Il Patto del Silenzio - Playground

La telecamera non stacca un attimo, così vicina al volto e allo sguardo della protagonista da generare quasi un senso di claustrofobico imbarazzo per questa profanazione del suo spazio vitale, della sua intimità.
Come in una chilometrica striscia dei Peanuts, la telecamera non si alza mai dell'altezza di un metro e 40 cm circa dal suolo, e anche quando un adulto entra in scena lo deve fare abbassandosi, come è giusto che sia.
Come dovrebbe sempre essere. Non sono assenti gli adulti in questo film, a dire il vero. Assolutamente.
Semplicemente non sono adeguati, un imperterrito "vorrei ma non posso" con cui cercano maldestramente di entrare in contatto coi propri figlibarrastudenti. E spesso non sanno davvero come fare o cosa fare, e la regista decide anche di farglielo ammettere, forse in un estremo, anche se un po' disonesto  (non credo sia mai successo nella storia dell'uomanità che una persona adulta ammettesse di non sapere cosa fare con un bambino...) tentativo di scusare l'inescusabile, di giustificare l'ingiustificabile. Ma è l'unico atto di furbizia della bravissima filmmaker belga, che per il resto come cifra stilistica decide di far parlare i silenzi, dirige i suoi bravissimi e giovanissimi attori semplicemente non facendoli recitare a memoria neanche una battuta. E così le pause involontarie diventano i momenti più veri ed emozionanti di questo straordinario film.