“Il capo perfetto” (El buen patròn, 2021) è il decimo lungometraggio del regista-sceneggiatore spagnolo di Madrid, Fernando Leòn de Aranoa.
Film scaltro e cinico, irriverente e furbo, ironico e spassoso, vulgato e compiaciuto.
Una storia che si addentra in un sistema lavorativo per il bene di tutti ma, soprattutto e unicamente, per il bene del ‘buon padrone’: che mangia, parla, discute, va a letto con lo stesso stile. Per non farsi vedere e nascondersi. Chi sa se poi è tutto nascosto e la moglie si immedesima nel personaggio opposto per non far cadere ‘la trama’ senza tregua del film…
E’ disuguale sempre il capo Julio Blanco nella sua azienda costruttrice di bilance. E uno che ‘dona’ bilance non può che stare in un equilibrio probo e fittizio, giusto e miserevole. Per vincere sempre e comunque. Basta un po’ di escremento umano per far ballare un piatto della bilancia e poi misurarlo con una pallottola per controllore ogni minimo dislivello.
“A volte bisogna truccare la bilancia perché i conti tornino“.
Non si guarda in faccia a nessuno, con rara furbizia e manovalanza,dal taglio lavorativo licenziando per ‘il bene dell’azienda’ fino al premio che deve arrivare comunque e in ogni caso. L’ispezione arriva quando ogni frase, ogni oggetto e ogni bilancia funzionano a dovere.
‘Esfuerzo, equilibrio, fidelidad’ (sforzo, equilibrio, fedeltà).
Ecco il capo deve arrivare all’ennesimo premio in bacheca percorrendo ogni tipo di strada, più o meno impossibili, causticamente e moralmente impervie ma ‘ovvie’ per un mondo da correggere quando conviente e fa comodo. Commedia e non indagine sociale, film strappa risate strette ma poco addentro al vero mondo lavorativo. Ognuno fa da se quello che gli rende il pari e pariglia(mente) si adatta.
“Questo è come un figlio…adottivo”, Blanco esclama all’ispettore verso un operaio ‘non spagnolo’ che in quanto a notti amorose non veniva meno (verso una donna in crisi o la giovane manager doppio-giochista). Basta un barlume di gloria e l’agognato premio finale. Ecco, il finale veramente sarcastico e non certo liberatorio. Ma, tant’è….
Javier Bardem copre lo schermo in modo ininterrotto anche quando ci sono altri e sembra che si parli di altro. A tutto tondo, il faccione e i suoi modi quasi trasandati per la ‘sua grande famiglia’ (l’azienda e gli operai). Il congegno delle sue apparizioni e dei suoi modi ‘gentili’ o ‘persuasivi’, ‘comodi’ o ‘perentori’ stonano oltremodo per cavalcare l’onda della ‘sua prima fila’. La risata arriva (quasi in…attesa). E tutto il contraltare con l’operaio licenziato (barricato in territorio neutrale davanti alla fabbrica) sembra un qualcosa di eccessivo: dalle rime baciate fino all’intervento della polizia. E il guardiano dell’azienda è pur sempre servibile anche per una prima d’opera e un testimone lontano.
L’attore spagnolo appare convincente e porta il film dove desidera, quasi facendosi seguire dal regista. Recitazione liberamente a soggetto. Unico pericolo: far vedere tutto. La lunghezza in ogni contesto e lo zelo liberatorio per un piacere …. forzato.
Scelto per rappresentare la Spagna ai prossimi premi Oscar.
Locandina da ‘reclame’ con applausi e premi (da conquistare).
Regia: brillante e bilanciata (a dovere).
Voto: 6,5/10 (***) -cinema caricaturale-
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wolverine
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lunedì 18 aprile 2022
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il protagonista è lui, a prescindere...
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Premessa: a me Javier Bardem piace un casino... Lo ritengo uno di quegli attori che può fare un film praticamente da solo: a parte l''elasticità recitativa, per me sprizza carisma da tutti i pori... Della serie: vorrei essere come lui, uno non belloccio ma fottutamente figo!! 😛 In questo film ha mostrato tutto il repertorio di quanto succede in un ambiente di lavoro privato: l''ipocrisia della famiglia, usata a uffo per spingere i dipendenti a fare gli schiavetti... Il proprietario che, pur di portare avanti il suo ego, si accolla anche i casini umani di alcuni dei sottoposti più problematici: per non parlare della cialtroneria e bastardaggine mostrata da alcuni di loro, compresa la stagista "innamorata" che, vistasi scartata perché il tizio aveva capito l''antifona, non trova di meglio che ricattarlo per avere una posizione di rilievo nell''azienda.
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Premessa: a me Javier Bardem piace un casino... Lo ritengo uno di quegli attori che può fare un film praticamente da solo: a parte l''elasticità recitativa, per me sprizza carisma da tutti i pori... Della serie: vorrei essere come lui, uno non belloccio ma fottutamente figo!! 😛 In questo film ha mostrato tutto il repertorio di quanto succede in un ambiente di lavoro privato: l''ipocrisia della famiglia, usata a uffo per spingere i dipendenti a fare gli schiavetti... Il proprietario che, pur di portare avanti il suo ego, si accolla anche i casini umani di alcuni dei sottoposti più problematici: per non parlare della cialtroneria e bastardaggine mostrata da alcuni di loro, compresa la stagista "innamorata" che, vistasi scartata perché il tizio aveva capito l''antifona, non trova di meglio che ricattarlo per avere una posizione di rilievo nell''azienda... Per me, tutto fottutamente usuale e vero: tutto in linea con la società di adesso, quella che vuole la massa bugiarda ed arrivista, anche se sei un semplice operaio... 😑 VOTO: 7 per il cast, 9 per la descrizione per me alquanto dettagliata di un ambiente lavorativo tipo...
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