parsifal
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mercoledì 2 maggio 2018
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lucullo, eros et thanathos
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LA GRANDE ABBUFFATA
IL genio visionario di Marco Ferreri , coadiuvato da Azcona E F. Blanche, diede vita un’opera unica e molto originale, che alla sua uscita, nel 1973, creò un enorme scalpore e fu fonte di analisi ,censura e lodi sperticate da parte dei più spregiudicati, come ad esempio P. P .Pasolini che schierò nettamente a favore di Ferreri, decantando le lodi del suo film. Nel quartiere Auteil di Parigi, all’interno della magione che fu dello scrittore Boileau, quattro distinti signori , esponenti della Borghesia francese, amici da sempre, si riuniscono con in mente un insano scopo; raggiungere la Morte tramite il cibo, dando vita a banchetti luculliani, inframezzati da lunghe digressioni filosofiche, boutade di vario genere ed altre amenità.
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LA GRANDE ABBUFFATA
IL genio visionario di Marco Ferreri , coadiuvato da Azcona E F. Blanche, diede vita un’opera unica e molto originale, che alla sua uscita, nel 1973, creò un enorme scalpore e fu fonte di analisi ,censura e lodi sperticate da parte dei più spregiudicati, come ad esempio P. P .Pasolini che schierò nettamente a favore di Ferreri, decantando le lodi del suo film. Nel quartiere Auteil di Parigi, all’interno della magione che fu dello scrittore Boileau, quattro distinti signori , esponenti della Borghesia francese, amici da sempre, si riuniscono con in mente un insano scopo; raggiungere la Morte tramite il cibo, dando vita a banchetti luculliani, inframezzati da lunghe digressioni filosofiche, boutade di vario genere ed altre amenità. I gentiluomini che partecipano al convivio sono stanchi di vivere ed intendono uscire di scena non con mestizia, ma celebrando ogni lato piacevole dell’esistenza, da bravi epicurei quali sono. Vogliono Concedersi ogni sorta di strappo ad ogni regola esistente, riempiendo quel vuoto esistenziale che portano con loro di cibo ed edonismo, sino a morirne. Non sarà l’unica trasgressione che si concederanno; il loro cammino verso l’autodistruzione sarà costellato da gesti eclatanti e grotteschi, cadendo in qualche caso nella più pura escatologia, fine a sé stessa , suffragata dal vuoto che incombe sulle loro anime. I quattro gentiluomini sono nell’ordine; Marcello ( Mastroianni) affascinate viveur e tombeur de femmes, Michel ( Piccoli), raffìnato elegante e malinconico, Philippe ( Noiret) austero magistrato soggiogato dalla propria governante che fu sua balia e Ugo ( Tognazzi), pirotecnico chef dalle mille risorse. In ogni personaggio, vi sono delle caratteristiche che riconducono, non troppo velatamente, alle reali connotazioni psicologiche degli attori. Entrerà , con delicatezza e tatto, nelle loro vite Andrea ( Ferreol) bella, solare ed altrettanto misteriosa quanto solidale e pietosa. Eros e Thanatos si rincorrono senza sosta in questa corsa metafisica, in questo affresco allegorico raffigurante la crisi dei valori borghesi ed il loro conseguente crollo inglorioso. I protagonisti raggiungeranno il loro obiettivo, accompagnati da Andrea , il loro pietoso angelo della Morte, che li riempirà di gesti dolci ed affettuosi, rendendo il loro trapasso un giusto equilibrio tra Amore e Morte. Amato ed odiato , non può essere ignorato
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fabio57
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lunedì 8 febbraio 2016
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autodistruttivo
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Non amo il cinema di Ferreri,autore a mio modesto parere sopravvalutato.Questo film grottesco e col gusto dell'orrido è perfettamente in sintonia con il taglio del regista,Assolutamente paradossale e necrofilo,spinge il pedale sull'introspezione psicologica,in chiave farsesca.Andrea Ferreol come musa dell'erotismo culinario è perfetta per le sue morbide forme e la sua conturbante sensualità.
Gli altri attori sono bravissimi e danno il valore aggiunto al film
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luca scial�
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domenica 3 gennaio 2016
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morire tra cibo e sesso
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Marco Ferreri rappresenta una pagina particolare di quel grande libro che è il Cinema italiano. Una pagina che si distingue per pellicole mai banali, anticonvenzionali, anticonformiste. Una filmografia che difficilmente può essere collocata in un genere. Quale genere prevale? Drammatico? Fantascientifico? Commedia?
La presente pellicola rappresenta la sua più rappresentativa. Forse non perchè sia la sua più riuscita, ma soprattutto per la squadra di attori di rilievo che mette in scena. I quali raffigurano quattro amici annoiati dalla vita, che decidono di farla finita concedendosi fino all'estremo ai piaceri della carne: il cibo e il sesso.
Un modo brunelliano di punire la borghesia? Un tentativo di estremizzare il cinema di Antonioni? Un omaggio al cinema di Pasolini? O un semplice sp
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Marco Ferreri rappresenta una pagina particolare di quel grande libro che è il Cinema italiano. Una pagina che si distingue per pellicole mai banali, anticonvenzionali, anticonformiste. Una filmografia che difficilmente può essere collocata in un genere. Quale genere prevale? Drammatico? Fantascientifico? Commedia?
La presente pellicola rappresenta la sua più rappresentativa. Forse non perchè sia la sua più riuscita, ma soprattutto per la squadra di attori di rilievo che mette in scena. I quali raffigurano quattro amici annoiati dalla vita, che decidono di farla finita concedendosi fino all'estremo ai piaceri della carne: il cibo e il sesso.
Un modo brunelliano di punire la borghesia? Un tentativo di estremizzare il cinema di Antonioni? Un omaggio al cinema di Pasolini? O un semplice spunto da esso?
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jacopo b98
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venerdì 26 luglio 2013
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capolavoro assoluto del cinema mondiale!
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Quattro amici dell’alta borghesia, un pilota d’aerei (Mastrianni), un regista televisivo (Piccoli), un cuoco (Tognazzi) e un giudice (Noiret) si rinchiudono in una villa per effettuare un suicidio collettivo a base di cibo e sesso. Li accompagnano delle prostitute e una maestra (Ferréol), che alla fine, angelo della morte, li seppellirà. Capolavoro assoluto della cinematografia italiana e mondiale, il miglior film di Ferreri è un’autentica pietra miliare. Fu un grande successo, specie di scandalo, fischiato a Cannes (dove tuttavia vinse il Premio FIPRESCI). Scritto dal regista con Rafael Azcona, è un’opera sulla fusione tra vita e morte, cibo ed escrementi (memorabili i “petti” di Piccoli e il gabinetto che esplode in un tripudio di feci), cibo, sesso e denaro.
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Quattro amici dell’alta borghesia, un pilota d’aerei (Mastrianni), un regista televisivo (Piccoli), un cuoco (Tognazzi) e un giudice (Noiret) si rinchiudono in una villa per effettuare un suicidio collettivo a base di cibo e sesso. Li accompagnano delle prostitute e una maestra (Ferréol), che alla fine, angelo della morte, li seppellirà. Capolavoro assoluto della cinematografia italiana e mondiale, il miglior film di Ferreri è un’autentica pietra miliare. Fu un grande successo, specie di scandalo, fischiato a Cannes (dove tuttavia vinse il Premio FIPRESCI). Scritto dal regista con Rafael Azcona, è un’opera sulla fusione tra vita e morte, cibo ed escrementi (memorabili i “petti” di Piccoli e il gabinetto che esplode in un tripudio di feci), cibo, sesso e denaro. Il denaro è uno degli autentici protagonisti del film, seppur non si veda mai. Perché questo è un film sulla casta, annoiata, conscia del suo fallimento, che allora ricorre a questo suicidio di massa a base delle cose normalmente più piacevoli. Notevole il fatto che a sopravvivere e a scappare siano soltanto le donne: le prostitute prima e la maestra, l’unica capace di resistere, di stare a vedere come andrà a finire, questo gioco al massacro a base di sesso e cibo. Film profondamente politico, è uno dei più grandi esempi di cinema che, visti e rivisti, a distanza di anni, non perdono mai la loro grande potenza dissacratoria. Film sotto il segno permanente della morte, altra vera protagonista. Film apparentemente volgare, in realtà non lo è mai. È piuttosto divertente, quasi comico, in certe scene. Geniale. Imperdibile. Per l’epoca fu uno scandalo per le numerose scene di sesso e di nudo estremamente esplicite, come testimonia il divieto ai 18.
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onufrio
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venerdì 31 maggio 2013
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fino all'ultimo boccone
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Si mangia per vivere,non si vive per mangiare; ma in questo film la frase da usare è diversa: si mangia per morire. Quattro amici decidono di farla finita e passare all'altro mondo,quale modo migliore se non quello di riunirsi in uno splendido villino ed ingozzarsi senza sosta dei cibi più prelibati, in compagnia di donne piacenti? un mix che porterà alla morte tutti e quattro i protagonisti, un cast sontuoso.
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filippo catani
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venerdì 10 maggio 2013
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mangiare fino alla morte
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Quattro amici decidono di ritirarsi nella villa di uno di loro per un weekend. Non sarà però un fine settimana come tutti gli altri; infatti i quattro hanno in mente di mangiare fino a darsi la morte in quanto annoiati o delusi dalle proprie esistenze.
Philippe è un noto giudice che vive ancora con la balia che lo ha accudito fin dall'infanzia e che ora gli concede anche qualche piacere sessuale. Marcello è un pilota dell'Alitalia dedito ad avere una donna a notte ma che non riesce ad accettare il fatto di essere divenuto impotente. Ugo è uno stimato chef che è partito dalla più bassa gavetta ma che è profondamente insoddisfatto dal rapporto con sua moglie.
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Quattro amici decidono di ritirarsi nella villa di uno di loro per un weekend. Non sarà però un fine settimana come tutti gli altri; infatti i quattro hanno in mente di mangiare fino a darsi la morte in quanto annoiati o delusi dalle proprie esistenze.
Philippe è un noto giudice che vive ancora con la balia che lo ha accudito fin dall'infanzia e che ora gli concede anche qualche piacere sessuale. Marcello è un pilota dell'Alitalia dedito ad avere una donna a notte ma che non riesce ad accettare il fatto di essere divenuto impotente. Ugo è uno stimato chef che è partito dalla più bassa gavetta ma che è profondamente insoddisfatto dal rapporto con sua moglie. Infine Michel è un affermato produttore televisivo con un matrimonio alle spalle e una figlia che cerca solo di sfruttarlo per fare entrare il fidanzato in tv. Le pene di questi quattro personaggi vengono così affogate in un vero e proprio weekend luculliano dove non possono mancare anche alcune prostitute e una maestra venuta in visita con la sua scolaresca a vedere il giardino della villa. Si sprecano anche i rimandi allegorici sia verso l'opulenza della società consumistica così come verso una certa insensatezza e pesantezza nell'affrontare la vita soprattutto con il passare degli anni e in presenza di determinate delusioni. Il film divise i critici (soprattutto per le ostentate scene di meteorismo) ma ottenne un buon risultato di pubblico. Un film molto duro ma da vedere e che si regge sull'assoluta bravura di quattro mostri sacri del cinema quali Noiret, Matroianni, Tognazzi e Piccoli.
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venarte
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sabato 13 ottobre 2012
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se non mangi non puoi morire
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Una trama quanto mai grottesca che, in un’escalation di pietanze e leccornie, si presenta come una parabola discendente verso l’autodistruzione. Il cibo diventa, così, sia l’arma utilizzata per togliersi la vita, sia il mezzo per godere dei piaceri del palato e della gola. I quattro amici non rinunciano però neanche ai piaceri della carne: invitano, infatti, delle prostitute che li allieteranno in questo bizzarro commiato dalla vita.
Forte è, quindi, la componente erotica, esaltata da una musica suadente e sensuale che avvolge ogni scena e segue ogni morso e ogni forchettata dei protagonisti
Con un cast eccezionale composto dagli italiani Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni, e dai francesi Michel Piccoli e Philippe Noiret, il film del regista Marco Ferreri porta all’esasperazione il bisogno primario del cibo, culminando con la lapidaria asserzione: “se non mangi non puoi morire”.
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Una trama quanto mai grottesca che, in un’escalation di pietanze e leccornie, si presenta come una parabola discendente verso l’autodistruzione. Il cibo diventa, così, sia l’arma utilizzata per togliersi la vita, sia il mezzo per godere dei piaceri del palato e della gola. I quattro amici non rinunciano però neanche ai piaceri della carne: invitano, infatti, delle prostitute che li allieteranno in questo bizzarro commiato dalla vita.
Forte è, quindi, la componente erotica, esaltata da una musica suadente e sensuale che avvolge ogni scena e segue ogni morso e ogni forchettata dei protagonisti
Con un cast eccezionale composto dagli italiani Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni, e dai francesi Michel Piccoli e Philippe Noiret, il film del regista Marco Ferreri porta all’esasperazione il bisogno primario del cibo, culminando con la lapidaria asserzione: “se non mangi non puoi morire”.
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esegeta
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lunedì 23 luglio 2012
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il senso più alto del materialismo
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Geniale. Perché pur trattando della triade materialistica cibo-sesso-morte, questo film è un inno alla vita. Nella critica ironica di una società che ci vuole unicamente vivi per il consumo forsennato, nevrotico e privo di tempo libero, c'è uno spazio negato alla spiritualità, Qui lo spirito si raggiunge attraverso il materialismo; Ferreri da buon intellettuale ci mostra come solo affondando i dettagli nella carne delle cose attraverso la critica marxista si possa comprendere la realtà, e trovarci per ciò stesso dentro un senso reale e più alto, al di là dei vuoti e frenetici rituali a cui siamo costretti. I protagonisti intravedono come uno spiraglio, dall'altro lato della medaglia, il vero senso delle cose, tanto più la loro abbuffata li avvicina alla morte.
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Geniale. Perché pur trattando della triade materialistica cibo-sesso-morte, questo film è un inno alla vita. Nella critica ironica di una società che ci vuole unicamente vivi per il consumo forsennato, nevrotico e privo di tempo libero, c'è uno spazio negato alla spiritualità, Qui lo spirito si raggiunge attraverso il materialismo; Ferreri da buon intellettuale ci mostra come solo affondando i dettagli nella carne delle cose attraverso la critica marxista si possa comprendere la realtà, e trovarci per ciò stesso dentro un senso reale e più alto, al di là dei vuoti e frenetici rituali a cui siamo costretti. I protagonisti intravedono come uno spiraglio, dall'altro lato della medaglia, il vero senso delle cose, tanto più la loro abbuffata li avvicina alla morte. Solo allora essi si rendono conto che la vita ha un valore più alto. Ma ormai è troppo tardi, ed il finale è veramente malinconico, profondo e triste. Grande film, metaforico, su una società che si autoconsuma. Ma con grande occhio tenero ed umano, mai giudicante, anzi ironico e leggero, sul destino di questi piccoli grandi uomini. Strepitosi i protagonisti, a loro agio naturale Tognazzi e Mastroianni nei panni dello chef e del seduttore, simpatici PIccoli e Noiret. Un gran film, che oltre a far riflettere, fa anche ridere!
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frenky 90
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martedì 17 aprile 2012
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i principi del grottesco
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In principio era il grottesco. Si potrebbe sintetizzare così “La grande abbuffata” di Marco Ferreri, indubbio capolavoro di genere. Impossibile non essere colpiti come una palla di cannone dalle immagini di questo film caotico, compulsivo, ovviamente orgiastico, sorprendentemente “calmo”. Ferreri decide di non ergersi a protagonista con i movimenti di macchina ma con ciò che l'apparecchio cattura, dato che la potenza delle scene è impattante al punto tale che renderebbe dannoso calcare la mano. L'opera è aiutata non poco anche dalle “succulente” interpretazioni degli attori, Piccoli e Andrea Ferreol su tutti. Anche Noiret, Tognazzi e Mastroianni risultano strepitosamente “normali” nel regno della perdizione muovendosi con rassegnazione.
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In principio era il grottesco. Si potrebbe sintetizzare così “La grande abbuffata” di Marco Ferreri, indubbio capolavoro di genere. Impossibile non essere colpiti come una palla di cannone dalle immagini di questo film caotico, compulsivo, ovviamente orgiastico, sorprendentemente “calmo”. Ferreri decide di non ergersi a protagonista con i movimenti di macchina ma con ciò che l'apparecchio cattura, dato che la potenza delle scene è impattante al punto tale che renderebbe dannoso calcare la mano. L'opera è aiutata non poco anche dalle “succulente” interpretazioni degli attori, Piccoli e Andrea Ferreol su tutti. Anche Noiret, Tognazzi e Mastroianni risultano strepitosamente “normali” nel regno della perdizione muovendosi con rassegnazione. Ma una spanna sopra tutti sinnalzano l'omosessuale di Michel Piccoli eFerreol, che risultano straordinari. Di forte carica comica del genere “risata a denti stretti” è la scena in cui al primo di una lunga serie di bivacchi mangerecci, con sul muro proiettate le diapositive di gentili pulzelle molto poco vestite, il Nostro non ha occhi che per il vino, lodandone le qualità nel disinteresse generale. La maestrina che si unisce alla poco allegra comitiva è invece la spada di Damocle della situazione, la prospettiva di divertimento e sorrisi cui i compari hanno già rinunciato nella vita terrena, pur continuando ad usufruirne ella rimarrà per loro solo un po' di zucchero sull'amara pillola dell'eutanasia, che il gruppo ha già ingerito nell'atto di varcare la porta del purgatorio parigino. Non ha caso l'ultima in piedi rimarrà lei dopo aver prestato anima e corpo a tutti e quattro ed aver dato orecchio ai loro capricci il suo premio sarà di uscirne indenne, con da gestire solo una lauta fattura con i fornitori nonché un caustico branco di cani attirati dalle carni in decomposizione dell'efficace ultima scena della pellicola. Andrea Ferreol si presta al ruolo con dedizione, i presupposti erano buoni, la risultante ottima. Anche la fantomatica volgarità, ha parer mio, è ampiamente fuggita e l'esempio con il paragone di scoregge, merda, sesso, corna ed eccessi vari mi viene fin troppo semplice nel pieno dell'orrore di quest'epoca di cine-panettoni. Tutto sommato esplosione del cesso compresa, fra le scene più criticate e forse la più forte in tal senso, che assurge solo a trionfo del “troppo” sul “troppo poco”, che si pone come fiera punta dell'iceberg di un lavoro scomodo ma che “qualcuno deve pur fare”. Film così anticonformisti nei gloriosi anni settanta ce ne sono stati tanti, ma questo non si presta alla “moda” (noterete che fra i più volte già citati sfrenati eccessi manca la droga) ed ha il merito non tanto di apparire originale, dato che nella grande famiglia del grottesco è praticamente un obbligo, quanto di sparare a zero sull'ordinario, sfasciando con violenza le pareti del perbenismo, animati dalla consueta lotta di classe tipicamente epocale, ma stavolta molto meno banalizzata. Come dire guerra a chi si trascina la vita addosso e si accontenta di morire ma con la cravatta ben annodata al collo. Sul fatto che sia meglio un cappio forse si può discutere, sull'idea simbolistica no.
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