molinari marco
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martedì 26 luglio 2011
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la pandemonica vita
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Un film, tratto da una pièce teatrale, dominato completamente dal nichilismo. E quale ambientazione, oggigiorno, può fornire lo scenario migliore per una operazione del genere se non Los Angeles, vale a dire la Nuova Babilonia che teme ogni giorno l’arrivo di un grande terremoto che la rasi al suolo come punizione per tutti i suoi peccati. La storia si basa esclusivamente su pochi, ma essenziali, personaggi che cercano di convivere insieme in un mondo dove pare non vi sia più spazio per i sentimenti. Un mondo in cui ancor prima di intraprendere una relazione, un uomo e una donna sono costretti a redigere una sorta di contratto verbale nel quale vengono elencate tutte le clausole necessarie per non interferire eccessivamente nella vita dell’altro, al fine di salvaguardare la propria indipendenza.
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Un film, tratto da una pièce teatrale, dominato completamente dal nichilismo. E quale ambientazione, oggigiorno, può fornire lo scenario migliore per una operazione del genere se non Los Angeles, vale a dire la Nuova Babilonia che teme ogni giorno l’arrivo di un grande terremoto che la rasi al suolo come punizione per tutti i suoi peccati. La storia si basa esclusivamente su pochi, ma essenziali, personaggi che cercano di convivere insieme in un mondo dove pare non vi sia più spazio per i sentimenti. Un mondo in cui ancor prima di intraprendere una relazione, un uomo e una donna sono costretti a redigere una sorta di contratto verbale nel quale vengono elencate tutte le clausole necessarie per non interferire eccessivamente nella vita dell’altro, al fine di salvaguardare la propria indipendenza. Anche se sarebbe più giusto dire per coprirsi le spalle dai danni di una eventuale ennesima fregatura. Non c’è nulla che pari andare per il verso giusto nella vita dei due personaggi principali (quelli di Sean Penn e di Chazz Palminteri), costretti come sono a fare colazione con cocaina e marijuana, e indissolubilmente legati l’un l’altro. Ma se quando sono all’interno delle mura domestiche essi tentano, per lo meno, di razionalizzare il caos che li circonda al fine di non sprofondare nel delirio più assoluto, basta che si ritrovino chiusi tra i quattro sportelli di un’automobile per far sì che il demone della paranoia abbia la meglio su di loro, vedendo in coloro che gli sono accanto dei potenziali nemici che stanno tramando chissà quale complotto. Non è forse un caso se il personaggio di Palminteri morirà proprio all’interno di un automobile dove, come spiega quello di Kevin Spacey (il più razionale di tutti), basta la rotazione del volante di qualche misero centimetro e sei costretto a cedere il controllo alle leggi della fisica. Come a dire, ti è stata data un’opportunità per mantenere il controllo, ti sei distratto, hai commesso un piccolo errore, ed adesso la responsabilità non è più tua, ma tocca alle leggi che governano il mondo fare tutto il resto. Il maggior pregio di quest’opera risiede, in effetti, tutto negli avvincenti dialoghi che stimolano il pensiero dello spettatore. Come lo splendido monologo di Sean Penn, nel quale viene denunciata la maledizione più grande che il nichilismo ha scaraventato sull’uomo, ovvero la constatazione che non ormai non vi è più nessun Dio a dominare le nostre esistenze. Adesso bisogna accontentarsi di politicanti che prendono decisioni su questioni di vita e di morte grazie ai sondaggi che gli forniscono i media a loro servizio. Significativamente, Penn terminerà questa sua angosciante tirata vomitando il vuoto che ha dentro di sè e che sta cercando in tutti i modi di colmare con qualsiasi sostanza a sua disposizione (alcool, Valium, cocaina, erba e anche sesso). Insomma, cinematograficamente parlando quest’opera non è nulla di particolare, ma narrativamente possiede un discreto fascino. È come se si assistesse ad una seduta di psicoanalisi, senza che l’analista/regista dica una sola parola per porre fine all’isteria dei suoi pazienti. Non c’è da meravigliarsi dunque se, per rivestire i panni dei pazienti, siano stati convocati degli interpreti eccezionali. Un film che merita di essere visto una seconda volta per poter cogliere meglio ciò che i personaggi stanno cercando disperatamente, e confusamente, di comunicarci. Con un finale che sembra la caricatura grottesca di La dolce vita di Fellini.
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beavis
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giovedì 29 gennaio 2009
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pessimo titolo italiano
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Per individui che riescono a concentrarsi bene bene. Se si perde anche solo una frase,in questo film,si è fregati.
Troppo filosoficamente inconcludente,ma almeno le frasi sono dette da attori che sanno dirle!
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benedetta
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mercoledì 22 ottobre 2008
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cosa può accadere dal palco allo schermo?
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Vedendo questo film si assiste ad un sovra dosaggio di parole. Dialoghi che in realtà sono monologhi, l'incomunicabilità dei personaggi è evidente, ognuno perso dentro ai suoi cavilli mentali e ai suoi problemi reali o fittizi. Incomunicabilità dovuta alla difficoltà di capire l'altro e di capirsi. Irrequietudine e bizzarria pervadono tutto il film.
I personaggi sono ben scandagliati se teniamo conto della marea di parole che vomitano, ma non sarà solo questo?
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henz89
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sabato 14 aprile 2007
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uno sean penn spettacolare
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un film straordinario sulla vita di un gruppo di amici con tanto di vicende semntimentali correlate e crisi esistenzali
Sean Penn in grande forma con Kevin Spacey e Chazz Palminteri in supporto, oltre a una grande Robin Wright Penn (moglie di Sean) e a una Meg Ryan inedita in un ruolo difficile.
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patz
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mercoledì 31 gennaio 2007
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pandemonio
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film nevrotico che cerca di dare voce (ancora un tentativo) alla vita cattiva in hollywood, quasi uno sfogo ... non solo questo però ... cerca un'uscita nel labirinto, andando spesso a sbattere: inevitabile ...
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