e vola lu cardillo. All'Abruzzo l'omaggio di questa stornellata, musicata nel 1922.
Un mondo a parte? Un mondo partito. Ancora un film che "ci" racconta. Ora, non siamo nè meglio nè peggio ma ci siamo un po' stancati, descritti, poi, accuscì. Per fortuna c'è un Milani allegro e svagato, obbliga a vederlo contentando il pubblico accomodante con una conclusione tenerona. Sa far pure recitare le bestie. Non sto provocando. All'inizio un lupo scruta incuriosito il goffo figuro che si dimena tra le sue nevi. Sentito un certo ragionamento, la pecora bela un suo dissenso.
Milani limita Albanese al quale si riconoscono spessore e versatilità. Piace ancora una volta fargli fare il fessacchiotto con idee poche ma confuse.
Raggio di sole la Raffaele. Padrona non spadroneggia, giuliva e sentimentale ad un tempo, ironica ma comprensiva. Da invaghirsene, per lei cambierei il ticket elettorale: Virginia for President. Viva l'Italia.
Il film, non chiedetemi su che vuole menarla. Opino basandomi sui miei pregiudizi. Molta roba, comunque. Innanzitutto, forse un rimpianto di quando funzionavano le "scuole rurali". Sparse nelle campagne desolate, servivano a tenervi fermi i villani che, inurbati, avrebbero dato fastidio. Se ne occupava tra l'altro una "Riforma" del 1922. Pensata da un pensatore compaesano di Matteo Messina Denaro. Ma chi volete tenerci nei campi? Servono trattori non bifolchi. In "villa" ci vanno i signori. I contadini sono imprenditori dell'agroalimentare che baccagliano con l'Europa. L'agriturismo è stagionale, lo dice il film: settembre, andiamo, è tempo di migrare... e di ritornare con la buona stagione.
Si lamenta la diminuzione delle nascite. La verità, dichiarata solo da sprovveduti, è che ci dispiace di sparire come "italiani" qualunque cosa significa. Avete notato il bimbetto diafano con i capelli color del lino, il moretto ricciutello? Appartiene a loro l'avvenire. Conviveranno? Manterranno le conquiste che celebriamo nelle ricorrenti rimembranze di lacrime e sangue? L'Abruzzese di una volta avrebbe detto: Amico caro, che te ne fotte, tanto non ci starai cchiù.
Milani saggiamente non tiene d'occhio gli Abruzzesi che pur vogliono dire qualcosa. Avrebbe dovuto ammettere che dànno il meglio solo cambiando aria. Eppure ce ne sono ancor oggi che dal piccolo schermo t'insegnano a vivere. Può mettervi in cattiva luce recitare La pioggia nel pineto. Un'occhiata ai libri al Vittoriale informa che il vate guerriero in ultimo pensava in... francese. "Pensava in napoletano", invece, il filosofo di Pescasseroli, oggi non lo confesserebbe volentieri. Per un cult recatevi al sito rupestre da dove partirono i progenitori di Louise Veronica Ciccone, popolana talentuosa, "chiamatemi Madonna".
Milani sa essere attuale, coglie istanze pregnanti. Ritorno alla natura, restituire quella terra al suo wildelife. Circolano tranquilli i lupi, familiarizzati con quegli umani. Certo, ululano ma è il loro talk show. Non si azzardi il pecoraio ad avvelenarli. Ammirate mamma orsa, così attenta e premurosa. Nei cieli volteggiano aquile, sparvieri, nibbi. Ma, dicevano pure: vola vola vola, e vola lu... pavone. Che volevate cantare, nel 1922?
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