Tratto da un romanzo di Yan Geling, annunciato nel 2019 poi bloccato dal potere cinese e infine uscito probabilmente con qualche taglio censorio, ''One Second'' è una sincera e coinvolgente dichiarazione d''amore al cinema nonché al fascino dei film in pellicola. L''interessante sceneggiatura «stigmatizza l''ottusità di una ''Rivoluzione Culturale'' che voleva annullare ogni fantasia e ogni memoria. All''inizio sembra ''Ladri di biciclette'' (il furto in questione però è quello di una bobina cinematografica) poi rievoca ''Nuovo Cinema Paradiso'', ma con la coloritura politica che gli dà l''ambientazione durante gli anni più duri della Rivoluzione Culturale, quelli della ''rieducazione proletaria'' e dei lavori forzati».
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Tratto da un romanzo di Yan Geling, annunciato nel 2019 poi bloccato dal potere cinese e infine uscito probabilmente con qualche taglio censorio, ''One Second'' è una sincera e coinvolgente dichiarazione d''amore al cinema nonché al fascino dei film in pellicola. L''interessante sceneggiatura «stigmatizza l''ottusità di una ''Rivoluzione Culturale'' che voleva annullare ogni fantasia e ogni memoria. All''inizio sembra ''Ladri di biciclette'' (il furto in questione però è quello di una bobina cinematografica) poi rievoca ''Nuovo Cinema Paradiso'', ma con la coloritura politica che gli dà l''ambientazione durante gli anni più duri della Rivoluzione Culturale, quelli della ''rieducazione proletaria'' e dei lavori forzati».
Il regista torna nei villaggi, torna tra gli ultimi, gli abbandonati alla sorte. L''opera è un affresco a tinte pastello e graffiti porporati: quello che Yimou mostra è una Cina, a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, affranta dalla rivoluzione, povertà e sfruttamento minorile. Per questo i personaggi descritti sono ruvidi e scuri. La messinscena resta concentrata sulle traiettorie delle fughe e degli inseguimenti, sullo sfondo di un paesaggio desolato. Ma nelle belle scene nello stanzone gremito di gente, espande il suo raggio dalla dimensione individuale a quella comunitaria. «La partecipazione collettiva non è solo quella della visione, ma anche quella che la precede, indispensabile affinché la proiezione possa esistere: le sequenze della proiezione, davanti e dietro lo schermo, ribadiscono la nostalgia per un cinema da salvare e la dimensione del tempo sottratta dallo scempio dell''attimo del presente. Il film racconta il Cinema, elemento utile, linfa vitale per poter sopportare le vessazioni della vita, strumento col quale mostrare la verità, una lotta di classe che passa attraverso la pellicola per far sopravvivere un ideale, un sogno».
E Zhang Yimou alla fine riesce ad emozionare e far riflettere, perché in un racconto di padri in ceca di figli e viceversa, sa mettere in evidenza anche quel rapporto critico tra valore politico e valore affettivo delle immagini, tra la loro retorica e le ''autenticità'' della storia, tra l''amore e la nostalgia.
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