Comandante |
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Un film di Edoardo De Angelis.
Con Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh, Arturo Muselli.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 120 min.
- Italia 2023.
- 01 Distribution
uscita martedì 31 ottobre 2023.
MYMONETRO
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La lezione del "Comandante" il militare che salvò i nemici in mare
di Alberto Crespi La Repubblica
È sempre rischioso raccontare un film attraverso due, tre battute della sceneggiatura. Ma nel caso di Comandante (in sala dall' 1 novembre), premesso che nel film c'è molto altro, è inevitabile estrapolare tre frasi che risuonano all'inizio, al centro e alla fine del film. La prima battuta è: "Il fascismo è dolore". Lo dice, al protagonista Salvatore Todaro (Pierfrancesco Favino, primus inter pares in un coro di militari italiani a guerra da poco iniziata, nel 1940), un medico dell'esercito che sta tentando di rimettergli in sesto la colonna vertebrale. All'inizio del film Todaro è un uomo semi- invalido pronto a diventare un ex militare: lo vediamo in atteggiamenti teneri con la moglie (Silvia D'Amico) che attende un bambino, ma poi la guerra chiama e il dovere prende il sopravvento. Todaro comanda un sommergibile, a capo di una ciurma di disperati pronti a diventare, loro malgrado, eroi; e a loro dice "qui a bordo non c'è il duce, né il re, ci siamo io e il Marcon", alludendo al suo squinternato secondo. Dopo un drammatico passaggio dello stretto di Gibilterra (scena magnifica, grande suspense) il sommergibile incrocia nelle acque portoghesi di Madeira e lì, episodio storico al quale il film si ispira, affonda un mercantile belga (Paese neutrale, ma si capirà poi che la nave trasporta materiale bellico britannico). Quando i marinai belgi stanno per annegare, Todaro pronuncia la seconda frase: "Li tiriamo su". Ordina, insomma, di salvarli. E quando a fine film il capitano belga gli chiede perché lo ha fatto, risponde: "Perché siamo italiani". Su quest'ultima frase si giocherà buona parte del giudizio "politico" su Comandante , film che racconta - permetteteci l'ossimoro - un fascista umano, un uomo che per aver salvato dei naufraghi venne brutalmente rimbrottato dagli alleati nazisti. Oggi sarebbe facile leggere Comandante come un film benevolo con chi ci governa, ma sarà bene ricordare che il regista Edoardo De Angelis l'ha messo in cantiere nel 2018 e che il copione - quindi, anche le tre battute in questione - è di Sandro Veronesi, scrittore sul quale non sono leciti dubbi. In quello stesso 2018, Veronesi scrisse una lettera aperta a Roberto Saviano proponendosi come "corpo testimone" a bordo della navi Ong che salvano i migranti nel Mediterraneo: forse ricorderete che l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini augurò ai due scrittori, sarcastico, un "buon viaggio". Insomma, quella frase ("siamo italiani") non sembra un rigurgito di patriottismo bensì un auspicio, un invito a tutti gli italiani a salvare chi rischia di morire in mare, nel 1940 come oggi. Detto tutto ciò, intorno a quelle tre frasi c'è un robusto film di guerra che parte in modo un po' laborioso ma poi diventa ciò che molti film di guerra sono: uno studio antropologico su uomini soli in condizioni di pericolo estremo. In questo senso Comandante funziona, ha ritratti azzeccati (il pescatore di coralli, il cuoco canterino, il mitragliere feroce) e comunica l'agghiacciante claustrofobia di una guerra combattuta nei pochi metri quadrati di un sottomarino. Vanno citati tre contributi tecnici: la scenografia di Carmine Guarino (il sommergibile è ovviamente ricostruito, con la consulenza della Marina Militare), la fotografia quasi monocromatica di Ferran Paredes Rubio e i costumi, solo apparentemente semplici, di Massimo Cantini Parrini.
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