No, è che forse uno da Fincher si aspetta sempre il capolavoro. Oppure non è un caso forse che i film che ho amato di più dell’autore sono quelli meno fincheriani come Mank e Zodiac. E poi ecco che il regista ti sforna un discreto prodotto del genere: “Killer filosofo” che si esibisce nei soliti scampoli di saggezza Zen a buon mercato che,voglio dire,fanno sempre “figo”. Ma “Joubert- von Sidow”de - I tre giorni del condor - conserva un’eleganza insuperata.
“Braccio di ferro probabilmente l’ha detto meglio…”, ma secondo me questo film “è quello che è”, cioè è “sbagliato” . E qui potrebbe venirti voglia di girarti la testa come fa il protagonista a mo’ di stretching, ma fino a staccarti la cervicale dal resto della spina dorsale, proprio come solo un perfetto assassino professionista (o un osteopata distratto cui è scappata la mano), sarebbe capace di fare, eventualmente.
Come hanno sottolineato gli esperti è probabile che dal punto di vista formale The Killer sia inattaccabile, la messa in scena, montaggio, riprese, ma meno il “sonoro” secondo me. The Smiths non ci azzeccano a meno che non si volesse sottolineare che anche “il killer ha bisogno d’affetto: “I am human and I need to be loved. Just like everybody else does” (Sono un uomo ed ho bisogno d’essere amato. Esattamente come chiunque altro) come recita Morrissey il vocalist del gruppo di Manchester in “HOW SOON IS NOW?” .
E poi alcuni momenti di involontaria ironia o che comunque mi hanno suscitato un accenno di sorriso come quando dopo averci snocciolato il suo rituale dialogo interiore e filosofeggiante con cui prova a caricarsi («Attieniti al piano. Non fidarti. Niente empatia. Gioca d’anticipo, non improvvisare. Mai concedere un vantaggio. Combatti solo se sei pagato per combattere.» ) il killer finisce puntualmente per combinare delle vaccate inusuali. Per la serie “le ultime parole famose” . Seguono a questi dialoghi introspettivi un paio di fallimenti o quasi: nella scazzottata col tipo che ha brutalizzato la sua donna (scena molto ben girata e realistica) per poco non ci rimane secco.
Il killer con le sue svariate identità come impone la professione è Meticoloso, minuzioso, paranoico, ha l’ossessione per il controllo, tuttavia anche lui deve confrontarsi con il fallimento. E così scopre che anche lui è tutto sommato "umano" o forse soltanto imperfetto. L'aspirazione alla perfezione è tipica dei narcisisti e pure discretamente maligni alcuni dei quali possono anche "evolvere" nella franca sociopatia. Fassbender è puntuale nella descrizione della freddezza dello psicopatico tipico con “niente empatia”. La sua espressione piatta è funzionale al ruolo e forse richiama di proposito anche la narrazione bidimensionale tipica del fumetto (la fissità dei volti illustrati?) da cui è tratto il film. La Swinton da manuale come quasi sempre.
Film che ha una sua discreta dignità soprattutto per quelli che lo considerano un'opera di transizione verso qualcosa che sia più all'altezza del genio di Fincher.
Attendiamo e speriamo!
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