Il capitolo finale del franchise è un'altra riflessione sulla politica del desiderio, con il sesso talmente stilizzato da sembrare sterilizzato. Con evocazioni classiche e ancoraggio alla contemporaneità pandemica
di Lorenzo Ciofani La Rivista del Cinematografo
A dieci anni dal primo film, ancora una volta l'universo di Magic Mike rappresenta per Steven Soderbergh il dispositivo con cui redigere il suo personale Stato dell'Unione. Non a caso è tornato alla regia, dopo aver lasciato quella del sequel Magic Mike XXL a Gregory Jacobs: The Last Dance, così si chiama il terzo volume della serie, è dichiaratamente un film terminale e crepuscolare.
Ed è una trenodia che si serve del corpo divistico di Channing Tatum, alla cui reale esperienza da spogliarellista era ispirato il primo capitolo del franchise: dopo essere diventato sex symbol e star mondiale, Tatum, a un certo punto, si è preso una pausa dal cinema. [...]
di Lorenzo Ciofani, articolo completo (4390 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 7 febbraio 2023