filippo catani
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venerdì 6 giugno 2014
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bologna 1976
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Bologna 1976. Mentre Radio Alice diffonde le voci della protesta dei giovani bolognesi, due ragazzi vivono di espedienti in un quartiere difficile. Un ricettatore gli offre allora la possibilità di fare un po' di soldi scavando un tunnel sotterraneo che porti alla Cassa di Risparmio.
La pellicola si gioca su più registri linguistici e fotografici proprio per sottolineare la piena espressione delle idee portata da Radio Alice. L'altra faccia della medaglia è rappresentata dalle storie del quartiere difficile in cui vivono i due ragazzi protagonisti della vicenda in cerca di riscatto sociale per non fare la fine dei loro padri come sottolineano in più occasioni.
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Bologna 1976. Mentre Radio Alice diffonde le voci della protesta dei giovani bolognesi, due ragazzi vivono di espedienti in un quartiere difficile. Un ricettatore gli offre allora la possibilità di fare un po' di soldi scavando un tunnel sotterraneo che porti alla Cassa di Risparmio.
La pellicola si gioca su più registri linguistici e fotografici proprio per sottolineare la piena espressione delle idee portata da Radio Alice. L'altra faccia della medaglia è rappresentata dalle storie del quartiere difficile in cui vivono i due ragazzi protagonisti della vicenda in cerca di riscatto sociale per non fare la fine dei loro padri come sottolineano in più occasioni. Il regista getta poi uno sguardo anche alle forze dell'ordine creando un personaggio tragicomino nel militare di leva costretto a sentire quotidianamente le produzioni di Radio Alice in cerca di qualcosa di sovversivo. Naturalmente non manca una panoramica sui violenti scontri di piazza che caratterizzarono quella stagione. Detto tutto questo arriviamo a quello che è un po' il problema del film e cioè il mettere troppa carne al fuoco il che lascia un po' il film in balia di se stesso quasi senza una direzione precisa. Bella la colonna sonora e molto intense le interpretazioni di Ramenghi e Luisi giustamente premiati a Venezia con il premio Mastroianni.
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baldodelia
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martedì 6 agosto 2013
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italia oggi
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Sconsigliato a tutti quelli quelli che non vogliono capire perchè l'Italia oggi è così.
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paride86
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venerdì 15 ottobre 2010
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niente di che
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Film su un periodo difficile e sulle grandi utopie, risoltesi in ben pochi fatti, degli anni '70.
A parte il versante illustrativo, credo che il film sia piuttosto debole sia per la trama che per gli attori.
Senza infamia e senza lode.
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ultimoboyscout
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lunedì 24 maggio 2010
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la banda del buco.
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Una maniera dozzinale e semplicistica di vedere anni durissimi della nostra storia. La solita pessima Pandolfi, tante banalità e luoghi comuni, per un film davvero inguardabile, che trascina nella fogna pure il buon Mastandrea. Poi fare violenza per restare vivi, come recita uno dei personaggi, beh detto tra noi, lascia il tempo che trova.
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adriano
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venerdì 27 giugno 2008
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noia noia
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FILM ASSENTE IN TUTTI I SENSI,INCONSISTENTE E NOISO ALL'ENNESIMA POTENZA.PER CONCILIARE IL SONNO PERFETTO
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danae
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martedì 8 aprile 2008
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bello!
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un gran bel film...piacevole la sorpresa del cammeo degli afterhours
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faber
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sabato 1 marzo 2008
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interpretare con sveltezza
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Se fosse statato un film sul sessantotto o i soliti anni settanta, non mi sarebbe piaciuto. Perchè solitamente questi film hanno come obiettivo principale quello della mera contemplazione e del mero encomio. Si gioca, tra la sinistra giovanile, a fare tanto gli anti - tradizionalisti e tanto gli anti - dottrine e accettazione di realtà preconfezionate, poerchè sono retaggi di un epoca trascorsa e ingiusta nella disposizione delle carte, e poi si soffre dei medesimi mlai di cui soffre la religione, quella bigotta ed iperoscurantista, o quella ortodossa, che si pasce su vecchie tradizioni interpretative, ritenendole giuste solo perchè hanno con sè la "potenza" e l'odor di santità del vecchio. Senza capire che ogni cosa va raffrontata al tempo presente ed interpretaata attraverso le conquiste, a maggior ragione se positive, dell'epoca attuale.
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Se fosse statato un film sul sessantotto o i soliti anni settanta, non mi sarebbe piaciuto. Perchè solitamente questi film hanno come obiettivo principale quello della mera contemplazione e del mero encomio. Si gioca, tra la sinistra giovanile, a fare tanto gli anti - tradizionalisti e tanto gli anti - dottrine e accettazione di realtà preconfezionate, poerchè sono retaggi di un epoca trascorsa e ingiusta nella disposizione delle carte, e poi si soffre dei medesimi mlai di cui soffre la religione, quella bigotta ed iperoscurantista, o quella ortodossa, che si pasce su vecchie tradizioni interpretative, ritenendole giuste solo perchè hanno con sè la "potenza" e l'odor di santità del vecchio. Senza capire che ogni cosa va raffrontata al tempo presente ed interpretaata attraverso le conquiste, a maggior ragione se positive, dell'epoca attuale. Se si guarda oggi fra il mondo giovanile (e lo saprò bene io che sono in pieno delladolescenza) davvero ci si accorge che il sessantotto forse ha fatto più danno, che altro. Pertanto, volenti o nolenti ci si può ritrovare in procinto di dare a malincuore ragione a Pasolini. Ma proprio perchè sarebbe troppo scontato vedere questo film attraverso questa lente, dovremmo spingerci oltre. Ha innanzitutto delle reminiscenze culturali strepitose (la canzone da cui il film trae il titolo, di Enzo Del Re, i continui rimandi ai fumetti d'annata, come Alan Ford, ecc.) ha un impoalcatura molto fumettistica, che è forse ciò che fa apparire i personaggi come non psicologicamente approfonditi o rappresentati, e il resto del film banale, se non addirittura finto. Si notino le inquadrature, i costumi, le facce, lo stesso montgio: è il progetto mancato di Andrea Pazienza, altro che Paz! E, per contro, affronte tematiche la cui serietà sembra contrapporsi con la tecnica narrativa del fumetto, ad esempio la lotta di classe, le numerosa contestazioni in cui la gente muore, la fame, un futuro semnza prospettiva, i pestaggi, il proletariarto, ecc. proprio come molti studentellini d'allora prendevano la lotta politica solo come un gioco, un passatempo, una moda, un fumetto questo fa del film qualcosa di, se non nei risultati ma certamente nelle intenzioni, espressamente artistico. Un proposito che, per quanto mi riguarda poteva essere raggiunto meglio, ma che non ha niente da rimproverarasi tanto. In conclusione, il film si scaglia palesemnte contro i sessantottini, senza cercare di giustificarli, come ha fatto Bertolucci in The Dreamers o Paolo Pietrangeli in porci con le ali, e prende le difese, esplicite nell'ultima, spiazzante e catarchica scena. L'unico personaggio positivo è il tizio coi baffetti, anche lui molto fumettistico e il ladro, tutto il resto del film sta dalla parte della polizia, in confronto ai sabba intellettuali dei sassantottini, un vero centro del proletariato.
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(di baldodelia)
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moira
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domenica 20 gennaio 2008
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trash all`italiana
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Il film non e` altro che un filologico ricalco del visto e stra-rivisto nel campo cinematografico, ]inutile il tentativo del regista di salvarsi attraverso omaggi cinematografici( ma non si vergogna?),
i personaggi sono solo stereotipi senza spessore alcuno
Ma chi voleva prendere in giro l`autore?
qualche ragazzetto di 14 o 15 anni si fara` scappare un "figo", e` gia` scritto nella stessa sceneggiatura dato che sembra quello il target a cui si punta.
Chi ha lo sguardo affinato dal senso estetico
trovera` questo film assolutamente pornografico
Meglio "jolly blu" e "troppo belli" nella categoria a cui il film appartiene...forse anche piu` brutto di "radio freccia"... aiuto!!!
E gli diamo pure i premi!!!
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kate
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mercoledì 10 ottobre 2007
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bonissimo!!!!!!!!
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tommy ramenghi veramente bravo e bono bono bono!!!veramente da guardare con lentezza!
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ornella castiglione
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mercoledì 19 settembre 2007
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gioia e rabbia a bologna sud
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Guido Chiesa firma questa pellicola dopo aver raggiunto il successo nel 2000 con Il partigiano Johnny, già opera letteraria, tornando all’ideologia ed al mondo popolare.
La storia di Lavorare con lentezza è in parte vera, Radio Alice nasce a Bologna negli anni Settanta, tra le prime radio private italiane, con il proposito nobile di “dare voce a chi non ha voce” ma come tutte le esperienze libere e felici viene soffocata. Il pretesto tanto, da una parte o dall’altra si trova. Alle pagine della storia che parlano della repressione della voce di Radio Alice e delle contestazioni studentesche all’Università di Bologna si intersecano, nella finzione cinematografica, le vicende di due amici alla ricerca del proprio presente, fatto di soldi guadagnati giorno per giorno, di fuga dalle proprie famiglie di origine nel sogno di una vita con una famiglia di amici e di ideali.
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Guido Chiesa firma questa pellicola dopo aver raggiunto il successo nel 2000 con Il partigiano Johnny, già opera letteraria, tornando all’ideologia ed al mondo popolare.
La storia di Lavorare con lentezza è in parte vera, Radio Alice nasce a Bologna negli anni Settanta, tra le prime radio private italiane, con il proposito nobile di “dare voce a chi non ha voce” ma come tutte le esperienze libere e felici viene soffocata. Il pretesto tanto, da una parte o dall’altra si trova. Alle pagine della storia che parlano della repressione della voce di Radio Alice e delle contestazioni studentesche all’Università di Bologna si intersecano, nella finzione cinematografica, le vicende di due amici alla ricerca del proprio presente, fatto di soldi guadagnati giorno per giorno, di fuga dalle proprie famiglie di origine nel sogno di una vita con una famiglia di amici e di ideali.
Ma negli anni Settanta a Safagna, periferia sud di Bologna, bisogna fare il conto con la sfortuna. Come capita ad un loro coetaneo che per sfuggire alla noia di pomeriggi tutti uguali picchia un vecchio (colpevole a sua volta di estorcere denaro) assieme al suo gruppo e finisce sotto processo, a Squalo e Pelo tocca di essere reclutati nel bar del quartiere da un piccolo trafficante senza scrupoli per scavare un tunnel fino alla Cassa di Risparmio, così da poterla rapinare.
Squalo e Pelo non hanno mai guadagnato tanto, così accettano l’incarico anche se con molti dubbi; il lavoro di scavare è duro e per alleviarlo si sintonizzano casualmente sulle frequenze di Radio Alice, che manda il ritornello della canzone Lavorare con lentezza come slogan di una trasmissione. I due rimangano attratti dalle parole che sentono per la prima volta, poiché provengono da un ambiente operaio fatto di abitudine alla fatica, e dal mondo che lo speaker evoca. Incuriositi raggiungono la sede della radio ed incontrano altri giovani che, al contrario di loro, hanno avuto la possibilità di scegliere come vivere e soprattutto se sfuggire ad un destino di microcriminalità e continuare a studiare. Con i ragazzi che ruotano attorno all’esperienza di Radio Alice conoscono “…l’amore, le prime canne, i concerti nei parchi…” ma soprattutto un modo di stare insieme coinvolgente, sebbene per Squalo e Pelo sia difficile inserirsi anche in questo contesto, in fondo diverso socialmente e culturalmente dal loro. Ad accomunare tutti è la dura repressione che subiscono da parte dello stato, in un periodo, come tanti, di caccia alle streghe.
Lavorare con lentezza non è tanto la fotografia di una generazione ma di una società in un dato momento storico nel suo insieme. Pertanto Chiesa, con la collaborazione del collettivo bolognese Wu Ming, scrive una sceneggiatura che opera un taglio orizzontale, focalizzando la sua attenzione sull’intrecciarsi di diverse soggettività, che possono sembrare marginali perché condividono l’assenza di prospettive future, ma che negli attimi del loro agire sono partecipi di quel momento storico.
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