Le scarpe come simbolo della tirannia del desiderio nella civiltà dei consumi: l'opera prima di Luigi Di Capua non evita il pessimismo ma sogna un mondo più tenero e gentile. Al Torino Film Festival
di Lorenzo Ciofani La Rivista del Cinematografo
Sacre scarpe, ma, se la spiritualità non è pervenuta, l'accostamento rivela la persistenza di un mistero che, nella sua luccicanza, appare accessibile. Lo vediamo subito, nella prima sequenza di Holy Shoes (Fuori Concorso al 41° Torino Film Festival nella sezione La prima volta) la scarpa come reliquia da saccheggiare, le mani che emergono dal buio per depredare il simulacro, il sogno che configura l'atto osceno dell'appropriazione indebita.
All'opera prima da regista, Luigi Di Capua (tra i fondatori dei The Pills, già sceneggiatore per Maccio e due Smetto quando voglio) sceglie la scarpa come emblema del desiderio contemporaneo, intrecciando quattro personaggi che nel possesso di quell'oggetto intravedono la possibilità di emanciparsi da una vita insoddisfacente. [...]
di Lorenzo Ciofani, articolo completo (3957 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 30 novembre 2023
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