L'Impero |
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Un film di Bruno Dumont.
Con Brandon Vlieghe, Anamaria Vartolomei, Lyna Khoudri, Camille Cottin.
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Titolo originale L'Empire.
Fantascienza,
Ratings: Kids+13,
durata 110 min.
- Francia 2024.
- Academy Two
uscita giovedì 13 giugno 2024.
MYMONETRO
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Fantascienza d'autore
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Il film più bizzarro dell'anno, nonché uno dei più commoventi, sissignori, è "L'impero" di Bruno Dumont. A dirla in breve è una specie di "Guerre stellari", traboccante di citazioni della saga di George Lucas e girato in un paesino della Côte d'Opale, Francia del Nord. Grandi distese sabbiose, luce forte, maestosi cavalli bianchi: un posto di contadini e pescatori che lavorano al ritmo delle maree, portatori di volti, corpi e voci lontani dagli standard del cinema. Eppure accanto a questi personaggi umanissimi e fuori norma, già visti in tanti lavori di Dumont come "L'età inquieta", "L'humanité", "P'tit Quinquin", "Ma loute", compaiono alcune delle maggiori vedette del cinema francese: Fabrice Luchini è Belzebù, Camille Cottin ("Call my Agent") la Regina del Bene, le giovani e seducenti Anamaria Vartolomei e Lyna Khoudri, meno note da noi ma bravissime e lanciatissime, due paladine degli Uno e degli Zero, cioè del Bene e del Male. Mentre l'esordiente Brandon Vlieghe, nella vita meccanico e circense, è il padre (separato!) del Messia, un bimbetto da eliminare a tutti i costi perché il Male non dilaghi.
Sembra delirante invece è tutto chiaro, logico, perfino elementare. Purché non si prenda il film per una parodia. "L'impero" infatti non è "Balle spaziali" di Mel Brooks. È la prosecuzione con altri mezzi dello sguardo mitologico, iperrealistico e al fondo religioso di Dumont. Asserragliati nelle loro astronavi, capolavori di design e ironia (una ricalca la Sainte-Chapelle, l'altra la Reggia di Caserta), gli Zero e gli Uno sono costretti a incarnarsi in esseri umani per affrontarsi. E degli umani scoprono presto i limiti, i piaceri, le fragilità, le tentazioni. Così, tra spade laser, astronavi e altre icone pop, Dumont ci porta davanti alla nostra natura in tutta la sua nudità, letteralmente (le scene d'amore in mare e in campagna, inquadrate dall'alto dei cieli, sono fra le cose più belle viste al cinema da tempo).
Il resto, ammettiamolo, è puro divertimento. Prima di diventare Luchini, il re degli Zero è un informe ammasso bituminoso, tra il sacco della spazzatura e il grumo di petrolio, ma è memorabile anche Camille Cottin versione ologramma che fa una scenata tremenda a Vartolomei, troppo sensibile ai piaceri terrestri.
Lo scontro di generi, estetiche, nature (il massimo della fiction, la science fiction, contro un cinema impastato di realtà), non potrebbe essere più fragoroso. E fecondo. Oggi più che mai, parafrasando il I vecchio Breton, la bellezza sarà ibrida o non sarà.
Il Museo del Cinema di Torino apre al videogame. Si parte il 2 luglio da una masterclass del francese David Cage, autore di videogiochi e Ceo di Quantic Dream. Ovvi gli intrecci tra videogame e cinema. Ma non risulta altrettanto interesse, sotto la Mole, per un'altra area oggi in pieno fermento: il cinema della realtà.
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