Spiazzante perché al suo gioioso ritmo si dipana nell’opera del genio visionario Gilliam, uno scenario futuristico (e/o futuribile?) pieno di concessioni al surreale, allo splatter anche in alcune scene e che si interseca in una complessa trama di un eroe, in lotta contro un sistema dal suo interno, una specie di Matrix ante-litteram. Il sistema è quello di una tirannica organizzazione burocratica, tipicamente statuale ed in particolare un suo dipartimento”il recupero delle informazioni” altrettanto tipica la sua denominazione, come i backup dei computer, già allora evidenziati come i deus ex machina del nostro universo. Una bella distopia, anche reale, troppo reale, in fondo si narra una storia ed il cinema come qualsiasi forma di narrazione ruota sempre intorno a delle storie che poi sono sempre le stesse, la differenza la fa il modo nuovo di narrarle, anche qui c’è l’eroe, i l protagonista , c’è l’antagonista, c’è l’esposizione, gli snodi e la risoluzione come in ogni narrazione secondo il canone Proppiano. C’è di nuovo ed interessante la commistione di generi, lo spazio scenico, e le trovate scenografiche seppur in alcuni casi artificiose e ridondanti, certamente ricche e significative, su tutte la scena finale del cono rovesciato con la luce flebile che filtra dall’alto e che evoca il mito della caverna Platonico. Sì, un po’ un pre-Matrix seppure un po’ diverso, con minore epicità e drammatizzazione e con più sarcasmo e surreale come è giusto aspettarsi da un ex Monty Python. E’ il primo Gilliam che vedo, mi convince quasi del tutto, indagherò meglio su altri suoi e vi farò sapere se secondo me merita un pallino in più.
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jacopo b98
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martedì 21 aprile 2015
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una satira di grande po
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Nel ventesimo secolo, in un futuro distopico, Sam Lowry (Price) è un mediocre impiegato del Ministero dell’Informazione. Un piccolo errore burocratico come la battitura a macchina di un cognome invece di un altro sconvolge l’intero sistema. Toccherà a Lowry, idolo del suo mediocre superiore (Holm), rimettere tutto a posto, ma durante le operazioni devolute a correggere l’errore incontrerà la donna (Greist) che popola i propri visionari sogni e rimarrà l’unico a poter sognare in un mondo folle ed assurdo, che ha ormai perso ogni sua innocenza. Sottoposto a un trattamento di plagio psicologico, sarà comunque ancora in grado di un ultimo folle salto verso l’agognata libertà.
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Nel ventesimo secolo, in un futuro distopico, Sam Lowry (Price) è un mediocre impiegato del Ministero dell’Informazione. Un piccolo errore burocratico come la battitura a macchina di un cognome invece di un altro sconvolge l’intero sistema. Toccherà a Lowry, idolo del suo mediocre superiore (Holm), rimettere tutto a posto, ma durante le operazioni devolute a correggere l’errore incontrerà la donna (Greist) che popola i propri visionari sogni e rimarrà l’unico a poter sognare in un mondo folle ed assurdo, che ha ormai perso ogni sua innocenza. Sottoposto a un trattamento di plagio psicologico, sarà comunque ancora in grado di un ultimo folle salto verso l’agognata libertà. Sceneggiato dal regista con Tom Stoppard e Charles McKeown, è una spuria e visionaria rilettura di 1984 di George Orwell, di cui riprende la struttura e alcune notevoli idee, che qui sono però ingigantite dal trionfale talento visivo e immaginifico di Gilliam (uno dei Monty Pithon), che dà sfoggio di tutto il suo colto, raffinato e allo stesso tempo irriverente umorismo british. E se il film inizia lineare, tende a sprofondare volontariamente in un mostruoso nonsense, atto a rappresentare l’irrappresentabile: una società folle, malata e ormai totalmente controllata attraverso una burocrazia folle e assurda. Un film ghignante, talvolta cattivello, ma di indubbio valore critico e morale. Oltre che cinematografico: il film è un vero monumento visivo, grazie alle colossali scenografie di Norman Garwood, la fotografia di Roger Pratt, e alle indimenticabili musiche di Michael Kamen. Indimenticabili le magnifiche trasformazioni, dovute a interventi estetici, della madre (Helmond) di Sam, che da vecchia deforme ringiovanisce sempre di più. Price nella parte di Sam ci lascia l’interpretazione di una carriera, ma il cast di contorno, a partire da un grande Ian Holm, non è da meno! Prodotto dalla Regency di Arnon Milchan.
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