Ci si avvicina alla visione del film con le migliori intenzioni, un po' come dice il titolo. Ma già al primo episodio, il commento che esce spontaneo è: "ma mo mica parleranno di covid vè?". E invece sì, tenuta come una bomba pronta ad esplodere, il confronto Vax/No-Vax arriva su grande schermo, a colpi di dati letti sul sito del governo o su Facebook. Nulla di più o di meno di quello che in quei giorni si poteva ascoltare al bar del quartiere insomma.
Episodio 2: Max Tortora che prova a salvare una sceneggiatura grottesca con qualche macchietta di Sordiana memoria, ma nulla da fare. Anche qui, ci si ritrova davanti lo stereotipo dell'imprenditore un po' intrallazzino (a una mensa sociale), arriva il suo ex autista che gli rinfaccia una lista di cose fatte quando era alle sue dipendenze, che risultano appunto come una lista, il tutto sotto minaccia armata. E lo spettatore guarda un semplice litigio. In più, va bene il beneficio della fantasia cinematografica, ma una granata nel 2023 ma dove c***o l'ha trovata? Per di più disoccupato che vive in una Micra? Il risultato: un fritto misto molto poco credibile che si chiude con una confessione dei peccati più reconditi dell'imprenditore. Bah.
Terzo episodio, per lo meno c'è una trama, ma l'unica cosa che non mi torna sono i tempi, cioè per far avvenire quello su cui si basa la storia, durante una giornata si susseguono una quantità tale di eventi che mi chiedo se appunto la giornata duri solo per noi 24 ore. Vi spiego: la Lodovini si sveglia, va a lavoro, alle 8(?) prenota il ristorante per le 7pm (capirete vedendo il film), lavora, pranza e flirta con la collega, torna a lavoro, va ad una spa per flirtare nuovamente con la collega, torna nuovamente a lavoro, si veste per la cena e va a cena. Considerando quindi dalle 8 alle 19 ci sono 11 ore, per la struttura narrativa il ritmo non regge. Però ripeto, per lo meno c'era una trama.
Episodio 4: e qui arriva il "ma che sto a guardà?". Inizia l'episodio con tre personaggi, Claudia Gerini, fratello e figlia appena ripresa da tentativo di suicidio in ospedale. Bene ora dimenticatevi degli altri due che non ci serviranno a nulla bello svolgersi della sceneggiatura. La Gerini va a lavorare come conduttrice Tv, tentando di informare il marito americano che la figlia s'è appena tentata di uccidere con un tubetto di medicine. Il marito non risponderà mai, probabilmente era un messaggio audio necessario solo per riempire il viaggio in auto.
Dal momento che mette piede nello studio, inizia un litigio feroce tra lei e Stefano Fresi, su un messaggio di scuse alle spettatrici donne. In se, non è un problema, lo diventa quando sembra un'esercitazione di stile e di teatro: tutti in cerchio e ognuno parla al suo turno, dice la sua battuta, che si regge sulla spinta della precedente, e ci si ritrova sommersi da urla e grida nel giro di pochi minuti, senza però avere mai la percezione di verità. Cioè, talmente costruito ad hoc che non vedi l'ora che finiscano di urlare senza senso, oppure che l'esercizio di teatro finisca. "Ma che sto a guardà?"
Vi risparmio il luogo comune sulla stagista femminista licenziata in tronco per aver espresso la sua idea, ovviamente aspettando il suo turno sul copione, mentre tutti la guardano.
Non scherzo, sembra un'esercitazione del teatro.
Il tutto poi finisce con la Gerini che fa esattamente quello che le avevano chiesto e quello per cui hanno urlato 20 minuti e licenziato una stagista. Sì è vero, ho capito il messaggio, ma ci voleva sul serio questo esercizio di stile?
L'episodio si chiude con un bel vaffa della figlia che vede la madre in diretta da un letto d'ospedale.
Bacino tra la stagista licenziata e il fidanzato che prenderanno un kebab consolatorio da Ali Baba.
Fine. Titoli di coda.
Luci in sala, ci si guarda un po' tutti, con la stessa domanda ricamata sul viso: "Ma che cà avemo visto?".
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