Viaggio nel labile confine tra follia e normalità
di Marco Lodoli La Repubblica
È una bella stagione per il cinema italiano, vecchi maestri e giovani leoni riportano il pubblico in sala dopo anni difficili, e mi ha fatto davvero piacere trovare tanti spettatori al Troisi per vedere Kripton, magnifico documentario di Francesco Munzi su due strutture romane dove sono ricoverati giovani con forti disagi mentali.
Con estrema delicatezza, Munzi avvicina queste esistenze in bilico, raccoglie le loro voci, i loro racconti, le segue nel loro percorso tra zone oscure e momenti di luce. C'è un ragazzo dell'est adottato da una famiglia romana che sembra quasi un personaggio dostoevskiano, preda di un nichilismo totale, convinto che non vale la pena muovere un dito perché tanto alla fine dovremo lasciare tutto. Ha un sorriso amaro e un'intelligenza acuta, sa di essere un grave problema per i suoi genitori, ma sa anche che molta della sua sofferenza è scaturita proprio dal contesto familiare, dalla rabbia della madre e del padre.
E un altro paziente è un giovane ebreo convinto di essere una sorta di messia: passeggia per il quartiere del ghetto, prega, sostiene di provenire da Kripton, un pianeta non troppo lontano dalla Terra, spiega lucidamente di sentirsi del tutto incompreso dalla famiglia, che non accetta la sua condizione. Dopo un poco scopriamo che quel ragazzo non è affatto ebreo, che vive in un mondo creato dalla sua fantasia distorta. E poi c'è una ragazza che crede nell'Oscurità, da cui tutto proviene, anche Dio e poi anche il mondo. È un'oscurità benefica, una grande notte rassicurante che avvolge tutto quanto. La ragazza ha sua teologia folle ma poetica, crede che i buchi neri siano angeli che non hanno voluto scendere tra di noi e spera di rivedere presto la bambina che le è stata tolta dal giudice.
Sono vicende disperate, che però hanno una loro assurda coerenza: quelle persone non sono troppo diverse da noi, sembrano soprattutto vittime della loro estrema sensibilità, cercano quiete e serenità e a volte le trovano inventandosi un mondo diverso. E attorno a loro Munzi ci mostra il lavoro quotidiano degli psichiatri e degli psicologi, quotidianamente impegnati per fare uscire una scintilla di luce e di consapevolezza anche dal caos assoluto. E ci racconta il dolore delle famiglie, un padre buono e smarrito che tenta in ogni modo di aiutare una figlia anoressica, travolta dalla confusione mentale, e una madre che non sa più cosa fare, che non riesce a capire il figlio e forse non riesce neanche a capire se stessa, un fratello che disperatamente prova a sostenere una sorella che crede di essere la figlia di Obama.
È un documentario che ci fa pensare a come la follia sia davvero a un passo dalla normalità, basta pochissimo per passare quel ponte traballante e trovarsi fuori dalle convenzioni mentali più rassicuranti. La commozione è forte, perché quelle esistenze sfortunate sembrano solo modi diversi di abitare la vita: i "pazzi" amano, sperano, sognano, fanno domande e cercano risposte esattamente come tutti quanti noi.
Temo che " Kripton" sarà in sala per pochi giorni: andatelo a vedere, è un'opera importante, un grande film d'amore per la vita, comunque essa sia.
Da La Repubblica, 22 gennaio 2024
di Marco Lodoli, 22 gennaio 2024