La rivoluzione spezzata di Hong Kong
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Molte rivoluzioni sono rivoluzioni mancate. Alcune sono riuscite anche se (o proprio perché) sono rivoluzioni mancate. Nessuna, riuscita o meno che sia, somiglia a quella tentata dai giovani di Hong Kong nel 2019. Ce lo ricorda questo documentario minuzioso e travolgente che rievoca le diverse fasi della rivolta e l'umanità davvero nuova che le stava dietro. Nuova perché composta da ragazzi e ragazzini pronti a rischiare tutto per la libertà. Nuova perché anonima, intercambiabile, mascherata, e non solo per via dei lacrimogeni. Ma soprattutto capace di Usare gli strumenti della modernità, smartphone e social in testa, con un'agilità e un inventiva che magari non vincono (come potrebbe questa "regione amministrativa speciale piegare la Cina e i suoi spietati "robocops?) ma costringono il Potere a gettare davvero la maschera. Il tutto non in qualche arcaica e remota contrada ma nel cuore della modernità più estrema, con effetti anche visivamente clamorosi a ricordarci il ruolo decisivo della fotogenia, chiamiamola così, nella comunicazione contemporanea. Anche se in primo piano resiste l'umanità struggente di quella folla occidentalizzata ma così diversa da noi, che si alterna in ogni ruolo davanti e dietro agli obiettivi. Ragazzi che si uccidono per lanciare un messaggio (quel fantasma gigante in impermeabile giallo che appare pochi secondi fra i grattacieli un colpo al cuore); genitori che si mobilitano per difendere quei ragazzi; vecchi contadini (lo zio Chen) che urlano il loro disprezzo in faccia ai poliziotti; manifestanti che occupano la Camera ma non toccano un chicco di riso e se proprio hanno fame lasciano i soldi sul tavolo... Inevitabile, con tutte le differenze, pensare al GS (e a "Diaz" di Daniele Vicari). Qui però tutto dura mesi, i ribelli imparano a "farsi acqua per tener testa al nemico, due milioni di hongkonghesi su sette scendono in piazza mentre la polizia arruola i malavitosi per fare il lavoro sporco. E un rappresentante furioso degli ex-coloni, accento "posh e indice puntato contro una ragazza basita, regala con la sua sfuriata una sintesi davvero perfetta della posta in gioco. Da non perdere, anche perché la Cina è vicina a molti, specie nel mondo degli affari, e come già per il documentario sul delitto Khashoggi le piattaforme non fanno esattamente la fila per diffonderlo.
Da L'Espresso , 3 luglio 2022
di Fabio Ferzetti, 3 luglio 2022