Chi è senza peccato è un thriller che diventa uno spazio tutto da esplorare e rileggere attraverso un punto di vista quasi liminale, che lo porta a escogitare soluzioni tanto personali quanto spiazzanti.
Poi si trasforma in un thriller sotto acido, in cui gli splendidi territori australiani, immensi, vuoti, ricordano degli spazi appena rivoluzionati da una catastrofe, quasi marziani. L’indagine diventa il sogno febbrile del personaggio di Eric Bana, che attraverso un approccio in scena misurato e umanissimo pare farsi carico dei lati oscuri della cittadina.
Non è un caso, forse, che il racconto funzioni meglio quando asseconda l’atmosfera visionaria del contesto, depistando lo sguardo dello spettatore, giocando con gli spazi e mettendo alla prova la sua stessa coerenza.
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Chi è senza peccato è un thriller che diventa uno spazio tutto da esplorare e rileggere attraverso un punto di vista quasi liminale, che lo porta a escogitare soluzioni tanto personali quanto spiazzanti.
Poi si trasforma in un thriller sotto acido, in cui gli splendidi territori australiani, immensi, vuoti, ricordano degli spazi appena rivoluzionati da una catastrofe, quasi marziani. L’indagine diventa il sogno febbrile del personaggio di Eric Bana, che attraverso un approccio in scena misurato e umanissimo pare farsi carico dei lati oscuri della cittadina.
Non è un caso, forse, che il racconto funzioni meglio quando asseconda l’atmosfera visionaria del contesto, depistando lo sguardo dello spettatore, giocando con gli spazi e mettendo alla prova la sua stessa coerenza. Il passato si confonde nel presente, i personaggi appaiono al detective proprio quando ne ha bisogno, gli alibi ritornano, identici, a distanza di vent’anni e lo stesso investigatore sembra nascondere più di un segreto.
Alla lunga la regia perde la presa sul racconto e ne svela i meccanismi. I personaggi si irrigidiscono, si caricano di abbozzati sottotesti politici, il confine tra scelta consapevole e illogicità nella scrittura si assottiglia.
Chi è senza peccato cede a contatto con una dimensione che lo rifiuta ma riesce a essere un coraggioso (quasi incosciente) film pienamente d’autore, che ripensa il genere e, soprattutto, sfida lo spettatore.
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